Bruno Roulot: quando il Meunier diventa protagonista

Tra i migliori conoscitori e narratori di Champagne in Italia c’è senza ombra di dubbio Guido Invernizzi che ha preso la sala gremita di AIS Brescia e l’ha trasportata in un viaggio alla scoperta di un piccolo grande produttore della Vallée de la Marne: Bruno Roulot.

Giovanni Sabaini

Non è niente di più e niente di meno che una storia di famiglia quella che ha portato il vino di Bruno Roulot nei nostri calici. E vale sempre la pena di ripercorrerle passo per passo queste storie perché, a voler ben vedere, sono molte le grandi famiglie dietro ai grandi vini. Spesso si tratta di storie plurisecolari, ma c’è ancora chi, con pochi decenni alle spalle e con il semplice lavoro, è arrivato ad avere oggi un marchio di tutto rispetto e a produrre vini con una propria identità e personalità.

La storia inizia nel 1962 quando Bernard Roulot, originario di Chapelle-Monthodon, un minuscolo paesino nella Vallée de la Marne, decide di cavalcare l’onda del successo dello Champagne piantando le prime viti. Il primo raccolto è datato 1965, ma come spesso accade è difficile partire fin da subito con la vinificazione e l’imbottigliamento poiché mancano gli strumenti e le risorse finanziarie. Così, fino al 1976 le uve vengono vendute a commercianti locali con il solo scopo di accumulare il denaro necessario per quella che doveva essere la vera partenza dell’attività di cantina. È in quell’anno, infatti, che Bruno comincia a spumantizzare e nel 1979 riesce a vendere la sua prima bottiglia.

Lo step decisivo per l’espansione della cantina avviene nel 1981, quando Bruno, il figlio di Bernard, di fatto prende in gestione l’attività e mette il suo nome sulle etichette.

Passano gli anni, lo Champagne di Bruno Roulot comincia ad essere riconosciuto non solo a livello locale, ma anche internazionale, e la dinastia di famiglia si arricchisce di un nuovo membro: Benoit, figlio di Bruno, che entra in azienda nel 2013. Proprio in questo periodo comincia la vera espansione al di fuori dei confini francesi, con i mercati di Europa, Asia e Oceania che accolgono di buon grado i prodotti a marchio Bruno Roulot, il cui tratto distintivo è senza dubbio la presenza dominante di un solo vitigno: il meunier.

Dei 7 ettari vitati di proprietà dell’azienda, infatti, circa 6 sono dedicati a questo particolare vitigno, con la parte rimanente coltivata a chardonnay. Nella più diffusa delle ipotesi il meunier è una mutazione genetica spontanea del pinot noir avvenuta ormai sei secoli orsono. Spesso i vini che se ne ottengono sono di pronta beva, con una struttura più esile rispetto a quelli ottenuti da pinot noir e con un tempo di evoluzione in bottiglia decisamente più breve. Ciò non significa, però, che non si possano ottenere vini estremamente piacevoli ed espressivi, una missione che la maison Bruno Roulot riesce a portare a termine in maniera egregia.

La degustazione

Coteaux Champenoise 2019
100% Meunier

Una rarità per aprire la batteria di degustazione. Non è comune un vino bianco fermo prodotto al 100% da meunier, specie se monoparcellare con vigne di più di sessant’anni, e il calice non fa altro che confermare le peculiarità di un prodotto come questo. Il paglierino scarico porta alla vista una leggera torbidità. Il naso è un puzzle di profumi freschi i cui singoli pezzi si mostrano in profumi di mela golden matura, ribes, susina, una leggera parte affumicata e una punta di ossidazione che non fa altro che dare ulteriore ricchezza olfattiva. Il sorso è di grande freschezza agrumata, il pompelmo è la percezione dominante insieme ad una chiusura leggermente astringente che rimanda all’arancia rossa.

Tradition Brut
100% Meunier. 36 mesi sui lieviti. Sboccatura 04/03/2024. Dosaggio 7 g/l

Si manifesta nel calice con un giallo paglierino brillante dai riflessi che tendono al ramato. Il bouquet olfattivo gioca sulle sfumature del lievito e della frutta a polpa bianca, insieme a qualche ricordo di frutta a guscio. Coerentemente con il couteaux champenoise, rivela solo in bocca la parte agrumata che, però, in questo caso ricorda più un succo di limone che l’amarezza del pompelmo. Vino che cerca l’immediatezza e la piacevolezza più che l’allungo, motivo per cui la bellezza di questo vino va cercata nel cuore del sorso.

Grand Réserve Brut
100% Meunier. 48 mesi sui lieviti. Sboccatura 14/08/2023. Dosaggio 7 g/l

La vivacità di questo vino si manifesta già all’esame visivo, con un giallo dorato estremamente brillante. Lo spetto di profumi spazia dal biscotto secco alla pesca noce, dal fiore di tiglio al cedro, con un finale di leggere dolcezza a ricordare lo zucchero a velo. La bolla è gentilissima, di leggera pungenza, e lascia spazio al binomio freschezza-sapidità che in bocca risultano scalpitanti. Al contrario del Tradition Brut, il centro bocca è avvolgente e armonico più che esplosivo. Nel complesso, dunque, un vino che gioca sulla lunghezza più che sull’intensità gustativa.

Zero Dosage
100% Meunier. 30 mesi sui lieviti. Sboccatura 18/12/2023. Dosaggio 0 g/l

La tonalità del giallo torna ad essere più leggera, sul paglierino netto. Al naso si rivela con una bella florealità che accompagna la scorza d’agrume, la mela matura e un curioso ricordo iodato. Il sorso ha un ingresso amaricante che rimanda agli aromi della frutta secca, ma nel medio lungo periodo è la sapidità a vincere sulle altre percezioni. La frenata finale è molto lunga grazie soprattutto ad un sale che rimane attaccato al cavo orale, impedendo al vino di disperdersi velocemente.

Rosé Brut
100% Meunier. 36 mesi sui lieviti. Sboccatura 22/11/2023. Dosaggio 7 g/l

Nel calice si presenta di un bel rosa ramato lucente. L’impatto olfattivo è giocato sui ricordi della frutta di bosco, lampone e succo di mirtillo su tutti, poi lascia spazio a tonalità più dolci, come la caramella zuccherata alla fragola e rimandi di crema pasticcera. Al palato sorprendono le note più mature di rabarbaro e amarena. Nel complesso il sorso sembra più secco di quanto non dicano il residuo zuccherino e le percezioni olfattive e il merito è certamente della grande sapidità che si era nettamente percepita anche nel Zero Dosage.

Cuvée Prestige Brut
50% Meunier 50% Chardonnay. 60 mesi sui lieviti. Sboccatura 12/01/2024. Dosaggio 7 g/l

Tra tutti i campioni in degustazione, certamente il colore più affascinante: un giallo dorato carico, di grandissima lucentezza e vivacità. Al naso ritorna il leggero ricordo ossidato che caratterizza il Couteaux Champenoise, ma nel mezzo si fanno largo i profumi della crema chantilly, della pera matura e del mandarino. Grande corrispondenza gusto olfattiva, con l’aggiunta di un finale leggermente amaricante sulle note dell’amaretto e di un’avvolgenza mai riscontrata nei vini procedenti, segno di un corpo più ricco e pieno. Perfetto equilibrio tra piacevolezza e complessità.

Blanc des Blancs Brut
100% Chardonnay. 36 mesi sui lieviti. Sboccatura 12/01/2024. Dosaggio 7 g/l

Primo campione in cui la carica cromatica si abbassa notevolmente, come è normale che sia per un blanc des blancs con breve sosta sui lieviti. Il giallo paglierino arriva all’occhio del degustatore con leggeri riflessi verdolini, conservando comunque grandissima trasparenza e vivacità. Le percezioni olfattive vanno nella direzione della freschezza con un bouquet giocato sulle note dei fiori bianchi, della pesca bianca e un bellissimo ricordo di anice stellato. Il sorso è sottile, con una bollicina carezzevole, un centro bocca dai ricordi leggermente burrosi e un finale piacevolmente ammandorlato.

Millésime 2018 Brut
80% Meunier 20% Chardonnay. 36 mesi sui lieviti. Sboccatura 15/04/2023. Dosaggio 7 g/l

Il giallo paglierino torna a riproporsi in una versione più carica. Il naso è quasi completamente giocato sulle sfumature della frutta a polpa gialla. Sono nette, infatti, le percezioni di nespola e albicocca, che la fanno da padrone su uno sfondo di glicine. Al palato la bollicina è estremamente fine e racconta di un’anidride carbonica persino morbida e che regala grande piacevolezza, mentre dal punto di vista aromatico la parte fruttata si manifesta con percezioni più dolci grazie ad una sensazione agrumata che si rivela nella sua parte di scorza.

Non capita ogni giorno la possibilità di approfondire le diverse interpretazioni di un vitigno particolare come il meunier nella zona spumantistica più importante del mondo. E diventa ancora più bello se si ha la possibilità di farlo con un relatore d’eccezione come Guido Invernizzi e in un contesto perfettamente organizzato. Grazie dunque ad AIS Brescia e alla sua squadra sempre al servizio dei suoi associati.