Champagne Tarlant: il dosaggio è il tempo
AIS Milano, nella consueta cornice del Westin Palace Hotel, ha ospitato il vigneron Benoît Tarlant e il giornalista Alberto Lupetti per una serata alla ricerca del segreto del dosaggio zero - la cifra stilistica degli eccellenti champagne della Maison Tarlant - e con un’imperdibile anteprima mondiale.
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La Champagne dei Récoltant Manipulant
«Il tempo è il mio dosaggio»: questo il motto di Benoît Tarlant, uomo di terra e di cielo, verrebbe da dire ad osservarlo dalla platea del Westin Palace Hotel. Ha gli occhi gentili, arguti e allo stesso tempo un’aria riservata, le mani grandi di chi ha imparato a parlare con la terra, forse più che con le persone. Lascia lo spazio e la parola al più estroverso Alberto Lupetti e la serata inizia, carica di attese, con una breve introduzione sulla Champagne. Cinque aree produttive, più di 34.000 ettari vitati, 319 Cru (di cui 17 Grand Cru e 42 Premier Cru), 4200 produttori imbottigliatori e 320 milioni circa di bottiglie prodotte ogni anno. Numeri che, sommati alla cifra record di 6,4 miliardi di euro di fatturato nel 2023, danno solo un’idea di quello che è questo areale produttivo.
Se ci allontaniamo dalle cifre e cerchiamo di avvicinarci al tanto decantato terroir, quello che scopriamo è uno scenario fatto soprattutto di lavoro contadino. Sono circa 4200 i vigneron che possiedono il 90% delle terre, con una frammentazione estrema che supera le 280.000 parcelle. Il restante 10% è in mano alle maison, o négociant manipulant, che però arrivano al 70% del fatturato totale della regione. E poi ci sono le vigne, per la maggior parte con più di trent’anni, e i 7 vitigni protagonisti: 3 i principali - pinot noir (38%), meunier (31%) e chardonnay (31%) – e altri 4 quasi scomparsi dai radar - pinot blanc, pinot gris, arbanne e petit meslier. Ai Tarlant, tra le altre cose, dobbiamo anche la ricerca di salvaguardia dei quattro vitigni secondari.
Tarlant: una storia lunga 12 generazioni
Nel 1780 la famiglia Tarlant, attiva dal 1687, arriva a Œuilly, un piccolo villaggio della Valle della Marna, e impianta il primo vigneto ancora oggi tramandato di generazione in generazione. Ci troviamo sulla rive gauche della Marna dove le vigne, baciate dal sole del mattino, sono oggi favorite dall’aumento delle temperature, con lente maturazioni e corredo di acidità inalterato. Nel 1929 vede la luce il primo champagne (Carte Blanche) “coltivato”, prodotto e firmato dai Tarlant; ma è solo con il secondo dopoguerra che inizia la storia moderna, fatta di ricerca e sviluppo, di allargamento del patrimonio vitato e di alcune piccole, grandi intuizioni. Benoît, che rappresenta la dodicesima generazione, ha avuto la possibilità di lavorare fianco a fianco per dieci anni con il papà, il nonno e il bisnonno. Una fortuna che ha permesso una trasmissione diretta e viva di un savoir-faire antico, prezioso quanto gli esili ricordi degli anziani.
Nel 2005, racconta Benoît, «davanti a Google Earth, il mio bisnonno mi indicò con il suo bastone il punto esatto dove coprì una bomba inesplosa con un bel po’ di terra e delle nuove barbatelle. Ovviamente ho stampato e archiviato la mappa con una bella X in quel punto». Dobbiamo al nonno di Benoît una prima ricerca sugli champagne poco dosati e poi al papà Jean-Mary la prima proposta di champagne senza dosaggio negli anni ’70 del secolo scorso: un’intuizione lontana dalle mode e dalle richieste di mercato attuali, che è diventata via via la cifra stilistica di Tarlant.
«Il brut nature è qualcosa che dà un senso al nostro lavoro di vigneron, senza filtri: lavoro bene in vigna, quindi non devo poi riequilibrare il vino con il dosaggio. Fare uno champagne non dosato secondo me è una scelta di vigne, di attenzione alla pressatura, di scelta dei tonneaux e, fondamentale, di tempo! Il tempo è il mio dosaggio».
La maison Tarlant oggi possiede 14 ettari su 57 parcelle sparsi tra i quattro villaggi dei nonni. Il suolo è lavorato in biologico, con inerbimento alternato. Tutte le vinificazioni e le fermentazioni vengono mantenute separate in base alle parcelle e, quindi, ai differenti terreni (calcari fossili, sabbie, argillo-calcarei, craie, silex ciottolosa), fino all’assemblaggio che viene deciso solo dopo numerosi assaggi e solo quando il tempo ha decretato la sua verità.
La degustazione
Questo champagne, biglietto da visita della famiglia, per la seconda volta vede anche una piccola percentuale (in crescita) dei vitigni “dimenticati”. Intenso e pulito, ha un naso di fiori bianchi, di frutta fresca, con note che virano al miele e al limone. Con il passare del tempo la nota burrosa prenderà spazio. Bocca armoniosa e fresca, che richiama al sorso successivo e si allunga sulla sapidità. Tiraggio aprile 2016 e dégorgement febbraio 2022.
Il Rosé Zéro debutta nel 2003 con una base di chardonnay e una piccola aggiunta di pinot noir (15%). Solo successivamente Benoît si convince per una ricerca più spinta sul pinot noir, per dare maggiore struttura e differenziare in maniera più sostanziale questo assemblage dallo Zéro.
Colore fiore di pesco delicato di cristallina luminosità. Apre su una piccola nota lattica, per poi svelare la sua anima di fiori bianchi e agrumi in scorza. Al palato si dona generosamente, senza mai essere stucchevole, per poi serrarsi in una verticale. «Una piramide all’inverso, in controtendenza ai tipici champagne rosati molto zuccherini e fruttati» come lo definisce Benoît per la capacità di entrare largo e chiudere pungente, giocando da una parte sui piccoli frutti rossi di bosco, croccanti e acidi e dall’altra sulla piccola speziatura del tannino. Tiraggio aprile 2018 e dégorgement gennaio 2023.
BAM! è forse il progetto che più identifica i Tarlant a partire dal 2007. Si tratta, infatti, di una cuvée blanc de blancs realizzata con tre dei quattro cépages oubliés della Champagne, a partire dalle vigne di una singola parcella, la Four à Chaux. Qui la vigna, con filari di vitigni misti, su suolo calcareo-sabbioso, ha un’esposizione a nord. Si tratta inoltre di una riserva perpétuelle, derivante da assemblaggi in botte di più annate in cui ogni anno viene prelevata una percentuale per l’imbottigliamento pari al 50% e reintrodotto pari vino dell’ultima vendemmia, in un ciclo perpetuo, appunto. Si veste di fiori di acacia e agrumi svelando una bocca gustosa e dinamica, tesa e verticale. Non si nega in gusto, con ritorni sul floreale e sugli agrumi. Il nome, evidenzia Benoît, oltre ad essere l’acronimo dei tre vitigni, rappresenta l’esplosione di acidità, con un punto esclamativo che sottolinea quasi un pericolo o un’attenzione. Tiraggio aprile 2013 e dégorgement giugno 2023. Produzione limitata a 900 bottiglie.
È lo champagne più territoriale se pensiamo che il meunier è il vitigno principe della Valle della Marna. Tarlant è riuscito a fare una selezione massale delle vecchie piante del 1947, piantate nella parcella Pierre de Bellevue su suolo argillo-calcareo ed esposizione a est-nord/est.
Stupisce con una sfumatura di nocciola, che si scalda di fiori gialli e spinge in freschezza ricordando il pompelmo. L’idea di Benoît era quella di comprendere il meunier nel suo spirito più intimo, cercando di non spingerlo in produzione e quindi in diluzione, ma neanche di comprimerlo troppo. Un gioco di equilibri per il vigneron che accetta la sfida di concedere al meunier la possibilità di creare un grande vino e quindi un grande champagne da invecchiamento. Al palato torna l’eco del calore dei fiori gialli e della nocciola, in un’apertura larga, quasi un abbraccio umami che rivela una snellezza di fondo, elegante ma sfuggente. Una fragilità di persistenza che riteniamo sia la sua franchezza. Tiraggio maggio 2007 e dégorgement giugno 2023.
Blanc de blancs dalla vigna a piede franco piantata nel 1962 da selezione massale iniziata nel XVIII secolo da Geo Tarlant nel lieu-dit Le Sables. Ha note lattiche in apertura che lasciano presto lo spazio ai fiori di arancio e agli agrumi in scorza. La bocca, quasi generosa in apertura, svela solo in chiusura la firma della casa: una verticalità salina e gustosa. Senza mai essere boisé, il palato mostra una nota burrosa e tostata. Anche in questo caso ritroviamo la piramide capovolta nelle sensazioni gustative. Tiraggio maggio 2007 e dégorgement giugno 2023.
Chiudiamo con un’anteprima mondiale, un vero dono per AIS Milano, anche considerando la rarità dei millesimati: dalla sua creazione nel 1982, infatti, è stato millesimato solo tre volte, mentre negli altri casi è un assemblaggio di due annate. Dal 2016 anche questo champagne è a dosaggio zero. La vigna in questo caso è stata piantata tra il 1946 e il 1948 nel lieu-dit Les Crayons, caratterizzato dal più noto suolo di gesso o craie.
Boisé e fumé in apertura, ha un’anima finissima di torrefazione, di terra e di sottobosco, per poi aprirsi su fiori bianchi e su una piccola nota di speziatura, che ricorda il cardamomo. Palato progressivo, integro, succoso e salato, con una persistenza lunghissima, estremamente dissetante ed equilibrato, che chiude sul ritorno di tostatura. Tiraggio maggio 1997 e dégorgement gennaio 2023.
Una serata a dir poco eccezionale in cui, oltre all’esperienza umana e gustativa, abbiamo potuto comprendere come la pazienza sia l’ingrediente segreto per costruire uno champagne indimenticabile. Per dirla con le parole di Benoît: «siate pazienti! Questo vino, pronto solo oggi dal 1996, è un viaggio nel tempo che vi riporta a quell’anno e vi permette di tornare lì, a ciò che stavate facendo allora».