Crémant: l’altra bollicina francese che conquista il mondo

Per lungo tempo è stato il parente “minore” dello champagne. Meno costoso, meno celebrato, meno raccontato. Eppure oggi il crémant si sta prendendo la scena: una bollicina autentica, elegante, territoriale. E soprattutto, capace di parlare tante lingue diverse, dalla Borgogna all’Alsazia, dalla Loira al Belgio. Ma cosa significa davvero “crémant”? E perché, sempre più spesso, lo troviamo nei calici degli appassionati più curiosi? Lo abbiamo scoperto in AIS Monza e Brianza con Davide Gilioli e Gabriele Merlo.

Monica Berno

Metodo Classico: storia, tecnica e terroir

Dalla Francia del Cinquecento alle tavole di oggi, la storia della spumantizzazione è molto più antica e variegata di quanto si creda. Prima ancora dello champagne, già nel 1531 l’abbazia di Saint-Hilaire, in Linguadoca, produceva la Blanquette de Limoux, primo esempio documentato di rifermentazione in bottiglia secondo il metodo ancestrale.
Tuttavia, è tra il Seicento e il Settecento che il moderno metodo classico si afferma in Champagne. La creazione della cuvée, l'affinamento sui lieviti e l’assemblaggio di annate diverse sono i pilastri di un processo tecnico che rappresenta la sfida più complessa per ogni Maison, in particolare con la cuvée base, spesso trascurata rispetto ai millesimati.
Nel tempo, la tecnica si perfeziona con l’uso del carbone per bottiglie più resistenti, l’invenzione del pupitre per il remuage da parte di madame Clicquot e l’introduzione della gabbietta metallica nel 1844. Gli studi di Pasteur, inoltre, hanno spiegato scientificamente il processo di fermentazione.
Anche in Italia il metodo classico si radica, grazie a pionieri come Gancia e il conte Vistarino, che lo importano nell’Oltrepò Pavese, dando vita a una tradizione vinicola strettamente legata ai terroir italiani.

Una sigla, mille terroir

Il crémant è un metodo classico a tutti gli effetti: uve raccolte a mano, pressatura soffice, rifermentazione in bottiglia, almeno nove mesi sui lieviti. Le bollicine che ne nascono, fini ed eleganti, raccontano la varietà di terroir e vitigni francesi.

Oggi esistono otto denominazioni in Francia (Alsace, Bourgogne, Loire, Limoux, Jura, Die, Savoie e Bordeaux), e in più può essere prodotto anche in Lussemburgo. Ogni zona ha sviluppato un proprio stile, legato a vitigni autoctoni, suoli complessi e microclimi distintivi. Esiste anche una Fédération Nationale des Producteurs et Élaborateurs de Crémant, che tutela l’uso del termine, contribuisce a elaborare i capitolati e organizza un concorso nazionale annuale.

In Alsazia, il crémant rappresenta una quota rilevante della produzione regionale. Qui tutto ebbe inizio tra il 1916 e il 1919 con Julien Dopff, che dopo un viaggio a Épernay, sperimentò con successo il metodo classico, aprendo la strada alla spumantizzazione locale. L’AOC fu riconosciuta nel 1976. I vitigni più utilizzati, sia da soli che in uvaggio sono pinot blanc, riesling, pinot gris e chardonnay. Il pinot noir è l’unico vitigno usato per produrre i crémant d’Alsace rosé e i blancs de noirs. 

L’interesse per queste bollicine territoriali, fresche e accessibili, si è rafforzato anche in regioni storicamente votate ai vini fermi. È il caso di Bordeaux, dove la denominazione crémant è arrivata solo nel 1990. Qui si producono versioni bianche a base di sémillon e sauvignon blanc, e rosati da cabernet sauvignon e merlot, vitigni non facili da gestire in spumantizzazione, ma capaci di risultati sorprendenti con vinificazioni attente.
In un territorio privo di rilievi, è il clima atlantico a fare la differenza: mitiga le estati, previene le gelate e preserva freschezza e aromaticità. Le zone di produzione, come Entre-deux-Mers o Sainte-Foy, si trovano spesso lontano dalle denominazioni più blasonate, con terreni sabbiosi, argillosi, a volte ghiaiosi, ideali per sviluppare una spumantistica di qualità e a costi più accessibili. Non mancano cantine dinamiche che scelgono il crémant come risposta alla crisi dei rossi di fascia intermedia, sfruttando spazi sotterranei già attrezzati per lunghe soste sui lieviti. Oggi il 70% della produzione resta in patria, il resto va all’estero, in un segmento sempre più vivace.

Anche in Borgogna, patria di vini leggendari, il crémant ha trovato piena dignità. Nacque nel 1822 a Rully grazie all’intuizione di Joseph-François Ruffy, che importò il savoir-faire da Épernay. Con l’aiuto degli armatori marsigliesi, il vino arrivò in tutta Europa, fino alle navi della guerra di Crimea.
Riconosciuto dal 1975, può essere prodotto in tutta la regione, ma si concentra soprattutto fuori dai cru più celebri. Le versioni sono quattro (blanc, blanc de blancs, blanc de noirs, rosé), con prevalenza di pinot noir e chardonnay, affiancati da gamay, aligoté e altri vitigni minori. I suoli calcarei e il clima continentale, spesso imprevedibile, pongono sfide severe ma regalano grande eleganza.
Nello Châtillonnais (nella parte nord della Côte d’Or), lungo la “Route du Crémant”, molte aziende si dedicano esclusivamente a queste bollicine, offrendo qualità a prezzi molto competitivi.

Il fermento non manca a Limoux, nel Languedoc, dove già nel 1531 i benedettini producevano spumanti. Il crémant locale, riconosciuto nel 1990, è a base di chenin blanc e chardonnay, con aggiunte di mauzac e pinot noir. Il clima qui è un crocevia tra Mediterraneo, Oceano e Pirenei: ne nascono vini freschi, minerali, talvolta con note fruttate.

Anche Die, nella Drôme, nota per la Clairette de Die, produce crémant in piccolissime quantità (solo 66 ettari), con uve clairette, aligoté e moscato coltivate su pendii montani.

La Loira, seconda solo alla Champagne per volumi spumantistici, offre una delle espressioni più raffinate. Qui i primi esperimenti risalgono al 1811, ma è solo con il riconoscimento del crémant de Loire che la regione assume un ruolo di rilievo. Esso nasce tra Anjou, Saumur e Touraine, grazie a un mosaico di vitigni (chenin blanc, cabernet franc, chardonnay) e ai suoli tufacei che conferiscono sapidità, freschezza e struttura. Le bottiglie affinano in cantine scavate nel tufo, patrimonio geologico e culturale della regione. Con 3.300 ettari e quasi 27 milioni di bottiglie, il crémant de Loire è oggi tra i più apprezzati, grazie anche all’eleganza dello chenin blanc, capace di sorprendere per finezza e profondità, soprattutto nei rosé vinificati da uve rosse.

Jura e Savoia, meno noti al grande pubblico, offrono interpretazioni affascinanti. Lo Jura punta su vitigni autoctoni come poulsard e savagnin, mentre la Savoia valorizza l’altitudine e il clima alpino, con vini freschi e minerali a base di jacquère, altesse e chardonnay.

La degustazione

I crémant nascono spesso con l’obiettivo di esprimere il territorio, la freschezza del frutto e la finezza delle uve. È, pertanto, corretto aspettarsi maggiore immediatezza, e una struttura più snella, rispetto a uno champagne o a un metodo classico a lungo affinamento.

Crémant de Savoie Brut  2022 - Domaine Jean Vullien
50% jacquère, 30% chardonnay, 20% altesse (millesimato non dichiarato). Dosaggio: 6 g/l. Fermentazione: acciaio. Maturazione: 6 mesi in acciaio. Affinamento: 24 mesi sui lieviti. La zona di produzione è nelle valli centrali della Savoia a un’altitudine di 300 metri s.l.m. Suolo: ciottoloso, argillo-calcareo.
L’azienda fondata nel 1973 da Jean Guillen, oggi è guidata dai figli David e Olivier: 38 ettari di vigneto, per una produzione totale di circa 150.000 bottiglie, in prevalenza di vini bianchi. Fanno parte dei vigneron indépendants e praticano lotta integrata, con uno stile vicino al biologico ma non certificato. 

Il colore è paglierino, con riflessi verdolini che raccontano gioventù e vitalità. La bollicina è fine, elegante, ben integrata. Al naso si apre con note agrumate di lime e pompelmo, seguite da profumi erbacei (erba tagliata, mentuccia, salvia e timo). Col tempo emergono anche sentori di lieviti e panificazione: crosta di pane, yogurt, burro alle erbe. Il profilo aromatico si sposta progressivamente da sensazioni vegetali e fresche a quelle più morbide e lattiche, mostrando una bella complessità. In bocca, il vino colpisce per la sua effervescenza leggera e cremosa, accompagnata da una freschezza agrumata coerente con il naso, e da un finale balsamico di menta che lascia la bocca pulita. Perfetto come aperitivo o in abbinamento a piatti semplici come una caprese, bruschette con pomodoro e origano, o finger food di pesce. 

Crémant d’Alsace Brut NVFamilie Dietrich
80% auxerroise, 10% riesling, 10% pinot blanc (millesimato non dichiarato). Dosaggio: 4 g/l.  Fermentazione: cemento. Maturazione: 4 mesi in botti esauste di acacia (10 hl). Affinamento: 24 mesi sui lieviti. . La zona di produzione è a un’altitudine di 280 metri s.l.m. Suolo: granito (origine vulcanica).
L’azienda di Dambach-la-Ville, in Alsazia, risale al 1620; è a conduzione familiare, certificata biologica e biodinamica; lavora 18 ettari e produce 90.000 bottiglie l’anno. In cantina c’è Alexis, poco più che ventenne, tredicesima generazione della famiglia: visione chiara, mano sicura, identità forte. 

Paglierino brillante, attraversato da una bollicina fine, continua, che già visivamente promette precisione. Il primo impatto olfattivo è di maggiore maturità e complessità rispetto all’assaggio precedente: ai fiori bianchi – sambuco e biancospino – si affianca una componente vegetale decisa e invitante. Mela verde, pera Williams matura, erbe aromatiche, come timo e maggiorana, un tocco di erba tagliata e un’eco minerale appena accennata – pietra focaia, idrocarburo – costruiscono un naso armonico, vibrante, dall’eleganza tutta alsaziana. Qui gli agrumi restano sullo sfondo. Il sorso conferma l’impressione: struttura piena, ingresso rotondo e cremoso, acidità viva ma ben integrata, una lieve astringenza che sostiene la tensione. Colpisce una vena piccante – quasi zenzero – che accende la salivazione e accompagna il vino verso un finale asciutto, di bella persistenza, con una chiusura amaricante che ricorda la mandorla verde e la genziana. Il profilo aromatico, marcato sul versante vegetale, lo rende perfetto per abbinamenti gastronomici che giocano su grassezza e freschezza: caprini alle erbe, risotti all’ortica, frittate leggere di erbette primaverili. 

Crémant d’Alsace Extra Brut NV  Domaine Gruss
50% auxerroise, 30% pinot blanc,  20% riesling. Dosaggio: 4 g/l. Fermentazione: acciaio. Maturazione: 12 mesi in botti di rovere (10 hl). Affinamento: 18-20 mesi sui lieviti. La zona di produzione è a un’altitudine di 250 metri s.l.m. Età vigne: 15 anni. Suolo: granito (origine vulcanica).
Il domaine, creato nel 1947, risale in realtà al XVII secolo. Oggi Joseph Gruss è la terza generazione che si avvicenda alla guida dell’azienda di Eguisheim, uno dei borghi più belli dell’Alsazia. La proprietà si stende su 16 ettari totali per una produzione di circa 120.000 bottiglie. 

Questo vino cambia registro rispetto al precedente: meno austero, più accomodante, eppure tutt’altro che scontato. Al naso si presenta con un profilo dolce e accattivante: mela Fuji, pera matura, scorza di cedro e pompelmo dolce-amaro, con un sottofondo di erbe fini – basilico, verbena, maggiorana – che non prevalgono mai. Chiude con un tocco delicato di zucchero filato, che preannuncia un sorso carezzevole. In bocca, infatti, la sensazione è di maggiore morbidezza, nonostante sia un extra brut. L’acidità è viva ma ben domata, la sapidità sottile ma efficace, e il sorso scivola rotondo, con una texture quasi cremosa. Un vino meno verticale, meno affilato, ma più armonico, che conquista per il suo equilibrio e per la capacità di farsi bere con naturalezza. Ideale con piatti delicati – merluzzo alla mugnaia, verdure primaverili, asparagi o frittate leggere – è la scelta perfetta per chi cerca un metodo classico più morbido, ma non banale.

Crémant de Loire Extra Brut 2022Domaine de La Seigneurie
60% cabernet franc, 30% chenin blanc, 10% chardonnay. Dosaggio: 3 g/l. Fermentazione e maturazione: acciaio. Affinamento: 20 mesi sui lieviti. La zona di produzione è a un’altitudine di 120 metri s.l.m. Età vigne: 15 anni. Suolo: argilloso-calcareo.
Il domaine si trova a Saumur (Loira) ed è stato riorganizzato nel 2005 quando Alban Foucher, dopo studi a Digione e un lungo viaggio enologico nei principali Paesi del Nuovo Mondo, è tornato per rivoluzionare l’azienda di famiglia. Oggi firma una produzione sperimentale e appassionata: fino a 40 microvinificazioni, di cui solo 8-10 vengono commercializzate, mentre le altre sono condivise con i visitatori in cantina per raccogliere pareri e lasciar maturare le idee. Tra le chicche, anche ottime versioni secche e moelleux di chenin blanc, perfette con i caprini locali. 

Dall’unione del cabernet franc vinificato in bianco, dello chenin blanc e di una piccola aggiunta di chardonnay, nasce un blanc de noirs che pare quasi un blanc de blancs, tanto è trasparente il colore. Al naso si percepisce una sottile impronta di piccoli frutti rossi – ribes, lampone, melograno – accompagnata da note più morbide e floreali, riconducibili allo chenin: pera matura, agrume dolce, fiori bianchi. Una leggera traccia vegetale – erba tagliata, menta – chiude il profilo olfattivo con un tocco di freschezza. In bocca la bollicina è fine e discreta, quasi cremosa. L’attacco è delicato e rinfrescante, poi il vino si apre su una trama fruttata vivace, con un’acidità ben presente e una sfumatura lievemente tannica e amaricante sul finale, che ricorda la scorza di lime. Il sorso resta lungo, pulito, con richiami mentolati e una chiusura salina ed erbacea. Un crémant di sorprendente profondità, perfetto sia come aperitivo che a tavola, dove può accompagnare pesci di lago, carni bianche, formaggi cremosi o leggermente erborinati. 

Crémant de Loire Cadence Extra Brut 2017Domaine Langlois
50% chenin, 20% chardonnay, 20% pinot noir, 10% cabernet franc (millesimato non dichiarato). Dosaggio: 2 g/l. Fermentazione e maturazione: acciaio. Affinamento: 60 mesi sui lieviti. La zona di produzione è a un’altitudine di 80 metri s.l.m. Età vigne: 20-35 anni. Suolo: silicio-calcareo e argilloso.
L’azienda Langlois è a Saumur e ha una lunga storia: fondata nel 1885, dal 1973 fa parte del Gruppo Bollinger (Champagne). Gli ettari in totale sono 62 per una produzione di 100.000 bottiglie. Agricoltura in conversione biologica dal 2022.

Siamo tornati nella Loira, ma con un profilo del tutto diverso rispetto ai precedenti assaggi. Si tratta di un metodo classico ambizioso, con un’impostazione che strizza l’occhio tanto alla tradizione della Loira quanto a quella della Champagne, soprattutto della Côte des Bar. Al naso si avverte fin da subito un’evoluzione evidente: note burrose e di croissant, mela matura (golden), prugna mirabella, ma anche miele d’acacia e fiori bianchi. Emergono sentori vegetali (timo, maggiorana) e un soffio delicato di frutta rossa. È un bouquet ampio e complesso, capace di coinvolgere e sorprendere. Il sorso è ricco, pieno, di grande rotondità, quasi “champagnoso” nella struttura, con richiami netti alla frutta secca (nocciola, mandorla) e al miele, ma sorretto da una freschezza viva e una bollicina cremosa. In bocca è vellutato, ma non privo di slancio. Perfetto in abbinamento con piatti di carni bianche salsate, pesce nobile con fondi strutturati (rana pescatrice, rombo, uovo allo zafferano), ma anche con funghi e formaggi a crosta fiorita. È un crémant che valorizza appieno le potenzialità dello chenin blanc, regalando un sorso profondo, complesso, dal finale lungo e armonico. 

Crémant d’Alsace Rosé NV – Domaine Bernard Haas
100% pinot noir (rosé de saignée). Dosaggio: 6,5 g/l. Fermentazione e maturazione: acciaio. Affinamento: 24 mesi sui lieviti. La zona di produzione è a un’altitudine di 240 metri s.l.m. Età vigne: 15-20 anni. Suolo: granito e calcare.
L’azienda di Kaysersberg (Alsazia) è attiva dal 1376 e oggi è guidata dalla nona generazione, con i fratelli Emma e Paul al fianco del padre Bernard. Il domaine ha 11 ettari e produce circa 90.000 bottiglie prodotte, lavora su diversi Grand Cru, con una forte vocazione al riesling ma anche una vinificazione in rosso di pinot noir in stile borgognone. La versione rosé da metodo classico si rivela una delle interpretazioni più convincenti del domaine: moderna, precisa e sorprendentemente gastronomica.

Il colore è quello classico della buccia di cipolla, dai riflessi ramati tenui. La bollicina è fine, quasi invisibile alla vista, ma presente e cremosa in bocca. Al naso emergono note piene di frutti rossi maturi: lampone, ciliegia, melagrana, fragolina di bosco. A queste si affiancano sfumature agrumate (arancia rossa) e accenni vegetali di erbe fresche. È un bouquet ricco, ampio, dal profilo dolce ma non stucchevole. In bocca il vino sorprende per equilibrio e pulizia. L’attacco è morbido, rotondo, con buona struttura e una freschezza che bilancia perfettamente il dosaggio. Il sorso è succoso con un bel volume e una bollicina cremosa che avvolge il palato. Il finale è lungo, fruttato e armonico. Perfetto a tavola, questo crémant rosé si abbina benissimo a salumi (culatello, prosciutto crudo, luganega), ma anche a piatti rustici come pizza con salsiccia, risotti saporiti o carni bianche. 

Crémant de Bourgogne Brut “La Fun en Bulles” NV – Domaine Anne Gros
60% pinot noir, 40% chardonnay. Dosaggio: 5 g/l. Fermentazione e maturazione: acciaio. Affinamento: 15-18 mesi sui lieviti. La zona di produzione è a un’altitudine di 230 metri s.l.m. Età vigne: 20 anni. Suolo: marne calcareo-argillose.
Anne Gros, produttrice simbolo della Côte de Nuits, conosciuta per i suoi rossi profondi e longevi – in particolare i Vosne-Romanée e i Clos Vougeot – qui è alle prese con le bollicine, in una versione che unisce rigore tecnico, mano femminile e territorialità. Anne è la sesta generazione della famiglia Gros, attiva dal 1830 che ha oggi 4 domaine diversi. Il vino è un blend di pinot noir e chardonnay con produzione limitatissima (meno di 1000 bottiglie), disponibile in due etichette quasi introvabili anche in Francia. Nonostante la Borgogna non sia universalmente nota per i suoi crémant, questa bottiglia dimostra quanto un grande terroir e una mano esperta possano dare vita a una bollicina di notevole complessità e personalità.

Al naso si esprime con note lattiche e burrose, che ricordano yogurt, caprino fresco, mandorla e frutta secca, accanto a tocchi vegetali raffinati e un soffio speziato che evoca anice e pepe bianco. Il profumo si apre con il calore del bicchiere, guadagnando profondità minuto dopo minuto. Il sorso è ampio, cremoso, sorprendentemente strutturato, con una bollicina fine che accompagna senza invadere. L’attacco rivela la vivacità del pinot noir, con una spinta di frutti rossi e una leggera tannicità che dà mordente. Poi subentra la rotondità dello chardonnay, che ammorbidisce e distende il sorso con note di burro, agrumi maturi e nocciola tostata. Il finale è lungo, vibrante, ben bilanciato tra freschezza e avvolgenza. Un crémant passe-partout: perfetto per l’aperitivo e capace di accompagnare un intero pasto, dalle carni bianche al tartufo fino a formaggi a pasta molle. Un vino che rivela a ogni sorso la doppia anima dei suoi vitigni e la firma elegante e precisa di Anne Gros.

In questa serata sorprendente, ogni crémant ha saputo distinguersi per stile, autenticità e aderenza al territorio. Nessuna copia dello champagne, ma interpretazioni personali e coerenti, frutto di mani diverse e visioni precise. Dai piccoli vigneron alle maison più strutturate, è emersa una gamma di vini sinceri, versatili, spesso gastronomici, capaci di stare a tavola con naturalezza e di offrire piacere senza ostentazione. Una bella dimostrazione di quanto il crémant meriti attenzione, anche fuori dai soliti schemi.