Croste e Grappoli: il pane incontra il vino

Un viaggio sensoriale alla scoperta di due mondi solo apparentemente distanti, tra racconti di vignaioli e panificatori che hanno fatto della loro passione un mestiere. A farci da guida, in questo percorso, Alessandro Di Venosa, con la farina nel DNA e il lievito nel cuore, e Giuseppe Vallone, che in un calice di Nebbiolo legge la vita.

Paola Lapertosa

“Croste e Grappoli" nasce dall'amicizia di lunga data tra Alessandro Di Venosa e Giuseppe Vallone, entrambi sommelier e degustatori, con la voglia di dimostrare come questi due mondi, apparentemente distanti, siano in realtà incredibilmente attigui. A fare da contraltare ai loro racconti, 7 pani di 6 panificatori moderni, e 6 calici di vino di altrettanti viticoltori italiani, tutti e 12 artigiani del gusto che hanno fatto della loro passione una missione di vita.

«Vi garantiamo che mangerete e mangerete bene» promette Alessandro, anticipando un percorso degustativo unico nel suo genere. «Ma anche, che berrete bene» gli fa eco Giuseppe.

Ma ci chiediamo: perché il pane è tornato a essere così importante? Si tratta di una moda passeggera o della riscoperta di un valore antico? A sessant’anni dal boom economico, esce la prima guida italiana del Gambero Rosso dedicata al pane, un segnale forte che testimonia come l'attenzione verso questo alimento sia in costante crescita.

«Comprare il pane è un atto politico» afferma Longoni, uno dei sei panificatori protagonisti della serata. La scelta consapevole di ciò che portiamo sulle nostre tavole diventa, quindi, un gesto di responsabilità, un modo per sostenere chi produce con passione e rispetto per la materia prima.

... ma allora, come si fa il pane?

La teoria è semplice: si può panificare con quasi tutto, anche se da noi è il grano tenero a farla da padrone, mentre nel nord Europa spopolano segale e cereali più rustici. Tutto parte dal chicco di grano, trasformato in farina e poi impastato con l'acqua. A questo punto entra in gioco l'agente lievitante, vero cuore pulsante del processo. Due strade possibili: il lievito di birra, preciso e affidabile, o la pasta madre, un microcosmo brulicante di vita.

Il lievito di birra è composto da un unico ceppo di lieviti e garantisce un risultato sicuro e costante, ma rischia di coprire i sapori della farina, senza valorizzarne appieno ogni sfumatura, mentre la pasta madre è un’orchestra di mille strumenti, un intreccio di batteri lattici, funghi e lieviti diversi tra loro. Un lievito vivo che, come un'eredità preziosa, andrebbe tramandato di mano in mano o creato in casa con amorevole cura. Richiede attenzioni e dedizione, ma il risultato è un pane vivo, ricco di profumi e sfumature aromatiche uniche.

Dal rito del pane "fermo" al mito della velocità fino al ritorno al pane lento

Un tempo il pane era un rito, un appuntamento settimanale con il forno sotto casa, con la caratteristica che doveva durare per tutta la settimana. Pane “fermo”, lo chiamavano, fatto con farine speciali capaci di regalare una crosta spessa e croccante e una mollica consistente e saporita. Un pane che si faceva pane e companatico, che si inzuppava nel latte a colazione e accompagnava ogni pasto con semplicità.

Poi, arrivò il boom economico e con esso il mito della velocità e della leggerezza: le varietà tradizionali vennero abbandonate in favore di quelle moderne, come il grano Creso o il Senatore Cappelli, con maggiore produttività, appiattendo così l'agricoltura e riducendo la biodiversità, con conseguenze negative sulla qualità del cibo e sulla resilienza delle colture. Oggi stiamo riscoprendo il valore di un pane lento, fatto con farine poco raffinate e lievito madre. Un pane che sa di grano, che si mastica con gusto e che sazia davvero. Un ritorno alle origini, insomma, per riscoprire i sapori autentici di un tempo e prenderci cura della nostra salute, una fetta alla volta. Un ritorno anche ai grani antichi, riscoperti per il loro valore sociale, nutrizionale e ambientale.

La degustazione

Crosta selvaggia e bollicine raffinate

White Light - Eugenio Pol & Franciacorta Vintage Collection Brut 2015 - Ca' del Bosco

Il primo assaggio ci porta dritti al forno di Eugenio Pol, maestro panificatore che ha saputo trasformare la semplicità degli ingredienti in un'esplosione di gusto e di bellezza. La sua non è una storia di famiglia. Eugenio, al pane, ci è arrivato dopo aver sperimentato altre strade, ma quando ha messo le mani in pasta, ha capito che quella era la sua strada, la sua passione, la sua arte. E da quel momento, ha intrapreso un percorso di ricerca e di sperimentazione senza sosta diventando uno dei nomi di maggior rilievo della panificazione italiana. Trovarlo non è facile: è un artista schivo, che vive in simbiosi con i ritmi lenti della natura in Val Sesia, un alchimista del lievito madre, capace di creare pani dalla crosta croccante e dalla mollica alveolata, con profumi che evocano la terra e i granai di una volta. Ogni pagnotta è un'opera d'arte, unica e irripetibile, un inno alla biodiversità e alla tradizione. Una rarità vera, che solo pochi eletti riescono a scovare.

White Light”, dedicato al celebre quadro di Pollock, è un pane realizzato utilizzando segale montana della Serra di Ivrea bio e farro monococco delle Crete senesi bio, dalla straordinaria longevità - dura fino a trenta giorni - e dall'idratazione "a okkio", come scrive lui stesso nella sua scheda. Con la sua crosta screziata e i suoi giochi di colore, sembra quasi imitare la tela dell'artista americano.

Per accompagnare questa poesia di sapori, cosa c'è di meglio di un vino che racchiude in sé la stessa passione e la stessa ricerca dell'eccellenza? Il Franciacorta Vintage Collection Brut 2015 di Ca' del Bosco non è solo un vino, è un'esperienza che racchiude la passione e la visione di Maurizio Zanella, uno dei grandi personaggi del vino italiano, che non ha bisogno di presentazioni.

L'anima di questo vino si esprime con la frase di Maurizio: «il vino è come un figlio, lo devi accompagnare per mano nella vita». Un percorso fatto di cure attente, dedizione e amore, proprio come quello che Eugenio Pol riserva al suo pane. Questo vino è un mosaico di profumi e di sapori, frutto di un terroir unico e di un lavoro certosino: assemblaggio di ben 24 vigne diverse, risplende nel calice per regalare al naso un bouquet complesso ed elegante. Un prato fiorito dopo la pioggia, con note di erba sfalciata e un tocco erbaceo si fondono con una decisa mineralità, quasi come il profumo di pietra focaia appena spaccata. In bocca, l'attacco è vibrante, con un'acidità che richiama il gesso e la pietra calcarea, tipici del terroir franciacortino. La beva è dinamica, con un finale di gentile morbidezza che bilancia perfettamente la sapidità, lasciando un ricordo armonioso e persistente.

Grani antichi e vini coraggiosi

Nero di Castelvetrano e Pane di Segale Iermana - Valeria Messina & Riviera del Garda Classico Valtènesi Chiaretto DOC A rose is a rose is a rose 2023 – Azienda Agricola Cantrina

A Catania, Valeria Messina, avvocato quarantenne con la nostalgia del buon pane di una volta, ha fatto del ritorno alla tradizione il suo trampolino verso il futuro. Spinta dal desiderio di offrire alle sue figlie un alimento sano e genuino, Valeria ha iniziato a sperimentare la panificazione casalinga, trascorrendo le sere a impastare e le mattine, prima di andare al lavoro, a infornare. La svolta è arrivata con la scoperta della biancuccia, una varietà di grano autoctona siciliana dalle caratteristiche uniche. Da qui, l'idea di farne un progetto di vita, aprendo un forno che celebrasse questa farina antica e il suo legame profondo con il territorio, Forno Biancuccia. Il pane è per lei un atto d'amore per la tradizione, un profumo di casa che ci riporta alle nostre radici. È un pane che sa di storia, che racconta il rispetto per la terra e per i suoi frutti, che unisce l'uomo alle sue origini più autentiche. Ed entrambi i pani della serata incarnano appieno il suo approccio alla panificazione.

Nero di Castelvetrano” è un pane realizzato con varietà autoctone (34% tumminia, 33% russello, 33% biancuccia) e un’idratazione del 90%. Si presenta con una crosta spessa e croccante, di un colore bruno intenso, quasi ebano, che rivela al tatto una piacevole ruvidità, e una mollica compatta e leggermente umida, con una struttura alveolata irregolare.

Pane di Segale Iermana” è invece un pane rarissimo, prodotto con segale iermana coltivata sulle pendici assolate dell'Etna. Con la sua idratazione al 90%, sprigiona note di anice al naso e al palato, una rarità che nasce dalla dedizione di chi ha scelto di recuperare grani antichi e tecniche di lavorazione tradizionali.

La proposta di abbinamento di Giuseppe è audace perché dalle pendici dell’Etna ci porta in Valtènesi, nell’azienda Cantrina, per assaggiare un groppello in purezza, espressione solare della nostra regione. Il Riviera del Garda Classico Valtènesi Chiaretto DOC A rose is a rose is a rose 2023 è un libero esercizio di stile che racconta una storia di resilienza e rinascita: Cristina Inganni, dopo un lutto familiare, decide di dedicarsi anima e corpo all'azienda fondata dal marito.

Questo vino nasce quasi per caso, spinto dalle insistenze di chi ne riconosceva il potenziale. Cristina, però, decide di farlo a modo suo, non seguendo le orme della tradizione, ma creando un 100% in purezza, una scelta coraggiosa in un territorio dove questo vitigno veniva generalmente assemblato con barbera e marzemino

Il risultato è un vino che sorprende: al naso esplodono profumi di pesca, albicocca, fragolina di bosco e un tocco di rosa, accompagnati da una leggera nota balsamica. In bocca, la dolcezza iniziale lascia spazio a un connubio fresco e sapido, con un corpo pieno e strutturato, insolito per un vino della Valtènesi.

L'elogio della singolarità

Pane dei nostri campi - Adriano del Mastro & Vino Bianco Giamin 2020 - U Cantin Penco Maria Teresa

In un mondo sempre più standardizzato, c'è chi sceglie di percorrere strade meno battute, all'insegna della singolarità e del legame autentico con la terra. È il caso dei Panificatori Agricoli Urbani (PAU) e alcuni vignaioli di nicchia, che con coraggio e determinazione hanno deciso di scommettere su vitigni autoctoni e metodi di produzione artigianali. Il loro pane, lontano dalle logiche industriali, ha un nome e un cognome, racconta una storia fatta di passione, rispetto per la materia prima e attenzione per ogni dettaglio.

Adriano del Mastro è uno di loro e dopo un'importante esperienza da Niko Romito ha deciso di dedicarsi anima e corpo all'arte bianca. Il suo pane, frutto di una costante ricerca e sperimentazione, è un elogio alla semplicità e al gusto autentico. Il suo “Pane dei nostri campi” è una dichiarazione d'amore alla terra e ai suoi frutti, un inno alla biodiversità e alla tradizione, racchiuso in una pagnotta che profuma di grano appena raccolto e di lievito madre antico. Realizzato con solina (60%) e tengri (40%), farine prodotte presso Campo di Giove vicino a L’Aquila e a Busnago, in Brianza, ha un’idratazione del 75%, una crosta spessa e croccante e spaccature che rivelano una mollica invitante.

Anche nel mondo del vino, la ricerca dell'unicità passa attraverso la valorizzazione dei vitigni autoctoni e dei territori meno conosciuti. Lo sanno bene Domenico e Maria Teresa di U Cantin Penco Maria Teresa, che dopo una vita trascorsa nel mondo della metalmeccanica, hanno deciso di dare una svolta alla loro esistenza recuperando un vecchio podere di famiglia nell'entroterra di Chiavari. Qui, su 1,6 ettari di terra, coltivano con passione il cimixà, un'uva antica, quasi scomparsa, che solo in questa piccola valle della Fontanabuona ha trovato il suo habitat ideale. Il loro Vino Bianco Giamin 2020 prende il nome dal termine dialettale che significa “lavorare con fatica” e indica appieno la difficoltà di questa terra ligure. Ha un colore dorato lucente e un profumo intenso e complesso, con note di frutta matura, spezie ed erbe aromatiche. In bocca è avvolgente e persistente, con un finale piacevolmente amarognolo.

La “meglio gioventù” del vino e del pane

Forno TraMa - Matteo Trapasso & Umbria Bianco IGT Spulétano 2022 - Iacopo Paolucci

Scegliere la propria strada non è mai facile, soprattutto quando si è giovani. E se questa strada porta al mondo della panificazione o della viticoltura, la sfida diventa ancora più grande. Quando però si è guidati dalla passione ogni sfida diventa energia pura, voglia di imparare e di superare ogni ostacolo, giorno dopo giorno, sfornata dopo sfornata, vendemmia dopo vendemmia.

A Milano, tra le vie pulsanti e frenetiche di una città che non si ferma mai, si cela un piccolo scrigno di profumi e sapori antichi: il forno TraMa di Matteo Trapasso. 8,87 m2, questa la dimensione del regno dove il ventiquattrenne impasta sogni e sforna capolavori. La sua storia è fatta di sudore e passione ed è un inno alla caparbietà: in uno spazio che sfida le leggi della fisica e la frenesia milanese, Matteo non ha paura di sperimentare, innovare e tracciare la propria strada, un grammo di lievito alla volta. «Quello che cerco di fare è un prodotto che sa di storia, che racconta un processo produttivo fatto di tanti passaggi, un sistema circolare che parte dai produttori e arriva al cliente».

Allo stesso modo si comporta Iacopo Paolucci, giovane vignaiolo che ha deciso di scommettere sulla rinascita di un territorio ricco di storia e di tradizione. Tra le dolci colline umbre, a Doglio, ha riportato all'antico splendore vitigni autoctoni come il grechetto di Todi, il trebbiano spoletino e il raro grero di Todi, un'uva a bacca rossa quasi dimenticata che solo in questa piccola porzione di Umbria trova il suo habitat ideale.

Le vigne di Iacopo, coltivate a 500 metri di altitudine su terreni ferruginosi e tufacei, sono un perfetto esempio di naturalità: niente trattamenti sistemici, niente concimi chimici, niente diserbanti, solo il rispetto per la terra e per i suoi ritmi, più la cura artigianale di chi sa ascoltare la voce della natura. Con la sua passione contagiosa e la sua dedizione senza compromessi, rappresenta la nuova generazione di vignaioli italiani: giovani che, con coraggio e lungimiranza, hanno scelto di scommettere sulla propria terra, per costruire un futuro di eccellenza. Ne sono la dimostrazione i suoi vini, sinceri e schietti come il suo carattere.

Il suo Umbria Bianco IGT Spulétano 2022 nasce dalla sapiente vinificazione di trebbiano spoletino. Nel calice è di un giallo brillante e al naso si apre con un'esplosione di profumi fragranti e invitanti: note di fiori bianchi, come acacia e gelsomino, si intrecciano a sentori di frutta a polpa bianca, pesca e mela verde. Chiude con un tocco agrumato che ricorda la scorza di limone, aggiungendo complessità e vivacità. In bocca, è fresco e sapido.

L’unione fa la forza

Pane Nocciano - Forno Brisa & Carema DOC Riserva 2019 - Cantina Produttori Nebbiolo

C'è un filo rosso che lega il pane di Forno Brisa al Nebbiolo di Carema: la forza di una comunità che si stringe attorno a un progetto comune.

Nel cuore di Bologna, Forno Brisa, nato dall'idea di Pasquale Polito e Davide Sarti, è molto più di un semplice forno artigianale. Definendosi "indipendente e ribelle", incarna un'idea di panificazione che va oltre il semplice gesto di impastare e infornare. Primo forno in Italia a essere certificato "Great Place to Work", Brisa ha costruito la sua identità su un'idea di comunità lavorativa basata sul rispetto, la condivisione e la crescita collettiva. Un successo testimoniato anche dalle due campagne di crowdfunding che, nel 2019 e nel 2023, hanno raccolto oltre 5 milioni di euro, dimostrando la fiducia riposta nel progetto da una solida community di appassionati.

Tra le creazioni che meglio rappresentano la filosofia di Forno Brisa c'è sicuramente il “Pane Nocciano”, una sinfonia di grani, in cui la forza del miscuglio di grani teneri si fonde all'intensità della solina e del frassineto. A questi, si aggiunge la personalità decisa del mix di grani duri monococco, un ritorno alle origini del grano, e la farina di ceci che dona al pane una nota rustica e avvolgente, un sapore di terra e di tradizione.

E, a proposito di comunità, arriviamo a Carema dove la Cantina Produttori Nebbiolo riunisce circa 100 soci, anima e cuore di questo piccolo borgo piemontese. Qui, la coltivazione della vite tramandata di generazione in generazione diventa un atto di resistenza e di amore per il proprio territorio.

Il Carema DOC Riserva 2019 è l'espressione più autentica di questa unione, un vino che nasce dal nebbiolo e parla di fatica, di sudore, ma anche di orgoglio e di appartenenza. Nel calice, si presenta con un colore rosso rubino intenso dai riflessi granato. Al naso è complesso ed elegante, con note di rosa e frutti di bosco che si fondono a sentori speziati di liquirizia, cannella e cacao. In bocca è un'esplosione di sapori: tannini decisi ma vellutati, freschezza e sapidità si alternano in un sorso di grande struttura ed eleganza.

Giganti della farina e poeti del vino

Abruzzese 2022 - Davide Longoni & Oltrepò Pavese Rosso Riserva Cavariola 2015 - Bruno Verdi

C'è chi vede nel pane un semplice alimento e chi invece vi scorge un universo di sapori, profumi e tradizioni. Davide Longoni appartiene senza dubbio alla seconda categoria: pioniere della panificazione moderna in Italia, ha fatto della ricerca della materia prima e del rispetto per i tempi della natura il suo credo. Il suo percorso inizia quasi per caso, spinto da una passione viscerale per il pane buono e genuino, quello di una volta. Un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta di grani antichi, tecniche di lavorazione tradizionali e lieviti madre centenari.

Il suo “Abruzzese 2022” è un pane di solina, frassineto, un mix evolutivo di grani duri e teneri, Senatore Cappelli, saragolla, farro monococco e ceci, con un’idratazione dell’85%. Assaggiandolo ci si rende conto che «ll pane è un atto d'amore per la terra», come ama ripetere Longoni. Un amore che si traduce nella scelta di collaborare solo con piccoli produttori locali, custodi di un patrimonio di biodiversità che rischia di andare perduto. Un amore che si esprime nella cura maniacale per ogni dettaglio, dalla lievitazione lenta e naturale alla cottura nel forno a legna. Il risultato è un pane vivo, ricco di profumi e sapori autentici, capace di raccontare la storia della terra da cui proviene. Pani che saziano non solo lo stomaco, ma anche l'anima. 

Sulle colline del "Vecchio Piemonte", la famiglia Verdi scrive la propria storia vitivinicola da oltre due secoli. Un legame profondo con la terra, tramandato di generazione in generazione, che ha trovato in Bruno Verdi un interprete appassionato e lungimirante che ha saputo trasformare l'azienda di famiglia in una delle realtà più dinamiche e apprezzate dell'Oltrepò Pavese. Tra i vini che meglio rappresentano la sua filosofia c’è l’Oltrepò Pavese Rosso Riserva Cavariola 2015, un blend di croatina, barbera, uva rara e ughetta di Canneto, provenienti da un unico vigneto, il cru Cavariola. Un vino di grande struttura ed eleganza, dalla grande personalità e capace di evolvere nel tempo. Nel calice, seduce con il suo colore rosso rubino profondo e conquista il naso con un profumo complesso e avvolgente: note di frutta matura, visciola, prugna e mora si fondono a sentori speziati di cannella, noce moscata e pepe nero, creando un'armonia unica e indimenticabile. In bocca è morbido e avvolgente, con tannini nobili e una freschezza vibrante che ne esalta la bevibilità. Un vino di grande carattere e longevità, che racconta la storia di un territorio e la passione di chi lo ha saputo valorizzare.

Ogni pagnotta e ogni sorso raccontano una storia. Ma alcune storie sono destinate a lasciare un segno indelebile, a tracciare un solco profondo nella tradizione e a ispirare le generazioni future. Sono le storie di tutti gli artigiani che hanno saputo trasformare la loro passione in un'arte, in un inno alla terra e ai suoi frutti.