Del Nebbiolo ci si innamora...
Bastano poche frasi d’esordio per comprendere il rapporto che lega Franco Ziliani a questo vitigno e alle sue terre d’elezione. Il giornalista non esita infatti a definirsi “nebbiolo-dipendente” e a consacrare il nebbiolo come “l’uva più straordinaria e completa!”. Il racconto della serata dedicata al Barolo di Serralunga d'Alba
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Tratto dal sito della dellegazione Ais di Lecco: www.aislecco.com. Per visualizzare tutte le foto dell'evento, clicca qui
E se anche questo vitigno ha forse origine dal Nebbiolo Chiavennasca della Valtellina, è certo che raggiunge le sue massime espressioni nei circa 1800 ettari degli undici comuni del cuneese.
Per la degustazione la scelta è caduta su Serralunga d'Alba, che è in grado di esprimere dei Barolo più possenti, con grande personalità e che richiedono tempo per la loro maturazione.
Le filosofie produttive che si incontrano prevedono l'assemblaggio di uve provenienti da villaggi diversi, la vinificazione per singolo vigneto in puro stile borgognone e, caso specifico di Serralunga, la vinificazione da parte di produttori che non hanno una sede nel comune ma che possiedono vigneti in loco.
La scelta dei vini fatta da Ziliani tradisce anche la sua predilezione per le interpretazioni tradizionali: dei sette vini in degustazione sei possono essere annoverati tra i tradizionalisti, anche se con diverse sfumature, con affinamenti in botti grandi e macerazioni lunghe. Un solo vino esprime una interpretazione modernista, con vinificazione breve e affinamento in barrique.
Del resto, come ha già scritto sul sito nazionale dell'AIS, anche il mondo sta cambiando gusto e richiede sempre più vini naturali, meno morbidi e meno rotondi, che siano espressione tipica di un territorio e caratterizzati da una propria personalità. E i Barolo passati in barrique, anche in grandi annate come l'89 o il '90, risultano ben fatti ma non entusiasmano, non hanno una sufficiente complessità (vedi la discussione "per l'amore del Barolo" sul blog "Vino al vino").
Le annate del 2005 e 2006 sono ritenute classiche per il Barolo, con la prima che è caratterizzata da un tannino più addomesticato. Tutti i vini presentati sono ottenuti da uve mature, ma mai sovra mature, in cui si percepiscono gli aromi della frutta ma in cui a farla da padrone sono i tannini e l'acidità.
Il primo vino in degustazione è il Barolo Serralunga 2006 di Giovanni Rosso. E' un Barolo tradizionale con qualche apertura alla modernità, per la macerazione non lunghissima. Il colore rubino è vivo e con una buona ricchezza cromatica, mentre il naso è ricco, con una componente fruttata presente ma non protagonista e con la caratteristica nota di liquirizia dei Barolo di Serralunga. In bocca risulta fresco e con una buona sapidità, discreta acidità e un tannino presente, elegante ed equilibrato, di media persistenza. E' un Barolo base, che può essere bevuto subito.
Il secondo vino è il Barolo Serralunga 2006 di Principiano. Il colore è più ricco e più caldo del precedente e al naso esprime una bella maturità della frutta, note aromatiche di liquirizia, selvaggina, polvere da sparo, con una buona tessitura olfattiva. Al gusto si apre maggiormente in larghezza, con eleganza e con trama del tannino più persistente. Adatto ad essere consumato subito, può anche essere invecchiato. Il produttore, dopo anni da modernista, ha optato per vini naturali, senza trattamenti invasivi, vini più autentici e con personalità.
Il terzo vino è il Barolo Sorano 2006 di Ascheri. Proveniente da un singolo vigneto abbastanza vecchio (40-50 anni) è un Barolo tradizionalista caratterizzato da macerazioni lunghe e affinamento in botti di rovere di Slavonia, in parte vecchie e in parte nuove. Di colore rubino intenso. L'olfatto ha spessore e struttura, con una componente fruttata di prugna secca e note selvatiche, terrose, aromatiche. In bocca parte lentamente, in maniera netta, poi si allarga sul palato e il tannino è ben presente, ma non risulta aggressivo. L'acidità è buona e la persistenza è lunga. Sarà uno dei vini più apprezzati al termine della serata.
Il quarto vino in degustazione è il Barolo Baudana 2006 di Vajra-Baudana. Altro vino tradizionalista che vede la collaborazione di un piccolo produttore con un altro nome storico del Barolo per la distribuzione. Macerazione di trenta giorni e affinamento in botti da 15-20 ettolitri di legni diversi. Colore rubino di grande profondità e densità. Naso elegante e fine, con nessuna nota fuori posto, naso caldo e fitto, con note floreali eleganti, terrose, minerali, liquirizia nera, prugna secca, sfumatura di rosa appassita e note leggermente speziate. In bocca è fine ed elegante, con grande potenza; l'alcolicità è ben presente, il tannino è setoso e cresce progressivamente sul palato. Finisce con note terrose e sapide. Vino giovane con grande potenziale evolutivo, ma di livello qualitativo paragonabile al precedente.
Il quinto vino è il Barolo Lazzairasco 2005 di Guido Porro. E' ottenuto da un angolo dello storico vigneto del Lazzarito con una macerazione di 20-25 giorni. Se l'uso della bottiglia bordolese e una etichetta non proprio entusiasmante sono discutibili, di certo non lo è il vino, che risulta molto buono. L'anno in più comincia a rivelarsi dal colore, che presenta un unghia che tende al granato. Aromi più evoluti e intensi, note terrose di sottobosco, cuoio e pepe, liquirizia. In bocca parte leggero, quindi acquisisce spessore e calore. Tannico e con bellissima acidità. Ha ancora qualche spigolosità che deve essere limata nel tempo. Persistenza lunga. Poco famoso e leggermente al di sotto del livello dei due vini precedenti, ha un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Il sesto vino è il Barolo Lazzarito 2005 di Fontanafredda. Ottenuto dal più prestigioso vigneto di Serralunga è l'unico vino della serata che può essere definito modernista, con macerazioni medie di 20-30 giorni e affinamento misto in barrique per metà nuove per dodici mesi e quindi in botti di rovere. Il colore è un bel rosso rubino. Al naso le note fruttate sono più evidenti, prugna e lampone, le note speziate sono di tabacco, liquirizia, pepe. Al gusto rivela qualche imprecisione, il tannino è rotondo e morbido, si sente una leggera astringenza; la chiusura non è vibrante e appare priva di energia, un po' bloccata e ingabbiata.
L'ultimo vino è il Barolo Prapò 2005 di Ettore Germano. Macerazione e affinamento in botte tradizionali ne fanno un Barolo nel pieno spirito delle Langhe. Si ritrovano tutte le note distintive del Nebbiolo. Il naso ha una grande densità, finezza ed eleganza con note floreali di fiori secchi e note minerali evidenti, terrose, di cuoio e selvaggina. Grande equilibrio e finezza in bocca, acidità profonda e lunga persistenza, più verticale che ampia. Tannino magnifico, preciso e centrale.
Alla fine della serata, che ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso e attento, c'è lo spazio per un confronto per individuare quale sia stato il Barolo più convincente e quello meno. E infine l'esortazione a provare questo vino in più occasioni, senza dover necessariamente attendere gli abbinamenti più corretti con selvaggina o stracotti, correndo il rischio di privarsi di un simile piacere, perché "il Barolo è Barolo".
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