Dodici racconti sensoriali di nebbiolo (piemontese) e sangiovese (toscano)

Una degustazione alla cieca, stimolante e formativa, con lo scopo di raccontare i vitigni e i vini del cuore scelti dai relatori Alessandra Marras e Francesco Ferrari, abili anche nel coinvolgere la platea di AIS Monza e Brianza con un divertente quiz interattivo.

Raffaella Radaelli

Chi conosce Alessandra e Francesco, amici oltre che colleghi AIS, preparatissimi su Piemonte lui e Toscana lei, sa che nessun altro avrebbe potuto condurre con la stessa professionalità e, soprattutto, complicità una serata di eccellenze fra nebbiolo e sangiovese.

I due colossi a bacca nera danno, infatti, vita a vini rossi fra i più prestigiosi nel gotha dell’enologia mondiale come Barolo e Barbaresco oppure Brunello di Montalcino e Chianti Classico, ma anche rivendicati in denominazioni meno celebri ma altrettanto importanti. 

«L’obiettivo della degustazione - spiegano gli stessi ideatori - è cogliere l’anima dei due vitigni, così complessi e ricchi di sfumature e provare a chiarire, forse una volta per tutte, quali sono i punti di forza, le analogie e le diversità, le capacità di evoluzione che a volte semplificano o, al contrario, complicano le cose in una degustazione alla cieca».

Ecco le regole del gioco: si assaggiano, a bottiglie coperte, dodici calici di cui sei da nebbiolo e sei da sangiovese, in ordine casuale; i primi due bicchieri vengono dichiarati, per favorire una taratura tra i partecipanti; gli altri dieci devono, invece, essere individuati singolarmente e resi noti a un giudice di gara in forma anonima, tramite il cellulare. 

Si vota sia per il vitigno sia per il vino e il territorio di provenienza, una volta svelate le etichette. In palio due eccezionali bottiglie fra quelle in degustazione.  Così i cinquanta partecipanti in sala, ignari di come fosse strutturata la serata, partecipano alla degustazione e votano per l’incalzante passerella dalle nuances rosso nebbiolo e sangiovese, non prima di aver ricevuto qualche utilissima e rapida istruzione sulle caratteristiche dell’uno e dell’altro vitigno. L’esperienza sensoriale sta per iniziare, si gioca e si impara: pronti, partenza, via!

Vademecum nebbiolo 

«Vitigno nobile, difficile, esigente», enfatizza Francesco Ferrari. Sono 8200 gli ettari totali nel mondo, di cui 7000 nella regione Piemonte (dei 7900 in tutta Italia:  la rimanenza si trova in Lombardia, soprattutto in Valtellina, in Val d’Aosta e qualche filare in Sardegna). Non si adatta al di fuori dei territori in cui si è storicamente affermato a causa delle difficoltà di coltivazione e vinificazione: la maturazione tecnologica e fenolica non sempre coincide, i tannini hanno bisogno di tempo per maturare, ma il calore rischia di cuocere i grappoli. 

«Esprime e non domina il territorio», ogni territorio vocato ha il suo nebbiolo - basti confrontare in Alto Piemonte un Ghemme e un Gattinara per capirne il significato - e si presenta «poco colorato». 
Il grappolo ha una dimensione medio-grande, gli acini sono piccoli e pruinosi, con un lungo ciclo vegetativo, vigoria elevata, la fertilità è media, ma ridotta a livello delle gemme basali, potatura lunga.

Quali sono le origini del nebbiolo? Una «storia plurisecolare» che si perde nella notte dei tempi: la prima citazione scritta (“nibiol”) risale al 1266 a Rivoli (To) ma, nonostante le ricerche approfondite sul suo DNA, c’è ancora incertezza se la sua origine sia da farsi risalire al Piemonte o alla Valtellina.
Tanto meno si conoscono i genitori, forse estinti, mentre tanti sono i discendenti diretti, come la freisa.

Ha un’elevata variabilità morfologica, con biotipi di diversa provenienza (spanna, picotendro, chiavennasca, prunent) e dello stesso areale (lampia, bolla, michet, rosé), con 45 cloni all’interno di una stessa pianta.
Da nebbiolo sono state create 7 DOCG (5 in Piemonte), 22 DOC (20 in Piemonte), 36 IGT (nessuna in Piemonte).

Vademecum sangiovese 

Nel 2021 una complessa e incompiuta ricostruzione del pedigree ha individuato un genitore del sangiovese nello strinto porcino, varietà a bacca nera autoctona della Basilicata. Non solo, si è compresa, da un lato, la centralità della cultivar sangiovese, migrato dal sud al centro Italia lungo la fascia tirrenica, e, dall’altro, della visparola, migrata da sud verso nord sul versante adriatico, entrambi fra i pochi vitigni primari del germoplasma tradizionale italiano ad avere una parentela fitta e intricata di figli.

Il sangiovese ha una estesa superficie vitata nel mondo (60.031 ettari di cui 53.865 nella sola penisola italiana: 30.000 in Toscana, 7500 in Emilia-Romagna e 6000 in Puglia). 
Si tratta del primo vitigno diffuso in Italia, appartiene alle 15 varietà a bacca nera più coltivate al mondo, ed è inserito in 12 DOCG (9 in Toscana), 102 DOC e 99 IGT.

«Il Sangiogheto aspro a mangiare, ma sugoso e pienissimo di vino», recita Alessandra Marras, frase di una finezza poetica nonché prima attestazione scritta del vitigno nel 1590 dell’agronomo toscano Giovan Vittorio Soderini.

Si è sempre parlato di sangiovese grosso e piccolo, in realtà sono stati individuati 5 biotipi, a fianco dei due sopraccitati ci sono il prugnolo gentile, il romagnolo a cannello lungo e il sangiovese del grossetano (morellino), mentre possiede cloni a non finire, 123 sono quelli attualmente registrati. 

«Come si comporta in vigna il sangiovese?» Più generoso nell’adattarsi rispetto al nebbiolo, richiede tanto sole e tanta luce, ha un ciclo molto lungo, una maturazione tardiva che conserva acidità, vigoria di foglia, legno non muscolare e malleabile che Alessandra definisce «femminile e accogliente», elevata fertilità produttiva persino sulla gemma di corona, diverse forme di allevamento comprese quelle a potatura corta, produce da 1 a 10 chilogrammi di uva, predilige terreni drenanti e poco fertili.

Identikit sensoriale 

COLORE

Nebbiolo: maggiore trasparenza sin da giovane, mai violaceo. In evoluzione può tendere al granato, anche precocemente.

Sangiovese: più intenso e scuro in gioventù, anche con sfumature violacee. In evoluzione acquista in trasparenza e tende al granato.

PROFILO OLFATTIVO

Nebbiolo: sobrio, spesso austero anche in gioventù, evolvendosi diventa suadente e sempre più complesso.

Sangiovese: intenso ed esuberante in gioventù, evolvendosi cresce in complessità e austerità, scurendosi nei toni.

ACIDITÀ

Nebbiolo: variabile in funzione del terroir e dell’annata.

Sangiovese: normalmente spiccata, soprattutto da giovane (marcatore del vitigno).

TANNINO

Nebbiolo: incisivo ed elegante, mai astringente (identifica il vitigno).

Sangiovese: schietto e mordente, con le dovute cure si integra perfettamente.

 

Si incomincia con due vini alla cieca, della stessa annata, per individuare differenze e similitudini:

Campione a) 

Colore pieno e scuro con riflessi violacei. Naso intenso e immediato di frutta e fiori, ciliegia e rosa, in bocca emerge la scorza di arancia sanguinella, come fosse una spremuta, con notevole acidità e buona sapidità. Il tannino giovane e incisivo è ben lavorato.

(vino sangiovese)

Campione b) 

Colore carminio di buona trasparenza. Naso meno intenso, più sfuggente e austero, elegante nei profumi floreali di viola e fruttati di piccoli frutti rossi, tabacco dolce, erbe officinali. All’assaggio appare più caldo con una trama tannica importante e meno pronta del campione a), naso-bocca allineati, chiude sapido sui toni di liquirizia.

(vino nebbiolo)

La degustazione alla cieca: nebbiolo o sangiovese? 

1° vino

Naso carezzevole, profondo e intenso di frutti freschi (ciliegia e mora), grafite, erbe officinali di china e radici di liquirizia, leggera speziatura e balsamico. Elegante e attraente, dal profilo complesso. In bocca è straordinario, grande freschezza e sapidità, tannino compiuto e ancora giovane, persiste sul finale con echi di mora e liquirizia. Ottima rispondenza naso-bocca. 

2° vino

Dal colore più fitto e meno acceso, tendente al granato, emana profumi di frutta matura e scura che mutano continuamente: tamarindo e rabarbaro, carruba, arancia sanguinella. In bocca sa di annata meno recente del primo, con una maggiore acidità e una minore sapidità, una leggera sfumatura di volatile che non inficia sulla beva che resta golosa e appagante, addolcita dal fiore glicine e un finale balsamico di eucalipto. 

3° vino

L’impronta balsamica di menta ammalia, a seguire fiori, erbe aromatiche, frutti aciduli di fragoline di bosco, speziatura di noce moscata. Il sorso si distingue per il tannino compiuto e la persistenza, con echi di liquirizia e spezia. Colpisce la diversità naso-bocca: se il primo cattura per agilità e freschezza giovanile, il secondo per una bellezza matura, di annata calda.

4° vino

Il naso viene definito didascalico, cesellato da accenti di rosa (e non viola), un frutto inaspettato di pesca nettarina, spezia piccante di pepe bianco, rosmarino; la bocca avvolgente e vivace si esprime più sulla scorrevolezza e finezza di beva che sulla potenza, fresco e sapido, chiusura lunghissima che ricorda le pere cotte con chiodi di garofano. 

5° vino

Ricco di materia e dal colore granato. Esordio olfattivo dall’effetto boom: immenso-potente-intenso-balsamico con mille sfaccettature di prugna, fiori essiccati, ricordi salini (olive in salamoia) e dolciastri (cioccolato bianco) mentre in bocca è una caramellina alla violetta, tannino copioso e tenace che allunga il sorso già persistente nei richiami balsamici di menta-liquirizia. 

6° vino

Per la profondità potrebbe assomigliare al vino precedente, ma il naso è più scuro nei frutti e meno intenso, stenta ad aprirsi, dai toni blu dell’iris e glicine, erbe officinali e china. In bocca il tannino è grintoso, si distingue per la struttura snella e muscolosa, ottima sapidità e dinamico nella progressione di freschezza mentolata. 

7° vino

Il vino più floreale fra quelli sinora assaggiati, un bouquet di incredibile finezza composto da rose e viole, fiori di camomilla (tisana), erbe aromatiche di rosmarino e timo. All’assaggio incredibile freschezza, scorrevolezza, tannino perfetto seppur di gioventù, dal finale agrumato di scorza di arancia. Profilo generale elegantissimo! 

8° vino

Si azzarda a una parentela col secondo vino, sente di caramella gommosa cola frizzante. Diverso da tutti, anarchico e attrattivo, di carattere e dalla doppia personalità giocata sulla dolcezza di un frutto scuro come la prugna e sulla salinità impressionante di salamoia, tabacco, erba medica tagliata essiccata, mandorla fresca sul finale. Morbido, tannini presenti e soavi, fa pensare a una zona o annata calda. Assoluta coerenza naso-bocca. 

9° vino

Come il quarto vino, il naso è fine e cesellato, ma dallo spettro aromatico più contenuto e schivo nel donarsi, un concentrato di erbe aromatiche (menta e liquirizia) e fiori. La bocca, al contrario, è generosa, esplosiva e profonda, di frutta matura dolce e dalla mineralità ferrosa, con tannini setosi e una leggiadria di beva che si protrae all’infinito. 

10° vino

Il più cupo e impenetrabile di tutti nell’aspetto, il ventaglio odoroso è delicato di rosa, sbuffi di talco e cipria, balsamico, con un sapore pieno, avvolgente, espressivo di «grande vino e grande annata», che col tempo regalerà altre grandi sorprese. Il tannino è elegante. Una beva mozzafiato di leggerezza e grazia che supera anche l’olfatto.

I dodici vini degustati 

Campione a) 

Rosso di Montalcino DOC 2022 – San Carlo 
sangiovese 100%

Fermentazione in vasche di acciaio per 12 mesi, maturazione in botti di rovere di Slavonia da hl. 10 per 6 mesi, affinamento in bottiglia per almeno 6 mesi.

Con una piccola produzione di sangiovese (localmente detto brunello), la proprietà situata a Tavernelle in località San Carlo, è interamente circondata da un bosco ceduo che protegge i vigneti dagli agenti esterni e dona ai vini tanta freschezza. 

Campione b) 

Nebbiolo d’Alba DOC “Valmaggiore” 2022 – Sandrone Luciano
nebbiolo 100%

Macerazione e fermentazione alcolica spontanea in tini aperti di acciaio, fermentazione malolattica ed elevazione per 12 mesi in tonneaux di rovere francese, affinamento in bottiglia per almeno 9 mesi.

La collina col vigneto della menzione “Valmaggiore” a Vezza d’Alba nel Roero è un anfiteatro naturale, dal terreno soffice, sabbioso e dall’eccezionale microclima, la cui unicità si riflette anche in questo vino.

1° vino

Brunello di Montalcino DOCG 2020 – Le Chiuse 
Sangiovese (grosso) 100% clone BBS11

Fermentazione con lieviti indigeni, macerazione di circa 20 giorni con ripetuti montaggi e follature, maturazione in botti di rovere di Slavonia da hl. 30 per 36 mesi, affinamento in bottiglia per 12 mesi.

Il vino più rappresentativo dell’azienda, premiato lo scorso anno con 100/100, da uve della collina di Montalcino, originariamente usata da Biondi Santi per la sua Riserva ’55 (da notare: Riserva 1955 unico vino italiano inserito fra i 12 vini migliori al mondo del XX secolo da Wine Spectator). 

2° vino

Toscana IGT “Lama della Villa” 2016 – Fattoria di Lamole di Paolo Socci
Sangioveto 100%

Fermentazione in vasi di acciaio inox o cemento, vinificazione almeno 12 mesi in vasche di cemento, maturazione 12-24 mesi in barriques francesi usate, affinamento in bottiglia per altri 12 mesi.

Il vigneto “Lama della Villa” si trova a Lamole, nel Chianti Classico, a 530 metri s.l.m. con suoli sabbiosi e viti di 23 anni di età. Paolo Socci produce circa 1500 bottiglie all’anno, a Lamole si è fatto conoscere per il prezioso e immenso lavoro di recupero delle terrazze vitate andate perse. 

3° vino

Barbaresco DOCG “Rabajà” 2017 - Giuseppe Cortese
Nebbiolo 100%

Fermentazione spontanea in vasche di cemento non vetrificate, 35 giorni di macerazione a cappello emerso con rimontaggi, 22 mesi di maturazione in botti di rovere di grandi dimensioni, 12 mesi di affinamento in bottiglia.

“Rabajà”, una delle vigne più prestigiose a Barbaresco per la produzione del vino omonimo, è l’etichetta più importante di questa azienda famosa per il suo stile unico e conservatore, ben lontano dall’omologazione.

4° vino

Carema DOC Riserva 2018 – Cantina Produttori “Nebbiolo di Carema”
Nebbiolo picoutener 100%

Fermentazione in acciaio, macerazione di 15-20 giorni, invecchiamento di 36 mesi di cui 24 in botti grandi di rovere.

Nel comune di Carema, al confine con la Valle d’Aosta, si trovano i vigneti a pergola, collocati su coste rocciose, terreni di origine morenica, un’architettura agricola e un paesaggio terrazzato a cui non si può restare indifferenti.

5° vino 

Barolo DOCG Bussia “Vigna Mondoca” Riserva 2010 – Oddero
Nebbiolo 100%

Fermentazione e macerazione di 30 giorni in tini di legno, maturazione in botti da hl. 30 per 36 mesi, affinamento in bottiglia per 24 mesi. Tempo di permanenza complessivo in cantina 5 anni.

Marchio storico fra i produttori del Barolo, a Monforte d’Alba nella menzione geografica “Bussia” si trova la Vigna Mondoca di proprietà della cantina. Di stampo tradizionalista, l’annata 2010 è stata eccellente.

6° vino

Chianti Classico DOCG “Bugialla” Riserva 2012 – Fattoria Poggerino
Sangiovese 100%

Fermentazione spontanea e macerazione con le bucce in vasche di cemento per circa 55 giorni con rimontaggi e follature manuali, maturazione per 18 mesi in botti di rovere di Slavonia di hl. 20-25, affinamento in bottiglia per un minimo di 12 mesi.

Località Poggerino a Radda in Chianti, il terreno sassoso di galestro offre vini di una profondità e freschezza incredibile, estremamente longevi, come questa riserva del vigneto Bugialla posto a m. 500 s.l.m. che non sembra affatto avere 13 anni sulle spalle.

7° vino

Barolo DOCG “Acclivi” 2021 – Comm. G.B. Burlotto
Nebbiolo 100%

Fermentazione alcolica in tini aperti di rovere francese, macerazione con delicati rimontaggi e follature giornalieri, maturazione in botti grandi di rovere di Allier per un periodo da 20 a 33 mesi in relazione all’annata, affinamento in bottiglia per almeno 9 mesi.

Azienda dinamica che traccia tendenze pur conservando valori classici, divenuta il simbolo a Verduno, questo raffinato Barolo viene prodotto solo nelle annate migliori con uve raccolte nelle vecchie vigne di Monvigliero, Neirane, Rocche dell’Olmo e Boscatto.

8° vino

Toscana IGT “Poggio ai Chiari” 2013 – Colle Santa Mustiola di Fabio Cenni
Sangiovese 100% con 28 cloni diversi

Fermentazione spontanea in acciaio inox, macerazione di almeno 40 giorni di cui 25 a cappello sommerso, maturazione 78 mesi in barriques di rovere francese e botti di rovere di Slavonia da hl. 20-30, affinamento in bottiglia per almeno 24 mesi.

La cantina si trova a Chiusi, all’ingresso ha una suggestiva tomba etrusca e si sviluppa lungo cunicoli naturali ricavati in una grotta di tufo. Il proprietario Fabio Cenni coltiva solo uve sangiovese e per tutti è un maestro nel fare un vino fuori dagli schemi che esce sul mercato solo dopo svariati anni di affinamento, l’annata 2013 è l’ultima in commercio.

9° vino 

Lessona DOC “Proprietà Sperino” 2018 – Vigneti De Marchi
Spanna 100%

Vinificazione per gravità, macerazione fino a 30 giorni in tini di legno troncoconici, maturazione 34 mesi in botti di varie capacità.

Azienda storica di Lessona, piccola lingua di terra ai piedi delle Alpi in provincia di Biella, la cui produzione di vino è ricominciata nel 2004 con vini eleganti di uve spanna dai vigneti Belvedere, Covà e Monfalcone, circondati da boschi e su terreni di antiche sabbie marine e fossili.

10° vino

Toscana IGT “Percarlo” 2016 – Fattoria San Giusto a Rentennano
Sangiovese 100% 

La fermentazione e macerazione avviene in vasche di cemento vetrificate, acciaio inox e tini di rovere e si prolunga fino a 38 giorni. Maturazione per 22 mesi in fusti di rovere francese (Allier, Nevers) da l. 225-500 e botte da hl. 30, affinamento in bottiglia per 15 mesi. 

Cantina di Gaiole in Chianti, il supertuscan “Percarlo” si eleva per fascino, classe e longevità, le uve provengono dai migliori vigneti posti principalmente su terreni di origine pliocenica, formati da strati di sabbie e ciottoli (tufo) dai 2 ai 5 metri di profondità al di sotto dei quali si trovano banchi di argilla.

Dopo il giro di assaggi, un tocco sul cellulare per votare e il taccuino pieno di appunti, matura la consapevolezza che nebbiolo e sangiovese sono i vitigni iconici dell’enologia italiana, perché sanno raccontare leggendarie storie di terra e cielo, vigna e cantina, in grado di sorprendere e arricchire l’immaginario e la sensibilità dei tanti appassionati, dall’immancabile finale “… e vissero felici e contenti!”, come dimostra l’abbraccio fraterno di Francesco e Alessandra prima di un lungo applauso.