Éric Taillet e la grandeur del meunier

Dello champagne e del suo appeal si discute da sempre e non si finirebbe mai di parlarne, soprattutto quando è raccontato da uno dei suoi massimi esperti. Condotta da Alberto Lupetti, la Masterclass di AIS Bergamo ha fatto scoprire a tanti attenti appassionati gli Champagne, la filosofia produttiva e lo stile di Éric Taillet, il “re del meunier”.

Stefano Vanzù

L’area della Champagne occupa solo lo 0,5% della superficie vitata al mondo e, se considerassimo esclusivamente questo parametro, sembrerebbe difficile credere che dai 34.186 ettari vitati (di cui 33.685 in produzione) della più conosciuta regione francese escano ogni anno oltre 320 milioni di bottiglie prodotte da 4.172 produttori imbottigliatori.

Già questi primi dati fanno intuire la straordinaria importanza e la rilevanza del “fenomeno” Champagne, la cui fortuna, ormai ben storicizzata, non accenna a diminuire ma anzi ad aumentare, consolidando il suo prestigio nei mercati tradizionali e nei nuovi mercati che non vogliono essere esclusi dal beau monde iconicamente rappresentato da una benaugurante bottiglia stappata.            

Se lo Champagne è sinonimo di classe, serve un “primo della classe” per narrarne in maniera precisa e competente, e allora arriva a Bergamo Alberto Lupetti, giornalista professionista, autore di testi ormai classici sullo Champagne (“La mia Champagne”, le famose guide ai Grandi Champagne e l’ultimo libro dedicato alla Maison Krug, “Krug la mia passione”) e, scusate se è poco, ex pilota militare dello “spillone”, il caccia intercettore Lockheed F-104 ASA.

La Champagne oggi

La Champagne, una delle più antiche province francesi, si estende grossomodo fra le città di Reims a nord e Troyes a sud, includendo cinque dipartimenti: Aisne, Aube, Alta Marna, Marna, e Senna e Marna.

Dal punto di vista vitivinicolo, le cinque zone principali di produzione sono: le montagne attorno a Reims, i vigneti lungo la Marna, il fiume che attraversa la Champagne, la Còte de Blanc, poco più a sud la Còte de Sèzanne e l’Aube, chiamata anche Còte de Bar, l’ultima area introdotta.

In quest’areale abbiamo 319 Cru, di cui 17 Grand e 42 Premier, e sono oltre 281.000 le parcelle dove si allevano pinot noir (38% del totale coltivato), chardonnay (31%), meunier (30%) e un 1% scarso di vecchie varietà.

La densità di impianto tipica della Champagne è di 8.000 ceppi per ettaro anche se oggi alcune aziende impiantano 5.000 ceppi per ettaro al fine di praticare la vendemmia meccanizzata.

Ancora oggi, i vignerons posseggono il 90% dei vigneti ma il 70% del vino viene commercializzato dalle Maison.

Se poi qualcuno volesse acquistare un ettaro di vigna e trovasse (ipotesi altamente improbabile) un vigneron disposto a venderlo, sappia che dovrebbe sborsare non meno di 2 milioni di euro nella Montagna di Reims e nella Còte de Blanc o appena 1,3 - 1,5 milioni nelle altre zone.   

Gli economics dello Champagne

Lo Champagne è oggi, per usare la sua lingua, la 1ére appellation viticole al mondo, rappresentando da sola il 9% del volume totale dei vini spumanti consumati “worldwide” e il 33% del loro valore complessivo.

Il 2022 ha registrato una produzione di 325,5 milioni di bottiglie per il fatturato più alto raggiunto sino ad ora, la bellezza di 6,3 miliardi di euro e, sebbene nella madrepatria si sia consumato l’1,7% in meno di Champagne rispetto al 2021, l’export ha segnato invece un 4,3% in più, pari a 187,5 milioni di euro.

Sempre nel 2022, in Italia abbiamo bevuto (o magari regalato o messo in cantina) 10,6 milioni di bottiglie spendendo 247,9 milioni di euro, cifre che fanno del Belpaese il 5° importatore al mondo per numero di bottiglie e il 4° in termini di fatturato.

Con questi numeri sembrerebbe facilissimo poter disporre di tante buone bottiglie, ma in realtà esiste oggigiorno un’obbiettiva difficoltà di approvvigionamento dovuta principalmente a tre fattori:

  1. L’effetto negativo dovuto alla pandemia Covid19, con molti Produttori che, timorosi di un ristagno e addirittura di un calo dei consumi, hanno sbagliato la programmazione delle loro produzioni
  2. L’errore di valutazione della vendemmia del 2020, ipotizzata non particolarmente fortunata ma che, pur essendo la più precoce mai registrata (si è iniziato a vendemmiare il 17 agosto) si è rivelata invece, nelle parole dei vignerons, “splendida”
  3. La difficoltosa vendemmia del 2021, dove alle gelate primaverili sono succedute, nel periodo estivo, molte piogge e poco sole che hanno favorito la formazione di muffe, con la peronospora che ha quasi azzerato i grappoli nella Vallée de la Marne.

Per fortuna, ha risollevare il morale dei vignerons ci ha pensato vendemmia 2022, che ha evidenziato una buona resa nei vigneti (si sono prodotti in media circa 12.000 kg di uva per ettaro) e un eccellente stato sanitario delle uve unito ad una perfetta maturità (da 10,5 a più di 11,2 gradi alcolici potenziali).

Tutti questi numeri fanno da sfondo ad una fra le domande più classiche legate al mito dello Champagne: ma lo Champagne è caro o costoso?

Sono sempre i “freddi” numeri a darci la risposta: per fare una bottiglia di Champagne servono da 1 a 1,5 kg di uve scelte, il cui costo oscilla fra i 7 ed i 10 euro al kg, una bottiglia di vetro bello spesso in grado di resistere a 20 atm di pressione interna, tanto lavoro qualificato in tutte le fasi di produzione e circa 3 anni di affinamento…ecco allora che lo Champagne è senza dubbio un vino costoso ma in fondo nemmeno tanto, se lo paragoniamo ad etichette senza dubbio blasonate che spuntano prezzi molto più alti a fronte di un livello qualitativo tutto sommato paragonabile.

Alla fine, abbiamo un’unica certezza: i prezzi dello Champagne sono e saranno comunque mediamente alti e questo renderà la bolla transalpina sempre più un vino premium.    

Il meunier

Il vitigno protagonista della nostra serata è un’uva a bacca rossa, coltivata nella Champagne in circa 10.415 ettari; uva con ciclo vegetativo corto (80-90 giorni), mutazione genetica del pinot noir, si configura in effetti come un pinot noir senza tannini e nella sua storia recente ha avuto nomi diversi: morillon taconné, meunier, poi pinot meunier e infine, dal 2015, ancora e solo meunier.

Del meunier (“mugnaio” in francese) si parla dal 17° secolo quando si associava erroneamente il colore biancastro al grappolo e non invece, come nella realtà, alle foglie; conosciuto in passato come “le cépage du froid” o “le cépage des vallées” per via della sua resistenza al freddo, è sempre stato piantato su territori minori (ombra, gelo, territori infelici, prossimità dei boschi ecc.) ma, come dice testualmente il suo “guru” Éric Taillet “…piantatelo su un grande territorio di craie e darà dei vini straordinari”.

Non sappiamo dove e quando il morillon noir si sia “trasformato” nel morillon taconné: è stata avanzata l’ipotesi che il morilon taconné sia l’adattamento dell’uva al clima più fresco e al particolare ambiente pedoclimatico della Vallée de la Marne e, se così fosse, allora il meunier sarebbe il vero figlio nativo della Champagne e del suo clima.         

Al di fuori del territorio della Champagne, il meunier è allevato in piccole quantità anche nella Valle della Loira, in Germania nella regione del Württemberg (2.500 ettari) e in piantagioni sporadiche in Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda e USA (nello stato dell’Oregon).

Éric Taillet

Éric Taillet è oggi il più autorevole portavoce del meunier. Fervente sostenitore di questa varietà, è il Presidente dell’associazione Meunier Institut, unione tra piccoli produttori della Vallée de la Marne fondata nel 2015 per meglio promuovere e spiegare caratteristiche e potenzialità del “terzo” (dopo pinot noir e chardonnay) vitigno dello Champagne.

I Taillet, vignaioli da quattro generazioni, coltivano 5,75 ettari di vigneti nei dintorni del comune di Baslieux sous Chatillon, villaggio di 201 abitanti a nord del fiume Marne, più o meno a metà strada fra Reims a nord est ed Epernay a sud est.

Le uve, allevate in regime di agricoltura biologica nella valle di Beval, zona settentrionale della Vallè de la Marne, sono meunier per il 79%, pinot noir per l’11%, chardonnay per il 9%, lasciando un 1% a pinot gris, arbanne e petit meslier; le 35.000 bottiglie all’anno rappresentano il meglio della vendemmia, la metà delle uve viene invece venduta alle grandi Maisons.

Éric Taillet è da sempre “innamorato” del meunier, sin dagli anni ’60 quando suo padre, constatando che i négociants non acquistavano quest’uva, lo scelse per farne dello Champagne in purezza; ecco come Éric parla del “suo” meunier: “È fortemente territoriale. A dispetto di chi lo ritiene povero, mancante di nobiltà, io invece dico che il Meunier è il re delle uve, vista la sua capacità di donare allo Champagne la sua vera dimensione di vino da piacere”.

Per non attenuare le caratteristiche tipiche del meunier e seguendo altresì la classica tradizione champenoise, tutti gli Champagne 100% meunier di Éric Taillet non effettuano la conversione malolattica; le uve sono pressate in maniera selettiva grazie ad una modifica, brevettata dallo stesso Éric, della pressa normalmente utilizzata nella Champagne.     

La degustazione

Des Grillons aux Clos
12% vol., meunier 100%, dosage 1 gr/lt (liqueur fatta con Millésime 2004), prezzo indicativo € 50. 

Uno Champagne che all’olfatto si presenta subito fresco, invitante, con una preponderanza di aromi fruttati e una finissima tostatura. Vino giovane, al palato è elegante, setoso ed avvolgente, chiude con una bella persistenza ed una leggera sapidità.    

Renaissance
12% vol., meunier 100%, dosage 0,6 gr/lt (liqueur fatta con Millésime 2004), produzione limitata a 4.000 bottiglie.

Un meunier in purezza pieno e maturo, figlio di una vecchia vigna che affonda le sue radici in argille verdi e bianche. Definito “la rivelazione del meunier”, il naso è più maturo di quello del Des Grillons aux Clos e offre sentori di frutta evoluta con note di miele e mandorle, che farebbero ipotizzare una bocca quasi ossidativa mentre invece si rivela fresco, delicato, leggiadro e sapido nel finale.

Bansionensi 17
12% vol., meunier 100%, dosage 1,5 gr/lt (liqueur fatta con Millésime 2004).

Le uve di questo Millésime 2017 nascono in due parcelle (sempre le stesse) con viti piantate nel 1961 e nel 1962, che rendono questo Spumante il più identitario nella produzione di Éric Taillet. L’esame olfattivo ci fa scoprire un vino complesso ed evoluto (anche se meno del Renaissance), maturo ma non ossidato, con sentori di resina. Nel palato, dove prevale la mineralità fresca e pietrosa sulla componente fruttata, notiamo piena corrispondenza con la parte olfattiva.

Rosaé Bansionensi 2018
12% vol., meunier 100%, dosage zero, produzione limitata a 2.000 bottiglie. 

L’inedito Rosè creato con il metodo tipico dei vignerons, ovvero non d’assemblage (il metodo usato dalle Maisons) ma de saignée (o maceration), è un Bansionensi 2018 declinato in rosso, ovvero fatto aggiungendo alla base un 1% di meunier vinificato in rosso. Il naso è di frutta agrumata ma non manca la nota di fragolina di bosco, in bocca avvertiamo una mineralità leggera, un gusto leggiadro e una freschezza che sa di piccoli frutti di bosco, qualità che ne fanno un piacevole vino estivo.

Sur le Grand Marais
12% vol., meunier 90% + chardonnay 10%, dosage zero, prezzo indicativo € 87. 

Lo Spumante più apprezzato nella nostra serata nasce dalla vendemmia delle due uve che viene effettuata nello stesso periodo dell’anno, per ricercare la freschezza nello chardonnay e la maturità nel meunier: ne deriva un vino pieno e ricco, dove all’olfatto si avvertono fini note di agrumi canditi, frutti bianchi maturi, tartufo e polvere da sparo. Nel palato è pulito, verticale, raffinato, fresco e ottimamente bilanciato con un finale di grande persistenza, in una parola uno Champagne straordinario.

Le Bois de Binson
12% vol., meunier 100%, dosage 1,5 gr/lt (liqueur fatta con Millésime 2004), assemblaggio di due annate (2014 e 2016), produzione limitata a 1.400 bottiglie, prezzo indicativo € 92.  

Simbolo di tutta la produzione di Éric Taillet poiché legato ai primi vigneti coltivati dal padre di Éric, Daniel Taillet, a Montigny, in una parcella di 26,12 are piantata nel 1956, Le Bois de Binson matura sur lies per 4 anni e rivela un naso profondo, denso, fitto ed attraente, ricco di aromi fruttati ed agrumati con note di pasticceria leggera. In bocca è generoso, distinguendosi per profondità e gusto, ricchezza di sapori maturi ma anche freschi, note minerali e sorprendendo per l’ottimo equilibrio e una notevole lunghezza.