Fierezza autoctona e biodiversità. Ecco la Sardegna del vino

Racconti dalle delegazioni
13 novembre 2018

Fierezza autoctona e biodiversità. Ecco la Sardegna del vino

Un viaggio tra antiche varietà e un dedalo di territori unici e differenti. A Magenta, con Adriana Licciardello e sei vini per raccontare vini e vitigni sardi

Alessandro Franceschini

Un’enclave di resistenza autoctona difficile da scalfire, un inossidabile legame con tradizioni antiche, un territorio molto eterogeneo e sfaccettato che dona tratti differenti a identici vitigni e, infine, un’attenzione sempre più diffusa all’ambiente attraverso metodi di conduzione sia in vigna sia in cantina sempre meno invasivi.

Non è facile sintetizzare con pochi concetti la ricchezza vitivinicola di una vera e propria regione-stato come la Sardegna, tanto meno lo è dal vivo davanti a una platea di appassionati e colleghi sommelier. Lo ha fatto, invece, con grande naturalezza e passione, Adriana Licciardello, sommelier e degustatrice di AIS Lombardia, che nella sede di Magenta di AIS Milano ha donato in due ore un affresco puntuale sullo stato dell’arte della produzione vinicola di questa regione.

Adriana LiccardelloPoco più di 26mila ettari vitati, quasi il 70% dei quali allevati in collina e una produzione annua di circa 800mila ettolitri. Tra piccoli produttori, sempre più dinamici ed entusiasti, e grandi cantine sociali, motore del vino sardo a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, uno dei tratti distintivi che certamente identifica la produzione dell’isola è il grande legame con i vitigni autoctoni: qui ne dimorano circa 150, alcuni dei quali ancora non presenti nel Registro Nazionale della Varietà di Vite.

Oltre ai due più noti e diffusi, vale a dire vermentino e cannonau, che occupano rispettivamente il 15 e 30% della superficie vitata della Sardegna, troviamo un dedalo di varietà antiche, alcune delle quali non è semplice capire se siano sempre state presenti sull’isola o siano arrivate grazie alle tante invasioni che hanno caratterizzato la sua storia. Ma indipendentemente da quale sia la vera origine, quello che sembra emergere con chiarezza è la presenza di una biodiversità quasi innata da queste parti, tema peraltro molto attuale.

L’incrocio tra varietà autoctone e territori differenti per clima, terreni e mano dell’uomo, crea quel classico mix di stili e sfumature in grado di affascinare i grandi appassionati di vino. Un caleidoscopio di profumi e sfumature che in Sardegna è di casa e, proprio per questo, ha giustamente costretto la relatrice della serata a restringere il campo di indagine quando ha deciso quali vini scegliere per la degustazione. Sei vini per due territori: la Marmilla e il Sulcis-Iglesiente, due delle trenta subregioni sarde.

Se la prima, che deve il suo nome alla presenza di colline tondeggianti che assomigliano a delle mammelle, si trova nel centro-sud dell’isola e presenta un clima tipicamente mediterraneo, con il Sulcis ci spostiamo più a sud, con una piovosità più scarsa e tratti quasi subtropicali. Antichissimi terrazzi alluvionali con terreni ricchi di calcare e depositi marini nella Marmilla, una maggior presenza di sabbia e pianura nel Sulcis. I vini? Ovviamente differenti.

La sala

La degustazione

Vermentino di Sardegna DOC 2017 Cantina Su’entu

Giallo paglierino con un timbro olfattivo subito floreale, questo giovane vermentino della Marmilla unisce note di erbe aromatiche (rosmarino e salvia) con quelle di kumquat (mandarino cinese). L’ingresso al palato è deciso, sapido e fresco al tempo stesso, con una sensazione floreale sempre molto intensa e precisi richiami di frutta bianca. Di bella persistenza e corpo, è un classico vino gastronomico, ideale per piatti di pesce e verdure elaborate.

Vermentino di Sardegna DOC Giunco 2016 Cantina Mesa

Giallo paglierino di bella brillantezza. Spostandoci nel Sulcis il vermentino assume una connotazione più ricca, con note di frutta tropicale in abbondanza, qualche cenno agrumato dolce e un affasciante ventaglio di fiori gialli. Al palato spiccano morbidezza e rotondità, nonché un maggior equilibrio complessivo. Un vino, volendo, da tutto pasto, in grado di sposare pietanze anche molto elaborate.

Marmilla Rosso IGT Mediterraneo 2016 Cantina Su’entu (60% cagnulari, 30% Monica, 10% Bovale)

Color rosso rubino classico nel bicchiere e un naso di bella finezza giocato su note di piccoli frutti (more e mirtilli), balsamicità, una lieve nota speziata e un tocco iodato. Al palato non mancano freschezza e sapidità, una trama tannica presente e già ora ben integrata anche se ancora scalpitante e bisognosa di riposo, con un finale leggermente amaricante. In abbinamento con un primo piatto di carne con ragù, formaggi di media stagionatura o, come consiglia l’azienda, con la cordula (interiora dell’agnello) e piselli.

Monica di Sardegna DOC Antigua 2015 Cantina Santadi

Rosso rubino dalla trama lievemente arcigna rispetto al campione precedente, naso di ottima intensità giocata su note di frutta scura, mirto e macchia mediterranea. Dal tannico deciso, con un impatto che vira più sulle durezze che sulle morbidezze, ha un impatto di bella dinamicità e una perfetta corrispondenza con le sensazioni olfattive. Un abbinamento con preparazioni di carne elaborate, come l’agnello con patate e cipolla, rappresentano un connubio centrato con questo campione di piacevole persistenza.

Cannonau di Sardegna DOC 2015 Cantine Su’entu

Rosso rubino dalla ricca trama colorante. Naso di bella tipicità, con un tratto di frutta rossa matura, quasi sotto spirito, che ricorda le prugne, e poi sfumature di pesca rossa, erbe officinali, radice di liquirizia, rabarbaro, caramella alla viola. Al palato ha potenza, struttura e insieme eleganza, con un tannino di grande personalità, ma grana fine e succosa e un lieve retrogusto pepato. Sapidità e freschezza sono protagonisti a ogni sorso. Si abbina a pietanze di carne elaborate, salsiccia al forno, agnello e, naturalmente, con il classico porceddu.

Carignano del Sulcis DOC Rocca Rubia 2014 Contadi Santadi

Rosso rubino di bella brillantezza, ha un corredo aromatico di bella complessità che riesce a coniugare tratti di macchia mediterranea, pepe bianco e frutta sotto spirito insieme a sfumature dolci di cioccolato bianco. Al palato l’impatto è morbido, con una trama tannica ricca ma più arrotondata rispetto ai vini che lo hanno preceduto in degustazione. Corpo e persistenza richiedono abbinamenti di personalità come capretto al forno o pecorino molto stagionato.

L’epilogo, con alcune preparazioni della tradizione sarda preparate dalla cucina del ristorante Bettycuore in abbinamento, a sorpresa, ad altri due vini di un’azienda simbolo dell’isola come Santadi, il Vermentino di Sardegna Cala Silente e il Carignano del Sulcis Terre Brune, hanno concluso una serata di conoscenza e approfondimento.