Filosofia e segreti dello Champagne Jacquesson

Racconti dalle delegazioni
06 febbraio 2023

Filosofia e segreti dello Champagne Jacquesson

«Terroir, viticoltura, viticoltura, viticoltura e vinificazione». Il giornalista Alberto Lupetti, grande esperto di champagne, ci conduce alla scoperta della Maison Jacquesson e ci svela un segreto: «lo champagne è un vino!».

Valeria Mulas

L’apparente ovvietà nasconde una storia da scoprire e parte da un dubbio: è davvero un vino?

In realtà, racconta Alberto Lupetti, ancora oggi, soprattutto i piccoli produttori, lo considerano altro rispetto al vino. Per decenni, i vini base dello champagne sono stati considerati, infatti, un mero strumento atto alla rifermentazione successiva. Il primo a rivoluzionare questa concezione fu Anselme Selosse nel 1980, il quale, grazie alla sua formazione in Borgogna, inizia a pensare lo champagne come un gran vino che, con l’aggiunta delle bollicine, si trasformerà nel tempo.

Ma per capire meglio gli usi dei vignerons della regione Champagne, dobbiamo fare qualche passo laddove nasce il mito.

La Champagne

Ci troviamo 150 km a est di Parigi nella regione della Champagne-Ardenne dove, nella capitale Châlons-en-Champagne nasce, nel 1798, proprio la maison Jacquesson. Nella regione, i circa 34.000 ettari vitati sono suddivisi in ben 280.000 parcelle: un frazionamento importante che si è rivelato un vero punto di forza, nella produzione di assemblaggi che da secoli rubano il cuore agli appassionati di tutto il mondo.

Alberto Lupetti e Fabio ScaglioneTre le uve principali, oltre alle vecchie varietà (pinot blanc, pinot gris, arbanne e petit meslier): pinot noir (38%), meunier (31%) e chardonnay (31%), che unite producono circa 320 milioni di bottiglie ogni anno a firma di più di 4.000 produttori imbottigliatori.

Cinque le aree di produzione: Montagne de Reims, Côte des Blancs, Vallée de la Marne, Côte de Sézanne e Aube.

La suddivisione negli odierni 17 Grand Cru e 42 Premier Cru (44 virtualmente se consideriamo anche i 2 villaggi Grand Cru, Tours-sur-Marne e Chouilly, che hanno varietà d’uve classificate come Premier Cru) identificano i villaggi con le uve migliori e quindi anche le più care.

In breve, una regione il cui prodotto amato e ricercato è noto per la sua longevità e per la sua versatilità; oggi anche per una certa rarità, dovuta alla programmazione contenuta post-Covid e alla successiva vendemmia negativa, che hanno procurato un’immissione sul mercato di molte meno bottiglie.

La Maison Jacquesson

«La più piccola delle maison e il più grande dei vigneron»: Lupetti ci introduce così alla storia di questo produttore, che per filosofia è da considerarsi tra i grandi vignerons (formati da RM: Recoltant Manipulant, RC: Récoltant Coopérateur, SR: Société de Récoltants e CM: Coopérative de Manipulation), anche se tecnicamente è una maison (NC: Négociant Manipulant), un marchio storico. Oggi l’azienda possiede 29 ettari e acquista per 8, con una produzione che si assesta intorno alle 250.000 bottiglie.

La maison, la decima più antica, viene fondata nel 1798 da Claude e Memmie Jacquesson. L’importanza è sigillata anche da Napoleone, il quale non solo annovera gli champagne Jacquesson tra i suoi preferiti ma, nel 1810, conferisce loro la medaglia d’oro per «la beauté et la richesse de ses caves».

Con l’arrivo del figlio Adolphe, inizia una fase di innovazione e di crescita ulteriore. A lui si devono: lo studio e la determinazione (1835), insieme al farmacista Jean-Baptiste François, della quantità di zucchero (24 g per sviluppare 6 atmosfere) per la rifermentazione; l’idea dei vigneti a filari (1844) insieme al dottor Jules Guyot; l’invenzione del muselet e de la plaquette (gabbietta con capsula); il primo sistema di lavaggio automatico delle bottiglie prima del tiraggio. Arriverà a vendere un milione di bottiglie nel 1867. Alla sua morte, l’azienda iniziò un lento declino con alcuni passaggi di proprietà, conclusi nel 1974 quando fu acquistata dalla famiglia Chiquet e la sede trasferita a Dizy.

Dal 1988 la maison è guidata dai fratelli Jean-Hervé e Laurent Chiquet che, con il desiderio di realizzare il miglior vino in assoluto, stanno portando avanti una semplice filosofia: «terroir, viticoltura, viticoltura, viticoltura e vinificazione».

All’inizio i fratelli si ritrovano a gestire una produzione di sole tre tipologie di champagne: il classico brut sans année - un assemblaggio dallo stile immutabile di anno in anno, per ogni produttore -, la versione rosata dello stesso e un solo millesimato.

Proseguono su questa strada fino al 2000 quando decidono di rivoluzionare il sans année. A forza di cercare lo stile in un’astrazione della vendemmia, che fosse di anno in anno riconoscibile dal cliente finale, gli Chiquet si accorgono che stavano, di fatto, abbassando la qualità a favore di una costanza di gusto. Così nasce la prima cuvée della serie 700, quale miglior assemblaggio possibile ogni anno. A questo punto, non si tratta più di produrre un vino sempre uguale a sé stesso nel tempo, ma un succo elettivo delle annate, che può essere anche l’unico se non avanzano uve per realizzare le altre tipologie di champagne (millesimati e Lieux-Dits). Grazie all’eccellenza delle vigne - tutte Grand o Premier Cru situate tra la Vallée de la Marne e la Côte des Blancs –, alla scelta di usare solo la prima pressatura e con la cernita dei soli mosti considerati idonei, i fratelli Chiquet riescono a produrre degli assemblaggi che sono il meglio dell’annata, con delle eventuali aggiunte date dai vini di riserva.

I tappiLa prima cuvée prodotta è la 728 (base annata 2000), con i soli vini di riserva dell’annata 1999. La numerazione deriva dal registro ufficiale della maison che conteggia, dal 1898, tutti gli assemblaggi realizzati ogni anno. A partire dalla cuvée 736 aggiungono la dizione Gran Vin de Champagne, come sottolineatura del concetto di grande vino, e dalla cuvée 734 utilizzano il tappo tecnico composto da un agglomerato di sughero tritato impastato con microsfere di silicone e con una colla trattata a gas supercritico, per evitare l’annoso problema dato dal TCA (tricloroanisolo, sentore di tappo).

Tra le caratteristiche principali dei fratelli Chiquet ci sono: una viticoltura a basso impatto ambientale, la fermentazione rigorosamente in legno - anche in botti grandi -, una malolattica svolta per aumentare la rotondità, la minima aggiunta di solforosa e un liqueur de dosage limitato.

Tra il 2006 e il 2007 avviene un’ulteriore evoluzione che riguarda il concetto di vini di riserva: si passa, infatti, da una concezione tradizionale che vede i vini custoditi per tipologia/vigneto/annata, alla conservazione, in tonneaux, di una parte dell’assemblaggio già finito. Oggi il complemento degli champagne, a conclusione di questa evoluzione, è dato solo da vini di riserva quali esclusivamente assemblaggi di anni precedenti.

La degustazione

Cuvée 745
chardonnay 50%, pinot noir 40%, meunier 10%

Si tratta della cuvée attualmente sul mercato, basata sulla raccolta del 2017, con l’aggiunta del 31% di cuvée di riserva, 42 mesi di maturazione sui lieviti (dégorgement maggio 2022) e un dosaggio di 0,75 g/L. La 2017 fu un’annata molto difficile, soprattutto per le uve nere falcidiate dalla botrite causata dalle piogge abbondanti in primavera. Grazie, comunque, alla maturità ottimale delle uve e a un’attenta selezione, si è arrivati al prodotto a prevalenza chardonnay che degustiamo.

Naso molto generoso, giocato soprattutto sul carattere fruttato e rinfrescante dello chardonnay, e una gestione ottimale del legno, che comunque appare con una nota di leggera tostatura. In bocca torna il carattere molto fruttato, una bella tonicità rinfrescante e un finale minerale e leggermente amaricante (ultimamente una nota molto ricercata in Champagne dai vignerons). Un vino di personalità che non manca di bevibilità e gradevolezza.

Cuvée 743
chardonnay 50%, pinot noir 35%, meunier 15%

Basata sulla raccolta del 2015, ha un’aggiunta del 20% di precedenti cuvée, 54 mesi di maturazione sui lieviti (dégorgement maggio 2020) e un dosaggio zero, per la prima volta.

Al naso rivela un carattere completamente diverso dal precedente, molto più solare, vivace, preciso. In bocca la bollicina è sempre fine ed elegante, ma il gusto risulta più addomesticato, con meno struttura. Uno champagne brillante al naso ed estremamente piacevole in bocca. Un vino giudicato talmente perfetto, ai primi assaggi alla cieca dei fratelli Chiquet, da non richiedere dosaggio.

Cuvée 740 DT
chardonnay 61%, pinot noir 18%, meunier 21%

La cuvée 740 rappresenta un punto di svolta: da un lato l’annata 2012, eccezionale, dall’altra il cambio di assemblaggio unione di territori diversi. In degustazione abbiamo un DT, cioè un Dégorgement Tardif di questa cuvée: una felice tradizione, iniziata nel 2016, che prevede la conservazione in cantina di una parte della produzione per il futuro.

Il risultato è un vino (con un 20% di cuvée di riserva) che ha trascorso ben 8 anni sui lieviti (dégorgement aprile 2021) e che ha oggi un dosaggio zero (mentre l’originale 740 aveva 1,5 g/L). Il naso si rivela fitto, profondo, elegante con una parte fruttata che vira verso l’agrume. La bocca freschissima rivela una componente minerale evidente. Un vino di grande equilibrio.

I viniCuvée 737 DT
chardonnay 43%, pinot noir 27%, meunier 30%

La base di vendemmia è l’annata 2009, ricordata come non eccezionale, ma non per Jaquesson che non ha smentito la singolare tradizione, per cui gli anni con il “9” sono superiori a quelli con l’”8”. La 737 DT ha passato 7 anni sui lieviti (dégorgement novembre 2017) e presenta un 30% tra vini di riserva 2008, cuvée 735 e 736. Ha un dosaggio di 1,5 g/L (era di 2,5 g/L originariamente) e si presenta con un naso ricco, maturo ed elegante con qualche sfumatura di tostatura. In bocca rivela note di sottobosco e di agrume: è asciutto, fresco e pulito, con un finale sapido e minerale.

LD Terres Rouges 2013
pinot noir 100%

Nel 2011 debuttano i millesimati Lieux-Dits: una serie di champagne sempre extra-brut, ma le cui uve provengono da 4 vigneti selezionati (Dizy-Corne Bautray, Avize-Champ Caïn, Ay-Vauzelle Terme e Dizy-Terres Rouges).

Assaggiamo il Blanc de Noirs Terres Rouges 2013, con 7 anni di permanenza sui lieviti e un dosaggio di 0,75 g/L. Apre con un naso di frutta tropicale, sottile, elegante e decisamente attraente. In bocca il carattere scuro della frutta fa capolino, senza sovrastare: chiusura fresca e saporita.

LD Champ Caïn 2008
chardonnay 100%

Maturazione di 9 anni sui lieviti e 2,5 g/L di dosaggio per questo Lieux-Dit Champ Caïn, nome che identifica il più vecchio vigneto del Grand Cru di Avize. Il naso maturo, senza essere né stanco né ossidato, rilascia note floreali e agrumate, su una scia di mineralità tipica dello chardonnay. Bocca con un’articolazione fra freschezza e sapidità.

Il riassaggio di tutte le cuvée è un obbligo attraente e delizioso a chiusura di questo viaggio alla scoperta di una piccola grande perla della Champagne; un percorso che ricorderemo nel tempo grazie ai racconti della nostra encomiabile guida, Alberto Lupetti.