Focus sulla Germania vitivinicola: Wir lieben Riesling!

Con una rapida, ma precisa panoramica sul mondo del vino in terra teutonica, Mariano Francesconi ha accompagnato i soci di AIS Brescia nei meandri di una terra troppo spesso sottovalutata e che oggi più che mai è alla ricerca dell’eccellenza.

Giovanni Sabaini

La Germania del vino, settimo paese per superficie vitata in Europa, basa la sua produzione su un nobile vitigno che tutti, a ragion veduta, riconoscono come assolutamente straordinario: il riesling. È innegabile che la Germania abbia raggiunto picchi qualitativi eccezionali nell’interpretazione di questo frutto di immensa ricchezza, ma lungi da noi rendere la cosa più banale di quella che è in realtà.

Innanzitutto, va analizzato il contesto geografico. La Germania vanta tredici diverse zone vitivinicole e, sebbene alcune siano trascurabili per ragioni sia quantitative che qualitative, ce ne sono alcune di assoluto rilievo: Mosel, Rheingau e Nahe (da cui provengono i vini in degustazione) primeggiano non solo nel panorama nazionale, ma anche europeo e mondiale. Queste ultime sono tutte nella zona sudoccidentale della Nazione, all’altezza del cinquantesimo parallelo, una latitudine che, di fatto, è considerata estrema per la coltivazione della vite. Grazie, però, a terreni perfettamente esposti a sud su pendii che consentono la protezione dalle correnti più fredde, la vigna si sviluppa lungo il corso del Reno e della Mosella dando risultati di assoluto rilievo.

Nello spettro ampelografico tedesco i vitigni a bacca bianca la fanno certamente da padrone, ricoprendo il 67% della produzione e dividendosi tra riesling, muller-thurgau, pinot grigio, pinot bianco e alcuni incroci locali. Il restante 33% a bacca rossa è caratterizzato principalmente da importanti produzioni di pinot nero (localmente conosciuto come spätburgunder), anche di livello molto alto, portugieser, dornfelder e trollinger (l’equivalente della schiava).

Anche la Germania ha adottato nel tempo un sistema di denominazioni. Quello attualmente in essere è una sorta di piramide della qualità istituita nel 1971 basata sul grado zuccherino che l’uva era in grado di raggiungere (misurata con la scala Oechsle):

  • Alla base troviamo i tafelwein (44-50° Oe), in sostanza i nostri vini da tavola;
  • Al secondo gradino i landwein (47-55° Oe), paragonabili ai nostri vini IGT, anche se i “land” in Germania sono territori molto grandi che possono anche ricadere nei confini amministrativi di diverse regioni;
  • Al terzo gradino i qualitätswein (50/72° Oe), per i quali è possibile la menzione della regione di produzione;
  • In cima alla piramide si posizionano i qualitätswein mit prädikat (>67° Oe), letteralmente “con predicato”, un’ulteriore distinzione sempre basata sul residuo zuccherino, ma questa volta del vino anziché del mosto. In ordine crescente troviamo kabinett, spätlese, auslese, beerenauslese, trockenbeerenauslese. 

È fondamentale ricordare che nei primi due casi (tafelwein e landwein) è possibile effettuare la correzione zuccherina del mosto, mentre entrando nel campo dei qualitätswein il residuo zuccherino in bottiglia (e di conseguenza il grado alcolico) deve essere raggiunto naturalmente. Elemento da tenere sempre in considerazione nella degustazione di questi vini è l’intervento della botrite, che può sempre dare un importante contributo.

Entità a sé stante sono gli eiswein, in cui il grappolo viene raccolto e spremuto da ghiacciato. Vi sono alcuni elementi determinanti nella produzione di un eiswein:

  • Il vitigno, che deve essere a maturazione tardiva
  • L’andamento climatico poiché in base al momento del congelamento cambia la concentrazione degli elementi nell’acino
  • L’intervento della botrite, che, se eccessivamente concentrata, rischia di monopolizzare le sensazioni
  • La durata delle temperature sotto lo zero
  • La temperatura al momento della vendemmia
  • La temperatura al momento della pressatura
  • La vinificazione e l’affinamento

Tutt’altro che semplici da un punto di vista tecnico-produttivo, la Germania non riesce più a garantire costanza nella produzione di questo particolare vino a causa dei cambiamenti climatici in atto negli ultimi decenni (godiamone finché è possibile farlo!).

La degustazione

Kabinett riesling “Diel” 2018 – Az. Schlossgut Diel

La straordinaria luminosità di questo vino gioca a compensare visivamente la scarsa quantità di materia colorante. Naso molto diretto, di mela verde e pompelmo con contorno di erbe aromatiche. In bocca si rivela altrettanto pimpante, estremamente verticale, con un leggero petillant che disseta e ravviva la beva. Il residuo zuccherino è di soli 54 g/l, ma è nettamente percettibile soprattutto a causa di una struttura nel complesso leggera (8,5% di gradazione alcolica).

Spätlese riesling “Graacher Josephshofer Monopole” 2020 – Reichsgraf von Kesselstatt

Se dal punto di vista visivo questo secondo campione non si scosta dal primo, confermando il colore verdolino e l’ottima vivacità, lo stacco netto avviene nell’identificazione del bouquet olfattivo. Il profilo è floreale, delicato, che si apre lentamente per lasciare spazio a sentori di frutta dolce, tropicale, e a tocchi di cera d’api. 76 g/l lo zucchero residuo nel vino, anche in questo caso di netta percezione grazie al poco alcol (8%) e ad un’ossatura leggera.

Auslese riesling “Goldtropfchen” 2015 - Reichsgraf von Kesselstatt

Veste paglierina con riflessi dorati brillanti. Il naso racconta buona complessità e discreta evoluzione. L’impatto è da fiore giallo, come la mimosa, ma aprendosi si sposta su sentori più dolci, da frutta candita, cera e resina. La bocca si allontana dai primi due assaggi, suggerendo più rotondità e avvolgenza, ma anche un’importante spalla fresca che regala un grande allungo finale. Perfettamente integrati nel calice i 90 g/l di zucchero, che risultano percettibili, ma in maniera gradevole ed equilibrata.

Eiswein riesling “Scharzhofberger” 2009 - Reichsgraf von Kesselstatt

Alla vista si rivela di un bel giallo dorato che sembra suggerire grande sanità. Al naso è il mandarino candito ad aprire le danze, prima di lasciare spazio al torrone, alla frutta tropicale quale il mango e il passion fruit e una decisa parte speziata di curcuma e zafferano. Il sorso è pieno, vellutato, con un’acidità contenuta che lascia spazio ad un’importante sensazione dolce figlia dei 140 g/l di zucchero.

Beerenauslese riesling “Graacher Domprobst” 2019 – Selbach Oster

Colore che spazia tra il paglierino e il dorato, sia nella parte centrale del bevante che nei riflessi. Probabilmente il naso più originale tra i campioni in degustazione, fatto di paglia, ananas, tiglio, con note eteree che riconducono allo zolfo e un tocco di curry. In bocca ha grande morbidezza, un vino che dà la netta sensazione di poter essere masticato, anche a causa del residuo zuccherino da 160 g/l.

Trockenbeerenauslese riesling “Rahuental Nonnenberg” 2005 – Georg Breuer

Probabilmente il più carico di materia colorante dorata, forse a causa di un intervento importante della botrite. Al naso riporta la cera già percepita in precedenza, ma questa volta accompagnata da miele e caramello. Restando nel calice qualche minuto evolve in note di pasticceria e canditi. Il sorso, nonostante i 315 g/l, risulta discretamente scorrevole, certamente aiutato da una bella spalla acida.

Un bel viaggio, in conclusione, tra le variazioni del riesling tedesco e i meandri di un areale vitivinicolo tutt’altro che semplice da scoprire. Grazie a Mariano Francesconi per aver condiviso la sua esperienza sul tema, ad AIS Brescia e al suo gruppo servizi per il perfetto svolgimento della serata.