Giochiamo alla syrah!

Otto Syrah di età e provenienze diverse indagati con la supervisione e i suggerimenti di Nicola Bonera che, come noi, gioca, alla cieca. Un voto segreto per vedere cosa si è capito del vino e la rassicurante sensazione che c’è sempre da studiare.

Sara Passerini

A noi piace chiamarlo alla francese, la syrah, perlomeno quando si parla dell’uva, ma per alcuni produttori è il syrah e per altri ancora shiraz. È un vitigno dai tanti nomi e dalle tante origini: per un po’ si è pensato che provenisse dalla Persia - dall’antica capitale chiamata Shiraz -, poi s’è presupposto che vedesse i propri natali nell’Italia del sud, nella zona di Siracusa (forse proprio come, anche qui, pare suggerire il nome), ma le analisi del DNA mostrano che l’origine di quest’uva è un incrocio spontaneo fra dureza e mondeuse blanche.

La syrah è coltivata un po’ in tutto il mondo ed è l’ottava uva più diffusa. In Francia e in Australia ce ne sono rispettivamente 40.000 ettari; in Italia se ne raggiungono all’incirca 8.000, soprattutto nel versante tirrenico del Paese, in Toscana, Lazio, Sicilia. Di recente in Piemonte ci sono dei risultati interessanti e con minore diffusione la troviamo anche in Veneto, Valle d’Aosta, Trentino, Lombardia. La syrah ha la capacità di adattarsi alle caratteristiche pedologiche e pedoclimatiche, ecco il perché della sua internazionalità. La si trova in Australia (Adelaide, Barossa Valley, Hunter Valley), dov’è conosciuta come shiraz, ma anche in Argentina, Cile (Curicò Valley, Maipo Valley, Aconcagua Valley), in California (Sonoma, Napa Valley), in Sudafrica (Beokenhoutskloof, Saxenburg, Fairview) e nella Nuova Zelanda (Hawke’s Bay, costa est dell’isola del Nord).

Nicola BoneraIl vitigno viene usato sia in purezza che in assemblaggio; ben noto è il blend con grenache e mourvèdre (GMS), basti pensare allo Châteauneuf-du-Pape e ad altre varie denominazioni della Côte du Rhône, ma anche al di fuori della Francia: in Spagna, Algeria, Tunisia, Marocco e Australia. In purezza o quasi nella Côte du Rhône settentrionale: Côte-Rôtie, Hermitage.

Dopo aver ripassato il vitigno e un po’ di zone ci vengono spiegate le regole del gioco: si comincia con la degustazione dei vini, un processo che si rivelerà lungo ma entusiasmante visto che i calici sono 8 e si tornerà più volte su ognuno per compararne l’età, il colore, le sensazioni. Poi dovremo rispondere, ognuno singolarmente dal proprio device, alle seguenti tematiche:

  1. Età
  2. Italia - Estero
  3. Punteggio
  4. Zona specifica

In ogni sezione verranno proposte delle risposte e ci saranno dei “doppioni”; tra i vini più giovani e i più maturi passano 9 anni; in termini chilometrici, con questa degustazione, copriamo all’incirca 37.000 km.

La degustazione

Vino 1
Il carino. Un colore vivace e invitante, splendido porpora pieno e compatto. Ouverture di fiori e frutti rossi, poi una spezia amara. Al palato pare acerbo, con un tannino non ancora addomesticato ma piuttosto rustico e giovane. Non avvertiamo particolari lavorazioni (tratto che, capiremo, sarà utilissimo per localizzare il vino). Man mano che riposa escono note dolci, una spezia delicata e avvolgente, ed echi di cuoio. Un floreale di rosa ruba, olfazione dopo olfazione, lo spazio olfattivo. È un vino di media ricchezza e di media struttura, con un aroma di bocca che, per quanto carino, non si fa affatto sottomettere.
 
Vino 2
Il lanciafiamme. Affumicato, pepato, bruciato, fumoso, carnoso. Ecco come si presenta il secondo vino! Di colore rosso rubino, limpido, un naso prepotente che conduce però a un palato che è appena più strutturato del precedente, contraddistinto da sensazioni tattili di piccantezza e di un’intensità da mozzare il fiato, come certe caramelle balsamiche. È lungo e ci lascia stupiti e un po’ interdetti. In un secondo momento le note affumicate si trasformano in incenso e s’intrecciano a trame di mirtillo e anice. A modo suo, s’ingentilisce pur restando fumoso e scuro.
 
Vino 3
Il bosco selvatico. D’aspetto lucente, di colore rubino, un rubino appena più giovane del precedente. Avviciniamo il naso e con gli occhi della mente vediamo un bosco, un lampo selvatico, profondità balsamiche, toni scuri e freschi. Potrebbe essere stato lavorato con la tecnica della torsione del tralcio. Il gusto è speziato e agrumato, decisa la verve acida e piacevolissimo l’equilibrio, lungo e pepato il sorso. Splendida sapidità, alcol ben dosato. Come età iniziamo a collocarlo tra il primo e il secondo. Torneranno spiccati tratti vegetali e floreali; non che si senta il peperone, ma qualcosa che ci rimanda ad altri sapori si fa portatore di un messaggio che ha echi bordolesi: alcol, tannino, acidità e sapidità.
 
Vino 4
Il pensieroso. Veste purpurea dalla filigrana rubino. Un colore che ci riporta vicino al primo vino. Profilo olfattivo cupo e macerativo; un carattere vegetale che sembra appiattire, al momento, tutta una platea di sentori nascosti. Non è scontroso, è sulle sue, un po’ austero. Palato pepato e morbido il gusto, tannino che passa in secondo piano; sensazione pseudocalorica persistente. Poi il vino si apre e arriva a folate, è come sospeso. È fiori, frutta e un accenno di zucchero; regala un naso dalla gradevolezza indulgente e anche al palato ci risulta completo e bilanciato in ogni sua componente, con un alcol presente ma ben integrato.
 
Vino 5
L’inafferrabile. Ci incuriosisce: emana ondate eteree, vernici, ricordi di carrozzeria e di chimica farmaceutica. Elementi non necessariamente negativi, ma che vanno indagati oltre per capire meglio il vino che stiamo analizzando. Al palato esordisce quasi vuoto, poi si allarga, come una macchia, ed è una componente densa che si stende in bocca. Al secondo sorso capiamo che forse è per la forte salivazione che induce senza portare un adeguato contrappunto di pungenza. La chiosa è il ricordo di uno stecco di liquirizia. Non è un vino facile da interpretare, sembra maturo, evoluto, non ci ha conquistati pienamente. Ci ritorniamo: fortissimo l’etereo; al palato qualche secondo di dolcezza da vino bianco e poi si riprende.
 
Vino 6
Il mediterraneo. Appena granato ai bordi, del resto un rosso cremisi pieno. Paté d’oliva e foglie infuse, macerate: sono questi gli elementi d’apertura olfattiva. Un balsamico salato, la menta, l’oliva. Difficile valutarne l’età. In bocca si accende, è intenso e dal finale erbaceo. Quando ci riavviciniamo rimaniamo sorpresi dalle note che regala: un’intensa macchia mediterranea, trito di acciughe, olive. Piace o non piace: la platea si divide! Noi rimaniamo stupiti, incuriositi, non smettiamo di tornarci.
 
Vino 7
Lo stanco. Il colore spento non ci fa ben sperare, sembra avanti nel tempo. Avviciniamo il naso e veniamo storditi da effluvi di vernice, di stucco. Un etereo non molto elegante che al palato si traduce in sensazione di pseudocalore accentuata. Ci intrattiene Nicola: «qual era l’altro vino che ci sembrava un po’ evoluto? Il quinto?… Ecco, il quinto in confronto a questo sembra un lampone appena colto».
 
Vino 8
Il seduttore. Scrigno odoroso opulento e piacevole, un frutto maturo intrecciato a sussurri balsamici, a una speziatura delicata e a fiori ben dischiusi e ormai stanchi sotto il sole d’agosto. Il naso suggerisce una leggera surmaturazione. Lo assaggiamo: bocca zuccherina, gonfia e generosa, lunga anche nei rintocchi del sale. Tornando in un secondo momento intuiamo una vaniglia che occupa sempre più spazio e il frutto che si allarga.
 

Finita la degustazione comincia il voto online: ognuno è tenuto a votare età, provenienza e punteggio relativi a ogni vino. Confrontiamo, poi, a uno a uno i responsi. Alcuni vini ci dividono, altri sono più plebiscitari. Spesso la regione corretta è stata più o meno quella più votata. Nicola ha giocato con noi, è andato a colpo sicuro su sei vini, tre sono invece rimasti ignoti persino per lui. Il carino (1), il mediterraneo (6) e il seduttore (8) sono i vini che sono piaciuti di più. Noi abbiamo azzeccato qualcosina, ma abbiamo preso un abbaglio sulle zone di provenienza del quinto, del sesto e del settimo.

I vini che abbiamo degustato, in ordine sparso, sono stati questi:

  • Cortona Syrah 2018 - Fabrizio Dionisio
  • Sicilia Syrah Maroccoli 2019 - Planeta
  • The Barossan 2017 - Peter Lehmann
  • Crozes-Hermitage Les Meysonniers 2017 - Chapoutier
  • Syrah 2011 - Michele Satta
  • Cornas 2010 - Les Alexandrins
  • Valle d’Aosta Syrah DOC Henri 2020 - Anselmet
  • Syrah 2019 - Reyneke

A voi lettori riproponiamo il gioco dell’associazione: quale sarà il seduttore? Quale il mediterraneo? E il lanciafiamme?

A carte svelate realizziamo che non ci sono vincitori né vinti, che in questa serata ci è stato dato modo d’imparare e di confrontarci con un maestro capace e ironico, e di degustare in libertà. Siamo riusciti, tra chiacchiere rilassate e momenti concentrati, a studiare un vitigno che ha molto da dire e a soppesarne metodi produttivi, evoluzioni e zone.

(Soluzione: Il carino è Anselmet 2020 - Il lanciafiamme è Reyneke 2019 - Il bosco selvatico è Planeta 2019 - Il pensieroso è Les Alexandrins - L’inafferrabile è di Fabrizio Dionisio 2018 – Il mediterraneo è Chapoutier 2017 - Lo stanco è di Michele Satta 201 - Il seduttore è di Peter Lehmann 2017)