Gli innumerevoli volti del trebbiano

Ha scelto Pirandello e il celebre romanzo “Uno, nessuno e centomila” Davide Gilioli per accompagnare i partecipanti della delegazione AIS Monza Brianza in un viaggio di consapevolezza dei mille volti, non consapevoli ai più, del vitigno trebbiano. 

Manuela Basaglia

Uno, come uno dei tanti vini da taglio; nessuno, per l’apparente mancanza di personalità; centomila come le sfumature che in realtà questo vitigno è in grado di offrire. 

Inizia così la serata dedicata al trebbiano, condotta da Davide Gilioli, sommelier, degustatore e relatore AIS, che si mette in gioco insieme ai partecipanti in una vera e propria degustazione alla cieca: la presentazione dei diversi tipi di trebbiano si alterna infatti alla degustazione a etichetta coperta dei sei vini proposti, guidata dalla comune sfida di identificare i vini sulla base delle nozioni condivise. 

Antonio Erba e Davide Gilioli

Il trebbiano, questo sconosciuto

L’etimologia del nome trebbiano risale all’epoca romana: quando il vino, in mancanza di acque salubri, era il carburante principale soprattutto per i soldati, il trebbiano era la varietà più coltivata, e il suo nome trova origine nel termine romano trebula, ovvero fattoria. 

Terzo vitigno a bacca bianca più coltivato d’Italia dopo glera e catarratto, il trebbiano è caratterizzato da grande produttività e resistenza alle malattie, si adatta a un’ampia varietà di terreni e di climi diversi, e si presenta in sei tipologie diverse: modenese, romagnolo, spoletino, abruzzese, toscano e di Spagna. 

Fuori da questa lista il Trebbiano di Soave e di Lugana, la cui traduzione è stata naturalizzata in trebbiano, ma in realtà non si tratta di trebbiano, bensì di verdicchio.

Il viaggio nel mondo del trebbiano inizia in Emilia Romagna, con il trebbiano modenese, che ha grappoli compatti e piccoli, di forma alata e piramidale, con acini piccoli adatti a dar vita a vini più qualitativi e di sostanza. Questo tipo di trebbiano è il più acido di tutti (>10gr/lt, non a caso viene utilizzato per produrre aceto balsamico tradizionale) è di maturazione tardiva e viene coltivato nelle pianure e nelle colline di Modena. 
Forse il trebbiano con il colore meno vivo rispetto ai suoi fratelli, giallo paglierino scarico, al naso presenta profumi di fiori bianchi aciduli come il sambuco o il biancospino, frutta a polpa bianca come la mela golden, e sentori di agrume quali pompelmo e lime; in bocca è caratterizzato da una notevole acidità, corpo e struttura medi, accompagnati da un finale di frutta bianca acidula.

Grappolo spargolo a forma cilindrica irregolare con acini piccoli sono invece caratteristica del trebbiano di Spagna o Trebbianina: germoglia precocemente e matura tardivamente, e l’altissima produttività lo rende come il modenese candidato alla produzione di aceto balsamico. 
Il colore in questo caso è marcato, giallo paglierino intenso tendente al dorato, e il naso semi-aromatico, con profumi di fiori gialli come ginestra e camomilla, frutta a polpa gialla anche tropicale come ananas e mango, e mandorla fresca, sentore che lo accomuna al verdicchio. In bocca ha una struttura rotonda, con acidità e sapidità marcate.

Ultimo tipo per vicinanza geografica nella stessa regione è il trebbiano romagnolo, conosciuto come il trebbiano della fiamma: il grappolo doppiamente alato, che estremizza la forma del modenese, ha acini caratterizzati da striature sulla buccia, come se il sole lo avesse bruciato, che ricordano delle fiamme. Si distingue per germogliamento e maturazione tardive come il trebbiano di Spagna, e come i suoi vicini ha un’altissima produttività. Di colore paglierino tenue, il trebbiano romagnolo ha un naso piuttosto neutro, con leggerissimi sentori di frutta a polpa bianca; in bocca ha una buona acidità, un’alcolicità marcata e un finale amaricante. 

Il viaggio di questa sera si sposta in Toscana, seconda regione del centro Italia che vede la presenza del trebbiano nelle sue vigne, nella varietà del trebbiano toscano. Contendendosi con il trebbiano romagnolo la non voluta palma di peggior trebbiano, ha un’alta produttività e acini grandi, che presentano una buccia più spessa rispetto ai suoi omologhi, motivo per cui questa varietà di trebbiano è il più adatto all’appassimento e alla produzione del tipico Vin Santo toscano. Di colore paglierino carico, come il trebbiano romagnolo ha un naso neutro, e alla bocca presenta acidità e sapidità elevate con un finale leggermente amaricante e vegetale.

Ultime, ma non per importanza, sono altre due tipologie di trebbiano, il trebbiano spoletino e il trebbiano abruzzese, coltivate rispettivamente in Umbria e Abruzzo. 

Catalogato da alcuni come un vitigno a bacca grigia per il colore della buccia degli acini grigio violacea, il trebbiano spoletino presenta acini di medie dimensioni: coltivato solo nella zona del Perugino e di Spoleto, si distingue per germogliamento e maturazioni tardive. Di colore tipicamente paglierino intenso, al naso presenta una leggera aromaticità, con note floreali e tropicali dolci di mango e papaya, e una discreta complessità; in bocca ha un’elevata acidità, e note eteree e minerali tipicamente riconducibili ai riesling, come i sentori di resina e pietra focaia.

Spicca in ultimo il trebbiano abruzzese, riconosciuto come il più qualitativo di tutti per i tratti di eleganza e longevità che lo contraddistinguono. Per anni confuso con il bombino bianco, ha grappolo grande e acini piccoli, protetti e coperti da un ampio fogliame.  Nel bicchiere è solitamente paglierino carico, con profumi delicati al naso: profumi di frutta come pera e banana, e una nota agrumata di mandarino. In bocca ha un’acidità decisa, e se le rese vengono tenute basse, si distingue per struttura e sapidità.

A intervallare la presentazione dei diversi tipi di trebbiano le degustazioni, che vengono portate avanti in un clima corale di confronto, tra relatore e partecipanti, per identificare i diversi tipi di trebbiano e quindi i diversi vini in base ai tratti descrittivi di ogni tipo di trebbiano.

Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso”. Prendendo in prestito le parole di Pirandello, che ha ispirato Davide Gilioli nella creazione del fil rouge di questa serata, lasciamo solo e unicamente ai partecipanti in sede a Monza Brianza conoscere l’esito della degustazione alla cieca.

La degustazione

Farné VIII Metodo Classico Brut Nature 2014 - Tenuta La Riva, 100% trebbiano modenese, 7 anni sui lieviti, 11% vol. 

Metodo classico, fermentazione e sosta in acciaio 6 mesi, 7 anni sui lieviti, sboccatura dicembre 2022. Queste bottiglie sono le prime commercializzate dall’azienda: fondata nel 2013 da Alberto Zini, vanta vigne di 20 anni che poggiano su terreni marnoso calcarei, con una produttività di 12 ha e 50.000 bottiglie per anno da sola viticoltura biologica certificata.

Il vino si presenta nel calice di colore paglierino intenso con riflessi dorati; al naso profumi di fiori gialli come ginestra, frutta matura come albicocca, nespola, e profumi terziari di miele, mandorla e nocciola.
In bocca spicca l’elevata acidità a discapito di corpo e struttura che lasciano spazio a futuro affinamento; il produttore lo consiglia in abbinamento con le ostriche. 

"Funambol" Vino Bianco 2021 - Podere Sotto il Noce, 100% Trebbiano di Spagna, 13% vol. 

Fermentazione spontanea e affinamento di 6 mesi in vasca di ceramica, non fa contatto con le bucce e non è sottoposto a filtrazioni o chiarifiche.

Nel calice si presenta velato, di colore dorato, con un naso pressoché neutro: si percepiscono leggere note di frutta gialla e tropicale, sentori di noce e frutta secca, e un accenno di caramello salato. In bocca spiccano acidità e avvolgenza, con riconoscibili sentori di frutta gialla tropicale come ananas e mango, astringenza da tannino e un finale amaricante.
L’abbinamento consigliato è con uova, formaggi, o un piatto leggermente piccante.

Podere sotto il Noce è una vigna vecchia di oltre 50 anni che poggia su terreni limosi con buona presenza di calcare: il nome nasce dall’ubicazione della vigna, sotto un noce, posizione che ha fatto desistere il precedente proprietario dalla coltivazione con la convinzione che l’ombra prodotta dal noce non avrebbe permesso una buona maturazione dei grappoli. Max Brondolo sfidò questa credenza dimostrando il contrario e fondando la sua azienda nel 2017, che vanta oggi 6 ha vitati e una produzione con filosofia artigianale non interventista di 6.000 bottiglie l’anno.

"Tèra" Ravenna IGT Bianco 2022 - Fondo San Giuseppe, 100% trebbiano romagnolo, 13% vol. 

Dopo 10 anni di collaborazione per le cantine Gaja, Stefano Bariani fonda la sua azienda a Brisighella, in una zona dove le vigne sono circondate da boschi e poggiano le radici su terreni marnosi arenacei con alta presenza di calcare, per una produzione interamente biologica certificata. 

Tèra è un vino a fermentazione spontanea in acciaio, che sosta 6 mesi sulle fecce fini e poi 4 mesi in bottiglia. Nel calice il colore è paglierino quasi verdolino, di media consistenza. Al naso, dopo una riduzione iniziale data dal recentissimo imbottigliamento, spiccano profumi floreali di fiori bianchi, minerali e balsamici di menta. 
In bocca si presenta più strutturato che al naso: freschezza e mineralità̀ sono ben equilibrate, con spiccati sentori di agrume e una buona acidità.
L’abbinamento consigliato è un piatto tipico del territorio, ovvero passatelli in brodo.

 

"Canestrino" - Toscana IGT Bianco 2016 - Fattoria Cerreto Libri, 90% trebbiano toscano + 10% malvasia del Chianti, 12% vol. 

Fermentazione spontanea in acciaio, dove sosta 12 mesi sulle fecce fini, non sottoposto a filtrazioni o chiarificazioni, fa 3 giorni di macerazione. Fattoria Cerreto Libri deve i suoi vini a vigne vecchie di 50 anni e a una viticoltura biodinamica e biologica certificata; azienda fondata degli anni ’90 da Andrea Zanfei, padre della biodinamica in Toscana, è oggi portata avanti con la stessa passione dalla moglie Valentina Libri. 

Nel bicchiere questo vino si presenta consistente, di colore dorato carico con riflessi ambrati. Al naso ha profumi di frutta gialla e frutta secca come la noce, miele scuro, note balsamiche, e un tratto di evoluzione verso l’ossidativo.
In bocca è caleidoscopico, in continuo mutamento dopo il primo assaggio: spiccano acidità, sentori di agrume come la scorza di limone e un finale amaricante dovuto alla macerazione.
Si consiglia in abbinamento con la ribollita toscana. 

Trebbiano d'Abruzzo DOC 2018 – Valentini, 100% trebbiano abruzzese, 12,5% vol. 

Fermentazione spontanea direttamente in botte in rovere da 50 hl, dove affina 24 mesi senza filtrazioni né controllo della temperatura, sfruttando l’estrema vocazione della vigna.

L’azienda Valentini ha sede a Loreto Aprutino in provincia di Perugia e poggia le sue vigne di 50 anni allevate a pergola abruzzese su terreni marnoso calcarei. Fondata da una famiglia nobiliare di origine spagnola nel 1650 come azienda cerealicola ed olearia, nel dopoguerra viene trasformata in azienda vinicola; cerasuolo e montepulciano, oltre al trebbiano, ne caratterizzano la produzione. 

Il vino in degustazione si presenta di buona consistenza, di colore paglierino con riflessi verdolini. Abbastanza neutro il naso, fa riconoscere una nota erbacea di erba tagliata, lattuga o insalata, e una finale nota minerale.
In bocca ha un’acidità spinta, con note vegetali ed erbacee di foglia e clorofilla, e un finale dolce che richiama la polpa dell’acino; un vino ancora molto giovane, che deve ancora esprimere appieno il suo potenziale
È suggerito in abbinamento con i fiadoni o casciatelli, ovvero dei ravioli di pasta sfoglia ripieni di pecorino e cotti al forno.

"Campo di Colonnello" Umbria IGT Bianco 2021 – Raìna, 100% trebbiano spoletino, 13% vol.

Fermentazione spontanea in acciaio, 6 mesi in cemento su fecce fini, nessuna filtrazione o chiarificazioni, 8 giorni di macerazione.

Il colore è dorato con riflessi ambrati; al naso profumi di frutta come la mela cotta e la mandorla, miele scuro e note di luppolo, profumi eterei di vernice e una finale parte alcolica che fa riconoscere la macerazione. In bocca si presenta morbido, con un’acidità marcata e un riconoscibile tannino, e risulta persistente ed elegante. 
L’abbinamento consigliato è la pasta alla norcina, ovvero pasta condita con panna e salsiccia di maiale, abbondante cipolla, e una spolverata di pecorino e scaglie tartufo nero.
L’azienda, che ha sede a Montefalco in provincia di Perugia, viene fondata nel 2002 e basa la sua produzione su una viticoltura biodinamica e biologica certificata, raggiungendo una produzione annua di 50.000 bottiglie proveniente da vigne di 15/20 anni, che poggiano su terreni argillosi con scheletro.