Gli orizzonti del Rossese
Capace di emozionare e divertire con le sue serate che mescolano storia dell’arte, cenni letterari ed una grande conoscenza del territorio, Armando Castagno ci svela il fascino del Rossese di Dolceacqua
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Un antico vitigno, il Rossese, per troppo tempo accantonato dalla critica che sta riemergendo come solido riferimento qualitativo per il vino ligure.
Siamo in provincia di Imperia, in un fazzoletto di terra racchiuso tra due strette valli parallele (la Val Nervia, dove troviamo il Comune di Dolceacqua, e la Val Verbone) che corrono perpendicolarmente al mare fino ad infrangersi su un costone di roccia da cui partono le Alpi Marittime. Ai lati, solo la stretta strada che costeggia il Mar Ligure da Genova a Ventimiglia.
"Adesso andava su fasce d'argilla marnosa con ulivi grandi agitati da una brezza ch'era come un vento. Tra quegli ulivi aveva la sua casa e più in là, protette dagli ulivi e dalle rocce, le colture floreali. […]
Le colline erano scure, e scure anche le montagne contro il cielo stellato. Solo la Cimòn Aurive aveva i crinali verso il mare toccati da barlumi. S'alzò presto. Ma trovò la terra indurita dal freddo e preferì il sole prima di mettersi a innaffiare. Con l'acqua quella terra dura avrebbe morso le radici…" (Francesco Biamonti, “Vento Largo”).
Pur in tali condizioni sfavorevoli, nell’ultimo decennio è stato profuso un grande impegno da parte delle nuove generazioni di viticoltori di questa zona, i cui frutti sono ampiamente riscontrabili nella qualità dei vini degustati durante la serata:
Rossese di Dolceacqua DOC - Beragna 2013 - Kà Manciné
Vigna di circa 1 ha esposta a nord, collocata nel Comune di Soldano e condotta in monopolio dall’azienda, che racchiude ceppi risalenti al 1876, reimpiantati su piede americano immediatamente dopo il dilagare della fillossera. Di un rubino trasparente e luminoso, al naso si esprime inizialmente su note balsamiche (menta, eucalipto, resina di pino), per poi liberare gradualmente un intenso bouquet di fiori blu-violacei (glicine, iris, peonia, violetta). In bocca entra lieve, con un’acidità leggera e piacevole; elegantissimo il retro-olfatto di fiori su allungo finale di ribes e fragoline selvatiche.
Rossese di Dolceacqua Superiore DOC - Curli 2013 - Maccario-Dringenberg
Vigna storica di soli 0,35 ha situata nel Comune di Perinaldo, definita da Veronelli come la “Romanée” d’Italia. Abbandonata da oltre 25 anni, dopo la morte di Emilio Croesi, storico ed istrionico produttore di Rossese. Il vino che assaggiamo è l'anteprima di un campione appena imbottigliato dopo 8 mesi di acciaio, che costituisce la prima storica vendemmia (700 bottiglie) dopo il recupero effettuato dalla famiglia Maccario. Rubino intenso, già al naso rivela un fruttato polposo e concentrato (lamponi), fiori blu (iris, glicine), un tocco fresco di salvia ed una spolverata di zucchero a velo. L’assaggio si rivela fresco, di grande equilibrio (degno di un vero grande Borgogna!) con un tannino ancora leggermente ruvido. Finale lunghissimo su note di liquirizia dolce. Di grande potenziale, sarà interessante riassaggiarlo fra 6-9 mesi in bottiglia.
Rossese di Dolceacqua Superiore DOC 2012 – Luigi Caldi
Blend ottenuto da ceppi centenari nelle vigne Arcagna (calcare bianco) e Morghe. Rubino trasparente e luminoso, con naso profondo di rosa rossa e mandarino, punteggiato qua e là di pepe bianco e sale iodato. In bocca libera un piacevole aroma di caramella al lampone, caldo ma scorrevole. Straordinaria pulizia ed equilibrio, si destreggia tra alcool e freschezza. 10 mesi in acciaio.
Rossese di Dolceacqua DOC - Testalonga 2012 – Antonio Perrino
Da uve non diraspate, raccolte da ceppi di 70 anni situati nella vigna Arcagna e fermentate in legno. Rubino trasparente, al naso inizia con lamponi freschi, fragoline di bosco e rosa canina, per poi virare su note balsamiche e mentolate, infine minerali e polverose, di gesso e talco. In bocca è estremamente equilibrato, pieno e voluminoso; si assesta - lunghissimo - su una scia fresca e succosa di melograno appena sgranato.
Rossese di Dolceacqua Superiore DOC – Du Nemu – Luca Dall’Orto.
Da una parcella della vigna Arcagna, esposta ad est. Rubino fitto ma luminoso, con naso complesso: superata un’iniziale nota affumicata, roteandolo nel bicchiere si susseguono note variegate di arancia rossa, pepe nero, iris, sale iodato, timo, mentuccia. Il sorso è potente e rotondo, ma denota ancora una fase giovanile dove acidità e struttura - ben presenti - devono ancora amalgamarsi.
Rossese di Dolceacqua DOC – Numero Uno 2012 – Az. Faroi
Blend dalle vigne Tramontina (in prevalenza), Migliarina e Trinceira, maturato un anno in tonneaux esausti. Rosso rubino vivo, di media trasparenza. Impronta iniziale di rosolio, con alcool sugli scudi, poi evolve su gelatina di lamponi ed una nota piccante di curry, coriandolo e senape. Il sorso è caldo e generoso, ma di buon equilibrio, con ritorno finale di confetto.
Rossese di Dolceacqua Superiore DOC – Poggio Pini 2012 –Tenuta Anfosso
Dall’omonima vigna “Pini”, che vanta reimpianti post fillossera risalenti al 1888. Rubino luminoso, offre un naso profondo e scuro, di mora e mirtillo. In bocca entra caldo e potente, con tannino vibrante che arretra lentamente, scoprendo una lunga nota finale piacevolmente zuccherina, ben sorretta dall’acidità che ne garantisce la giusta pulizia. Solo acciaio e lunga sosta in bottiglia.
Rossese di Dolceacqua DOC – Bricco Arcagna 2012 –Terre Bianche
Un altro “purosangue” da una delle vigne più celebri, caratterizzata da terreni calcarei esposti ad est con età media dei ceppi intorno ai 50 anni. Rubino vivo, denota un naso elegantissimo, complesso ma delicato, su un bouquet di rosa canina, peonia, iris, glicine; ossigenandosi rimanda poi a tocchi di cardamomo, cannella e menta su un fondo di ciliegia croccante e mela renetta. In bocca è completo: pieno, vellutato e privo di qualsiasi asperità; lungo finale di fiori e frutti rossi, con note di rosa in infusione e karkadè.
A fine serata, forse anche per la suggestiva degustazione condotta da Armando, i profumi nei bicchieri riportano ad un’eleganza di stampo borgognone, ma con un carattere proprio e ben delineato. Un risultato che premia gli sforzi dei produttori che hanno avuto l’orgoglio ed il coraggio di non tradire la propria terra, riportando alla luce un vitigno che simboleggia a pieno titolo l’enorme patrimonio enologico di cui le nostre regioni sono dotate.
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