I doni di Nettuno
Racconti dalle delegazioni
06 maggio 2025

C’è un filo invisibile che attraversa mari, porti e cucine del mondo, intrecciando secoli di saperi, scambi e passioni. In AIS Monza e Brianza, raccontando la storia millenaria del pesce conservato, Gabriele Merlo ci invita a seguirlo in un viaggio nel tempo e nel gusto, che spazia dalle tecniche antiche fino alla moderna frollatura del pesce, resa celebre dallo chef australiano Josh Nyland.
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Pesce conservato: un viaggio millenario
Conservare il pesce è un’esigenza che accompagna l’umanità fin dalle sue origini. Già 7000 anni fa, nei deserti della Mesopotamia, lungo le rive del Nilo e sulle coste del Mediterraneo, si sviluppavano tecniche per preservare questa preziosa fonte di proteine. In Egitto e in Sudan, reperti archeologici documentano l’uso del sale per conservare carne e pesce, mentre in Mesopotamia si praticavano l’essiccazione e la conservazione in olio di sesamo. Non fu solo il Medio Oriente a innovare in questo campo: gli ebrei, utilizzando il sale del Mar Morto, e successivamente i cristiani, legarono il pesce anche a significati simbolici e religiosi. A differenza dei crostacei, il pesce si prestava più facilmente alla conservazione, e molte antiche norme alimentari riflettevano esigenze di igiene e sicurezza, particolarmente rilevanti nei climi caldi.
Furono i fenici, abili navigatori e commercianti, a diffondere nel Mediterraneo prodotti come la bottarga e il musciame. I romani perfezionarono ulteriormente le tecniche conserviere e crearono il garum, celebre salsa fermentata a base di pesce salato, considerata l’antenata della moderna colatura di alici.
Nel Nord Europa, le condizioni climatiche favorirono invece l’essiccazione e l’affumicatura: vichinghi e popolazioni nordiche conservavano merluzzi, aringhe e platessa, assicurandosi riserve alimentari per le lunghe esplorazioni.
In Asia, il sale e la fermentazione divennero pilastri della cultura alimentare di Cina, Giappone, Corea e Filippine.
Anche nelle Americhe, ben prima dell’arrivo degli europei, si praticava l’affumicatura del pesce. Con le esplorazioni del Cinquecento e la conseguente necessità di avere alimenti adatti ai lunghi viaggi oceanici, nacquero le prime grandi industrie di conserve ittiche su scala globale.
Oggi l’utilizzo di prodotti ittici ha raggiunto dimensioni imponenti: secondo i dati FAO 2022, ogni anno si consumano circa 90 milioni di tonnellate di pesce proveniente da pesca marina e da acque dolci (di cui il 64% pescato in modo sostenibile) e 87,5 milioni di tonnellate da acquacoltura. In totale, 157 milioni di tonnellate sono destinate all’alimentazione umana. In Italia, il consumo pro capite si attesta intorno ai 31 kg di pesce all’anno.
Le tecniche tradizionali di conservazione del pesce nel mondo
Il pesce conservato è un racconto di ingegno, clima e cultura: una storia che si legge col naso… e si gusta con coraggio. Dalle risaie della Cina alle coste norvegesi, il pesce ha sempre sfamato popoli e ispirato tradizioni. Ma come conservarlo? Quattro le tecniche principali: salatura, essiccazione, affumicatura e fermentazione.
Salatura: pratica antichissima, usata in Cina per ottenere il pesce dei poveri, intensamente salato e lievemente fermentato. In Italia la ritroviamo, ancora oggi, nei missoltini del lago di Como o nella colatura di alici di Cetara, vera essenza marina in gocce, ma anche nel baccalà e nelle acciughe salate.
Essiccazione: è una delle tecniche più antiche per conservare il pesce. In questo processo, sole e vento diventano preziosi alleati, favorendo la disidratazione naturale dei prodotti ittici. Dallo stoccafisso norvegese al daing filippino, fino ai bokkoms sudafricani, in ogni parte del mondo il pesce viene essiccato adattandosi ai diversi climi e tradizioni. Anche il tonno, attraverso l’essiccazione, si trasforma in prelibatezze come la mojama spagnola e il musciame siciliano.
Affumicatura: il nord Europa la predilige. Questa tecnica consente di sigillare la superficie degli alimenti grazie al fumo, prolungandone la durata e arricchendone il sapore.
Si distingue tra affumicatura a caldo — con cottura a temperature tra i 70 °C e gli 80 °C — e affumicatura a freddo, effettuata a temperature più basse (20 °C –30 °C) all’interno di appositi affumicatoi.
Tra i protagonisti di questa tradizione spiccano salmone, aringa e sgombro, ma anche specialità come l’anguilla affumicata delle Valli di Comacchio e la carpa affumicata del Danubio, che vantano radici antichissime.
Fermentazione: una tecnica antichissima, utilizzata da oltre 9000 anni, che rappresenta una vera e propria arte estrema. Essa produce acidi come il lattico, che abbassa il pH del muscolo sotto al 4,5, e i batteri non riescono più a moltiplicarsi. Spesso l’odore è putrido, ammoniacale e pungente. In Islanda, l’hákarl - squalo fermentato in buche con della ghiaia, con un caratteristico aroma ammoniacale - è leggendario quanto il surströmming svedese, aringhe fermentate in barattolo dal sapore intenso. In Egitto, il fesikh è un piatto tradizionale di cefalo del Nilo in parte salato e fermentato. In Asia, il mondo delle salse fermentate esplode in una varietà straordinaria: dal bagoong filippino al kusaya giapponese (sgombro). Non meno iconico è il katzuboshi, parte dorsale del tonnetto giapponese salato, affumicato e fermentato, un vero concentrato di umami che ha segnato profondamente la storia della cucina nipponica.
Conservazione in latta: ingegnosa soluzione per rifornire gli eserciti napoleonici, anche la conservazione in latta è diventata nel tempo una tecnica imprescindibile. Oggi, racchiude e preserva prodotti come acciughe, sardine, sgombri, tonno e salmone, mantenendone intatte qualità e sapore. Fondamentale per garantire la sicurezza alimentare è il processo di pastorizzazione, che consente di prolungare nel tempo la vita di questi alimenti senza comprometterne le proprietà.
Nota sugli abbinamenti con conserve e prodotti del mare
Conserve, affumicature, salinità, tendenza amarognola, acidità e umami richiedono vini strutturati, morbidi, rotondi, capaci di tenere testa all’intensità gustativa. I vini devono avere:
- morbidezza per bilanciare la sapidità
- freschezza per pulire
- lunghezza aromatica per non essere sovrastati
- corpo per sostenere l’abbinamento
La degustazione
Nel piatto
Baccalà mantecato: emulsione cremosa tipica della cucina veneziana. Chiamato “baccalà Montebianco” da Pellegrino Artusi nel suo celebre ricettario del 1891, è preparato con stoccafisso tørrfisk fra Lofoten IGP, olio di girasole, latte, sale e pepe, dall’azienda Saordelmar di Mauro Salvato. Il merluzzo nordico (Gadus morhua) ha nutrito milioni di persone grazie a due storici metodi di conservazione: l’essiccazione all’aria fredda, che dà origine allo stoccafisso, e la salatura, da cui nasce il baccalà.
Acciughe del Mar Cantabrico: pescate nel golfo di Biscaglia con metodi sostenibili e lavorate artigianalmente a Santoña, storica capitale delle acciughe spagnole. Dopo la maturazione in sale, riposano per 12 mesi in olio d’oliva. La tradizione, nata nel 1884 in Sicilia grazie all’italiano Chiafredo Nasari, è arrivata in Cantabria nel 1965 ma è stata rilanciata nel 2018 grazie alla Horizont Family Company.
Salmone affumicato (Isole Orcadi): allevato in acque fredde e incontaminate senza mangimi industriali né antibiotici, ha polpa chiara, compatta ed elegante, con la giusta grassezza e sapidità marina. Il salmone in assaggio viene affumicato in Valtellina da COAM - Scandia, storica azienda di Morbegno fondata nel 1964 da Ciano Cosmero, pioniera nell’affumicatura del salmone selvaggio in Italia.
Filetti di aringa affumicata: pescati con tecniche sostenibili certificate MSC (Marine Stewardship Council). Dopo 21 giorni di salagione in salamoia, vengono affumicati lentamente a legna nei forni storici di Maison Davin a Boulogne-sur-Mer, in Francia. Fondata nel 1922, oggi l’azienda continua a garantire qualità artigianale con il marchio La Berouge.
Musciame di tonno rosso: specialità della tradizione marinara siciliana, questo prodotto è lavorato a Marzamemi, antico borgo marinaro della Sicilia sud-orientale. Il filetto dorsale del tonno viene salato, pepato ed essiccato in ambienti ventilati. A produrlo è Adelfio, storica azienda artigiana fondata negli anni ’70, oggi famosa per la qualità delle sue conserve di tonno.
Bottarga di muggine di Cabras si produce nella Penisola del Sinis, in provincia di Oristano. Si ottiene dalle uova del cefalo ruggine pescato in acque salmastre che vengono lavate, messe sotto sale per 4-5 ore, rilavate, pressate ed essiccate per 8-10 giorni in ambienti ventilati. Il sapore è delicato, con una dolcezza tipica del pesce di queste acque. L’azienda Gusti Pregiati, fondata nel 2004 da Pino Spanu, porta avanti questa tradizione con prodotti di alta qualità.
Olio extravergine abruzzese di cultivar Dritta (Valentini) e burro irlandese di grande struttura completano la proposta, insieme a pane rustico per accompagnamenti e prove di abbinamento.
Nel bicchiere
Champagne L’Ascendant Grand Cru Brut Nature s.a. – Mouzon Leroux
60% pinot nero, 40% chardonnay. Metodo solera. Da vigne classificate Gran Cru 100% nel villaggio di Verzy (Montagne de Reims); vinificazione in legno con lieviti indigeni, 50% vino dell'ultima annata e 50% Solera avviata nel 2014; 40 mesi sui lieviti, 6 mesi in bottiglia post-sboccatura. L’azienda a conduzione familiare dal 1776, oggi è guidata da Sébastien Mouzon e si stende su 8,5 ettari coltivati in biodinamica certificata dal 2008.
Il colore è quello dell’oro ramato. Il naso è molto intrigante, intenso, ma si apre con una leggera punta di ossidazione che lascia poi il passo a una mela renetta molto matura, mallo di noce e frutta secca. Al palato ha una bella sapidità e freschezza, Gabriele lo definisce «burroso». Ha una bella persistenza e anche in bocca restano le note ossidative.
- Con il baccalà mantecato: lo champagne è perfetto, soprattutto se servito con un pezzetto di pane rustico; sgrassa, pulisce, ma anche accompagna, valorizzando la cremosità del baccalà e le sue note marine.
- Con l’acciuga del Cantabrico: nasce la «combo 2.0», vale a dire un pezzettino di pane, un velo di burro irlandese e l’acciuga. Il burro e il pane bilanciano la sapidità dell’acciuga ed esaltano la parte cremosa e ossidativa dello champagne. L’abbinamento si prolunga all’infinito. Persistente, elegante, avvolgente.
- Con il salmone delle Orcadi: l’ossidazione dello champagne richiama le note affumicate e «tamarindate» del pesce. L’abbinamento resta più interessante che perfetto: il rischio è che emergano leggere note amarognole. Il pane e il burro, anche qui, aiutano a bilanciare e armonizzare.
- Con il musciame di tonno o la bottarga: lo champagne regge bene, ma va scelto con attenzione. No a uno champagne giovane, secco e tagliente che rischia di esaltare l’amaro o dare sensazioni metalliche spiacevoli. Sì a rotondità, morbidezza, struttura. Per questo è stato scelto un metodo solera: affinamento lungo, ossidazione controllata, profondità gustativa. Si potrebbe provare anche uno champagne dosato, un brut più rotondo o un blend con pinot noir o meunier, che donano ampiezza e calore. «Uno chardonnay in purezza risulterebbe troppo affilato», conclude Gabriele.
Lugana DOC Riserva Vigne di Catullo 2016 – Tenuta Roveglia
100% turbiana. Maturazione in acciaio per 24 mesi e successivo affinamento di 6 mesi in bottiglia. Vigne con più di 55 anni su suolo argilloso-calcareo. Il formato da 1,5 litri della bottiglia in assaggio regala un’evoluzione più lenta e raffinata ed esalta complessità ed equilibrio, mantenendo eleganza.
Giallo dorato intenso, brillante. Al naso si apre su note di frutta gialla matura (pesca, albicocca, melone, mango) e poi sfocia in sentori più evoluti di miele, mandorla, camomilla e fieno. Avvolgente e strutturato, ha una freschezza ancora molto viva. La trama salina è evidente e la persistenza è lunghissima su toni di mandorla amara e pietra.
- Con il baccalà mantecato: questo Lugana è ideale per le conserve di pesce. Ha rotondità, equilibrio, una morbidezza perfetta per contrastare la sapidità e l’affumicatura. Con il baccalà mantecato crea un abbinamento più avvolgente rispetto allo champagne.
- Con l’acciuga del Cantabrico: con questo vino l’acciuga è perfetta anche gustata senza il pane, perché la morbidezza del vino arrotonda la sapidità del pesce. Se si aggiungono burro e pane, il tutto si amplifica.
- Con il salmone delle Orcadi: sorpresa! Pane, burro e salmone si sposano magnificamente con le note citrine, minerali e morbide del vino. Una bocca piena, lunga, un tocco quasi floreale e mielato. Anche un accenno di acacia, per i palati più attenti.
Montilla-Moriles DO Poley Palo Cortado 25 años – Toro Albalá
100% Pedro Ximénez. Vigneti tra i 125 e i 600 m s.l.m. su terreni bianchi a Sierra de Montilla e Moriles Altos, a Cordoba. Fermentazione in acciaio, affinamento in botti con formazione di flor, dopo 2-3 anni morte della flor e maturazione ossidativa. Aggiunta di alcol ottenuto dalle proprie vinacce e invecchiamento minimo 25 anni. Palo Cortado è uno stile rarissimo e affascinante, a metà tra l’eleganza di un amontillado e la rotondità di un oloroso. Il produttore Toro Albalá, simbolo della zona, crea vini che meritano un posto d’onore tra i grandi del mondo. Annate che coprono 200 vendemmie e 8000 botti con il vino in affinamento.
Colore ambrato intenso, brillante, con riflessi ramati. Al naso è noce pura, curcuma, sale, frutta secca, liquirizia, arancia candita. In bocca, si apre secco, dritto, salino. Il finale, però, è quasi dolce, grazie alla persistenza del Pedro Ximénez, che regala note di dattero, agrumi e mandorla. Un vino complesso, con una pulizia sapida e una lunga salivazione che prepara ai prossimi assaggi.
- Con l’acciuga del Cantabrico: la regina delle conserve iberiche è resa ancora più morbida dal Pedro Ximénez che le conferisce note burrose e agrumate, quasi di limone candito. L’effetto è straordinario. Il vino prolunga e amplifica il sapore dell’acciuga, senza coprirlo. La struttura importante del vino abbraccia quella dell’acciuga, creando un’armonia persistente.
- Con l’aringa affumicata: il Palo Cortado, con la sua morbidezza e struttura, spegne le note amare più marcate dell’aringa affumicata, arrotonda il gusto e accompagna con delicatezza la forza del pesce. L’abbinamento è piacevole, anche se meno perfetto rispetto all’acciuga. Aggiungendo pane e burro, quest’ultimo smorza l’affumicato e l’amaro, il pane dà corpo e il vino richiama le note di noce, regalando l’impressione di assaggiare un pane alle noci con burro al pesce. Raffinato, elegante, equilibrato.
- Con musciame di tonno: assaggiato da solo il musciame è un’esplosione di sale, sapore. Il Palo Cortado lo esalta, lo accompagna e lo ammorbidisce. Se lo si intinge nell’olio, il risultato diventa ancora più interessante: l’olio aggiunge untuosità, il vino la riassorbe, lasciando in bocca una persistenza che sa di mare, nocciola e sole. È un abbinamento che evolve, sorprende e invita a giocare con le consistenze.
- Con bottarga di Cabras: un’unione elegante, raffinata, sapida ma mai pungente. Con questo assaggio si comprende perché la bottarga in Sardegna si abbini alla Vernaccia di Oristano o alla Malvasia di Bosa, vini ossidativi, con struttura, complessità e morbidezza. L’abbinamento è coerente, espressivo.
Birra trappista Chimay 150 Strong Blonde Ale
Tipologia: Belgian Golden Strong Ale. Luppoli utilizzati: Saaz e Hallertau Mittelfruh con l’aggiunta di una spezia segreta. IBU (International Bitterness Units): 27. Titolo alcolometrico volumico: 10%.
Una birra dal grande equilibrio. Un naso tropicale (ananas, mango), note lattiche e caramellate. Al palato è morbida ma ben strutturata, potente e seducente. Proprio questa duplice anima l’ha resa perfetta per gli abbinamenti scelti.
- Con il salmone delle Orcadi: sposalizio indovinato. La dolcezza della birra esalta la parte grassa e morbida del pesce, mentre smorza la componente sapida e affumicata. Il risultato è un equilibrio elegante.
- Con il baccalà mantecato: all’inizio interessante, poi prevale l’amaro della birra. L’equilibrio si perde, non è un abbinamento riuscito.
- Con l’aringa affumicata: un classico nordico. La birra mitiga l’amaro e l’affumicato, aggiungendo una rotondità quasi tropicale. Se accompagnata con pane, burro e magari una marmellata agrodolce, diventa un’esperienza completa.
- Con la bottarga di Cabras: abbinamento difficile, ma sorprendentemente gradevole. La birra accompagna bene l’inizio, senza soccombere all’intensità della bottarga. Un confronto audace, ma interessante.
Sake Koshu Zuishou – Kenbishi
Varietà di riso Yamadanishiki coltivato nella prefettura di Hyoho, acqua della fonte Miyamizu. Residuo di sbiancatura (seimaibuai) variabile a seconda dell’annata del sake. Fermentazione naturale con lieviti indigeni, blend di vecchi sake di minimo 5 anni, anche fino a 15 anni. Titolo alcolometrico volumico 18%.
Questo koshu, ovvero “sake invecchiato” è prodotto dalla Kenbishi, la più antica sakagura (cantina) del Giappone.
Alla vista ricorda un whisky per colore e densità. Al naso regala note umami profondissime: colatura di alici, funghi secchi, cioccolato bianco, tabacco, nocciola. In bocca è vellutato, quasi privo di acidità, dominato dall’umami.
- Con l’acciuga del Cantabrico: l’umami del sake amplifica quello dell’acciuga, ne smorza il sale e ne esalta la struttura.
- Con il salmone affumicato: il sake trasforma il salmone in un vero brodo di umami, amplificando il sapore con una dolcezza avvolgente. Straordinario.
- Con l’aringa: il sake addolcisce le note amare, creando un abbinamento pieno e piacevole. Affumicato su affumicato, ma l’umami vince.
- Con il musciame di tonno: il sake si fonde con le note ferrose e marine del tonno, regalando sensazioni quasi di cioccolato fondente. Altro abbinamento riuscito.
- Con la bottarga di Cabras: il sake “scioglie” il sale in umami, creando in bocca sensazioni quasi casearie, che ricordano formaggi stagionati come il Parmigiano o il Comté. Abbinamento da sogno.
Islay Single Malt Scotch Whisky 12 anni – Caol Ila
Malto essiccato con torba, fermentazione in washbacks (8 in legno e 2 in acciaio), distillazione in 6 alambicchi (2 per la prima distillazione e 4 per la seconda). Maturazione per 12 mesi in botti di rovere americano ed europeo che contenevano bourbon e sherry.Titolo alcolometrico volumico: 43%.
La distilleria Caol Ila si trova sull’isola di Islay, vicino a Port Askaig, fondata nel 1846 da Hector Henderson. Produce whisky torbati, ma sempre con una nota di eleganza e freschezza. Oggi è parte del gruppo Diageo.
Il colore è giallo dorato, con una leggera aggiunta di caramello per uniformare la tonalità. Al naso ha il classico profilo torbato di Islay: fumo presente ma elegante, non invadente. Emergono note agrumate molto fresche (limone su tutti), affiancate da sentori marini, alga e torba. In bocca domina la torba, accompagnata da una vena di catrame dolce e leggere sfumature medicinali, sempre sostenute dalla freschezza agrumata che lo rende ideale per abbinamenti sofisticati.
- Con il salmone affumicato: il whisky, con la sua torba e i suoi agrumi, esalta il cuore umami del salmone, trasformandolo quasi in un brodo marino profondo e avvolgente. L’affumicatura del pesce si integra perfettamente con il fumo del whisky senza sovrapporsi, mentre la nota agrumata pulisce e rinfresca il palato. Straordinario.
- Con il musciame di tonno: il whisky esalta il sapore “affumicato naturale” del tonno stagionato. L’abbinamento migliora ulteriormente aggiungendo qualche goccia di olio extravergine: l’olio apporta morbidezza e amalgama le note agrumate del whisky con la sapidità intensa del musciame. Ottimo.
- Con la bottarga di Cabras: il whisky accentua la sapidità della bottarga, rendendo l’assaggio più potente e deciso. L’abbinamento è molto interessante per chi ama i gusti intensi. Un incontro complesso.
«Ci dev’essere qualcosa di stranamente sacro nel sale. Lo ritroviamo nelle nostre lacrime e nel mare».
Khalil Gibran Sabbia e schiuma
Con una citazione di Gibran si chiude una serata indimenticabile, un viaggio attraverso mondi, culture, visioni diverse dell’abbinamento: vino, birra, sakè, whisky. Più che una semplice degustazione, un vero e proprio master. Perché l’abbinamento perfetto non è solo tecnica: è scoperta, emozione, dialogo tra sapori.