I fortificati. L’eterna complessità di vini geniali

Gli appassionati di vini passiti formano ormai una confraternita. Spesso i volti alle degustazioni sono ben noti e così anche i sorrisi soddisfatti di chi è alle prese con un Porto, un Madeira, un Marsala, uno Sherry di eccellenza.

Ilaria Ranucci

Bello incontrarne più di uno a Enozioni, in una degustazione in cui sono stati presentati sei vini importanti, cinque Porto e un Madeira, sotto la guida di un degustatore di grande sensibilità come Samuel Cogliati.

E come ogni confraternita che si rispetti non potevamo che cominciare con il nostro mantra, la nota dolente, la prima cosa che si dice quando si parla di fortificati. E cioè che sono una categoria commercialmente poco fortunata, almeno in tempi recenti. Motivo di tristezza, anche pensando alle passate glorie, per vini che nei secoli hanno scritto la storia e conosciuto le principali corti.

Le abitudini alimentari sono mutate. Molto meno esercizio e molta più attenzione alla dieta. Pasti più rapidi e meno conviviali. E i vini liquorosi, nell’immaginario collettivo, sono vini da fine pasto, da abbinare a formaggi erborinati, a dolci. La realtà dei vini fortificati è però ben più vasta e si presterebbe a giocare molto con gli abbinamenti, cosa che avviene in altri paesi europei, tipo Francia e Spagna, ma non molto in Italia. E comunque è importante ricordarsi che è una categoria molto variegata, di cui esistono anche versioni più leggere e immediate, che si prestano anche a un aperitivo.

Nella degustazione di Enozioni abbiamo invece incontrato dei veri e propri vini da meditazione: sei referenze con molta complessità e grande persistenza gustativa.

La tappa a Madeira ci ha presentato un Madeira Sercial 10 anni di Barbeito. Il sercial, tra i vitigni più importanti del Madeira, è il più fresco, quello che ti colpisce per la verticalità dell’assaggio. Ci ha accolto con le caratteristiche note ossidative, di frutta secca, ma anche con la presenza di frutta, il bergamotto, e spezie.

A Porto abbiamo spaziato tra stile ruby e tawny. Lo stile tawny prevede lungo affinamento in legno, con un importante apporto di ossigeno. Ne escono vini di grande articolazione, ampi all’olfatto. A Porto, a parte i vini invecchiati della categoria dei colheita, che sono tawny con indicazione di annata, i tawny di maggiore impatto hanno evoluzione che si misura in decenni e sono i tawny 10, 20, 30 e 40 anni, dove il decennio si riferisce all’età media dei vini nell’assemblaggio.

Abbiamo avuto il piacere di confrontare due tawny 20 anni, rispettivamente di Taylor’s e Fonseca. Una tipologia molto interessante perché, nelle migliori espressioni, presenta ancora sentori di frutta e di gioventù, pur già evidenziando, ben riconoscibili, le note ossidative tipiche dello stile produttivo. E i due vini in degustazione hanno confermato la loro classe, conservando freschezza ed energia, anche se le note primarie, ben presenti, sono accompagnate chiaramente da quelle secondarie e terziarie. Ma con delle differenze: più largo e avvolgente il vino di Fonseca, preciso ed elegante quello di Taylor’s. In ogni caso, due vini con note ossidative che è impensabile definire ossidati, almeno nell’accezione negativa associata comunemente al termine.

Lo stile ruby si riferisce a quello di vini imbottigliati dopo brevi passaggi in legno, a botte colma, che esprimono, prima di tutto, la pienezza e l’integrità del frutto, piacevolmente accentuata dalla componente alcolica. Anche se in termini di volume la produzione prevalente è di prodotti senza indicazione di annata e quindi di pronta beva, le eccellenze sono prevalentemente vini con indicazione di annata. Al vertice, le annate dichiarate come vintage, solo quelle eccezionali, e che storicamente sono mediamente tre ogni decennio, talvolta meno. Ma le annate non dichiarate come vintage presentano comunque prodotti molto interessanti, come i vini da single quinta. In pratica, mentre i Porto vintage sono di solito assemblaggi di uve da diverse proprietà, i single quinta sono porto ruby, con indicazione di annata in etichetta, prodotti con le uve di una sola proprietà: una quinta. Abbiamo avuto il piacere di assaggiare il Quinta de Vargellas 2005 di Taylor’s. Rosso intenso, vibrante di frutta, quasi fisico. 

Interessante il confronto con il vino successivo, sempre di Fonseca, sempre uno stile ruby con indicazione di annata, ma trattandosi di annata eccellente e quindi dichiarata, classificato un vintage. L’annata in questione è il 1994. 25 anni e non sentirli, per un vino super premiato e super ricercato, il Fonseca vintage 1994. Ci ha conquistato soprattutto per la sua combinazione di potenza e intensità - che condivide con il vino precedente -, e di complessità, la caratteristica distintiva di un vintage di razza. Tante note al naso e all’assaggio, da quelle fruttate a quelle speziate, tabacco, cioccolato e molto altro, risultato della lunga evoluzione.

Per finire, la chicca di un porto di oltre 50 anni: il Taylor’s Single Harvest 1964. Il vino perfetto per terminare la degustazione, con la speranza che, se nel mondo dei fortificati si producono vini così, forse non tutto è perduto e tornerà, prima o poi, il loro momento di gloria.