I Re del Piemonte: la nobiltà sabauda si racconta in un calice
Racconti dalle delegazioni
19 maggio 2025

Otto vini, otto storie. Otto calici capaci di trasformarsi in voce narrante, in un dialogo intimo tra arte e filosofia, tra la terra e l’idea. La serata, ideata e condotta da Altai Garin, ha raccontato la nobiltà sabauda attraverso i suoi grandi vini. Non solo una degustazione, ma un viaggio corale nella memoria e nell’identità culturale di una regione che ha fatto del vino un linguaggio universale.
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A guidare la serata, con la consueta eleganza e una narrazione capace di fondere rigore e ispirazione, è stato Altai Garin, sommelier e relatore AIS, che ci ha condotto in un’esperienza dove ogni sorso si intrecciava con un racconto. Otto espressioni enologiche piemontesi hanno trovato la propria eco in altrettante opere d’arte e filosofiche, in un dialogo che ha mostrato quanto il vino possa essere molto più di una semplice esperienza sensoriale, ma uno strumento per interpretare il mondo.
Il vino come linguaggio del tempo e della cultura
Il Piemonte del vino non è solo territorio: è tradizione, innovazione, visione. È l’epopea di uomini e donne che hanno scritto pagine fondamentali della storia enoica italiana. Gancia, Massa, Olivetti, Bellotti, Kunzli, Bologna, Altare e Mascarello sono stati celebrati non come semplici produttori ma come figure nobili di un regno fatto di vigna e pensiero. La serata ha reso loro omaggio attraverso un percorso di analogie e suggestioni, in un gioco raffinato di rimandi a filosofie, movimenti artistici e opere di valore universale.
L’intento – ambizioso ma pienamente riuscito – è stato quello di dimostrare come il vino possa essere un linguaggio che parla di ogni tema: della memoria di un territorio, delle idee che ne hanno plasmato l’anima, della cultura che ne ha accompagnato il cammino. Altai ha avuto la capacità di tradurre il sapere enologico in un racconto culturale, dando alla narrazione un taglio originale in cui il vino è diventato viva espressione di un pensiero. La sua guida ci ha accompagnato lungo un itinerario fatto di storie e suggestioni, dove la degustazione è diventata un pretesto per interrogarsi su concetti universali come il tempo, l’identità e la memoria.
L’iniziativa si è distinta per la capacità di unire il rigore della degustazione alla profondità della riflessione culturale. Ogni vino e ogni produttore hanno rappresentato un tassello di un mosaico che ritrae il Piemonte nella sua dimensione più autentica e nobile, una regione che è stata la culla di rivoluzioni enologiche, artistiche e filosofiche, e che continua a essere un faro per l’Italia e per il mondo. Il vino, come un quadro o una poesia, può essere portatore di un messaggio, capace di evocare storie e significati che parlano al cuore e alla mente.
Carlo Gancia – L’origine di un sogno effervescente
Fu Carlo Gancia, a metà Ottocento, a dare forma al primo Metodo Classico italiano, portando in Piemonte le tecniche champenoise apprese in Francia. Gancia ha trasformato una tradizione contadina in arte spumantistica grazie alla visione di chi ha saputo intuire che l’identità di un territorio poteva raggiungere, spumeggiando, le corti d’Europa.
L’Asti DOCG Metodo Classico Dolce 24 mesi, vendemmia 2012, di Gancia, da uve moscato bianco di Canelli, è un vino che racconta, sorso dopo sorso, la storia di una azienda pioniera nella spumantizzazione italiana a partire dal lontano 1850. Alla vista incanta con un perlage sottilissimo e continuo, che danza in un giallo paglierino dai riflessi dorati. Al naso è un trionfo di freschezza e intensità: apre con note fragranti di fiori bianchi per continuare con pesca matura, miele d’acacia e agrumi canditi fino a una leggera sfumatura di pasticceria che tradisce l’importante permanenza sui lieviti. Al palato è una carezza setosa in cui dolcezza e acidità si rincorrono pur mantenendosi in perfetto equilibrio. Il sorso è ricco, avvolgente, mai stucchevole, sostenuto da una vivace freschezza e da un finale elegante che richiama note di frutta esotica e mandorla tostata.
Un vino da meditazione da bere da solo, ma anche adatto ad accompagnare la pasticceria secca piemontese e, per chi ama giocare con contrasti di gusto e struttura, persino un gorgonzola dolce.
Walter Massa – Il custode del Derthona
Walter Massa è il vignaiolo che ha ridato voce al timorasso, antico vitigno dei Colli Tortonesi, che stava per scomparire. Il suo Derthona 2023 è la testimonianza di un lavoro che è, prima di tutto, resistenza culturale e amore per le radici. Massa è un pensatore rurale, un filosofo della vigna capace di vedere nel Timorasso non solo un vino, ma un linguaggio identitario: la parola che mancava al Piemonte orientale. Sorso dopo sorso, il Derthona si apre come un trattato di memoria e rinascita, un bianco che sfida il tempo e ne esce sempre vincitore.
Il Derthona, le cui uve provengono da una singola parcella, è un bianco di carattere che esprime l'essenza del territorio con una combinazione di struttura, mineralità e complessità aromatica. Alla vista si presenta con un luminoso giallo paglierino. Al naso offre un bouquet raffinato di fiori di acacia e tiglio arricchito da note agrumate che evocano freschezza. Al palato rivela una struttura piena e una marcata mineralità, con una persistenza che invita a riscoprirne continuamente le sfumature. Perfetto in abbinamento con antipasti, piatti a base di pesce e formaggi stagionati o erborinati, distinguendosi per la sua versatilità e capacità di esaltare sapori diversi.
Adriano Olivetti – L’umanesimo in un calice
Adriano Olivetti non è stato un viticoltore ma un visionario che ha trasformato l’impresa in progetto sociale e culturale, simbolo di un equilibrio raro: rigore e poesia, tecnologia e umanità. A lui Altai ha dedicato l’Erbaluce di Caluso DOCG Ramblè Vigna Cariola 2023 di Cantina della Serra perché, così come Olivetti, questo vino parla di un Piemonte capace di innovare rispettando la propria anima. La freschezza dell’Erbaluce si fa metafora di un pensiero limpido e avanguardista, capace di illuminare il lavoro dell’uomo con l’etica e la bellezza. Siamo nel cuore dell'Anfiteatro Morenico di Ivrea con un vino che incarna l'essenza del territorio canavesano ottenuto da uve erbaluce coltivate nel vigneto Cariola, un appezzamento di due ettari situato nel comune di Piverone. Gestito dai soci della cooperativa, il vigneto è stato convertito al regime biologico ed è dedicato alla sperimentazione di tecniche colturali innovative.
Alla vista, il Ramblè si presenta con un tenue giallo paglierino dai riflessi verdolini. Al naso offre un bouquet intenso e fragrante, con sentori fruttati di agrumi e delicate nuance floreali di tiglio. Al palato si distingue per la sua freschezza e croccantezza, con una persistenza che invita a un nuovo sorso. Perfetto in abbinamento con formaggi freschi arricchiti da erbe provenzali, è il compagno ideale per chi ricerca autenticità e innovazione nel calice. Un vino che racconta la storia di una comunità dedita alla valorizzazione del proprio territorio attraverso pratiche sostenibili e rispettose dell'ambiente.
Stefano Bellotti – L’anarchico della vigna
Stefano Bellotti, detto "il Barbarossa", è stato uno dei pionieri della biodinamica in Italia. Come un anarchico del gusto, Belotti ha lottato per restituire dignità alla terra, al lavoro agricolo, alla naturalità dei processi. Nel cuore delle colline del Gavi ha fondato Cascina degli Ulivi e dato vita a un vino bianco che incarna l'essenza del territorio piemontese: il Montemarino, 2010. In questo vino si ritrovano il silenzio e la profondità di chi sa ascoltare il ciclo della natura senza forzature. Un sorso che è filosofia in purezza. È ottenuto da uve cortese provenienti da un vigneto situato in cima a una delle colline più alte del Gavi accarezzato dai venti marini, terreno argilloso-calcareo e piena esposizione a sud. La vinificazione di questo vino prevede una fermentazione alcolica spontanea in botti di rovere e una macerazione sulle bucce di tre giorni. Il vino non subisce filtrazioni e non vengono aggiunti solfiti, seguendo i princìpi della biodinamica adottati dall'azienda.
Alla vista si presenta con un giallo paglierino intenso, leggermente velato. Al naso, offre un bouquet complesso con sentori di frutta matura, nocciola e caramello, arricchito da note minerali di pietra focaia. Al palato è elegante, con una marcata mineralità e sapidità, fresco e consistente, con un piacevole residuo zuccherino che regala un sorso abboccato. Il Montemarino è un vino che invita all'introspezione, affascinante e misterioso, con un potenziale di invecchiamento che può superare i 15 anni. Stefano Bellotti lo descriveva come «la misteriosa anima femminile. Affascinante, indefinibile, introvabile. Che sta ovunque e in nessuna parte».
Giacomo Bologna – Il re della Barbera
Giacomo Bologna ha riscritto il destino della Barbera, elevandola a vino di rango con il suo Bricco dell’Uccellone. In ogni calice di questa Barbera d’Asti DOCG 2021 si avverte la forza di un uomo che ha saputo vedere nobiltà dove gli altri vedevano solo rusticità. Il Bricco è esuberanza e calore ma anche precisione ed eleganza. Giacomo Bologna ha creduto nella sua terra e nel suo vitigno del cuore con l’amore e la testardaggine di chi vuole cambiare il mondo, riuscendoci perfettamente. Il suo vino è un inno alla gioia, un sorriso largo che accoglie e conquista.
Quando si parla di Barbera d’Asti, il pensiero corre immediatamente al Bricco dell'Uccellone di Braida (soprannome del padre di Giacomo), un’etichetta che, sin dagli anni Ottanta, ha rivoluzionato la percezione di un vino dal “sapore” contadino a protagonista delle grandi tavole internazionali. Prodotto con sole uve barbera dell’omonimo vigneto situato nel comune di Rocchetta Tanaro, in provincia di Asti, deve il nome "Bricco" alla parte più alta della collina, esposta a sud-ovest, dove vi sono le condizioni ideali per una maturazione ottimale. Il terreno, sabbioso e argilloso, è ricco di minerali, caratteristica che contribuisce alla finezza e alla concentrazione del vino.
Si presenta nel calice con un rubino profondo e vellutato, preludio di un naso ampio e complesso. Le note di frutti rossi maturi si intrecciano con toni speziati di vaniglia, cacao, pepe nero e una delicata sfumatura balsamica. In bocca è pieno, avvolgente, di grande struttura, ma con quella vibrante freschezza che è cifra distintiva della Barbera. Tannini morbidi e una persistenza lunghissima ne fanno un vino di straordinaria eleganza e longevità.
Affinato per 12 mesi in barrique, il Bricco dell'Uccellone è un caposaldo per chi cerca l’espressione più nobile e internazionale della Barbera, pur rimanendo fedele alla sua anima piemontese.
Christoph Künzli – Il rinascimento del Boca
Arrivato da Zurigo negli anni ’90, Christoph Künzli ha dato nuova vita al Boca, uno dei territori più antichi ma dimenticati del Piemonte. Con Le Piane ha dimostrato che il nebbiolo (qui chiamato spanna), insieme alla vespolina, può raccontare un altro volto della nobiltà piemontese: più schiva, ma autentica. Il Boca DOC 2018 in degustazione è un vino che parla di montagne, di rocce porfiriche, di resilienza e di bellezza segreta. Si apre piano ma conquista con profondità e purezza, come un’opera d’arte che svela il suo significato solo a chi sa aspettare.
Siamo nel cuore dell'Alto Piemonte, tra la Val Sesia e il Lago d'Orta, con questo vino che rappresenta l'essenza del territorio novarese ottenuto da un assemblaggio formato dall’85% di nebbiolo e dal 15% di vespolina, vitigni che trovano in queste terre vulcaniche la loro massima espressione. La vinificazione prevede la fermentazione con macerazione sulle bucce per circa 30 giorni in tini aperti di legno e acciaio, con follature manuali. L'affinamento avviene in botti grandi di rovere di Slavonia per un periodo che varia tra i 36 e i 48 mesi, seguito da un ulteriore anno in bottiglia.
Alla vista si presenta con un color rubino dai riflessi granato. Al naso offre un bouquet complesso con note di frutti di bosco maturi, melagrana, violetta, liquirizia e tabacco. In bocca, la potenza e l'eleganza si fondono armoniosamente, regalando una sensazione setosa e una lunga persistenza con un finale leggermente amarognolo. Si abbina perfettamente con piatti a base di carne rossa, selvaggina e formaggi stagionati, esaltando le caratteristiche organolettiche delle pietanze. Un vino che racconta la storia e la tradizione di un territorio unico, offrendo un'esperienza sensoriale intensa e raffinata.
Elio Altare – Il rivoluzionario gentile
Elio Altare è stato capace di reinterpretare la tradizione langarola con metodi moderni e una visione più internazionale. Il suo Barolo DOCG Arborina 2020 rappresenta un equilibrio perfetto tra struttura e finezza, potenza e grazia. Altare ha saputo mettere in pratica la propria idea di Barolo: più fruibile, più elegante, ma senza perderne l’identità. Questo vino è un atto di coraggio ma anche di grande rispetto per la terra di La Morra, di cui esprime al meglio la delicatezza e l’armonia.
Nel cuore delle Langhe, dove il nebbiolo regna sovrano, il Barolo DOCG Arborina rappresenta una delle interpretazioni più iconiche e visionarie di questo grande vino piemontese proveniente esclusivamente dal cru Arborina situato nella frazione di Annunziata, nel comune di La Morra (CN). È uno dei vigneti più celebri della zona, posto a circa 300 metri di altitudine, con esposizione sud/sud-est. Frutto di una filosofia produttiva che ha rivoluzionato il Barolo dagli anni '80 in poi, questo vino incarna finezza, energia e profondità. Vinificato in tini di legno aperti, con fermentazioni spontanee e una macerazione di circa 4-5 giorni, il vino affina per 24 mesi in barrique francesi.
Nel calice si presenta con un colore rosso granato brillante. Al naso si apre con un bouquet raffinato, dominato da piccoli frutti rossi, rosa appassita e spezie dolci, arricchito da sottili note balsamiche e tocchi di liquirizia. In bocca è setoso, con tannini finissimi e una trama elegante, sostenuta da un’acidità vivace e da una persistenza che sembra non esaurirsi mai.
Bartolo Mascarello – Il custode della tradizione
Bartolo Mascarello non è solo un produttore storico di Barolo ma anche un grande difensore di una filosofia produttiva artigiana e pura. Il suo Barolo DOCG 2020 è rimasto fedele al blend di uve provenienti da quattro vigne storiche senza cedere mai alle mode. Ogni bottiglia è un manifesto contro l’omologazione, un’opera d’arte che racconta la Langa contadina con semplicità e nobiltà d’animo. Il suo Barolo continua a parlare chiaro: onestà, coerenza e amore per la verità. Rappresenta infatti l’espressione armoniosa di un territorio che parla con una sola voce composta da più sfumature.
Nasce da un assemblaggio di uve nebbiolo provenienti da quattro storici cru situati nei comuni di Barolo e La Morra: Cannubi, San Lorenzo e Rue a Barolo e Rocche di La Morra a La Morra. Queste parcelle, vinificate e affinate insieme, conferiscono al vino un equilibrio perfetto tra potenza e grazia, struttura e finezza. La filosofia è chiara: l’identità del Barolo si esprime nella coralità dei suoi terroir. Fermentato in vasche di cemento e affinato per circa 30 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia, il Barolo di Bartolo Mascarello è un inno all’eleganza classica e alla coerenza stilistica.
Nel calice si presenta con un rosso granato luminoso. Al naso è austero ma affascinante, con sentori di rosa appassita, viola, frutti rossi maturi, accenni di erbe officinali e spezie dolci. In bocca è rigoroso, profondo e verticale, sorretto da una trama tannica finissima e da un’acidità vibrante che ne promette lunghissima vita. È un Barolo che richiede tempo e pazienza ma che regala emozioni rare a chi sa aspettare.
Si conclude così il nostro viaggio attraverso storie, territori e idee che hanno contribuito a scrivere la grande epopea del vino piemontese. Otto calici, otto protagonisti, otto racconti che si sono intrecciati in un dialogo continuo tra passato e presente, tra la concretezza della terra e l’astrazione del pensiero. In ogni sorso si è celebrata una diversa sfumatura di nobiltà: quella che si conquista con la visione, il coraggio, l’etica e la dedizione. Altai Garin, con passione e profondità, ha saputo restituire al vino il suo ruolo di ponte culturale, capace di unire arte, filosofia e identità territoriale. Non solo materia ma linguaggio universale, espressione autentica di civiltà e memoria.