I vini di Allegrini di scena con Ais Mantova

Entusiasmante serata all’Edelweiss di Castel d’Ario, alla presenza di Marilisa Allegrini, titolare dell’omonima cantina e da pochi anni di “Poggio al Tesoro” presso Bolgheri: ottimi i vini, squisito il menù, perfetti gli abbinamenti.

Maria Grazia Grazzi

La degustazione è stata guidata dal nostro delegato provinciale Luigi Bortolotti, mentre Marilisa ci ha spiegato e illustrato i suoi poderi, le sue cantine, i suoi vini.

L’azienda è storica, le prime notizie sulla famiglia, le proprietà e vini, risalgono al XVI sec.; da generazioni gli Allegrini vivono a Fumane, 18 Km a Nord-Ovest di Verona, cuore della Valpolicella Classica.

Il capostipite della nuova generazione, Giovanni Allegrini, nel secondo dopoguerra, intuì che era necessario indirizzarsi verso la qualità.

Così i 3 figli Walter, Franco e Marilisa, proseguirono la strada tracciata.

Nell’ottobre 2001, come investimento, vennero acquistati poderi verso Bolgheri, e qui comincia un nuovo capitolo nella storia della famiglia.

La Tenuta “Poggio al Tesoro” è il frutto di una partnership tra Allegrini, leader della Valpolicella e Leonardo Lo Cascio, noto imprenditore nella distribuzione di vini italiani di qualità negli Stati Uniti.

La zona vinicola toscana prescelta è a forte vocazione internazionale e l’intento è quello di offrire vini di forte identità, qualità, eleganza.

La Tenuta “Poggio al Tesoro” si trova in Toscana a Bolgheri, 45 Km circa a Sud di Livorno, a 5 Km dalla costa tirrenica. L’azienda copre una superficie di 70 ettari; questi sono stati acquistati in questi anni dagli Allegrini da vari mezzadri provenienti dalle Marche negli anni ’50, di nome Cameli. Le proprietà erano piccolissime, di pochi ettari ognuna, coltivate ad ortaggi. L’ultimo rogito si è concluso proprio nella giornata del 2 maggio 2008 e Marilisa è stata scherzosamente definita la Signora dei Cameli.

Questi terreni sono dislocati su 4 appezzamenti, 3 situati a Bolgheri e 1 nel vicino Comune di Bibbona. L’unico vitato “Il Macchiole”, si trova vicino ad Ornellaia, e qui si coltivano le viti intervallate agli olivi; le rimanenti superfici sono state vitate dalla famiglia Allegrini.

Marilisa e Walter (prematuramente mancato nel 2003) hanno giustamente creduto in questi investimenti.

Franco, il fratello enologo, vuole invece mantenere la sua identità in Valpolicella. Così Marilisa, appena rientrata dalla Toscana, ci spiega che è lei a seguire personalmente la Tenuta “Poggio al Tesoro”, svegliandosi alle 4.30 del mattino, dirigendosi a Bolgheri, per poi rientrare a Fumane di sera. I terreni di questa Tenuta sono ricchi di argilla, limo, sabbia.

La collocazione estremamente vicina al mare e la presenza di rilievi a protezione del versante Est, influenzano positivamente i parametri climatici della Tenuta.



Nel secondo anno di impianto al “Vigneto Le Sondraie”, è stato preso in considerazione anche il Vermentino. Sono stati scelti cloni provenienti dalla Corsica e piantati nei terreni sabbiosi e sciolti, col sistema a Guyot.

Con nostra grande soddisfazione apre la degustazione proprio il “SOLOSOLE VERMENTINO 2007”, Poggio al Tesoro Bolgheri: IGT, il nome è legato alla maturazione al sole; il 2007 è una grande annata e lo abbiamo personalmente constatato; il vino tende ad avere bassa acidità per la buona maturazione delle uve che sono ben esposte al sole; la produzione è di 1/ 1,3 Kg per pianta (è trattato come un rosso). La buccia dell’acino è vendemmiata quasi ambrata, colore dovuto alla maturazione, l’alcolicità è elevata, 14%. E’ 100% Vermentino, perfettamente maturato, senza passaggio in legno, per avere massima espressione del vitigno. Per conservare la giusta acidità e mantenere gli aromi, le uve, una volta raccolte, riposano una notte in frigor prima della pressatura; inoltre non si fa la fermentazione malolattica e nemmeno si ha il contatto con le bucce.

Il Vermentino degustato si presenta cristallino, giallo paglierino carico, con buona consistenza. All’olfatto è intenso, persistente, fine; è floreale (fiori bianchi e acacia); è fruttato (nespolo, papaia, banana); sono evidenti le note della mineralità; vi è il ricordo della nocciola e delle erbe officinali (salvia e macchia mediterranea) che fanno da collante al resto. Al palato è morbido, fresco, lungo ma non invasivo per l’acidità; al retrogusto si conferma la nota mediterranea, che valorizza i sapori e i profumi del territorio bolgherese. E’ elegante, piacevole ed equilibrato, il calore e la nota alcolica si rincorrono con estrema finezza.

In apertura si presenta come un ottimo aperitivo.



Il secondo vino degustato è “Sondraia 2005”, Poggio al Tesoro Bolgheri: IGT, i vitigni utilizzati sono Cabernet Sauvignon 65%, Merlot 25%, Cabernet Franc 10%; allevamento a cordone speronato. L’uva è stata raccolta a perfetta maturazione fenolica. L’annata è stata ottima come condizioni climatiche ed i risultati si apprezzano nel vino che risulta limpido, rosso rubino intenso, consistente. All’olfatto si colgono i frutti rossi maturi, evoluti (in particolare ciliegia), note terziarie come legno, sandalo, noce e profumi di macchia mediterranea, a ricordo le erbe secche di Toscana vista la vicinanza al mare. E’ secco, caldo, morbido, fresco, i tannini sono vellutati. Al retrogusto persistono noce, sottobosco e fragranze mediterranee. E’ equilibrato, avvolgente, elegante. Il taglio bordolese si incontra con il terroir bolgherese e ne costituisce espressione di grande originalità e identificazione.



Nella Valpollicella Classica sono situati tutti i poderi della famiglia Allegrini, che ha avuto grandi iniziative e intuizioni: valorizzare la qualità, la Corvina in purezza, migliorare i metodi di appassimento, introdurre tecniche innovative di ripasso.

E’ stato costruito un centro di appassimento a Fumane che riceve le uve, raccolte in cassette di plastica su un solo strato, contenenti 5 Kg circa di grappoli. Queste sono accatastate su pallet, disposti su file parallele distanziate tra loro per miglior aerazione e possibilità di controllare. Tutto questo se vi sono normali condizioni climatiche, ma se vi è stata pioggia o umidità, per evitare attacchi di muffe, sia grigia, sia nobile, negli spazi del centro vengono create camere con speciali tende all’interno delle quali sono collocati ventilatori per asciugare: le uve sono lasciate per 4 giorni, non perdono peso, ma il raspo si asciuga ed essica. Poi inizia l’appassimento che si protrae sino a gennaio e le uve devono mantenersi sane ed integre.

Invece il ripasso alla Allegrini consiste nel separare le uve su 2 diverse strade: il 70% viene vinificato subito, il 30% è messo ad appassire per 4 mesi. Poi il percorso delle uve si ricongiunge: le uve appassite vengono pigiate e, unite al vino precedentemente prodotto, inducono una seconda fermentazione che prende il nome di RIPASSO. Conferisce corpo e struttura mantenendo più intenso il frutto.



Il terzo vino in degustazione è “palazzo della Torre 2005”, Allegrini; è il vino del “ripasso” alla Allegrini ed è prodotto con uve Corvina Veronese 70%, Rondinella 25% e Sangiovese 5% del Podere Palazzo della Torre (26 ettari circa). Allevamento a Pergola Trentina. E’ IGT; si presenta limpido, color rosso rubino intenso, consistente; al naso vi è immediatezza del frutto nero (durone), che si fonde con prugna, marasca, vi sono sfumature di more e mirtilli, ma è anche speziato ed è percepibile il cioccolato. E’ secco, caldo, morbido, i tannini sono eleganti, la gradazione alcolica importante non disturba l’equilibrio. Al retrogusto vi ritorna la nocciola. Il Sangiovese conferisce eleganza a questo vino.

Trovandoci nella patria del riso, non poteva mancare il “ Risotto all’Amarone”. Il piatto e lo stesso abbinamento sono perfettamente riusciti e caratterizzati da eleganza, equilibrio e piacevolezza.



Il quarto vino degustato è “Villa Giona 2004”, Allegrini; IGT; i vitigni utilizzati non sono autoctoni, ma Cabernet Sauvignon 50%, Merlot 40%, Syrah 10%, scelta fatta perchè i terreni sono in zona pressochè pianeggiante; il sistema di allevamento è Cordone Speronato bilaterale. Villa Giona prende il nome dall’omonima villa rinascimentale e dal vigneto della tenuta. E’ limpido, color rosso rubino carico; si percepiscono sentori di frutti a bacca nera, di spezie, cacao. E’ secco e caldo; il Merlot apporta morbidezza, il Cabernet Sauvignon struttura e lo Syrah i toni speziati. E’ elegante, piacevole, perfettamente equilibrato.

Confrontandolo al “Sondraia 2005” si nota che quest’ultimo ha sentori mediterranei perchè le uve maturano vicino al mare e i tannini sono dolci; il “Villa Giona 2004” è più asciutto e austero, in quanto la maturazione dei grappoli avviene a Nord in Veneto.



L’Amarone è una scoperta recente, dei primi anni ’50, ed era quasi un insuccesso, perchè si trattava di “Recioto scapà”, ossia un recioto non riuscito. E’ solo da 10 anni che ha acquistato importanza enologica a livello mondiale.

Gli Amaroni del passato avevano una gradazione alcolica di 17°, residuo zuccherino elevato, sentori di ossidato; ancora oggi i veronesi apprezzano questa tipologia; invece l’Amarone moderno ha una buona integrazione tra frutto e uve passite, gradazione alcolica inferiore al passato ed è scomparso il sentore di ossidato. E’ rivoluzionato il modo di appassire le uve , non più appese a gancetti, ma appoggiate ad arelle.

Alla famiglia Allegrini il merito di aver contribuito a tali positivi cambiamenti.

I loro allevamenti sono situati in collina e sono a pergola; personale qualificato vendemmia i grappoli che vengono selezionati e scelti, gli acini secchi o verdi devono essere eliminati; la vendemmia si protrae 3 volte quella normale. Nemici della vendemmia sono la pioggia e l’umidità, per evitare marciumi dovuti a tutte le muffe, anche quella nobile. L’uva deve essere integra, per estrarne sostanze coloranti, tannini, polifenoli.

L’Amarone deriva da uve concentrate dopo tecnica di appassimento e lunghe fermentazioni, ed è caratterizzato da alta concentrazione alcolica e zuccheri, aromi di ciliegia matura, marasca, tannini morbidi. La tecnica dell’APPASSIMENTO prevede che le uve, dopo la raccolta, vengano lasciate riposare per un periodo che varia da 3 a 4 mesi. I vitigni interessati sono Corvina, che attribuisce personalità, Rondinella e Molinara ( per il disciplinare è diventata facoltativa dal 2003 e può essere sostituita da Oseleta).



Segue la degustazione degli Amaroni, i vitigni sono: Corvina Veronese 80%, Rondinella 15%, Oseleta 5%. DOC.

Il quinto vino degustato è “Amarone della Valpollicella 2000”; si presenta limpido, di un bel granato, caratterizzato da eleganza cromatica, consistente; al naso è fruttato, si colgono i profumi di marasca, prugna, di sottobosco, frutta appassita, è presente la speziatura ma è delicata, vi sono note di legno ed erbacee ma di erba secca, sensazioni balsamiche (eucalipto); in bocca l’elevata presenza alcolica si stempera in modo elegante col supporto del frutto e si integra con le spezie e il goudron. E’ elegante, equilibrato, persistente.



Il sesto vino è “Amarone della Valpollicella 1997”; è limpido, granato, consistente; all’olfatto si percepiscono i frutti rossi maturi e appassiti, le spezie, la vaniglia, il cacao, il tabacco, il caffè con l’eleganza tipica di quelli dell’altopiano etiopico. E’ secco, caldo, morbido, equilibrato, persistente. Vi è più estratto che conferisce maggior profondità; la concentrazione è bilanciata con l’eleganza. Grande vino



Il settimo vino degustato è “Amarone della Valpollicella 1995”: è limpido, granato, consistente; è fruttato e speziato, ma c’è appena minor fusione, minor estrazione, minor acidità rispetto al precedente. In compenso è più rotondo e sottile ed elegante, si concentra l’acido tartarico.



Il denominatore comune a questi Amaroni sono le uve integre appassite e senza note di ossidazione.

Perfettamente riuscito il connubio tra questi importanti vini e “La polenta di Storo con la Pastisada de caval alla moda di Matteo”.

La Poja



Dagli anni ’60 l’agricoltura si spostò dalla collina alla pianura, i vini in generale non erano importanti e di bassa qualità, solamente i Valpollicella, i Soave, il Chianti erano esportati. Così nel 1979, Giovanni Allegrini, acquista i terreni dello storico e prestigioso podere “La Grola”; la prima produzione è del 1983. Il vigneto era tanto prestigioso che occorreva pagare il dazio doppio! All’interno di questo podere, con microclima favorevole, si trova una particella, chiamata “La Poja”; è la meglio esposta al sole e ventilata. Il terreno è color bianco, sassoso con calcare elevato; nel primo metro nessuna umidità, così le radici spingono più in basso e scendendo trovano minerali che poi conferiscono complessità al vino.

Giovanni Allegrini condusse esperimenti per ricercare il miglior clone della Corvina, e lo trovò nella Corvina a graspo rosso o gentile. Così ebbe l’intuizione del monovitigno, maturata attraverso l’appassionato dialogo con la sua terra. La complessità del “La Poja” è data dalla Corvina in purezza e dalle quantità prodotte. La produzione in vigna è la metà rispetto a zone poste anche a soli 5 metri al di sotto, dove il terreno è sempre calcareo ma diverso. Le uve vengono raccolte tardi, con leggera sovramaturazione, 15 giorni dopo la perfetta maturazione. Si tratta di vendemmia ritardata e si può fare perchè è alta collina, si ha ottima esposizione e ventilazione, i grappoli asciugano e naturalmente non si formano muffe.



Così , per poter operare un confronto con la Poja di pari annata l’ottavo vino è un altro “Amarone della Valpollicella 2004”. Si tratta di un grande vino limpido, rosso rubino intenso, con bouquet fruttato e speziato, aroma di frutta appassita. E’ secco, caldo, morbido, elegante, vellutato. E’ piacevole ed elegante ma può ancora attendere. Vi è una delicata minor concentrazione rispetto agli altri amaroni degustati.

Il nono vino degustato è appunto “La Poja 2003”: IGT, Allevamento a Guyot bilaterale. Corvina 100%. E’ perfettamente limpido, rosso rubino, consistente; la precisione olfattiva è elevata, si percepisce la potenza del frutto, in particolare mora selvatica e spezie; al gusto è secco, caldo, morbido, persistente, complesso; è caratterizzato da eleganza e finezza infinite, franco ed intenso, inusuale ed unico. Ma per avere il massimo della epressività occorre attendere almeno altri 4/5 anni.

Un grandissimo vino comunque già ora. Con “La Poja” è dimostrata la grande potenzialità della Corvina la cui origine leggendaria è ricondotta appunto a questo colle.

L’abbinamento al formaggio “Monte Veronese d’Allevo” è perfettamente riuscito.

Come sempre una grande serata.

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