I vini di Arpepe
Sempre interessanti e piacevoli le serate in cui sono i produttori a raccontarsi e a parlarci dei loro vini, soprattutto quando lo fanno con il garbo e la passione di Isabella, quinta generazione di vignaioli in Valtellina.
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Come consuetudine in questi appuntamenti si parte subito alla grande con un ricco buffet (cialda di trota salmonata, polenta taragna, bocconi di mele e pancetta, bresaola della Valtellina, sciatt, sfoglia di grano saraceno e verze, pane di segale e grissini) accompagnato dal Rosso di Valtellina - 2011, un Nebbiolo Chiavennasca in purezza dalla grande piacevolezza, molto fresco e fruttato, semplice ma intrigante, che ha appena vinto il primo premio al Vinitaly 2014, come "miglior vino italiano sotto i 15 euro". Questo 2011 arriva dai vigneti più bassi, tra i 300 e 400 metri s.l.m., ha fatto nove mesi in botte grande e un anno di affinamento in bottiglia. La grande facilità di beva e l'abbinamento con cibi molto saporiti e particolari, quasi fanno dimenticare la gradazione alcolica, che arriva ai 13°.
Isabella ci confida che il premio ha fatto molto piacere, ma li ha messi anche in difficoltà, visto che sono immediatamente arrivate richieste un po' da tutto il mondo, per un prodotto che aveva già un buon successo e che ha comunque una disponibilità limitata.
L'azienda è di quelle storiche, con più di cento anni alle spalle, e che era arrivata negli anni '70 a coltivare oltre cinquanta ettari di vigneti, sui quasi 3000 ettari vitati dell'epoca. Poi la morte del nonno, la cessione del marchio e di gran parte dei vigneti e la fondazione di una nuova azienda, AR.PE.PE. - acronomo di Arturo Pelizzatti Perego - che riparte dalla cantina scavata nella roccia della montagna e da pochi ettari di vigna.
Il lavoro è tanto ed è tutto manuale, oggi come allora, e servono 1300 ore di lavoro l'anno per ettaro. A supporto ci invita a guardare il documentario di Ermanno Olmi del 2009 "Le rupi del vino".
Oggi gli ettari sono tredici, di cui nove nel cuore della Sassella storica, due nel Grumello e uno nella zona dell'Inferno. Ma l'operazione è riuscita, trasformando il prodotto da vino elvetico, la Svizzera era praticamente l'unico cliente, in vino del mondo.
E se gli ettari coltivati dalla famiglia Pelizzatti sono diminuiti, lo stesso è successo alla superficie vitata della Valtellina, scesa a 800 ettari, tanto che si sta cercando di ottenere dall'UNESCO il riconoscimento di "Patrimonio dell'umanità" per le "vigne eroiche".
Il tutto nel rispetto delle regole e del territorio, per cui se un'annata non è buona, il vino non si fa, molto semplice.
Le vigne sono principalmente a guyot o, dove possibile, ad alberello, i vigneti inerbiti, le potature non drastiche e si sta seguendo il metodo Simonit & Sirch.
Da quando poi sembra confermato che il vitigno Nebbiolo sia nato qui, Chiavennasca deriva dal dialetto "ciù vinasc" "più vinoso", e che sono stati individuati dieci differenti biotipi, contro i due della Langa, dalla selezione massale si è passati alla selezione clonale, con l'intento di ritornare quanto prima alla selezione massale, in cui ciascuna pianta diversa dà il suo contributo.
La degustazione ha inizio con un Valtellina Superiore - Grumello Riserva "Rocca de Piro" - 2010 (Nebbiolo Chiavennasca 100%). Il vino ha subito le stesse lavorazioni del Rosso di Valtellina assaggiato come aperitivo, semplicemente sono diverse le sottozone di provenienza e quindi il terreno, che nel Grumello è meno sabbioso ed è un misto di terra e roccia. L'affinamento è stato di due anni in botte grande, più alcuni mesi in bottiglia. Ogni annata è diversa dalla precedente: il 2010 cambia molto rispetto al 2006, che lo ha preceduto, il 2008 è stata una annata drammatica e persa, il 2007 e il 2009 sono ancora in affinamento. Sentori di frutta rossa piccola e dolce, note di lampone. Note floreali molto marcate. Grandissima mineralità e acidità importante. Vino da cibo e abbinamento con piatti importanti. Sapidità e freschezza.
Si continua con un Valtellina Superiore - Sassella Stella Retica - 2010 (Nebbiolo Chiavennasca 100%). Nelle zone del Sassella il terreno è prevalentemente roccioso. Se il Grumello è più pronto e più piacevole da subito, più dolce al naso e in bocca, i Sassella sono più spigolosi e richiedono più tempo nell'approccio. Le vigne sono ad una altezza maggiore, 500-600 metri s.l.m., e maturano 15-20 giorni dopo le vigne più basse. Quest'anno stanno anche subendo l'assalto della nottua, un bruco notturno che mangia le gemme dei germogli.
L'ingresso è nervoso e austero, si riconosce la fragolina di bosco, ma è un frutto più acidulo. Acidità e tannicità sono più complesse e la persistenza è buona.
Si passa quindi a un Valtellina Superiore - Sassella Rocce Rosse - 2002 (Nebbiolo Chiavennasca 100%). Annata grandissima e piacevole, molto più espressiva di altre grandi annate, come quella del '99, ma con una comunicatività superiore. Il 2002 è stata un'annata fresca, ma con dei settembre e ottobre strepitosi. Il vino si è affinato per quattro anni in botti grandi di castagno e inserti di acacia e rovere, che lo mantengono più fresco e rispettoso del territorio, poi un passaggio in vasca di cemento, prima dell'affinamento in bottiglia, durato quattro anni e mezzo.
Al naso è maturo, con mineralità e ferrosità molto marcate. Il colore, granato con riflessi aranciati e già inizialmente un po' scarico, si mantiene inalterato per decenni. Note di frutta sotto spirito, di tabacco e una nota ematica. Tannini decisi ma delicati. Fresco, elegante, equilibrato e armonico, un vero piacere per il palato.
Si finisce con un Valtellina Superiore - Sassella Ultimi Raggi - 2006 (Nebbiolo Chiavennasca 100%). Proveniente dalle vigne più alte e ottenuto da vendemmia tardiva, deve il suo nome perché la prima annata prodotta, il 1999, fu vendemmiata nel novembre dello stesso anno, alla luce degli ultimi raggi di sole del millennio scorso. La vendemmia tardiva viene fatta solo se la qualità e perfetta e se il tempo è clemente, come nel 2006: il grappolo viene legato alla pianta e non si taglia il tralcio. Da allora è stata ripetuta solo nel 2009 e nel 2013, annate ancora in affinamento.
Dopo venti giorni di macerazione sulle bucce, il vino passa tre anni in botte grande e altri tre anni e mezzo in bottiglia.
Sentori molto fruttati, con note di ciliegia, fragola e spezie dolci. Struttura e alcolicità importanti. Intenso e persistente. Ottimo nel suo genere.
Il piatto servito, uno spezzato di selvaggina con mela al cumino, accompagnato da una purea di patate, è perfetto per l'abbinamento con questi vini corposi e strutturati, di grande soddisfazione.
E prima di passare al il buffet di dolci e biscotti, c'è il tempo per scambiare impressioni e giudizi, con Isabella sempre disponibile a passare tra i tavoli e a rispondere a ulteriori domande sui suoi ottimi prodotti.
Il vino è per l'anima ciò che l'acqua è per il corpo.
Mario Soldati
Dov'è Jones il suonatore, che fu sorpreso dai suoi novant'anni e con la vita avrebbe ancora giocato. Lui che offrì la faccia al vento, la gola al vino e mai un pensiero: non al denaro, non all'amore né al cielo!
da "Dormono sulla collina"
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