I vini prodotti dove è nata la vite

Riccardo Cotarella, affiancato dal sommelier Davide Garofalo, presenta l’azienda russa Usadba Divnomorskoe

Giuseppe Vallone

Una realtà che in pochi anni ha saputo distinguersi sul mercato internazionale per la vocazione del suo terroir e la solida qualità produttivo/organizzativa, frutto di un lungimirante mix di competenze locali e italiane.

 «Non hanno solo la storia, hanno anche tutti gli elementi per fare grandi vini». Così esordisce Riccardo Cotarella nel presentare l’azienda Usadba Divnomorskoe, della quale è consulente dal settembre 2017.

È una realtà sorta nel 2010, a pochi chilometri a sud della cittadina di Gelendžik, nella regione di Krasnodar, su un terroir eccezionale. La prossimità del Mar Nero, sulle cui sponde si affacciano i vigneti, consente alle uve di beneficiare dell’effetto riflettente e dell’azione mitigatrice dell’immenso specchio d’acqua, che garantisce alle viti un elevato irraggiamento solare e le giuste condizioni di ventilazione. Alle spalle dei vigneti, un’ampia pineta fa da scudo naturale ai venti penetranti che discendono dalle montagne.

Undici le varietà coltivate su terreni calcareo-marnosi ricchi di scheletro, per una superficie complessiva di 104 ettari: a bacca nera cabernet sauvignon, merlot, pinot noir, syrah, marcelan; a bacca bianca sauvignon blanc, pinot bianco, riesling, traminer, chardonnay, muscat ottonel.

Sin dal principio la filosofia sposata è stata quella di produrre vini russi con un «importante carattere italiano». Matteo Coletti, enologo e direttore di cantina – nella quale è affiancato da Oleg Nichvidyuk – ha rimarcato questa scelta fatta dalla proprietà, che si è tradotta in know-how, tecnologia e financo barbatelle importate direttamente dall’Italia.
Il relatore

La degustazione dei vini è affidata a Davide Garofalo che sottolinea quella che ad oggi è la forza attrattiva del Mar Nero «anche per la sua consonanza con le attese qualitative e stilistiche proprie del mercato internazionale».

Pinot Blanc 2017

Al calice si presenta di bella luminosità e, avvicinato al naso, è magnetico, suadente, di preannunciata morbidezza. Apre su note di gelsomino e fiori d’acacia, pesca bianca, mela verde e melone d’inverno; prosegue con una nota puntuta di verbena e pepe bianco. All’assaggio è piuttosto asciutto e fa da contraltare alle percezioni olfattive, più morbide. La sapidità è in divenire, sottesa a una bella acidità. È giovane, questo vino, e Davide ne individua una «temporizzazione spiccata», quasi un incedere spedito che, quando si mitigherà, darà la definitiva e appagante persistenza gusto-olfattiva. Chiude in coerenza, asciutto, con aromi di albedo di pompelmo.

Traminer 2017

Barbagli di luce che trafiggono e ravvivano il colore. Al naso resina di conifera e pino mugo; e il rimando evocativo del terroir e della pineta retrostanti i vigneti è inevitabile. Prosegue con sbuffi di mughetto e di oli essenziali di bergamotto e lime. In bocca ha un impatto dolce intriso di note vegetali, in coerenza con il naso. A un lieve calo di tensione a metà bocca, segue una repentina ripresa con una progressione gustativa molto ben scandita. Pur avendo note morbide non diventa caricaturale ma, anzi, si esprime elegantemente e suadente, lasciando una bocca fresca e profumata che evoca un «mazzo di fiori bagnato dalla rugiada».

Pinot Noir 2017

Il colore non lascia indifferenti. Davide ne è colpito e, frugando nel suo repertorio mnemonico, individua la matrice che può associarsi a questa «seta cromatica»: il realgar, un minerale il cui nome – derivante dall’arabo rahj al ghar – sta per "polvere di caverna" e che ha una tonalità di grande luminosità tra il rosso e l’arancio. Come il colore, anche l’impatto olfattivo è spiazzante: polvere di ciliegia, amarena glassata, bulbosa di fresia, accenni di viola e di granatina. Seppure appena nato, questo Pinot Noir ha già una grandissima eleganza, tutta giocata su una componente fruttata e floreale di grande freschezza. L’assaggio prosegue in coerenza con il naso: il vino «è scarno, ma ricco al tempo stesso, con una fisicità longilinea» caratterizzata dall’ottima acidità alla quale fa da contraltare il frutto a maturazione impeccabile. Ottimo sviluppo e belle proporzioni. Il finale è evocativo del nocciolo di ciliegia, di interessante persistenza.

Cabernet Sauvignon 2015

Scorre vellutato e scuro nel calice; al naso emerge tanta frutta succosa, declinabile in note di mirtillo e durone di Vignola, alla quale seguono pepe nero, cannella, note dark di cioccolato amaro e menta, con rimandi al toscano “Kentucky 1492” e alle sue note pepate e di nocciola. L’impuntura acida segue pedissequa il profilo olfattivo su uno sfondo di erbe aromatiche di timo e alloro. Bocca di grande fascino e fittezza, con il vino serrato ma ben fuso nelle sue componenti; il tannino è piuttosto “largo” ma avvolgente e disciplinato. C’è un «rigore marziale, un ordine gerarchico ben preciso che denota una personalità forte». È un vino a fuoco e ben tarato, goloso, che si chiude con aromi di frutta dolce digradando con nobiltà su note mentolate fresche che, ancora una volta, rimandano alle conifere prossime ai vigneti.

In chiusura, Davide definisce i vini degustati «dei veri cristalli, con grande nitidezza di profumi e di ampio respiro».

Noi ci alziamo soddisfatti, perché una realtà come quella presentata da Riccardo Cotarella e dai rappresentanti di Usadba Divnomorskoe ha contribuito, se mai ce ne fosse bisogno, ad allargare i nostri orizzonti percettivi e gustativi verso una terra e un terroir dalle ampie potenzialità, troppo spesso sottovalutate.