Il Bordeaux in cinque incontri

Si può conoscere Bordeaux in sole cinque serate? Certamente no, anche se la guida è italo-francese, si chiama Samuel Cogliati ed è un bravissimo comunicatore e un grande conoscitore dei vini francesi

Ilaria Ranucci

Bordeaux è un’area vitivinicola molto vasta e articolata, piena di storia e in continua evoluzione, a partire dal dibattito sullo stile che, passato dall’era Parker, si sta ora orientando verso un ritorno al classico.

Però, cinque serate con la giusta guida e sapientemente articolate sono sufficienti a capire alcuni dei tratti essenziali di Bordeaux. Bastano, insomma, per sentirsi più a proprio agio con questo gigante del vino. E sono la perfetta scusa per assaggiare eccellenze e vini interessanti, ma anche delle chicche non facilmente reperibili. In poche parole: ne è valsa la pena ed è stato bello.

Il Master ha toccato cinque diversi temi, tutti rilevanti, che hanno fatto da sfondo alla riflessione su un modello di vino imitato in tutto il mondo, che è da troppi conosciuto “di riflesso”. Per questo motivo ha finito per essere riconosciuto più come prototipo di un modello internazionale che per la propria identità ed espressività durante l’approccio diretto.

Tutti gli appassionati di vino hanno una vaga idea di cosa sia il vino di Bordeaux. Ma quanti l’idea se la sono costruita con un numero sufficientemente ampio di vini di Bordeaux nel bicchiere? Noi abbiamo avuto la fortuna di poterlo fare durante il Master.

Prima tappa del viaggio: conoscere le due rive. Rive Gauche e Rive Droite, differenti nella storia, nella prevalenza dei vitigni, nella tipologia dei produttori. Nella Rive Gauche, che gode di un clima più temperato, più cabernet sauvignon proposto dagli châteaux della più famosa delle classificazioni. Clima semi-continentale e molta disomogeneità fra i produttori nella Rive Droite, dove si privilegia di più il merlot.

Seconda tappa del viaggio: i vini bianchi. Tre sono i vitigni, e tutti diversi. Il più internazionale, il sauvignon blanc, con 5000 ettari vitati: precoce, vigoroso, produttivo, ma che non tollera la mediocrità. Molto più neutro il semillon che, con circa 7500 ettari vitati, è il bianco più diffuso a Bordeaux ed è anche il candidato ideale all’attacco della muffa nobile. Molto meno diffuso e ugualmente adatto all’appassimento, il muscadelle, originario di Bergerac. Già nei bianchi si trova la dicotomia su cui si basa tutta Bordeaux: vini piacevoli a prezzi contenuti e vini di châteaux prestigiosi, di alto lignaggio e alto costo, ma desiderati in tutto il mondo. In degustazione anche tre vini influenzati dalla botrytis cinerea, per ricordarci, se ce ne fosse bisogno, il motivo per cui anche i vini dolci di Bordeaux sono considerati un’eccellenza.

Terza tappa del viaggio: le classificazioni. Impossibile ignorare che, nel Médoc, regna sovrana la classificazione del 1855. Un riferimento che ha resistito, quasi immutato, e le cui punte di qualità sono tuttora tra i vini più ambiti e costosi al mondo. Il motivo è semplice: sono stati gli châteaux stessi che, capendone il valore, hanno lottato per mantenere alta la qualità e integro il loro brand. Anche al Barone Philippe de Rothschild ci sono voluti anni prima di riuscire, nel 1973, a far divenire il suo Château Mouton Rothschild il quinto del magico gruppo dei premier cru classé. Rimane il fatto che la classificazione del 1855 era basata sul prezzo dei vini, ed è proprio l’andamento dei prezzi a dirci, anche oggi, dove la classificazione non funziona più, ed un vino costa più o meno dei suoi pari grado.

Quarta tappa del viaggio: al di fuori e al di là dei grandi terroir. Concetti importanti e che danno quel valore aggiunto di avere un relatore che conosce bene una regione complessa come quella di Bordeax. Con lui abbiamo scoperto che ci sono delle zone di Bordeaux, come Fronsac e il Médoc regionale, che non sono tra quelle che producono i vini più famosi e ricercati, e non possono vantare classificazioni di prestigio secolare. Ma tra le assolute eccellenze e il vino commerciale prodotto a fiumi, abbiamo imparato che esiste una terza via, attraverso quella che Samuel definisce “marginalità propositiva”. E questa, tramite tanta ricerca e conoscenza, porta alla scoperta di vini interessanti, intriganti persino, e con un buon rapporto qualità/prezzo.

Quinta tappa del viaggio: Bordeaux e il tempo. Una serata fondamentale, che è servita per verificare, calice alla mano, una delle cose più note dei vini di Bordeaux ma anche una delle informazioni più spesso ignorate: molti dei migliori vini di Bordeaux necessitano di tempo per evolvere ed esprimersi al meglio. Serve tempo per l’affinamento in bottiglia, per godere di una diversa tattilità dei tannini e lo sviluppo di affascinanti sentori terziari. E tempo nel bicchiere, perché i Bordeaux invecchiati bene spesso sorprendono per l’iniziale chiusura al naso o per profumi che, dalla prima olfazione alle successive, si chiudono o si dispiegano in modalità anche poco prevedibili. Insomma: una delle cose belle del vino di Bordeaux, nelle migliori espressioni, è il fatto di prendersi il suo tempo, in un mondo che spesso invece corre troppo e non sempre sa aspettare. Non si possono non fare certe riflessioni, con certi vini nel calice!

In conclusione: cinque belle serate e vini interessantissimi. Purtroppo ce ne vorrebbero molte altre per continuare ad approfondire l’affascinante mondo dei vini di Bordeaux. Il bello è che questo è uno “studio” con poca sofferenza e molta gioia.