Il Meriggio delle Fate: assaggi di Albania
Racconti dalle delegazioni
27 gennaio 2025

Così vicina eppure così lontana, l’Albania è molto di più che un nostro dirimpettaio sul mare adriatico. Tra i paesi balcanici è forse quello in cui ci possiamo specchiare meglio: cugini, con i segni delle migrazioni sulla pelle come noi, hanno costruito un paese di “ritorno” che ha l’urgenza di essere insieme identitario e moderno. Sarà il vino la carta vincente da giocare in questo percorso?
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La scommessa del Meriggio delle Fate
«In Albania abbiamo avuto due tsunami: la dittatura e il consumismo». Altin Prenga, fondatore dell’agriturismo il Meriggio delle Fate – Mrizi i Zavane –, ospite di AIS Milano per una serata dedicata ai suoi vini, ha la capacità di sintetizzare la storia del suo paese con una frase che è metafora completa e lucida degli ultimi decenni. Una storia che abbiamo vissuto da vicino anche in Italia, accogliendo l’ondata di migranti in fuga dalle incertezze e dal collasso economico dovuto proprio al crollo del primo tsunami e all’avvento repentino e altrettanto violento del secondo.
Altin ha negli occhi l’azzurro di un cielo di primavera, un cielo di migrazioni di timide rondini che tornano, più che delle potenti aquile simbolo della sua terra. Lo stesso cielo sta nello sguardo di Anton, il fratello che lo accompagna e siede in prima fila in silenzio. C’è la quieta complicità di chi ha lavorato tanto e ora, proprio a Milano, grazie all’invito di Artur Vaso – sommelier, degustatore e relatore AIS – è pronto al confronto e al giudizio da parte della terra che li ha accolti e cresciuti dal 1999 per 11 anni.
Papà Prenga è già in Italia da qualche anno, quando Altin e Anton lo raggiungono: sono anni di lavoro nei ristoranti, ma anche di incontri, come quello con Slow Food, di confronti e di nuove consapevolezze. «Negli ex paesi comunisti è stato negato un diritto fondamentale della civiltà: quello di essere contadino. Tutti noi eravamo operai dello Stato in campagna, ma è una cosa diversa». Nel suo interloquire, Altin, sottolinea così la differenza che ha riscontrato al di qua dell’Adriatico e lo slancio nel cercare di portare in Albania quell’attenzione alle differenze di tradizioni, gusti, coltivazioni, architetture che fanno dell’Italia l’immenso terroir che conosciamo.
Il 2009 è l’anno del rientro a casa e dell’inizio della costruzione del sogno: un’azienda agricola nel nord dell’Albania, a poco più di 30 km da Scutari, in cui costruire un futuro contadino. La fattoria è anche agriturismo e ristorante: produce in autonomia tutte le materie prime della cucina che quindi segue, con rigore naturale, i cicli delle stagioni. Oggi, però, è molto di più: è una rete diffusa di persone che intorno a questo progetto portano avanti un’idea di sviluppo sostenibile delle comunità locali.
«Avremmo potuto, visto il successo, ampliare la nostra ricettività costruendo un mega-albergo, ma non ci interessava: vogliamo che sia tutto il paese ad avere benefici e ricchezza e quindi abbiamo chiesto ai nostri vicini di mettere a disposizione delle guest house per gli ospiti che arrivano a Fishtë da tutto il mondo. Eravamo in 10 quando abbiamo iniziato, oggi siamo in 100, collaboriamo con circa 400 contadini del territorio, abbiamo fondato Slow Food in Albania e accogliamo circa 160.000 turisti all’anno».
Per un paese che per anni è stato intelaiato nel meccanismo di una produzione massiva statale, la ricerca delle tradizioni è un’operazione quasi archeologica. La famiglia Prenga, per prima cosa, ingaggia le donne ultrasessantenni della zona per cercare di rispolverare proprio quei costumi che, con i due tsunami, hanno rischiato di scomparire per sempre e inizia a riscrivere una storia con un unico obiettivo: «essere candidati al ruolo di contadini», per dirla con le parole di Altin.
Albania vitivinicola
Storia mediterranea quella della vite in Albania, non diversa dalla nostra per l’influenza delle grandi civiltà antiche e della sapienza dei monaci nel medioevo. L’arrivo degli Ottomani con i precetti islamici e l’abbandono delle campagne da parte di molti contadini, decreta per circa 400 anni un arretramento della viticoltura. Un arretramento che si è trasformato, dopo la seconda guerra mondiale, con il regime comunista, in produzione centralizzata e standardizzata e con la statalizzazione delle terre. Povertà, voglia di riscatto, migrazioni, rapidissima ascesa senza freni di capitalismo e consumismo sono il filo conduttore degli anni ’90 del secolo scorso.
Oggi, l’Albania è un paese che, ricostruito dalle mani di quei migranti di ritorno come Altin, punta soprattutto sul turismo, anche enogastronomico, per affermarsi in Europa. Con un clima mediterraneo-balcanico che gode di buone escursioni termiche e piogge, l’Albania, paese montagnoso, conta oggi circa 20.000 ettari vitati in 4 macroaree particolarmente vocate e che hanno saputo, nonostante tutto, salvaguardare almeno tre vitigni autoctoni: il kallmet, forse il vitigno più noto e più storico, e lo shesh i zi, tra i rossi – che sono anche la maggior produzione del paese - e lo shesh i bardhë tra i bianchi. Il resto dei vitigni è internazionale, con una predilezione per merlot, cabernet sauvignon e chardonnay. I suoli vanno dai neutro-calcarei verso la costa a terreni particolarmente acidi e ricchi di ferro e minerali, verso il nord e la montagna.
Il kallmet, vitigno principe della zona nord di Scutari, è un vitigno ancestrale, a fiore solo femminile, difficile e precoce. Uva storica albanese non ha eguali e al momento il suo DNA appare solitario. Per evitare l’acinellatura ha bisogno di un vitigno impollinatore di supporto. Nonostante queste caratteristiche, riesce, se lavorato nel modo corretto, a dare vita a vini eleganti che ricordano per colore i pinot neri (pochi antociani, quasi esclusivamente malvidina) e per struttura tannica i nebbioli.
La degustazione
Alberto Cugnetti e Roland Leka sono gli enologi che dal 2019 seguono la cantina Mrizi i Zanave. La loro presenza in sala e la loro conoscenza del territorio vitivinicolo albanese ci permette ulteriori approfondimenti tecnico-storici sulla degustazione.
Ara e Dardhës 2022
chardonnay 40%, shesh i bardhë 20%, pinot bianco 20%, riesling 20%
Ara e Dardhës è il nome della parcella – “Campo al Pero” – dove i contadini hanno innestato barbatelle di vitigni internazionali con una parte di shesh i bardhë. Dalla vinificazione di queste uve, con una macerazione pellicolare dalle 12 alle 36 ore e affinamento solo in acciaio, si ottiene un vino di un limpido paglierino dai profumi di fiori e frutta bianchi. Ingresso fresco con una parte sapida saporita importante e con un’eleganza di fondo che chiude su un ammandorlato di scorza di agrume.
Ara e Dardhës 2021
chardonnay 40%, shesh i bardhë 20%, pinot bianco 20%, riesling 20%
L’annata 2021 sfuma su gradazioni di colore più leggiadre e il naso rileva una mineralità gessosa su un cuore di frutta tropicale, ananas e mango, mai troppo matura. È un vino in cui la salinità diventa una predominante di gusto rivelando la vera vena identitaria del tardivo vitigno shesh i bardhë. Gagliardo e gustoso, ha nell’invito alla beva la sua forza.
Roza 2022
kallmet 100%
Il primo kallmet in purezza lavorato in rosato in Albania, affascina con il suo colore tenue tra la buccia di cipolla e il salmone scarico. Profumo fané di cipria alla violetta e piccoli frutti rossi. Palato di fragolina di bosco, con un’entrata sapido-acida che si schiude su un ricco finale dolce. Un vino di pronta beva.
Roza 2021
kallmet 100%
Come per i bianchi anche questo calice del 2021 appare di un colore meno intenso. Le note olfattive si arricchiscono di scorze di agrumi e fiori. Troviamo un equilibrio più interessante tra l’entrata fresca e la persistenza gustativa, che allunga la sapidità in una scia fortemente gastronomica.
KuVen 2021
kallmet 60%, merlot 25%, shesh i zi 15%
KuVen è un gioco di parole che parte dal termine albanese kuvendi, il parlamento, cioè il luogo dove la parola è padrona, e atterra su cuvée, per assonanza, e grazie anche al termine ven che in dialetto vuol dire vino. KuVen è quindi una chiacchiera tra vitigni diversi, si potrebbe dire. Si presenta con una bella e luminosa veste rubino, dalla trama non troppo spessa che si lascia attraversare dalla luce. Burro e spezie dolci come cannella e chiodo di garofano sono i primi sentori, che lasciano piano piano emergere amarene e rose rosse essiccate. Un vino dal carattere salino, fresco, che racchiude in bocca una croccantezza di frutto ben più acidulo che al naso: sono melagrana e mirtilli, infatti, i protagonisti, insieme a una trama tannica che dona struttura al sorso.
GêG 2021
kallmet 100%
Gli albanesi del nord sono chiamati GêG e in questo nome c’è tutta la dichiarazione di intenti di questo vino fortemente identitario esattamente come la sua componente di uve kallmet. Confettura di amarene e di corniolo, e una piccola nota di mandola verde sono le caratteristiche principali, che troviamo di grande personalità. Elegante, tagliente e gustoso, lascia spazio a un tannino più ruvido eppure mai scomposto, con un finale ammandorlato. Affinamento in tonneaux usati per almeno 8 mesi.
GêG 2020
kallmet 100%
Nel GêG 2020 il colore ha una saturazione più scura e il rubino inizia ad avere una leggera nota aranciata. I profumi sono più erbacei e alla mandorla si unisce il fieno. Una nota alcolica leggera dona una sfumatura più calda che si evidenzia anche in bocca con sentori di ciliegia sotto spirito, di prugne e fiori essiccati. Speziature e fondo di torrefazione completano il bouquet olfattivo.
Amë 2020
kallmet 100%
Amë ha un doppio significato davvero molto interessante in albanese: è infatti sia la madre che l’aroma, la fragranza. Un nome che troviamo molto in linea con questo vino, ottenuto da uve appassite sui graticci, e che sprigiona un’intensità di karkadè, anice, prugne mature e spezie dolci. Se al naso protagonista è la dolcezza, la bocca meraviglia per la sua croccante freschezza. Un vino senza residuo zuccherino che ti avvolge come un materno abbraccio.
Chiudiamo questa intensa serata, sorseggiando raki, acquavite da mosto appena fermentato, e gustando i numerosi assaggi gastronomici prodotti dall’agriturismo - salame di maiale, pomodori secchi, fichi selvatici lavorati in acqua e calce e sciroppati con lo zucchero, tre tipologie di formaggi, sciroppo al pino mugo, marmellata di gelsi e bucce di anguria sciroppata - con il pensiero che il vino possa davvero essere una carta vincente nel futuro dell’Albania, soprattutto se si sceglierà di investire nei vitigni autoctoni e nelle tradizioni locali.