Il nuovo volto dell’Amarone della Valpolicella

Insieme a Diego Sburlino, un viaggio nella storia e nella cultura della Valpolicella attraverso il racconto di sei straordinari produttori, capaci di interpretare il territorio e dare all’Amarone un’identità contemporanea.

Federico Cottone

«Tratteremo un tema un po’ particolare. Per anni abbiamo assaggiato o bevuto dei vini in questa zona che erano costruiti per un mercato: quello americano. Quello stile di Amarone, al giorno d’oggi, si può dire che venga prodotto ormai dalla minoranza dei produttori». Esordisce così il sommelier Diego Sburlino, circoscrivendo in modo preciso il campo di indagine che tratterà nella serata che AIS Pavia dedica al cosiddetto “nuovo volto” dell’Amarone della Valpolicella. 

Un po’ di storia

La Valpolicella è una zona di tradizione vitivinicola da almeno due millenni; basti pensare che in un vigneto in località Ambrosan, tra San Pietro in Cariano e Fumane, è stata rinvenuta una villa Romana datata tra il secondo e terzo secolo d.c.. Gli scavi hanno portato alla luce alcuni locali muniti di un sistema di ventilazione/riscaldamento sotto la pavimentazione (munita di forellini), appositamente pensati per l’appassimento delle uve, a conferma di come tale tecnica fosse già diffusa in epoca Romana.

La documentazione storica continua fino ad arrivare vicino ai giorni nostri con il Regio Decreto del 7 marzo 1924. Questa norma ha fatto nascere dei disciplinari ante-litteram in varie zone, compresa la Valpolicella. Fino a quell’epoca, periodo di vini contadini, quello che importava era soprattutto la quantità e non la qualità Un grande personaggio, Arturo Marescalchi, senatore del Regno d’Italia, si era reso conto che c’erano vini già diventati famosi e che uscivano dal sistema contadino della quantità e si distinguevano perché rispecchiavano la produzione di una certa zona. Tra questi i vini della Valpolicella.

Da questo input nasce nei primi mesi del 1925 il Consorzio della Valpolicella da un primo gruppo di produttori per arrivare nel 1968 all’introduzione del primo disciplinare di produzione. L’Amarone della Valpolicella, in questo primo disciplinare, non veniva ancora molto considerato. Questo perché, ci racconta sempre Sburlino: «nella tradizione, si produceva il vino da uve fresche e poi si andava a prendere la parte del grappolo meglio nutrita, quella che sta più vicino al picciolo, che prende gli zuccheri che arrivano dalla pianta; queste che sembrano delle orecchie, recie in Veneto, si staccavano e si mettevano ad appassire fino alla fine di febbraio e si produceva il vino di Pasqua,  il cosiddetto Recioto, dalle recie del vino; si faceva una fermentazione che veniva bloccata quando si era formato un titolo alcolometrico tra i 12/13° e veniva lasciato dello zucchero residuo, proprio perché era il vino di Pasqua, quindi dolce. Quando non si riusciva a bloccare questa fermentazione questo vino andava oltre, infatti veniva chiamato Recioto scapà, ma non era riconosciuto, era un “gramo” avanzo, veniva venduto come sottoprodotto. Veniva usato per arricchire il Valpolicella». Una sola riga era dedicata a questo vino: “il Recioto della Valpolicella esiste anche nella versione asciutta, in questo caso prende il nome di Amarone”, quasi a sottintendere la follia di chi avesse deciso di fare un Amarone. Una delle prime bottiglie del produttore Bolla, conservata presso la cantina storica della Cantina di Negrar, riporta: “1941 – Recioto Amaro”, Il disciplinare dell’Amarone della Valpolicella DOCG arriverà nel 2010 con un disciplinare dedicato, dettagliato e preciso.  

Una questione di stile 

A livello generale, nel corso degli anni, lo stile dell’Amarone è cambiato; si è passati, in particolare, da un approccio più commerciale, che prevedeva la presenza di un importante residuo zuccherino che rendeva il sorso morbido, piacevole, ma scarico di aromi, a uno molto più equilibrato e che invoglia la beva. Lo zucchero residuo si è ridotto notevolmente, evitando di nascondere la parte tannica che in questi vini è ben presente e fondamentale.

Diego Sburlino sottolinea come fino a qualche anno fa il metodo di misurazione degli zuccheri utilizzato era quello che prende il nome di metodo Fehling: misurava tutti gli zuccheri residui nel vino, anche quelli infermentescibili. Oggi si utilizza invece il metodo cromatografico, un sistema più preciso in grado di valutare solo la presenza di fruttosio e glucosio, riportando tutti gli altri zuccheri del vino all’interno dell’estratto secco. Bisogna, quindi, fare attenzione alla lettura delle schede tecniche: i vini con la nuova misurazione degli zuccheri mostreranno estratti secchi più importanti e zuccheri residui più contenuti al contrario dei vini misurati con la vecchia metodologia di analisi.

Degustazione

Amarone della Valpolicella DOCG 2016 - Corte Sant'Alda

Corvina 40%, corvinone 40%, rondinella 20%. 

Il primo vino in degustazione è figlio di una grande donna, dal carattere incredibile: Marinella Camerani.  I vini, spesso, riflettono la grandezza dei personaggi che li producono e questo ne è un chiaro esempio.  Marinella ha deciso 40 anni fa di creare la sua azienda, chiedendo quel poco di terreno che c’era a suo padre; scelta non facile e scontata allora, in un mondo considerato sostanzialmente solo al maschile. Nel 2024 la guida Vini d’Italia del Gambero Rosso l’ha eletta vignaiola dell’anno. Oggi si è convertita al metodo biodinamico, utilizza lieviti indigeni, ma selezionati, e molta attenzione viene dedicata anche all’appassimento. Tutti i giorni si eseguono passaggi in fruttaio per selezionare ed eliminare eventuali acini malati o non adeguati.  Il millesimo 2016 è considerato una grande annata (5 stelle su 5 per la Valpolicella insieme alla 2011).

Il colore si presenta di un granato intenso, di discreta fittezza. Al naso emerge subito la particolare caratteristica che richiama lo stile di Marinella: importante nota floreale di rosa e violetta appassita, delicata e fine, di pari intensità rispetto le altre famiglie di descrittori.  Frutta sciroppata, marasca, leggera sensazione tostata, speziatura delicata di noce moscata e pepe. Grande finezza e complessità raffinata. La bocca rivela grande bevibilità, il tannino è presente ma setoso e sottile. Il vino invoglia il sorso in contrappunto ai “vecchi Amaroni” con sì, tanti profumi e concentrazione, ma nei quali la voglia di un secondo calice veniva spesso meno. La persistenza richiama il frutto, la spezia e la nota floreale. Grande equilibrio dei profumi al naso, che diventano aromi in bocca e ritornano tutti, nella stessa misura, con la stessa finezza.  È certamente un ottimo esempio del nuovo corso intrapreso dall’Amarone della Valpolicella, anche se la produttrice, questa filosofia produttiva, l’ha in realtà sempre avuta!

Amarone della Valpolicella Classico DOCG 2013 - Tommasi

Corvina 50%, corvinone 30%, rondinella 15%, oseleta 5%.

L’azienda nasce 120 anni fa con Giacomo Tommasi che ha un’idea diversa da quella contadina: iniziare a produrre vini con una qualità superiore. All’epoca sicuramente una scelta totalmente inusuale. Nel 1959 imbottigliano il loro primo Amarone, chiamandolo proprio così: Amarone Tommasi. 

In degustazione abbiamo il millesimo 2013, una buona annata perché ha consentito di far maturare ottimamente le uve corvine. Fermentazione in acciaio e affinamento in botti grandi di rovere da 35 hl. Colore leggermente più concentrato del precedente e, seppur più vecchio, appare di tonalità più giovane, a richiamare il rosso carminio. Al naso la nota fruttata risulta evidente, in primo piano insieme alle note speziate. Naso giocato sulla frutta matura, ciliegia sciroppata e prugna disidratata. In bocca emerge uno stile diverso: gli zuccheri residui, seppur bassi, sono ormai considerabili alla stregua del livello “massimo” nelle nuove versioni di Amarone.

Va giustamente precisato che Tommasi ha sempre cercato questo stile e sono stati degli innovatori, ma di oltre un secolo fa! L’Amarone di Tommasi si può considerare un trait d’union fra la nuova versione e quella vecchia. Si ritrova un sorso di grande freschezza, un vino di grande bevibilità a prezzi, peraltro, molto accessibili all’interno della tipologia.

Amarone della Valpolicella Classico DOCG 2013 - Corte San Benedetto

Corvina 60%, corvinone 25%, rondinella 15%.

Ci troviamo ad Arbizzano di Negrar e l’attività aziendale inizia nel 1956. La famiglia ha origine, come boscaioli e contadini, in cima alla Lessinia e solo alla fine dell’800 decide di vendere tutto per acquistare in Valpolicella il primo vigneto, dedicandosi totalmente a questa attività. Quel vigneto, Camporal, si trova in zona di Marano e tuttora fornisce tra il 20% e il 30% delle uve aziendali. Il terreno è composto principalmente da una marna calcarea che, solo verso la fine del vigneto comincia a virare in trachite e basalto. In questo contesto le uve corvine abbassano le loro rese fino a 60/70 quintali per ettaro.

Con l’annata 2009 il loro Amarone della Valpolicella è stato considerato dalla rivista Decanter il migliore della denominazione. Il calice rivela un colore molto concentrato, con una leggera nota granata sul bordo, apparendo più giovane dei suoi 11 anni. Emergono profumi di china, rabarbaro, spezie e liquirizia; in sfondo note terziarie. Successive olfazioni rivelano sentori fruttati di ciliegia sciroppata evocando nel complesso il “Mon Chéri”. Al palato risulta di buona verticalità seppur gli zuccheri residui siano paragonabili al vino precedente. La persistenza rivela una nota fruttata in primo piano con sentori a richiamare la ciliegia, la confettura di frutti di bosco e le prugne essiccate. Bellissima bevibilità.

 Amarone della Valpolicella Classico Riserva DOCG 2012 - Le Ragose

Corvina 50%, corvinone 20%, rondinella 20%, altri vitigni autorizzati 10%.

Realtà relativamente recente, nasce nel 1969 quando Arnaldo Galli, ex rappresentante di prodotti per l’enologia, stufo del suo lavoro decide di investire nella Valpolicella acquistando un areale non ancora sfruttato. L’azienda si divide in 3 zone: Le Sassine, Caloetto e Le Ragose, primo appezzamento acquisito e che ha dato il nome all’azienda, caratterizzato da una presenza maggiore di marna calcarea. È però la moglie Marta a capire, insieme a Gino Veronelli, che in quel terreno è possibile produrre vini molto longevi, in grado di conservare una fragranza di profumi superiore alla media. Per questo i loro vini affinano da sempre in botte grande, per un minimo di 7/10 anni.

Il millesimo 2012, a causa dell’estate siccitosa, è stato particolarmente insidioso da gestire. L’azienda è riuscita a non intervenire con l’irrigazione di soccorso grazie alla profonda conoscenza delle loro vigne e all’utilizzo della pergola quale sistema di allevamento. Colore molto espressivo, integro, con ottima concentrazione cromatica al nucleo e sfumatura granata sul bordo. Naso con forte personalità che mette in primo piano la speziatura con sentori di noce moscata e pepe; un fulcro su cui s’innestano gli altri descrittori: marasca, tabacco, cuoio e una bellissima nota floreale.
Bocca di grande bevibilità, con una trama tannica sottile, fine e accattivante che richiama sempre un altro sorso. La persistenza fa emergere molto bene la nota fruttata nonostante gli zuccheri residui rimangano sempre sotto 1/1,5g/l.

Amarone della Valpolicella Classico DOCG “Valle Alta” 2011 - Ugolini

Corvina 60%, corvinone 30%, rondinella 5%, oseleta 5%.

La famiglia Ugolini, nota per aver investito nel secondo dopo guerra nelle attività petrolifere, ha rispolverato quella che era la vera tradizione di famiglia, la produzione di vino, soprattutto del “Gran Recioto”, nell’anfiteatro di proprietà a Fumane,  che i loro avi hanno sempre prodotto.
Negli anni gli investimenti sono stati molto importanti, a partire dall’acquisizione della Villa San Michele, sulla collina di Bure, casa storica ora sede dell’azienda. La 2011, annata considerata 5 stelle, ha dato uve di eccellente qualità grazie alla grande escursione termica che ha arricchito di aromi e profumi. Siamo a Fumane con un’importante presenza di calcare, questo tipo di terreni caratterizza i vini di Ugolini dando colori leggermente più scarichi.

Nella parte centrale del bicchiere un carminio ancora ben presente cela la nota di evoluzione. Profumi meravigliosi e ben in equilibrio. Leggere note tostate, riconducibili all’utilizzo del legno, ma con finezza. Spezie, frutta e note floreali tutte allo stesso livello: pepe, chiodi di garofano, noce moscata, prugna essiccata e marasca. In chiusura note sottili e delicate a richiamare cuoio e tabacco. Al palato si ben comprende lo stile: vino gastronomico, sobrio, di bevibilità e piacevolezza di alto livello.Di gran classe.

Amarone della Valpolicella DOCG “Monte Lodoletta” 2010 - Romano Dal Forno

Corvina 60%, rondinella 20%, croatina 10%, oseleta 10%.

“Una gran persona non può che fare un grande vino” e questo è il caso di Romano Dal Forno.  Romano Dal Forno è del 1957 e il papà faceva vino come si faceva negli anni ’50. Un vino contadino. Contadini della Valpolicella ma non della zona classica. Qui siamo a Cellore d’Illasi. Di fondamentale importanza è l’incontro con Giuseppe Quintarelli che, inizialmente scettico, rimase affascinato ed entusiasta dei progetti di Romano e decise di aiutarlo diventando suo mentore. Inizia così la rivoluzione di Romano Dal Forno. Voleva ottenere vini molto concentrati: utilizza il più possibile la croatina, fermentazioni a temperature elevate per avere la massima estrazione, impianti di corvina a 13.500 ceppi per ettaro e un fruttaio avveniristico con ventilatori amovibili e programmabili permettendo la massima areazione e uniformità di appassimento. È così che ad oggi si può considerare a sua volta mentore per la Valpolicella, in particolare della zona allargata, terra considerata in passato di soli contadini e oggi diventata terra di grandi Amaroni.

Colore fitto e impenetrabile. Al naso impatto di cuoio, note vegetali secche, tabacco, pepe, floreale essiccato, pot-pourri, violetta e in chiusura note calde e balsamiche. La struttura di questo vino si percepisce chiaramente sul palato, è masticabile. Il sorso invoglia la beva, di persistenza lunga e materica su ritorni fruttati. Tannino presente e ancora da lasciar evolvere nonostante la già piacevolissima tattilità. Un vino definibile tutto muscoli ed eleganza, due aggettivi molto lontani ma che in questo vino riescono a coesistere.