Il Riesling renano in Germania: Nahe, la linea geologica di origine vulcanica

Massimiliano Argiolu, instancabile viaggiatore, ha girato in lungo e in largo la Germania per conoscere un vitigno dall’indole raffinata: il riesling renano. Da questi viaggi ha tratto l’idea di un Master in quattro serate per AIS Monza Brianza. Ecco la prima serata: la zona vitivinicola di Nahe.

Florence Reydellet

“Qual è il più grande vitigno al mondo?”. Partendo da questa semplice domanda, Massimiliano Argiolu – sommelier, collaboratore di Porthos e dell’associazione privata VDP (Verband Deutscher Prädikatsweingüter) – ha dato il via a un ciclo di incontri sul riesling renano coltivato e vinificato in Germania. Quattro incontri nella sede di AIS Monza Brianza dedicati ad altrettante zone tedesche: Nahe, Mosel-Saar-Ruwer, Pfalz e Valle del Reno. Quattro incontri utilissimi, che sono andati oltre l’aspetto puramente didattico. E per dirla con una piccola frase trovata in un libro molto tempo fa, «una parte necessaria dell’educazione di un uomo».

La Nahe è la zona vitivinicola che ha interessato la prima serata (delle altre tre zone parleremo successivamente, in tre futuri resoconti). Si trova nel bel Stato federato Renania-Palatinato e prende il nome dall’omonimo fiume che nasce nel Saarland, a sud-ovest del lago Bostal, e poi sfocia nel Reno vicino a Bingen dopo 120 chilometri. Il comprensorio separa l'Hunsrück dalle montagne del Palatinato settentrionale e sale fino a 322 metri di altitudine. Non gode ancora della fama di cui godono gli altri, come la Mosella, ma da quando la Nahe è assurta a entità vinicola nel 1971, ha cominciato a recitare un ruolo da protagonista. Sino agli anni Ottanta solamente pochi produttori producevano vini di qualità. È stato l’arrivo di Helmut Dönnhoff di Oberhausen a instillare interesse al di fuori della Germania. Dönnhoff è stato poi ben presto imitato da altri come Dr. Peter Crusius di Traisen o Schäfer-Fröhlich di Bockenau. 

L’area di coltivazione si estende su oltre 4.200 ettari. I vigneti giacciono su dolci colline o su pendii ripidi e sono un po’ sparpagliati attorno alle sponde del fiume o dei suoi affluenti (Alsenz, Ellerbach, Gaulsbach, Glan, Gräfenbach, Guldenbach e Trollbach). Lì, le eruzioni vulcaniche e i potenti movimenti tellurici hanno sconvolto il sottosuolo a tal punto che sono rimaste oltre 180 diverse formazioni del suolo. Una diversità che ha pochi precedenti in Europa.

Su questo suolo multiforme, ecco la cultivar a bacca bianca riesling renano: l’uva che rivendica la palma di migliore varietà a bacca bianca al mondo in virtù della longevità dei vini che ne derivano e della loro capacità di esprimere le peculiarità sia del vitigno sia della vigna. Il riesling renano non è ovviamente un tipo qualsiasi. In vigna preferisce zone di collina ventilate e terreni asciutti e, per quanto riguarda la produttività, rimane abbastanza discreto. Infine, va detto: talvolta eccelle in atti di debolezza. È sensibilissimo alla colatura. 

Il sistema di qualità tedesco

“Dalla legislazione sul sistema di qualità tedesco non si può scampare”, afferma Massimiliano con un’indubbia vena ironica. E occorre anticiparlo - con buona pace del lettore -, detta legislazione è intricata assai. Provando a riassumere. Il sistema prevede l’equivalente dei nostri vini da tavola (sono i Tafelwein e i Deutscher Talfelwein); l’equivalente delle nostre IGP (Landwein) e delle nostre DOC e DOCG. Questi ultimi, in Germania, sono chiamati vini di qualità. Il 95% del vino tedesco appartiene alla categoria di qualità. Ora, i vini di qualità si suddividono in due altre categorie: la prima è rappresentata dai QbA (che sta per Qualitätswein bestimmter Anbaugebiete), ossia i vini provenienti da tredici regioni determinate, in cui sono ammesse le aggiunte di zuccheri al mosto (chaptalisation) o di mosto non fermentato (süssreserve). La seconda è rappresentata dai QmP (Qualitätswein mit Prädikat): anch’essi provengono dalle tredici regioni autorizzate ma non possono subire alcun tipo di arricchimento con lo zucchero e sono quindi vini le cui uve sono raccolte con un grado avanzato di maturazione. In base al grado di maturazione dell’uva - e quindi al residuo zuccherino nel mosto -, i vini QmP sono soggetti a un’ulteriore classificazione che si riferisce ai gradi Oechsle (Oe), unità che misura la densità del mosto d’uva. Vi sono quindi, classificati in ordine di maturazione crescente: Kabinett (vendemia normale con un contenuto zuccherino del mosto non inferiore a 70° Oe); Spätlese (Vendemia tardiva); Auslese (uve surmature non botritizzate); Beerenauslese (uve surmature parzialmente botritizzate); Trockenbeerenauslese (uve surmature completamente botritizzate); Edelbeerenauslese (vecchia denominazione con gli stessi °Oe di un Trockenbeerenauslese ma da uve non botritizzate). E infine, gli Eiswein: vini ottenuti da uve vendemmiate a una temperatura non superiore ai -8°C e con concentrazione non inferiore ai 110° Oe). Ma non è tutto.

Un’ultima informazione, infine, che ci pare necessaria ricordare qui. Esiste un’associazione privata chiamata Verband Deutscher Prädikatsweingüter (VDP) fondata nel 1910 da alcune aziende vitivinicole per tutelare e promuovere la massima qualità nella vitivinicoltura tedesca. Quest’associazione ha adottato una piramide qualitativa che, sul modello borgognone, pone invece il vigneto al centro. Essa si suddivide in quattro livelli: VDP Gutswein (paragonabili agli AOC Bourgogne); VDP Ortswein (equivalenti ai village borgognoni); VDP Erste Lage (Premier Cru); e, infine, VDP Grosse Lage® (corrispondenti ai Grand Cru). E questo è quasi tutto.

La degustazione

Accostiamoci con l’occhio: tutti i vini vengono vestiti di un giallo dorato (se si eccettua il primo vino, del 2019).

Graacher Himmelreich QbA Tradition 2019 - Weingut Dr. Loosen

In principio l’olfatto ha solamente a che vedere con il TDN (la molecola responsabile del profumo di idrocarburo). Poi guarda, sente, impara a conoscere il mondo. E così il patrimonio continua a crescere. Ecco che spiccano il biancospino, l’agrume dolce, un minerale non identificato e la vaniglia. La bocca entra fresca sebbene risulti un filo intrappolata nella morbidezza. Si lascia alle spalle una pungente nota minerale. Trascorre la sua prima infanzia.

Traiser Mühlberg Grosses Gewächs 2015 - Weingut Dr. Crusius

I profumi vanno dritto al punto: ginestra, l’odore dell’erba e della pietra dopo la pioggia. Anche il sorso, dinamico, sembra dotato di una bussola, dall’ingresso al centro bocca e al finale, dettato da una chiusura salina. Vivrà ancora per lunghi, lunghissimi anni.

Traiser Bastei Grosses Gewächs 2015 - Gut Hermannsberg

Il sulfureo gli fa da manager, come si dice oggi. Ma vanta anche il melograno, la pietra focaia e la ginestra; e il cedro, che si rannicchia. Al gusto gioca prevalentemente sulla rotondità, senza tuttavia dimenticare la verticalità. Nel complesso, tutte queste componenti rappresentano un buon vino destinato a rivolgersi a un vasto pubblico. Una certezza.

Schlossböckelheimer Kupfergrube Grosses Gewächs 2015 – Schäfer-Fröhlich

All’olfatto hanno una storia comune il gelsomino, il pepe bianco e il pompelmo. Mentre il sorso è bilanciato in tutto, tra componenti dure e morbide. Evidentemente olfatto e sorso sono amici e vogliono assieme sfidare il futuro. Un vino preciso, senza fuochi d’artificio, mai fuori tema: di alto livello. 

Monzinger Halenberg -R- Grosses Gewächs 2014 - Weingut Emrich-Schönleber

Inizialmente respira con difficoltà e parla solo di biancospino. Poi abbandona l’argomento e passa al pepe bianco, alla cera d’api e al limone candito. La bocca è per lo più morbida e risulta un filo assente quanto a dinamicità. L’ultimo ricordo vivido che ci rimane di lui è la cera d’api.

Niederhäuser Hermannshöhle Grosses Gewächs 2014 - Weingut Helmut Dönnhoff

Una litania di profumi, chiaramente leggibili: litchi, fiori gialli, frutta secca. E infine l’ananas sciroppato che sembra non riuscire ad adattarsi a quell’ambiente. Ma contro ogni previsione l’assaggio è ritmato e dotato da una sapidità che evolve su un epilogo pennellato da erbe aromatiche. Massimiliano fa girare l’aggettivo nella sua bocca prima di affermare: “splendido”. 

Dorsheimer Goldloch Kabinett 2019 - Joh. Bapt. Schafer

Mimosa e buccia di limone. Poi il brodo e l’animale che entrano nell’arena come dei tori, quasi volessero ostentare un atteggiamento ribelle. Insomma, una bella scazzottata. Al gusto, leggermente frizza e ci si chiede se non sia ripartita una malolattica in bottiglia. Buona la persistenza, coerente con i profumi sopracitati.  

Niederhäuser Hermannsberg Riesling Auslese 1997 - Staatliche Weinbaudomäne Niederhausen Schlossböckelheim

Vi abitano il dattero e il caffè, per poi trasferirsi in un minerale di pietra focaia. È complesso quanto basta. Buonissima la gustativa, fresca come una lama, che si congeda lentamente sul sale. Un vino che non sembra affatto esser prossimo alla morte. Ben fatto.

Oberhauser Brücke Auslese Goldkapsel 1999 - Weingut Helmut Dönnhoff

Continua a ripetere: “l’albicocca secca, l’albicocca secca!”. E gli altri, che sono la salvia, i gherigli di noci e l’ardesia, si precipitano dietro di lui. L’ingresso è avvolgente e la beva è pulita, precisa, rocciosa. L’albicocca secca dice l’ultima parola. E qui si pensa che possa ancora aspettare.

Il tempo divora ed erode tutto. Ma non ha ancora intaccato questi nove vini che confermano il carattere nobile del riesling renano. E per dirla con un’altra piccola frase trovata in un altro libro molto tempo fa: «il carattere è il nostro destino».