Il sussurro del Sangiovese di Romagna
Racconti dalle delegazioni
21 settembre 2023
AIS Milano dedica una serata al Sangiovese di Romagna con Davide Gilioli - degustatore e relatore AIS - e Francesco Bordini, agronomo, winemaker, relatore AIS e portavoce del territorio. Un’occasione per approfondire con 10 calici le sfumature del vitigno e di questa terra enologicamente spesso dimenticata.
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La Romagna è ancora piegata dalle alluvioni di questa primavera, che ha portato più fango che fiori, ma lo spirito indomito della Regione è un esempio solare per l’Italia tutta e lo dimostra la volontà stessa di mantenere attiva la degustazione di questa sera. Parlare di vino è un altro modo per aiutare un territorio, che se oggi richiama braccia per spalare la fanghiglia, domani avrà bisogno dell’attivo supporto turistico per ripartire. Vale doppio, in questo senso, anche il progetto evolutionER – di cui Gilioli e Bordini sono attivi artefici - che dal 2022 con una pagina Instagram dedicata ha l’obiettivo, attraverso interviste ai produttori, visite in cantina e degustazioni, di raccontare il territorio, instillare curiosità e fare da volano a tutto l’indotto legato all’enoturismo.
Ad oggi, sono ben 16 le sottozone della DOC Romagna Sangiovese, a riprova della grandezza di questa terra che ha creduto nella necessità di fare del suo vitigno principe un faro di comunicazione.
Terroir di Romagna
«Sua Maestà il sangiovese è un vitigno complesso, ma che sussurra», racconta Francesco Bordini, «permettendo così di dare voce al terroir, in tutte le sue variabili». L’esperimento di questa sera, seguendo questa linea di pensiero, vede una batteria di vini in cui le variabili annata (2020), vitigno (sangiovese), fermentazioni (quasi tutte spontanee) e affinamento (in acciaio o cemento per lo più, con eventuali passaggi in legno poco invasivi), sono tenute tutte il più possibile stabili, in modo da far emergere il terroir, inteso come spazio fisico, composizione pedologica, clima, microclima e fattore umano.
Prima di addentrarci nell’approfondimento di queste linee di demarcazione, è bene ricordare che esistono tre grandi famiglie di sangiovese: quello di Lamole - ovvero il sangiovese del Chianti per eccellenza – quello di Romagna e quello di Montalcino. «Con grande semplicità, possiamo distinguere queste varietà da due caratteri principalmente: la dimensione dell’acino e quella del grappolo» così riassume Bordini. «Lamole ha acino piccolo e grappolo piccolo, Romagna ha acino grosso e grappolo grosso mentre Montalcino ha acino grosso e grappolo piccolo». Questi elementi, lungi dall’essere solo estetici, hanno l’effetto di influenzare in modo dirompente il vino. In particolare, un acino grosso avrà meno buccia in percentuale e quindi più polpa e succo, con una sensazione tannica meno dirompente rispetto alla prevalenza del frutto.
Fino alla fine degli anni ’90 del secolo scorso il vino veniva giudicato in base alla concentrazione e all’estratto e questa valutazione, che escludeva il fruttato come pregio, ha di fatto reso la Romagna vittima di un sentimento di inferiorità rispetto alla Toscana. Questo fino all’inizio degli anni 2000, quando si è abbandonata la rincorsa allo standard toscano per ricercare una propria strada che mettesse in luce le caratteristiche intrinseche della varietà di vitigno, del clima e dei territori della Regione stessa. Qui inizia una rivoluzione, quella romagnola, che è ancora in corso e che ha visto mettere sempre più in luce il proprio DNA anche attraverso il sangiovese.
Ma partiamo dalla geologia del territorio. La Romagna ha una storia piuttosto semplice e una composizione piuttosto ordinata (soprattutto rispetto alla Toscana, per esempio) che ha stratificato i terreni in strisce parallele al mare e agli Appennini, in una progressione di ere geologiche che raggiungono il colmo “dell’anzianità” verso le montagne. I principali tipi di suolo che si sono formati e che sono caratterizzanti per la Regione sono: le terre rosse, le terre brune, le argille azzurre, le terre ocra calcaree fossilifere, la marna gessosa e la marna arenacea.
Il colore delle terre è legato al ferro, grazie al colore abbiamo anche un’indicazione sull’anzianità dei terreni: laddove troviamo delle terre rosse possiamo dire che i terreni sono geologicamente più vecchi avendo avuto il ferro più tempo a disposizione per ossidare. Non solo: proprio la presenza del ferro amplia il gusto della frutta, donando all’uva, e non solo, quell’espansione gustativa che produrrà vini estremamente fruttati. Avremo quindi vini molto fruttati da terre rosse e da terre brune dove, su quest’ultime, bisognerà rallentare la grande vigoria del vitigno accentuata da una maggiore fertilità dei terreni. Le argille azzurre (anche definite calanchi) sono suoli piuttosto giovani che vedono, oltre al ferro, anche la presenza di sodio e che donano ai vini sentori che ricordano il mare e tannini più nervosi. Le terre ocra, che caratterizzano il centro della collina romagnola, nella zona di Cesena, danno vini con una buona propensione al frutto. Le marne gessose caratterizzano suoli che tendono a scaldarsi molto in fretta, producendo vini potenti e più alcolici. Infine, le marne arenacee sono i suoli geologicamente più vecchi e poveri, che mantengono una memoria attiva del mare.
Come piccola nota a margine, per incuriosire maggiormente l’ascoltatore e ora il lettore, Bordini ha suggerito un percorso trekking nei pressi di Brisighella che permette di vedere le formazioni di gesso e quelle dei terrei calcarei fossiliferi (percorso Vena del Gesso). Si tratta di immensi ammassi di fossili, che si sono accumulati per la chiusura milioni di anni fa dello Stretto di Gibilterra e la conseguente chiusura del Mar Mediterraneo in un bacino che tendeva a diventare più concentrato e con una temperatura più elevata. Condizioni, queste, che hanno permesso lo sviluppo e la prosperità di grandi molluschi marini (spesso di specie gigantesche), con relativo accumulo di fossili e conchiglie che oggi sono visibili in questo percorso. Uno stimolo in più a tornare presto in terra di Romagna! La chiusura del Mar Mediterraneo ha trasformato, nel tempo, il bacino del Mediterraneo in una gigantesca salina inospitale per la maggior parte delle forme di vita (nel Messiniano - Miocene superiore - tra 5.970.000 e 5.600.000 di anni fa), creando quelle formazioni gessose che sempre, nella zona di Brisighella, sono così presenti. Lo stesso evento ha quindi prodotto, in due fasi, le marne arenacee, che altro non sono che suoli sedimentari, figli dell’unione tra strati di sabbie e argille, in fondali marini profondi, cementificati dal calcare, e le marne gessose, impasti di argille solidificate dal gesso.
La Degustazione
L’annata 2020 è stata davvero ottima e ci regalerà grandi soddisfazioni anche tra molti anni: l’inverno piovoso, che ha arricchito le riserve d’acqua, ha permesso di affrontare in maniera corretta un’estate mediterranea di tipo classico, dominata dai tradizionali anticicloni delle Azzorre e da brevi, anche se intensi, anticicloni africani. La crescente siccità agostana è stata fortunatamente interrotta da alcune utili piogge e dagli abbassamenti termici di settembre. La degustazione segue un ordine geografico, da nord a sud, per meglio identificare le differenze tra i terreni.
Imola (BO)
Brisighella (RA)
Marzeno (RA)
Modigliana (FC)
Romagna Sangiovese DOC Modigliana Buco del Prete 2020 - Ronchi di CastelluccioPredappio (FC)
Bertinoro (FC)
Longiano (FC)
Coriano (RN)