Intorno al vulcano. L’Aglianico del Vulture

Bruno Ferrari, Sommelier e relatore AIS, ci ha guidato alla scoperta dell’Aglianico del Vulture con la degustazione di sei vini della denominazione principe della Basilicata

Valerio Bergamini

L’aglianico fu portato portato in Italia dai Greci, probabilmente intorno al VII secolo a.C. e pare abbia preso il suo nome da “Elleanico” piuttosto che dalla città di Elea, antica polis greca. Il territorio del Vulture prende il nome da un antico vulcano spento ed il suolo è quindi ricco di residui lavici sui quali nei secoli si sono depositati strati di terreno argilloso ricco di potassio e minerali ferrosi.
Si ottiene così un vino carico di tannini e sali minerali, con alcolicità elevata e grande attitudine all'invecchiamento. Tutte caratteristiche che fanno sì che venga chiamato, non a caso, "Barolo del Sud", anche se i produttori locali preferiscono chiamarlo semplicemente con il suo nome: aglianico.

Il nostro itinerario intorno al Vulture inizia dal comune di Venosa con l'azienda Cantina di Venosa. Il primo vino in degustazione è Terre di Orazio Aglianico del Vulture 2012, affinato per 15 mesi in botti da 25 ettolitri. Nel bicchiere si presenta alla vista con un bel colore rosso porpora tendente al rubino ed al naso note di frutta a bacca rossa come ribes e marasca e sentori di viola, al palato rivela una giusta tannicità e freschezza.

A Rionero del Vulture, invece, incontriamo la Cantina Eubea: degustiamo il "Covo dei Briganti"che prende il nome dalla sede della cantina, la Torre di Guardia del brigante Carmine Crocco alla fine dell’800: alla vista si presenta di un rosso rubino misto a granato, i profumi ricordano la ciliegia, la marasca e sentori di cacao, tabacco e chicchi di caffè.

Nel comune di Maschito ecco Musto Carmelitano, piccola azienda a conduzione famigliare che abbraccia in pieno la filosofia dei “vini naturali”. Le uve sono raccolte a mano e vengono utilizzati solo lieviti indigeni e la fermentazione avviene a temperatura naturale. Alla vista si nota un rosso rubino imperscrutabile ed al palato si percepisce una piacevole rudezza del tannino e una struttura importante. L'esame olfattivo rileva note di marasca e susina con sentori terziari di spezie, cacao, caffè e tabacco.

Nel comune di Lavello ha sede la cantina Bisceglia di cui degustiamo il Gudarrà Riserva,  aglianico al 100% coltivato su terreni vulcanici, con una macerazione di circa 25 giorni ed un affinamento in carati di rovere francese per almeno 12 mesi. Il vino si presenta rubino con riflessi violacei ed i suoi profumi sono di frutta rossa e nera matura con sfumature di spezie dolci.

In quel di Rionero in Vulture incontriamo le Cantine del Notaio, realtà fondata nel 1998, con il Repertorio dell’annata 2013,. Come consigliato dal sito della cantina, questo vino ha un periodo ottimale di degustazione che va dai 3 ai 12 anni dalla vendemmia, ed infatti lo troviamo ancora in evoluzione e già con profumi terziari, oltre alla marasca ed alla susina.

Siamo giunti alla fine di questa serata ed in conclusione degustiamo il Serpara delle Cantina Re Manfredi, situata nel comune di Venosa. Vino quasi cupo nel suo rosso rubino ed al naso spezie, cacao, tabacco e caffè, oltre a note di vaniglia e di fiori e frutta a bacca rossa. In bocca sprigiona tutto il suo grado alcolico ed i suoi tannini ingentiliti dall'elevazione in legno.