Israele e Libano, storie di vini dei tempi di Noè
«Da quando è nato il mondo il vino esiste. La prima sbornia in assoluto l’ha presa Noè». Con queste parole Guido Invernizzi introduce la serata organizzata dalla Delegazione di AIS Pavia lo scorso 21 febbraio dedicata a Libano e Israele, fondamentali protagonisti della storia del vino
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La storia della vitivinicoltura iniziò in Medio Oriente, nel quadrilatero tra Iran, Armenia, Georgia, Azerbaijan e Monti Zagros. Si deve ai Fenici, che che si insediarono in un territorio in corrispondenza dell'attuale Libano e Israele, la diffusione del vino nel Mediterraneo tramite i porti di Tiro, Byblos e Sidone, dall’Egitto al Maghreb, passando per Cipro, Grecia, Magna Grecia e fino alla Spagna. In queste zone, in seguito al dominio degli Arabi, la viticoltura crollò fino al periodo delle Crociate che vide invece una rinascita della produzione.
Il vino da sempre ha avuto una grande importanza nella religione, assurgendo a elemento divino. Il termine “vino” è di origine ebraica, yáyin, e viene più volte citato nella Bibbia. Gli abitanti di queste zone furono i precursori della viticoltura moderna. Libano e Israele, a lungo in guerra, divisi da profonde differenze religiose/culturali, condividono l’esperienza di una gloriosa vitivinicoltura storica nonché di un recente nuovo impulso attraverso figure visionarie come il Barone Edmond de Rothschild, di origini ebraiche, in Israele con il progetto cooperativo Carmel Winery datato 1882, e Gaston Hochar in Libano con la fondazione nel 1930 di Chateau Musar. Tutti e due importarono dalla Francia vitigni e tecniche di coltivazione, coniugandoli con una tradizione millenaria in un paradiso pedoclimatico ambientale straordinario.
In Israele le cinque zone di produzione sono: Galilea–Golan, Shomron, Samson, Colline della Giudea e Negev, ciascuna con un proprio caratteristico microclima. In generale il clima d’estate è secco, d’inverno è freddo e piovoso con neve sulle alture, nelle zone aride fa naturalmente caldo, mentre una brezza costante dal mare preserva le uve dal marciume permettendo una perfetta maturazione. Una irrigazione a goccia è fondamentale nelle zone aride, mentre nel nord abbiamo una media di 600 mm. di pioggia all’anno. La principale fonte idrica di Israele è il fiume Giordano e il lago di Tiberiade. Galilea che in ebraico vuol dire “il distretto delle nazioni” è la parte più a nord di Israele al confine con il Libano e la Siria, in vicinanza il lago Tiberiade. È la zona più vocata con terreni vulcanici, tufici, basaltici, grande escursione termica giorno/notte e pioggia ben distribuita durante l’anno. Nella Upper Galilea l’altura del Golan con il plateau vulcanico arriva fino ai 1.400 metri di altitudine, ambiente ideale per le vigne da clima freddo come viognier, pinot nero e gewurztraminer.
A sud, scendendo dalle alture del Golan, troviamo la zona di Shomron/Samaria sede del famoso monte biblico Carmelo che in ebraico significa “vigna di Dio” con altitudini intorno ai 400/500 m.s.l.m. Qui il Barone Rothschild impiantò la sua prima vigna. Samson “il piede delle colline della Giudea” e Colline della Giudea sono vicine al Mar Morto. Nelle lowlands,la parte più vicina al mare con poca escursione termica, si fa vino di quantità, mentre ai piedi delle colline le cose incominciano a migliorare fino ad arrivare alle Colline della Giudea. Altitudine fino a 1.000 m.s.l.m., con clima freddo, qui si producono vini di qualità tra cui un ottimo pinot nero. Nel Negev, la zona più desertica d’Israele, la coltivazione della vite risale fino ai tempi dei Nabatei, considerati in antichità grandissimi ingegneri idraulici. I terreni sono prevalentemente sabbiosi e le uve hanno bassa acidità. Di notte si possono tranquillamente superare i 40 gradi. Oggi il Negev viene internazionalmente definito come “Il posto dove il deserto fiorisce” con un livello qualitativo altissimo.
I vitigni francesi sono i più coltivati: cabernet sauvignon, cabernet franc, syrah, merlot, carignan, uve particolari come il petite sirah e l’emerald riesling. Interessanti i vitigni originari di questa zona come l’argaman (carignan x souzão), baladi, jàndali, daboùki, hamdàni e il marawi, probabilmente gli antenati dei nostri vitigni. Legato alla religione ebraica è il vino kosher, ottenuto rispettando le norme della Kasherut che seguono gli insegnamenti della Torah. I grappoli possono essere raccolti solo dal quarto anno e ogni sette anni la vite deve essere lasciata a riposo per un anno sabbatico. Fin dal vigneto devono essere utilizzati solo strumenti kosher e da quando l’uva entra in cantina solo ebrei osservanti possono vinificare perché il vino resti puro. Se toccato da un gentile per rimanere kosher deve essere pastorizzato. Con una cerimonia a fine pigiatura parte del vino viene gettata a simboleggiare la quota anticamente versata ai guardiani del tempio di Gerusalemme.
Il nome Libano deriva dall’arabo laban (latte) per via della somiglianza tra il Monte Libano coperto di neve d’inverno e il colore del latte. Condivide con Israele una storia millenaria, il suo nome viene citato più volte nell’Antico Testamento. In Libano si è sempre vinificato anche sotto il dominio dei Turchi che pur proibendo di bere vino non cessarono di produrlo utilizzando manodopera cristiana, greca e armena. Nel 1843 i Gesuiti trasferitesi dall’Algeria (Fiorente colonia francese) portarono con sé dei vitigni di origine transalpina tranne due varietà autoctone (obaideh e merwah) forse progenitrici dei vitigni francesi chardonnay e semillon. Furono loro a fondare nel 1857 Chateau Ksara. La zona vitivinicola di elezione è la Valle della Bekaa, racchiusa tra le catene montuose del Libano a occidente e dell’Anti-Libano a oriente, distante circa 30 Km da Beirut. Lunga circa 120 Km e larga 16 Km la Valle della Bekaa ha un clima mediterraneo. Nella parte nord-est le precipitazioni sono insignificanti mentre nel resto della valle le medie annue delle piogge sono fondamentali per il ciclo vegetativo della vite. La zona dal punto di vista geologico è complessa per diversificazione, la base del terreno è prevalentemente basaltica, troviamo inoltre rocce sedimentari e carbonati con terreni bruni, rocce vulcaniche, rocce fluviali di deposito e rocce marine. La zona vitata è pari a circa 2.000 ettari con una produzione media di 8 milioni di bottiglie.
La degustazione
Yarden - Golan Heights Winery Viognier 2016 alcol 14,5% vol.: qabbalah, ricevere; un vino in dono nato da marne vulcaniche del giurassico; la vividezza del paglierino dorato e la consistenza predispongono l’olfatto a una intrigante intensità e nettezza. Pesca gialla matura, uno sfumato boisè e spezie bianche, ginestra e fiori d’arancio con note di noce, molto fine. Dirompente al gusto, deciso e ricco, la freschezza e la sapidità ben in evidenza, lunghissimo. Abbinato a penne in carbonara di zucchine e scamorza al profumo di basilico.
Yarden - Golan Heights Winery Pinot Noir 2016 alcol 13% vol.: ivrì…ebreo, ma dallo stile francesizzante, un pinot preciso che non smetteresti di bere. Bello il rubino luminoso, finissimo al naso di ciliegia croccante, declina su viola e geranio, balsamico e speziato, per completarsi in bocca pieno e succoso dal tannino morbido, verticalità su ritorni di liquerizia. Un vino essenziale che tocca la sfera emotiva. Abbinamento: petto d’oca con patate al forno.
Chateau Ksara – Le Chateau Red 2015 alcol 14% vol.: Cabernet sauvignon 60%, merlot 30%, petit verdot 10%: riservato e impenetrabile il rubino scuro, consistente, dal naso opulento, aromi terrosi, rocciosi e vegetali, foglia di pomodoro, nepitella, frutta rossa, legno e spezie, chiodo di garofano, in bocca è tannico e non ancora composto, ne attendiamo l’enigmatica evoluzione.
Chateau Musar Rosso 2012 alcol 14,5% vol.: in un “luogo di straordinaria bellezza”, le uve cabernet sauvignon, carignan e cinsault trasmettono sontuosità mediterranea. Rubino, strutturato, evoluto di consistenza carnosa, incide importante sull’olfatto con note di sottobosco, spezie, funghi, carruba, te e tabacco, da masticazione e perfetta coerenza di sensazioni. Molto lungo ed energico.
Chateau Musar bianco 2010 alcol 12% vol.: da uve locali obaideh e merwah: in un sipario cromatico, l’oro vivido di queste uve si esprime nitido, gli aromi sono esotici mediterranei, definito nei dettagli, sentiamo l’anice, i fiori bianchi, frutta secca e noce moscata, caramella, note terziarie evolute, cremoso al gusto nota miele, noce moscata e vitale. Si abbina con pesci di una certa grassezza come l’anguilla fritta.
Yarden Ice Wine Heightswine 2017 alcol 12,5% vol.: Gewurztraminer: la brillantezza di questo vino sembra dirci ellah...eccomi! Pronto a offrirsi in tutta la sua setosità in un tripudio di sensazioni che rimandano a profumi di straordinaria integrità, in sincronia con la natura. Naso fine pulito di litchi, albicocca, pesca, pepe dolce, zenzero, buccia d’arancia candita, frutta tropicale; di sensuale filigrana, in bocca è morbido e avvolgente in perfetto equilibrio. Di classe e di importante lunghezza da gustare in silenzio, da solo o con formaggi erborinati.