Jura. Panoramica sugli stili produttivi e focus sul crémant

A est della Côte d’Or, là dove la terra comincia a salire verso le Alpi, vi è la più piccola regione vitivinicola della Francia: siamo nel dipartimento dello Jura in Borgogna-Franca Contea. Guido Invernizzi, brillante e amatissimo relatore, ci introduce a un territorio che cesella bottiglie dall’eccezionale varietà stilistica.

Florence Reydellet

Il vigneto dello Jura è uno fra i più antichi della Francia tant’è che già Plinio il Vecchio scriveva del vino dei Sequani (antico popolo della Gallia celtica) dal «sapore di pece». I Romani prima e le istituzioni religiose poi (in particolare, l’abbazia benedettina di Château-Chalon, fondata probabilmente nel IX secolo) contribuirono allo sviluppo della vitivinicoltura: nei secoli, il vigneto dello Jura conobbe un costante accrescimento che raggiungerà il suo apice nel 1879 con ben 20.000 ettari vitati. Fu peraltro nel medesimo periodo che le ricerche condotte da Louis Pasteur (1822-1895) - nobilissimo figlio dello Jura - nel vigneto Clos des Rosières, permisero di dimostrare che i processi di fermentazione, da lui stesso definiti come «la vita in assenza di ossigeno», derivano dall’attività dei microrganismi. Ciononostante, come la maggior parte dei vigneti, neppure questo scampò ai flagelli della filossera e dei due grandi conflitti mondiali che lo corrosero.

Guido InvernizziTerroir

Ai giorni nostri, i 2.000 ettari vitati rimanenti si distribuiscono a macchia di leopardo su un’angusta lingua di terra - 70 km per una larghezza di 6 km circa - tra i comuni di Salins-les-Bains e Saint-Amour. L’areale più propizio alla viticoltura è quello del Revermont, ubicato sui primi contrafforti del massiccio dello Jura, le cui quote oscillano tra i 200 e 450 metri s.l.m.: la sua geomorfologia si contraddistingue per la presenza di vallate strette e profonde - le cosiddette reculées - create dall’erosione (così come le combes borgognoni) che riparano dal freddo e consentono maturazioni tardive. Le reculées sono infatti di primaria importanza per propiziare la viticoltura, considerando i dati climatologici annui: scarsa insolazione (1.800 ore di sole annue); precipitazioni elevate (fino a 1.400 mm/anno nella zona di Poligny); temperatura media in vigna di 10 °C. Ecco perché, come nella Côte d’Or, i migliori versanti sono quelli più esposti al sole, ovverosia quelli rivolti a sud-ovest e talora a sud-est. In questo contesto, la matrice è assai omogenea sui rilievi: a sud predomina il calcare duro formato da fossili di Gryphea del Giurassico medio e superiore, mentre nel centro-nord si rinvengono perlopiù le marne dell’era mesozoica (Giurassico e Triassico). Il sottosuolo appare invece più intricato, con stratificazioni di marne (iridee, rosse, grigie, nere, verdi e blu), detriti calcarei e Keuper ovvero «formazioni costituite di marne miste a gesso, salgemma, fossili e sabbia» come ci spiega Guido.

Vitigni

Dal punto di vista ampelografico, lo Jura si veste prevalentemente in bianco con lo chardonnay a far la parte del leone (48%). Anche chiamato melon à queue rouge o melon d’Arbois, è un vitigno muscolare, dalla bella acidità, che viene destinato alla produzione di vini detti ouillés (termine usato in loco per qualificare le vinificazioni in botte colmata) e di vini spumanti. Ben meno coltivato (17%) - ma fuoriclasse incontestato - è il savagnin blanc: sebbene sia la cultivar che per antonomasia caratterizza lo Jura, sarebbe una variante non aromatica della famiglia dei traminer coltivati in Germania, Austria e Ungheria. Proprio per via della sua notevole struttura, è eccezionalmente adatto all’affinamento sous voile (di cui diremo più in avanti). Tre invece sono le cultivar a bacca rossa: il pinot noir, prevalentemente destinato alla spumantizzazione (da solo o in assemblaggio); lo scorbutico ma splendido poulsard (18%) - detto anche ploussard - scarico di colore e dalla tendenza ossidativa; e il serbevole trousseau (5%) robusto e colorato.

Vin jaune

Prima ancora di entrare nel dedalo delle denominazioni, vi è da notare che lo Jura è tradizionalmente legato alla produzione di un vino singolare: il vin jaune. Anche chiamato l’Or du Jura, deve le sue caratteristiche a un peculiare processo di elaborazione: grappoli di uve savagnin blanc vengono raccolti a piena maturazione, fatti fermentare e poi abbandonati in vecchie botti di rovere per un minimo di 6 anni e 3 mesi. Nella botte, il liquido che non viene mai travasato né rabboccato, si ricopre di un velo (infatti, lo si dice sous voile, ossia sotto velo) di lieviti aerobici che lo protegge dall’ossidazione e decompone parte dell’alcol in etanale (caratterizzante del tipico aroma di mela matura) e in altre molecole come il sotolone (che conferisce note di noce e curry). Questo processo consente inoltre di ottenere il caratteristico colore giallo del vino. Il vin jaune viene poi commercializzato in una bottiglia da 62 cl chiamata clavelin.

Denominazioni

L’enografia si suddivide in sette appellation d’origine protégée, di cui quattro hanno un’origine prettamente geografica:

  • Côtes du Jura (550 ha): denominazione di ricaduta (copre tutti i 110 comuni dello Jura viticolo), è destinata ai vini fermi bianchi, rosati e rossi;
  • Arbois (766 ha): primissima AOC francese, assurta a denominazione nel 1936. Sebbene copra solamente 12 comuni (i più rilevanti dei quali sono Pupillin, capitale del poulsard, e Montigny-les-Arsures, capitale del trousseau), è la più vitata del comprensorio. È anch’essa, come la precedente, destinata ai tre colori, benché sia più nota per i suoi rossi;
  • L’Étoile (67 ha): appellation il cui nome allude ai numerosi pentacrinoidi o stelle marine fossili del sottosuolo. Investe 4 comuni e include sia i vini bianchi fermi secchi ouillés sia quelli non ouillés;
  • Château-Chalon (60 ha): copre 4 comuni ed è esclusivamente riservata al vin jaune.

Oltre a quanto detto, si annota che le tre prime appellation possono fregiarsi della dicitura vin jaune e vin de paille (vino passito dolce).

Le rimanenti tre altre appellation concernono invece la tipologia di vino che viene ottenuto:

  • Crémant du Jura (282 ha): uno spumante Metodo Classico bianco o rosato che riscuote ormai l’applauso della critica internazionale (rappresenta circa il 51% delle esportazioni). I vitigni autorizzati sono i cinque nominati prima: per il Crémant bianco, almeno 70% della cuvée deve comprendere chardonnay, pinot noir e trousseau; il Crémant rosato, invece, si deve comporre di pinot noir e poulsard per almeno il 50% della cuvée. Entrambi possono essere immessi in commercio non prima di 12 mesi dall’inizio della presa di spuma;
  • Macvin du Jura: una mistella ottenuta dall’assemblaggio di mosto fresco e acquavite di vinacce. Vengono ammesse tutte e cinque le principali uve della regione;
  • Marc du Jura: appellation riservata alla produzione di un’acquavite ambrata, prodotta dalla distillazione delle vinacce di chardonnay, savagnin, pinot noir, poulsard e trousseau che debbono peraltro provenire da un’azienda agricola che alleva almeno tre di queste cultivar, tra cui il savagnin.

La degustazione

Prima ancora di avviare la degustazione incentrata sul crémant, Guido Invernizzi segnala che per molto tempo si è ritenuto che le bollicine si limitassero a dare solo pungenza in bocca, aggiungendovi (forse) sfumature di freschezza, senza dunque influenzare il gusto. In realtà l’anidride carbonica è in grado di veicolare la maggior parte dell’aroma dei vini effervescenti, come hanno dimostrato esperimenti scientifici i cui risultati sono stati resi noti in un articolo pubblicato nel 2009 su rivista internazionale.

Crémant du Jura – Domaine de la Pinte
70% chardonnay, 20% savagnin, 10% pinot noir
Rosa pallido luccicante e trasparente sostenuto da un’effervescenza minuta. Naso senza tentennamenti: sullo sfondo balsamico e minerale poggiano sentori agrumati di cedro, insieme a un ventaglio ampio di fiori bianchi (genziana in primis). La bocca è agile, lunga e coesa, con un movimento mai slegato e contrassegnato dalla piacevole ricucitura retrolfattiva dei profumi.

Crémant du Jura Millésimé Brut AOC 2015 - Tissot-Maire
100% chardonnay
Paglierino permeato da riflessi dorati; finissimo il perlage. Effluvi di mela gialla grattugiata e limone candito conquistano il primo piano, mentre sullo sfondo si profilano nitidamente le note di banana (acetato di isoamile, come ricorda Guido) e di lievito. Notevole la bellezza sensoriale del palato che si muove con passo gentile, grazie al perfetto equilibrio tra le componenti dure e quelle morbide. Subentra infine una gradevole scia ammandorlata che traina a lungo lo sviluppo gustativo.

I viniCrémant du Jura Extra Brut 60 - Marcel Cabelier
100% chardonnay
Paglierino cristallino, dalle bollicine raffinate. Scorza di agrumi grattugiata, camomilla e tabacco fanno da cornice olfattiva a uno sgargiante profumo di burro. L’attacco di bocca è possente, caratterizzato da movenze gustative pienamente controllate; sapidità e freschezza trovano un equilibrio ineccepibile e preparano il palato a una lunghissima scia di sapore, in cui si susseguono, a una a una, le molteplici sensazioni aromatiche.

Sav’Or 2018 - Domaine de la Pinte
100% savagnin
Paglierino attraversato da bagliori dorati. Calde tonalità di succo di pesca aprono la strada a un ventaglio olfattivo sfaccettato, in cui si presentano lentamente la frutta secca, il litchi, le erbe aromatiche fino a chiudere con una traccia di zenzero (non da legno). Progressione gustativa graffiata dalla sapidità e accompagnata, fino in fondo, da lunga persistenza aromatica.

Grand Minéral Savagnin Blanc Côtes du Jura 2018 - Domaine Maire & Fils
100% savagnin
Trama di intenso e smagliante dorato. Il corredo aromatico giunge potente con l’aiuto dell’alcol: elargisce profumi di albicocca, spezia dolce e rintocchi minerali. Assaggio impetuoso, persino tannico, ma al contempo suadente e avvolgente. Chiusura in lenta scansione con ritorni affumicati.

Arbois Pinot Noir 2015 - Domaine de la Pinte
100% pinot noir
Rubino di matrice cromatica scarica. Diffonde doviziosi ed eleganti aromi di piccoli frutti rossi, spezie e note terrose unite a sottili sfumature animali. Avvolgente la trama gustativa dotata di tannini nobili, sebbene latiti un poco quanto ad acidità. Persistente, con una scia leggermente amaricante in uscita.

Al termine della degustazione, ovunque ci giriamo nella sala Verdi del Westin Palace Hotel, ci sono espressioni di felicità. Verrebbe quasi da cantare: «Here comes the sun and I say it’s all right. Little darling, the smiles returning to the faces». Guido, a nome di tutti noi: grazie!