Jura, un piccolo tesoro rurale da amare

Un meraviglioso viaggio, in compagnia di Guido Invernizzi, alla scoperta dello Jura, una perla di rara bellezza, a due passi dal confine italiano.

Mauro Garolfi

A poche ore d’auto da Milano, nel pieno della campagna francese, bellezza e unicità si fondono in un fazzoletto di terra, un autentico e prezioso scrigno vinicolo: lo Jura. Guido Invernizzi, grande conoscitore della Francia e di questo territorio, introduce la serata presso il Polo Tecnologico di Pavia, conquistando subito l’attenzione dei partecipanti con un excursus storico avvincente.

Guido InvernizziLa storia

Si parte dagli antichi Romani e dalla loro decisiva influenza sulla vitivinicoltura francese; anche lo Jura non fa eccezione: furono proprio i Romani a capire che in questa zona era possibile produrre vino di qualità.
Una data importante è il 670 d.C., con la fondazione dell’abbazia di Château-Chalon: la vinificazione avviene lì ad opera delle monache e il vino che producono è ancora qualcosa di bizzarro per il nostro naso e il nostro palato: si tratta di un vino bollito al quale vengono aggiunte spezie ed erbe aromatiche, retaggio dei vini bevuti nell’antichità.
Per ragioni storiche, politiche, culturali, economiche, fino al Medioevo i vini della regione rimangono poco conosciuti. Un momento decisivo è rappresentato dalla fine del XIII secolo, quando Jean de Chalon stabilisce regole per la coltivazione della vite e per la produzione del vino. Da qui in poi, da Filippo il Bello, re di Francia, a Filippo l’Ardito, duca di Borgogna, la nobiltà francese si accorge dello Jura vinicolo, lo apprezza e se ne innamora. Al punto che nel Cinquecento, il giurista Barthélemy de Chasseneuz inserisce vini del territorio nel suo Catalogus gloriae mundi, che abbraccia, tra le altre cose, il meglio della vitivinicoltura mondiale.

Nel Settecento vengono identificati i quattordici vitigni rappresentativi della zona, in grado di darne lustro qualitativo. Altre figure note e significative della regione sono lo scienziato Louis Pasteur, di Arbois, che coi suoi studi ha dato il via alla vitivinicoltura moderna e Alexis Millardet, creatore della poltiglia bordolese, in grado di combattere peronospora e oidio.
Più recentemente, nel 1926, il gastronomo francese Curnonsky inserisce un vino di Château-Chalon tra i migliori cinque vini bianchi del mondo e dieci anni dopo, nel 1936, è Arbois la prima Appellation d’Origine Contrôlée.
Una certa visibilità ai vini dello Jura è stata data poi, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, con l’opera di Henri Maire.

Jura: caratteri generali, clima, suoli

Situato nella regione storica della Franche-Comté, lo Jura francese ha subìto nella storia diverse influenze, tuttora mantenendone, analogamente alla vicina Alsazia, anche una tedesca, che si concreta, tra gli altri aspetti, in una tradizione brassicola di un certo rilievo.
Il nome è strettamente legato all’origine dei suoli, risalenti all’era geologica del Giurassico, circa 200 milioni di anni fa, quando, dove oggi c’è il Revermont – altopiano collinare delicatamente digradante verso Arbois, discesa dallo Jura svizzero a quello francese – c’era una catena montuosa, alta come l’Himalaya, che tagliava l’attuale Europa per più di 5000 km di lunghezza.

La catena scomparve e rimasero il Massiccio Centrale e i Vosgi, mentre tutto il resto fu invaso dal mare, che rimarrà fino a 70 milioni di anni fa. Quel mare basso, caldo e pieno di pesci, immutato per un tempo infinito, definito dall’Università di Geologia di Montpellier “mare tahitiano”, sembra qualcosa di incredibile; saperlo e provare ad immaginarselo fa viaggiare e pensare allo scorrere continuo e inesorabile del tempo. I resti di quel mare così lontano nel passato si ritrovano però nel “mare di gesso” di oggi: i resti geologici dei terreni gessosi, le conchiglie deposte in milioni di anni.

I terreni qui sono unici: calcarei, con fossili marini, e marnosi. Snodato su circa 70 km in lunghezza e circa 6 in larghezza, lo Jura rappresenta quantitativamente una piccolissima porzione del vigneto francese (lo 0,3%, pari a circa 2000 ettari), con altitudini tra i 200 e i 450 metri e pendenze tra il 10% e il 40%. Caratterizzato da un clima montagnard, semicontinentale con minimo influsso oceanico, con autunno e primavera miti e piovosi, ma soggetti talora a gelate, ed estati secche e calde, gode di una propizia ventilazione, ad opera di venti tiepidi provenienti da sud-ovest. Vallate strette e profonde riparano dal freddo e consentono maturazioni tardive. Le esposizioni delle vigne sono a sud, sud-ovest, ovest.

Guido ci conduce ora nel dettaglio di vitigni, zone e denominazioni del territorio, riuscendo ad incuriosire in modo crescente un pubblico attento e attratto dal suo racconto ricco, brillante e puntellato da episodi, fotografie, ricordi, scene di vita e di viaggi nello Jura.

Vitigni

Il maggior peso viticolo e commerciale è rappresentato dalle AOC Arbois, Crémant e Côtes du Jura. Il 40% della produzione è costituito da vini bianchi - storici, radicati, da sempre nel dna dello Jura -, il 28% è crémant, il 20% è rappresentato da vini rossi (la produzione dai vitigni rossi autoctoni trousseau e poulsard è cresciuta negli ultimi tempi).  A livello di vitigni le quantità maggiori sono dello chardonnay e del suo gemello, biotipo locale, melon à queue rouge, che coprono circa la metà, poi gli autoctoni poulsard, chiamato anche ploussard, e savagnin, seguiti da pinot noir e dall’autoctono trousseau. Da sottolineare come in Jura, negli ultimi anni, stia conquistando sempre maggior rilievo l’approccio biodinamico.

Il trousseau, che dà vini generalmente scuri e di corpo, dall’importante carica acida e carica tannica, è vitigno che ha bisogno di sole. Incrocio tra duras e petit verdot, in Portogallo è chiamato bastardo e rientra tra i vitigni impiegati nella produzione di Porto, mentre in Argentina è chiamato pinot gris du Rio Negro.

Il poulsard – dal latino pulsare –, geneticamente parente di prié blanc, freisa e nosiola, dà vini generalmente di poco colore, con delicati sentori animali e dall’acidità debole, non prestandosi, in genere, a lunghi invecchiamenti. 

Il savagnin è il vitigno autoctono più particolare e rappresentativo. Figlio del traminer e parente di chenin blanc, verdelho e arinto, ha nell’alsaziano klevener de Heiligenstein la sua variante rosa.  Vitigno a maturazione tardiva e terribilmente esigente, è rimasto confinato nello Jura, dove riesce a dare risultati di vera, autentica eccellenza.

Didatticamente, nelle sue espressioni, dovremmo ritrovare buona acidità e la complessità rappresentata da note di miele, spezie, mela verde, frutta esotica e frutta secca.

Zone e denominazioni

Se la zona di Arbois (l’etimologia del nome significa terra fertile) è vasta e copre 12 comuni, gli ettari vitati sono invece solo 800 e vi è permessa la produzione di vini rossi, bianchi e rosé. Sicuramente da ricordare sono anche le chicche di Pupillin, “capitale mondiale del poulsard” e Montigny lès-Arsures “capitale mondiale del trousseau”, piccoli comuni che stanno valorizzando i due vitigni rossi autoctoni.

Il Crémant du Jura AOC, metodo classico, rappresenta più di un quarto delle vendite di vini AOC dello Jura e i vitigni autorizzati sono chardonnay (o melon à queue rouge), pinot noir, savagnin, poulsard, trousseau.

Da menzionare, oltre all’AOC Côtes du Jura, diversificata e piuttosto onnipresente nel vigneto giurassiano, sono anche la zona e l’AOC di l’Etoile: qui alcuni attribuiscono l’origine del nome del villaggio all’essere circondato da cinque colline che formano una stella, ma può essere invece decisiva, per il nome, la presenza, solo qui, di un fossile, genitore ancestrale delle stelle di mare.

Il Macvin du Jura AOC copre tutte le zone. Tipicamente bevuto come aperitivo, è un VDL - vin de liqueur -, cioè una mistella, ovvero mosto, da uve trousseau, poulsard, chardonnay, savagnin, a cui è stata interrotta la fermentazione mediante l’aggiunta di un distillato di vinacce, il Marc du Jura, che gode anch’esso dell’AOC.

Nel Vin de Paille, vino passito presente nelle denominazioni Côtes du Jura, Arbois e l’Etoile, sono autorizzate le uve chardonnay, savagnin, poulsard e trousseau. Queste devono rimanere almeno sei settimane su paglia o graticci. Non si opera mai un riscaldamento, bensì una costante ventilazione. Si pressa alla fine dell’anno e si ottengono 15-18 L di mosto da 100 Kg di uva. Il vino, ottenuto da una lenta fermentazione, deve restare per tre anni nella feuillette, botte da 114 L, e per legge è commercializzato solo nella classica bottiglia da 37,5 cc.

Il Vin Jaune, cavallo di battaglia dello Jura, è un vino ottenuto da sole uve savagnin e attraverso lo sviluppo della flor, patina biancastra di lieviti che si forma e si mantiene integra in superficie solo in determinate condizioni di botti scolme e in particolari e ben ristretti limiti di temperatura e di umidità. Per essere definito tale, deve restare per sei anni e tre mesi in botti di rovere, mai travasato né rabboccato. In queste condizioni, vengono a trovarsi in equilibrio etanale e sotolone, molecole che caratterizzano il vin jaune anche da un punto di vista organolettico: mentre l’etanale dona sentori di mela matura e di mela cotta, il sotolone è responsabile delle tipiche note di noce e di curry. Viene commercializzato nella tipica bottiglia da 62 cc, chiamata clavelin.

L’AOC Château-Chalon, la più rappresentativa per questa tipologia, è esclusivamente vin jaune. Qui un comitato di controllo durissimo verifica potenziale alcolico dell’uva, stato sanitario e rendimento parcella per parcella.

Guido spazia, racconta, si muove da grande, esperto conoscitore, tocca anche altre regioni francesi e altre zone del mondo per confronti, rimandi, riferimenti, mantenendo comunque ben saldo nello Jura il centro dell’attenzione e stimolando costantemente la curiosità dei partecipanti. Inserisce aneddoti, tra visite ai ristoranti della zona, incontri con amici charcutiers, che lo catturano e ci affascinano, a suon di saucisse de Montbéliard, saucisse de morteau, comté, morbier e altre tipicità, tra cui l’immancabile coq au vin jaune, dei quali sentiamo quasi i profumi, percepiamo la consistenza, gli aromi.

Così la serata diventa una scoperta continua e travolgente, multiforme e multicolore, non solo dello Jura e dei suoi vini, ma di tutto ciò che quel piccolo tesoro d’Oltralpe è in grado di regalare.

La degustazione

Crémant du Jura AOC – Domaine de La Pinte

Vitigni: chardonnay 70%, pinot noir 10%, savagnin 20%. Brut nature. Pressatura diretta; decantazione statica a freddo; 36 mesi sui lieviti; fermentazione malolattica svolta. Metodo ancestrale.

Paglierino, leggerissimo sottofondo cromatico che rimanda all’utilizzo di uve nere, dal pérlage fine e persistente.
Naso bellissimo e impattante di frutta fresca e fiore bianco, poi erbe officinali, note di genziana, sentori “di montagna”, croccantezza da boulangerie, che ricorda la baguette, la crosta di pane e la fetta biscottata; toni minerali di gesso e polvere ne completano un quadro olfattivo ben cesellato e pulito.
Sorso fresco, sapido, di grande equilibrio, con un finale che ricorda il rabarbaro e le erbe di montagna. Di grande persistenza, piacevolezza, mirabile fattura.

Arbois AOC Pupillin blanc - Terre du Lias 2018 – Domaine de La Borde

Vitigno: chardonnay. Terreno argilloso calcareo superficiale su marne blu profonde; esposizione ovest a 450 metri; vendemmia manuale, diraspamento parziale (13%); decantazione statica a freddo (10°C da 12 a 24 ore); fermentazione alcolica in botti da 600 litri; 12 mesi a contatto con le fecce fini. 

Paglierino che tende al dorato, carico, vivace, vivo.
Di naso pieno, intenso e pulito di frutta gialla matura (banana), poi effluvi di spezia dolce, un leggero ed elegante boisé e un sentore balsamico.
Grande corrispondenza gusto-olfattiva, quasi mentolato e con salivazione agrumata, aromi di spezie, tabacco bianco e pipa spenta. Freschezza e sapidità quasi asciugante; di notevole persistenza. 
Profilo di ottima gestione del legno e riconoscibilità del vitigno.

Arbois AOC Savagnin 2007 – Domaine de La Pinte

Vitigno: savagnin. Da suoli di marne blu; raccolta manuale a metà settembre; vinificazione tradizionale in bianco; lieviti indigeni; fermentazione malolattica; 3 anni in botti da 52 hl e barrique borgognone da 228 litri. Non ouillé.

Brillante, dorato carico verso l’ambrato.
All’olfatto albicocca disidratata, frutta tropicale e frutta secca, tra cui emerge la noce, poi curry e zafferano che delineano, insieme ad un profilo di spezie orientaleggianti, il quadro di un naso tipico ed evoluto.
Sorso di grande freschezza, con aromi che ricordano la crema catalana e la spezia dolce, il tabacco, quindi la confettura di frutta esotica, quasi piccante. Emergono in parallelo scorza di agrume, spezia, frutta secca e, in bocca più che al naso, una nota balsamica e resinosa.
Persistenza e freschezza lo caratterizzano nella sua completa finezza e tipicità.

Arbois AOC Ploussard 2019 – Fumey Chatelain

Vitigno: poulsard. Vendemmia manuale; fermentazione con lieviti indigeni; élévage di 1 anno in botti di Borgogna da 228 litri non nuove.

Non particolarmente ricco in colore, granato che va verso l’aranciato, di buona trasparenza.
Naso con note animali, di pelliccia, sottobosco, sentori terrosi in evidenza, poi profumi leggermente fruttati.
Al sorso aromi evidenti di liquirizia e fungo; l’alcol è ben gestito; di media acidità e medio tannino. Di struttura non pronunciata e di buona persistenza. Maturo.

Arbois AOC Vin de Paille 2016 – Château Bethanie - Fruitière Vinicole d’Arbois 

Vitigni: savagnin, chardonnay, poulsard. 

Ambrato con tonalità che sfumano dal rosso al rosa antico in un mélange caratterizzato da evidente consistenza.
Olfatto fine di frutto rosso sotto spirito, ribes macerato e discreta percezione alcolica; emergono in progressione uva passa, uvetta, poi albicocca e note mielate e di caramello.
Al gusto aromi di prugna secca e di miele in una perfetta gestione del residuo zuccherino, in elegante equilibrio con l’acidità.

Arbois AOC Vin Jaune 2005 – Domaine de La Pinte

Vitigno savagnin. Da suoli di marne blu; fermentazione alcolica con lieviti indigeni; fermentazione malolattica; 6 anni e 3 mesi sous voile.

Dal bellissimo colore dorato intenso e potente.
Naso di noce e curry e spezie orientali, in cui l’alcol è percepibile ma discreto; note di frutta secca; zafferano in evidenza e spezia dolce; sentori di mela grattugiata, profumi di mallo di noce e di torta di noci.
Decisamente secco al gusto, dalla bocca quasi impolverata, tagliente, diretta. Di grandissima persistenza, in uno strepitoso quadro organolettico.