L’alta quota in un calice di vino

Bruno Ferrari ci racconta la viticoltura di montagna nella sede di AIS Monza e Brianza, partendo dalle vette della Valle d’Aosta e proseguendo a sud fino all’Etna, per assaggiare vini unici, frutto di sacrifici, espressioni veraci del loro territorio.

Monica Berno

Terreni impervi, altitudini elevate (tra i 500 e i 1000 m s.l.m.), pendenze del terreno e diverse esposizioni sono i denominatori comuni dei vini di montagna, figli di una viticoltura un tempo definita eroica, oggi chiamata estrema. Bruno Ferrari ci ha condotti – anche con una serie di divertenti quiz – a scoprire come tutti questi fattori influiscano sulle proprietà dell’uva e del vitigno.  

L’alta quota in un calice di vino necessita di specifiche condizioni:

  • clima: fresco, ventilazione costante. Elementi che si concretizzano in una minore necessità di trattamenti e in una naturale propensione al biologico, in più oltre una certa quota non c’è pericolo di fillossera;
  • terreno: la matrice è calcarea, rocciosa con presenza di scisti, gneiss, silicati e poca sabbia; tutto questo lo si ritrova nel vino che ha una spiccata mineralità;
  • abbassamento delle temperature: basse temperature e forti escursioni termiche portano a una maturazione delle uve più tardiva e lenta che si realizza in maggiore acidità, diminuzione del tenore zuccherino, colori e profumi più intensi; 
  • irraggiamento: l’esposizione in pendenza consente un irraggiamento perfetto anche a basse temperature.

Paese che vai, vertigine che trovi

Il viaggio tra i monti ha inizio da ovest, dove ai piedi del “tetto d’Europa”, a 900 m s.l.m., si trova Morgex con le sue vigne più alte d’Europa, ordinate sui pendii fino a 1200 m s.l.m.. L’autoctono prié blanc era già stato riconosciuto da Lorenzo Gatta, ampelografo ottocentesco, come «l’unico vitigno resistente al clima di Morgex». 

Proseguendo verso oriente si arriva in Valtellina, regione che si distende ai piedi delle Alpi retiche, lungo il bacino idrografico dell’Adda. I versanti vitati si distribuiscono longitudinalmente, segnati da terrazzamenti e muretti a secco. Il terreno è povero e poco profondo, risultato di sfaldamenti granitici. Qui domina il nebbiolo (chiavennasca), tra i 300 e i 700 m s.l.m.: circa 820 ettari che comprendono le zone di produzione DOC e DOCG. Cinque sottozone distinte si susseguono da ovest verso est: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella.

Più a est si fa una sosta ai piedi della regina delle Dolomiti, La Marmolada. Da qui nasce il torrente Avisio che solca la stretta Val di Cembra. Le vigne crescono su ripidi pendii con il tradizionale allevamento a pergola e le radici trovano spazio in terreni di porfido e calcare dolomitico. Ampio è lo spazio varietale: müller thurgau, chardonnay, pinot nero e schiava.

Si vira a nord fino alla Valle Isarco, la valle più a nord d’Italia, di origine glaciale, dove piove poco e c’è sole tutto l’anno. Sui terreni morenici, ricchi di silicati, crescono i bianchi tirolesi (kerner, veltliner, sylvaner, riesling, gewürtztraminer, grüner veltliner) le uve rosse occupano solo il 10% circa dei terreni vitati.

E poi, come nei “Viaggi di Gulliver” ci si trasforma in un brobdingnag e si fa un passo da gigante fino in Sicilia, dove ci aspetta “A Muntagna”, il corpo estraneo di un’isola mediterranea. Nei terreni vulcanici a nord, dove fa caldo, si coltivano le uve rosse (nerello mascalese e cappuccio), mentre a est, dove piove tanto, crescono i bianchi (carricante). Le escursioni termiche sono marcate e nei terrazzamenti prevalgono gli alberelli.  

La degustazione

Valle d’Aosta DOC Blanc de Morgex et de La Salle Metodo classico Brut “ Blanc du Blanc” - 2020 - Cave Mont Blanc
100% prié blanc. Il vino base svolge la prima fermentazione in legno grande (larice e rovere) e in acciaio. Tradizionale rifermentazione in bottiglia. Dégorgement non prima di 18 mesi.

Un tempo il Blanc de Morgex et de La Salle era commercializzato dai singoli vignerons, poi grazie all’azione di don Alexandre Bougeat, parroco di Morgex fino al 1971, questo vino iniziò a farsi conoscere. Il parroco creò nel 1964 il primo Blanc de Morgex et de La Salle e nel 1968 il primo metodo classico e introdusse per primo il concetto di “mancare le annate” se la produzione non è ottima. Oggi la Cave Mont Blanc de Morgex et La Salle, che raccoglie 80 soci e produce 140.000 bottiglie annue, è l’unica cantina della zona.
Giallo paglierino con sfumature verdi (marcatore del vitigno), il calice è lucente e le bollicine sono fini e persistenti con una lenta velocità di ascesa (indice di qualità). Al naso è intenso e complesso, da subito si apre con sentori di frutta: kiwi, lime, pera, pesca bianca, mela, ananas e poi lascia il passo al timo, alla salvia, ai bacelli di vaniglia e infine ecco le note pietrose, gessose, tipiche del terreno. All’assaggio è un’esplosione di mineralità e grandissima freschezza, acidità scattante, corroborante. Sapido e fresco alla fine ritorna sull’agrume e sulla frutta gialla. Ha una piacevole astringenza e una bella persistenza.
Si può abbinare a un flan di verdure con fonduta valdostana o con al lardo di Arnad. 

Trento Doc Metodo classico millesimato “Nature” - 2015 - Opera Vitivinicola in ValdiCembra
100% chardonnay. Permanenza sui lieviti oltre 60 mesi. La vigna selezionata per questo vino si trova a 650 m s.l.m. alle pendici del monte Corona in Valle di Cembra. Il terreno è composito, derivato da un rimpasto glaciale di porfidi vulcanici e marne calcaree.

La cantina è nata sulle ceneri della Napoleone Rossi, una cantina storica, la più antica della valle. Di architettura estremamente moderna si innesta tra i vigneti terrazzati. Uno dei suoi atout è la valorizzazione del Trentodoc. 
Il calice del secondo vino si veste di un giallo paglierino dai riflessi verdi e si presenta con un perlage fine e persistente. Il profumo è complesso: gelsomino, fiori di acacia, mughetto, albicocca, pesca gialla, mela annurca e delicati sentori erbacei. Emerge anche un delicato sentore di lievito, crosta di pane e spezie bianche che si mischiano alla nota minerale di pirite e gesso. In bocca colpisce la matrice minerale, le note di speziatura. È morbido e avvolgente, con un bell’equilibrio tra morbidezza e freschezza. Sapido e pastoso, è dritto sulla parte minerale. Molto persistente.
L’abbinamento consigliato è quiche si salmone, asparagi e porri.

Alto Adige Valle Isarco Sylvaner DOC “Alte Reben” Riserva - 2021 – Pacher Hof
100% sylvaner. Affinato per 8 mesi in botti di rovere con l’aggiunta del 5% di vino di vecchie annate. Nasce dai filari più alti e più vecchi della proprietà posti su terreni morenici, argillosi e sabbiosi.

Pacherhof esisteva ancora prima che venisse fondata la vicina abbazia di Novacella nel 1142: la tradizione millenaria è stata tramandata nel tempo, e oggi portata è avanti dal viticoltore Andreas Hubes. Qui si coltivano otto varietà di uve bianche.
Nel colore di questo vino si trova la fiamma verde del sylvaner, vivace, fitto e di buona consistenza. L’olfatto ci porta in un campo fiorito, ma poi spiccano kiwi, lime, pompelmo rosa, mela granny smith e ancora la nocciola e la mandorla, le erbe aromatiche e il timo in particolare. Nel complesso è molto elegante. Il sorso è sapido con una nota vellutata, pastosa e aromi di pompelmo, vaniglia e pepe bianco.  L’acidità è spiccata, ma la bocca resta morbida e fresca.
Si può servire con un risotto alle lumache. 

Etna Bianco DOC Monte Gorna Vecchie Viti - 2019 - Cantine Nicosia
100% carricante. Macerazione a freddo per 24 ore, affinamento in acciaio su fecce fini con frequenti batonnage, passaggio in barrique di rovere francese per almeno 12 mesi e permanenza di circa un anno in bottiglia. Uve provenienti da vigneti posti a 700/750 m s.l.m con forti escursioni termiche tra giorno e notte. I terreni sono di sabbie vulcaniche, derivati dal disfacimento delle masse laviche, molto ricchi di minerali.
Nel 1898 quando il vino dell’Etna era già conosciuto e apprezzato in tutta Europa, Francesco Nicosia, bisnonno dell’attuale proprietario Carmelo, aprì la prima bottega di vino a Trecastagni, sul versante est dell’Etna. Oggi l’azienda, grazie a investimenti, ampliamenti e ammodernamenti è uno dei protagonisti della rinascita del vino siciliano.

Il quarto vino è brillante, giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso è complesso ed elegante, si apre con fiori gialli, camomilla, ginestra e un pot-pourri essiccato e poi pian piano emergono la papaia, il mango dei sentori mielati, una nota sulfurea di pirite, lo zenzero candito e uno sbuffo balsamico mentolato. Al palato l’ingresso è morbido, sapido, fresco con una nota vanigliata persistente.
Da provare con bucatini con sarde e capperi.

Valtellina Superiore DOCG Valgella Carterìa Riserva - 2018 - Sandro Fay
100% nebbiolo. Fermentazione malolattica e maturazione per 12 mesi in botte da 30 hl e in piccole botti di rovere da 500 l. Affinamento in bottiglia per 18 mesi. Il vigneto Carterìa si estende per 3 ettari nella sottozona Valgella a 500 m s.l.m.; i vigneti si trovano su pendii ripidi e terrazzati, esposti al sole e coltivati su suoli di granito, il terreno è sabbioso (70%), limoso (20%) a ph acido. 

L’azienda nasce nel 1973 per volere di Sandro Fay e si estende su 15 ettari di superficie vitata, per tradizione famigliare è fortemente legata alla sottozona Valgella, dove si concentra la quasi totalità della produzione.
Bel carminio con sfumature granato, al naso il vino è elegante e rimanda a sentori di ciliegia matura, confettura di prugna e mirtillo. Si alternano cannella, tabacco, pepe nero, liquirizia e a seguire una nota minerale di grafite. Il sorso ha una freschezza evidente, il tannino è morbido, dolce, levigato.

Etna rosso DOC Monte Gorna Vecchie Viti Riserva - 2019 - Cantine Nicosia
100% nerello mascalese. Il vino matura almeno 4 anni in cantina, poi fa un passaggio in barrique di rovere francese e affina minimo 12 mesi in bottiglia. Uve provenienti da vigneti che crescono sui terrazzamenti lavici dell’antico vigneto Monte Gorna a un’altitudine tra i 700-750 m s.m.l. I terreni sono di sabbie vulcaniche, derivati dal disfacimento delle masse laviche, molto ricchi di minerali.

Anche il sesto e ultimo vino alla vista è un bel rosso carminio tendente al granato. Al naso rivela aromi di fiori appassiti che si sposano con l’arancia sanguinella, la ciliegia sotto spirito, la cannella, la rosa canina e poi si evolvono nel bicchiere aprendosi a note di sottobosco e a sentori sulfurei e terziari. In bocca è fresco, il tannino è morbido e avvolgente. Elegante, strutturato e persistente.

Da accompagnare a un capretto al forno con patate.

A chiusura della serata una poesia di Pablo Neruda, un omaggio al vino che celebra anche il territorio e le sue «vette più alte»:

Il vino è la poesia della terra,

mentre i vini di montagna

son le strofe scolpite

sulle vette più alte.