L'Amarone della Valpolicella. Storia e attualità di una meravigliosa disattenzione
Diego Sburlino è un grande conoscitore della Valpolicella. Il suo appassionato racconto sull'Amarone accompagna la degustazione nel suggestivo ristorante Da Vittorio, seguita dal menu pensato ad hoc dai fratelli Cerea, sotto la felice regia del Delegato AIS di Bergamo Roberta Agnelli.
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La leggenda attribuisce la paternità del suo nome ad Adelino Lucchese, responsabile della locale Cantina Sociale, che nel 1936, assaggiando una botte di Recioto dimenticata in cantina da qualche anno, esclamò: "questo vino non è amaro, è un amarone"; identità e successo recenti, ma non una scoperta: l'Amarone è un vino che di fatto esiste da almeno duemila anni, da quando si produce Recioto, con la differenza che questo si faceva per scelta e l'altro per errore.
Dai tempi dei Romani ai salotti dell'Ottocento, i vini più importanti erano dolci. La Valpolicella non faceva eccezione ed era già famosa nell'antichità per i suoi vini acinati, da appassimento, grazie alle peculiari caratteristiche delle uve autoctone e del clima; accanto al vino secco quotidiano, il Valpolicella, era tradizione delle famiglie produrre il Recioto, scegliendo i grappoli migliori e di essi la migliore parte, le recie, le orecchie, dove gli acini sono più nutriti e quindi più ricchi. Le uve si lasciavano appassire per alcuni mesi in fruttaio, controllate quotidianamente per verificare che ogni acino fosse sano e poi spremute in febbraio. Il punto cardine era la fermentazione, corta e delicata, controllata in modo maniacale, ascoltando il ribollire del mosto per non perdere il momento giusto per bloccarla esponendo le botti al freddo invernale. Si otteneva così un vino molto dolce ma di estremo equilibrio grazie all'elevata acidità di base. Le rese molto basse ne facevano un prodotto di nicchia: era il vino della Pasqua, augurio per le puerpere, medicina per i malati, omaggio ai potenti.
Capitava però, non di rado, che per qualche motivo la fermentazione scappasse e gli zuccheri venissero svolti del tutto, lasciando nelle botti un vino secco: l'Amarone, ancora oggi chiamato in dialetto Recioto scapà. Non una bella sorpresa per chi lo faceva: fino agli anni Quaranta veniva venduto addirittura a un prezzo più basso del Valpolicella!
Le cose cambiarono nel Dopoguerra. Durante l'occupazione, i contadini sottraevano al saccheggio nazista i loro prodotti più pregiati trasferendoli in rifugi e cantine murate. La difficoltà di accesso ai nascondigli non permetteva un controllo costante e molte botti di Recioto fermentarono del tutto. Molto di questo vino secco venne imbottigliato e messo in commercio, ma non era ancora un prodotto definito: si sapeva ciò che non era, non quel che era. Bisogna aspettare il 1950 per la prima bottiglia di Amarone, prodotta dalla cantina Bolla, che conferì finalmente identità -e dignità- a un vino fatto per scelta e non per caso.
Il successo arrivò presto, ma il vero exploit è degli ultimi quindici anni. Oggi l'Amarone rappresenta oltre il 20% della produzione in Valpolicella con quindici milioni di bottiglie all'anno. Una rivoluzione del mercato vinicolo interno, che ha segnato il successo del Ripasso, in quanto vino con caratteri da Amarone ma costi ben inferiori e il tramonto del Recioto, che oggi sfiora appena il 2%.
L'areale di produzione riconosciuto dalla recente DOCG comprende la zona classica, con le cinque vallate principali Sant'Ambrogio, San Pietro, Negrar, Marano e Fumane, la Valpantena e una fascia più a est fino a Illasi. Le uve obbligatorie sono Corvina per il 45-95% (cui può essere alternato il Corvinone fino al 50%) e Rondinella per il 5-30%; l'una garantisce struttura e speziatura, l'altra eleganza e componenti fruttato-floreali. Moltissimi sono i vitigni ammessi per il 25%, tra cui la molinara, obbligatoria fino a pochi anni fa, cui molti attingono ancora, specie nelle annate calde per le sue caratteristiche di acidità e mineralità.
La grandezza dell'Amarone dipende molto dal fattore umano, se pensiamo ad esempio alla variabilità della base ampelografica, ma la sua eccellenza e peculiarità sono imprescindibili dalle caratteristiche pedoclimatiche del territorio. Il clima freddo mantiene nelle uve gli acidi tartarico e malico, fondamentali entrambi per reggere l'impalcatura di vini così sontuosi, mentre la relativa vicinanza del Garda preserva i grappoli dalle gelate; altrettanto importante è il suolo: calcare, marne, basalti e trachite, in percentuali variabili, sono i terreni poveri della viticoltura di qualità.
Per un certo periodo il gusto dei nuovi investitori stranieri e del mercato nord europeo ha imposto la tendenza a vini di maggiore residuo zuccherino, a discapito di una tradizione che ne aveva sempre curato la bevibilità, anche in funzione della tavola. Da qualche anno invece l'Amarone ha recuperato la sua identità e i vini di oggi sono meno ricchi in zuccheri e più strutturati di corpo.
Amarone Classico Sant'Urbano Speri 2012
In un'annata calda come la 2012 la piccola percentuale di molinara fa la differenza. Ciliegia e prugna matura, rosa e viola in appassimento, pepe, cannella e chiodi di garofano. Tannino giovane ma elegante, corpo contenuto, nessuna ostentazione di opulenza. Eleganza e bevibilità.
Amarone Ugolini 2012
Gianbattista Ugolini coltiva dal '96 le vigne ereditate da generazioni, anche se l'azienda nasce ufficialmente solo nel 2013. Corvina e Corvinone al 90% per sopperire alla leggerezza di estratto dovuta alla placca di marna fossile su cui poggia il vigneto. Il frutto e la florealità sono appena più vivaci e croccanti del precedente; compaiono la mora di gelso e un lieve ricordo boisé. Ottimo l'equilibrio.
Amarone Case de Bepi Viviani 2011
I vini di Mazzano si distinguono per una caratteristica: il tannino baroleggiante. Anche qui la Corvina è al 90% in modo che la struttura assorba e bilanci l'esuberanza di tannino e acidità. Il frutto acceso poggia su note più lievi di cipria e agrume assieme a un accenno vegetale, dove occhieggia la piccola percentuale di cabernet franc. Secco, austero.
Amarone Corte San Benedetto Riserva Camporal 2008
Il vigneto è variegato e alcune varietà antiche sono tuttora ignote persino al produttore. Il lungo periodo in legno ha permesso al vino un'ottima ossigenazione, che si avverte nell'eccellente sviluppo della parte aromatica con la florealità delicata, il confetto, la frutta in gelatina e nella beva eccellente, sinergica di acidità e tannino deciso per quanto levigato. Da attendere.
Amarone Le Ragose 2007
Nel 1969 Arnaldo Galli e la moglie Marta acquistano le Ragose, una pietraia assolata: una scommessa vinta. L'equilibrio è il timbro aziendale che si regge su integrità e freschezza del frutto, che non deve cedere a cotture. Per raggiungere questo sono fondamentali la vendemmia e il controllo dell'appassimento. Ciliegia croccante, florealità di rosa, cenni di spezie e sfondo balsamico. Nervoso, asciutto e integro nella lunghezza.
Amarone Quintarelli 2007
Frutta rossa polposa, croccante e definita; fiori e speziatura variegata di sfondo. Di peso eppure vivace, di grazia, fresco, luminoso, infinito. Beppe Quintarelli è stato un'istituzione per la viticoltura italiana e il suo pensiero ha formato non solo Romano Dal Forno ma tutta la Valpolicella classica. Il suo valore eccelso si esprime nella profonda grazia dei suoi vini, che riusciva a programmare e prevedere già negli anni Sessanta, con uso minimo di Corvina e massimo di Rondinella, insieme a diverse uve, dal cabernet sauvignon e franc, al nebbiolo la croatina e il sangiovese, introdotti nell'uvaggio dal suo genio.
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