L’Etna – Prima parte

Racconti dalle delegazioni
01 settembre 2025

L’Etna – Prima parte

Il fascino e il talento dell’Etna raccontati da Giorgio Fogliani in due serate e attraverso tredici calici.

Sara Passerini

Geografia, identità, ecosistema

L'Etna, vulcano attivo e imponente, rappresenta un ecosistema unico dove la geologia, la storia e la viticoltura si fondono in un connubio di rara complessità e fascino. Una recente serata organizzata da AIS Milano, guidata da Giorgio Fogliani, ha offerto un'analisi approfondita delle dinamiche storiche ed enologiche di questo territorio pazzesco.

Situato nella parte orientale della Sicilia, l'Etna svetta fino a 3.357 m s.l.m. (una cifra che però cambia di anno in anno a causa delle eruzioni), e si allarga su un diametro di circa 45 km. Il cratere principale è solo uno dei tanti: sul versante sud, ad esempio, si trovano numerosi crateri secondari, spesso più antichi, che testimoniano la lunga e complessa storia eruttiva del vulcano.

Come sottolineato da Fogliani, l'Etna si configura come un «territorio nel territorio», profondamente siciliano ma distinto per le sue caratteristiche montane e per un'interazione costante con la popolazione residente. L’Etna, infatti, è anche un’entità culturale, quasi mitologica per chi ci vive. Non è un caso che i siciliani del catanese si riferiscano ad essa al femminile: “la” Etna. Un’eccezione linguistica che racconta il radicamento profondo del vulcano nella coscienza collettiva. Ha anche altri nomi: “Mongibello”, ad esempio, è il frutto della fusione di due parole che entrambe significano “monte” – il latino mons e l’arabo jebel – testimonianza delle stratificazioni storiche e culturali dell’isola.

L’Etna è un vero e proprio ecosistema a sé. Qui cresce il faggio, che trova proprio sul vulcano il limite meridionale della sua distribuzione europea. Si incontrano piante endemiche, adattate a un ambiente tanto ostile quanto fertile, e fino a pochi decenni fa si potevano avvistare anche specie selvatiche oggi sempre più rare. Dal 2013, l’Etna è Patrimonio dell’Umanità UNESCO: un riconoscimento non solo alla sua importanza geologica, ma anche al suo ruolo centrale nella cultura, nella storia e nella biodiversità del Mediterraneo.

Terreni e clima

L’Etna è un paesaggio in costante mutazione, un laboratorio geologico a cielo aperto che ha un impatto profondo sulla viticoltura che vi si pratica. È attivo da circa 500.000 anni e continua a modificarsi con ogni eruzione. Questa duplice attività vulcanica – effusiva ed esplosiva – non solo modella il territorio, ma ne arricchisce i suoli con una straordinaria varietà di componenti. Da un lato, i flussi lavici scolpiscono colate che, una volta solidificate, portano in superficie detriti e minerali provenienti dalle profondità della crosta terrestre. Dall’altro, le eruzioni esplosive proiettano ceneri e lapilli che si disperdono sull’intero versante, depositandosi come polveri sottili e sabbie che alterano la composizione fisica e chimica dei terreni, migliorandone la struttura e arricchendoli di microelementi.

Il risultato è una complessità di suoli straordinaria: si trovano sabbie vulcaniche, pomici, lapilli, ceneri, substrati più o meno scheletrici, sempre caratterizzati da una reazione sub-acida o acida. Il calcare è praticamente assente, e questo è un elemento non secondario per comprendere la vocazione del territorio: è anche per questo motivo che vitigni come lo chardonnay o alcuni internazionali a bacca rossa non hanno mai trovato una vera espressione d’eccellenza sul vulcano.

Il clima sull’Etna rappresenta un altro aspetto sorprendente. Sebbene ci si trovi in Sicilia, in pieno bacino mediterraneo, la montagna agisce come un’isola climatica a sé stante. Le altitudini variano rapidamente e con esse cambiano temperatura, umidità ed escursioni termiche. Piove molto più che nel resto dell’isola – in particolare sul versante orientale – e le maturazioni delle uve sono più tardive. L’aria è più fresca, le notti sono fredde anche in estate, e ciò contribuisce a conservare acidità e fragranza nei vini.

Vitigni

I protagonisti assoluti della viticoltura etnea sono due: il nerello mascalese per i rossi e il carricante per i bianchi.

Il nerello mascalese è il vitigno simbolo dell’Etna Rosso. Deve il suo nome alla zona di Mascali, che un tempo ospitava vigneti fino quasi al mare. Oggi lì non si coltiva più nulla, ma il nome è rimasto. È una varietà autoctona, presente anche in altre aree della Sicilia orientale, come nella DOC Faro, a Messina, e in piccole quantità in Calabria. È il frutto di un incrocio naturale tra sangiovese e mantonico bianco e mostra una notevole adattabilità, resistenza alla siccità e affinità con i suoli vulcanici.

Dal punto di vista enologico ha poco colore (per via della scarsa presenza di antociani acilati), ma non poca struttura: è infatti piuttosto tannico. Nonostante la moda lo interpreti spesso come “rosso leggero”, può dare vini complessi, profondi, longevi. È un’uva tardiva, che si vendemmiava una volta a inizio novembre e oggi, con il cambiamento climatico, a metà ottobre. Ama essere allevata ad alberello, la forma di allevamento tradizionale etnea: fitta, non meccanizzabile, spesso piantata a quinconce, come i cinque punti del dado.

Troviamo poi il nerello cappuccio, che funge da spalla, con la sua morbidezza e il suo frutto. I due vitigni condividono il nome ma non la parentela genetica. In alcune zone più sperimentali o selvagge del vulcano, compare anche grenache, e tra le vecchie vigne si trovano uve minori come la francisi – di cui si ignora ancora con esattezza l’origine – spesso presenti in percentuali minime nei tagli tradizionali.

Il carricante è una varietà autoctona a bacca bianca coltivata quasi esclusivamente sull’Etna. È l’uva che meglio si adatta a questo terroir: produce vini tesi, sapidi, con acidità vibrante e grande capacità di invecchiamento. Il suo nome deriva proprio dalla sua capacità di “caricare” molto, cioè di offrire rese alte, caratteristica molto apprezzata in passato, quando si cercava soprattutto quantità. Dal punto di vista agronomico, è una varietà medio-tardiva, con grappoli cilindrici o conici, acini ovali dalla buccia spessa e piuttosto sensibili alle scottature solari. Questo spiega perché renda meglio sul versante est dell’Etna, dove le condizioni climatiche sono più fresche e umide, grazie alla vicinanza con il mare e alla maggiore piovosità. A Milo, in particolare – considerato una sorta di Grand Cru per l’Etna Bianco – le condizioni sono ideali: l’altitudine, la pendenza e le escursioni termiche permettono al carricante di dare vini di grande finezza, mineralità e longevità.

Sul versante nord, invece, che è più caldo e secco, il carricante tende a soffrire di più: rischia di maturare troppo in fretta e di perdere in freschezza. Per questo motivo, spesso lì viene impiegato in percentuali minori rispetto ad altre uve bianche locali. Una delle caratteristiche più distintive del carricante è la sua altissima acidità naturale: si parla di oltre 7 g/L di acidità totale, con pH che possono scendere sotto 2,9 – valori da uva da spumante Metodo Classico. Negli anni '90 e 2000 questa acidità era quasi vista come un difetto, oggi invece è considerata un pregio enorme, specialmente in un contesto di riscaldamento climatico. A conferma di questo cambiamento di visione, un tempo il disciplinare dell’Etna Bianco Superiore prevedeva addirittura, come limite massimo di acidità proprio 7 g/L – oggi fortunatamente rimosso perché totalmente anacronistico.

Accanto troviamo altri vitigni secondari, come il catarratto (diffusissimo in tutta la Sicilia), la minnella (usata sia come uva da tavola che da vino), il grecanico, e altre varietà minori.

Annate recenti (soprattutto nel versante nord)

  • 2012: calda e solare, concentrata, rossi tannici
  • 2013: tardiva, con pioggia in settembre; più diluita, rossi freschi
  • 2014: ottima, bilanciata
  • 2015: molto umida e con grandinate
  • 2016: ottima, bilanciata
  • 2017: calda e molto asciutta (simile al 2012)
  • 2018: fredda e piovosa, anche in agosto
  • 2019: medio/buona, con pioggia e picchi di calore
  • 2020: ottima; per alcuni considerata l’annata del decennio
  • 2021: annata senza inverno, precoce, salvata da piogge autunnali
  • 2022: calda, ma più equilibrata della 2021
  • 2023: primavera piovosa con peronospora e grandine: avara
  • 2024: calda ma equilibrata, simile alla 2022

La Degustazione dei vini Rossi

Terre Siciliane Rosso Versante Nord 2022 - Eduardo Torres Acosta

Versante nord, 6 vigneti da varie contrade, viti con altitudine tra 1550 e 930 m, età media delle viti: 50 anni; 85% nerello mascalese, 15% altre locali. Fermentazione spontanea in cemento, macerazione di 15 giorni sulle bucce senza controllo della temperatura, affinamento di 16 mesi in cemento.

Magnifica trasparenza, un rubino pieno. Il profilo olfattivo si presenta semplice, una certa vinosità lascia ben presto spazio a una particolare esuberanza, composta da cenni eterei e da una suggestione appena giocata su toni dolci. Si tratta di un naso invitante e accogliente, che attraverso un sussurro floreale invita all'assaggio. Al palato è potente, “didattico” nello studio dei vini dell'Etna: un'ottima freschezza e una struttura tannica polverosa, una direzione gustativa diretta e semplice che si pronuncia nel binomio acido-sapido. Ha una persistenza media e Fogliani lo definisce quasi un manifesto del vino etneo.

I Vigneri 2022 - Salvo Foti

Vino che nasce da uve nerello mascalese, nerello cappuccio, alicante; assemblaggio di diversi vigneti ad alberello, vinificato in un antico palmento senza controllo della temperatura né altro tipo di tecnologia; affina in terracotta, non è chiarificato né filtrato.

D'aspetto molto simile. Al naso si manifesta da subito più selvatico, c'è una punta di volatile e una sensazione balsamica che sottende l'olfazione, ha una sua pungenza e viene definito “sanguigno”; arricchito da sentori di pomodoro secco e fondo di carne – quasi legati a uno sviluppo ossidativo – con ricordi di grafite. Questo secondo vino ha uno spessore maggiore, una sapidità che flirta con una nota amaricante, un gioco ben riuscito tra l'affumicato e il sapido e una notevole la freschezza.

Etna Rosso Rosso di Mezzo 2022 - Federico Graziani

Nel cuore della Contrada Feudo di Mezzo a Passopisciaro, altitudine: 600 m s.l.m., da nerello mascalese, nerello cappuccio, alicante, francisi in un vigneto con viti centenarie e nuovi impianti in selezione massale. Fermentazione spontanea in tini aperti, affinamento di 24 mesi in acciaio e 6 in bottiglia.

Aspetto coerente con i due compagni precedenti, i vini alla vista sono simili: vivaci e segnati da un'elegante trasparenza. Nei profumi risulta compìto, più orientato alla riduzione che all'ossidazione. Emergono piccoli frutti rossi, mentuccia. Al gusto prevale la sapidità sull'acidità, la persistenza è appena inferiore rispetto al precedente: è semplice e comunicativo, cerca la fruibilità ma forse rimane un po' statico.

Etna Rosso Feudo 2022 - Girolamo Russo

Nasce nella Contrada Feudo (Randazzo) che gli dà il nome, a 650 m s.l.m., nerello mascalese 94% e nerello cappuccio 6%, da piante di 70 anni. Fermentazione spontanea, macerazione di 15 giorni, affinamento botte da 26 hl per 18 mesi e a seguire 6 mesi in bottiglia. 4.000 bottiglie prodotte.

Avviciniamo al naso il calice che si presenta con le consuete eleganti trasparenze, e scopriamo che cominciano a essere presenti le tostature: alcune note di cacao s’intrecciano a una parte leggermente agrumata, di arancia rossa, e ci raccontano una sensazione appena più dolce dei vini precedenti, per certi versi più rotonda. Al palato è splendido il volume, c’è la parte acida che regge il tutto e un tannino ben percepibile; concentrazione e interessante lunghezza aromatica.

Etna Rosso Arcurìa 2022 - Graci

Contrada Arcurìa nella zona di Passopisciaro (Castiglione), a un'altitudine di 6-700 m s.l.m. con suoli vulcanici e strati alternati di pietra e sabbia. Da nerello mascalese in purezza, bassissime rese, vendemmiato l’ultima settimana di ottobre. Lunga macerazione in tini aperti di legno, malolattica spontanea, affina per circa 24 mesi in botte grande.

Esordio al caffè, per certi versi simile al quarto campione, con un frutto rosso gelée che dopo gli accenni di tostatura prende spazio e danza su suggestioni di eucalipto e mentuccia. Un profilo olfattivo fresco e dinamico. In bocca è verace, contraddistinto da una mineralità accentuata, ha un’acidità presente ma che non increspa il palato, avvertiamo una parte ferrosa in chiusura, portatrice di un’amaricanza nobile, ma poi il sorso si distende.

Etna Rosso Munjebel Monte Colla 2021 - Frank Cornelissen

Contrada Monte Colla (Castiglione), altitudine: 750-780 m s.l.m., argilla e sabbia. Nerello mascalese in purezza le cui piante risalgono al 1946. Fermentazione con pied de cuve e macerazione di 50 giorni in vetroresina a cui è affidato anche l’affinamento di 12 mesi. 2500 bottiglie prodotte.

D’aspetto luminoso, all’olfatto debutta con profumi di fiori ed erbe. Le tostature si fanno da parte per proporre invece un naso più diretto e sanguigno, una stratificazione complessa e intrigante di polpa di pomodoro, macchia mediterranea, genziana e timo. Una suggestione di dolcezza rimanda al legno e sopraggiungono succo di melagrana e d’uva. Al gusto è un vino divertente, fa la ruota del pavone e narra di earl grey e cola. Irruente e originale, è molto contemporaneo, ha sapidità, una parte erbacea e una vena amaricante che richiama cacao e radici, il tannino lega un po’ più che negli altri vini e, nel complesso, Fogliani lo definisce un «vino un po’ espressionista».

Etna Rosso Millimetri 2014 - Feudo Cavaliere

Nerello mascalese in purezza da un vigneto a Santa Maria di Licodia, nel sud-ovest, altitudine di 950 m, suoli di sabbie vulcaniche e lapilli, vendemmia a fine ottobre-inizio novembre, affinamento in barrique di vari passaggi.

Un vino a sé, il naso ricorda le trame olfattive dei vermouth, china, rabarbaro, radici, ricordi di carciofo. Giorgio spiega che si tratta di un vino particolare, che nasce così. Man mano si arricchisce di suggestioni di goudron e altri riferimenti che trascinano in una direzione olfattiva impropriamente assimilabile all’ambito dell’amaro. Le sensazioni di bocca mostrano le rughe e qualche segno del tempo soprattutto con la presenza di aromi legati all’ossidazione, con un incedere cadenzato che s’allunga, incuriosendo.