L’inestimabile piacevolezza delle schiava

Una grande serata, piacevolmente condotta dall‘enologo, giornalista, scrittore e docente Pierluigi Gorgoni, appassionato conoscitore e consumatore di schiava

Daniela Recalcati

Si parte da un pensiero filosofico, citando Milan Kundera e il suo romanzo–saggio “L‘insostenibile leggerezza dell‘essere” nel quale viene analizzata la più misteriosa e ambigua di tutte le opposizioni: la dicotomia leggerezza/pesantezza.

In questo libro si indaga la natura di uno dei vitigni autoctoni più rappresentativi dell‘Alto Adige, la schiava, in grado di coniugare leggerezza e pesantezza, entrambe in un senso di positività: un vitigno che sa essere lieve e profondo, sottile e allo stesso tempo strutturato.

La schiava ha una storia molto antica di almeno 700 anni. Ci sono grossi dubbi etimologici sul nome: potrebbe far riferimento alla tipologia di allevamento, all’area di origine forse slava: vernasch, in tedesco, dal latino vernaculum, “uva di quel luogo” oppure verna, dal termine latino col quale veniva definito lo schiavo nato nella casa del patrizio. Le varietà di schiava riconosciute sono tre: la grossa, la gentile o piccola e la grigia, uguali geneticamente, ma fenotipicamente diverse. Nell’800 la schiava si trovava principalmente in tre aree: il Meranese (schiava grossa), il lago di Caldaro (schiava piccola) e la zona di Santa Maddalena (schiava grigia). Attualmente copre una superficie di 760 ettari, quasi tutti costituiti da schiava grossa e cresce su terreni prevalentemente alluvionali e detritici.

Vitigno medio–tardivo, molto sensibile alle malattie, la cui forma di allevamento è, prevalentemente, la pergola alta. In termini di complessità olfattiva dà il meglio di sé tra i 400 e i 600 metri s.l.m., non ha una grande acidità (si assesta normalmente sotto i 5 g/L) e la sua buccia non è particolarmente dotata di tannini. È una pianta molto vigorosa ed è dotata di un’ottima longevità. Numericamente è il primo vitigno dell‘Alto Adige (13,7%) anche se ha subito un calo significativo negli ultimi 40 anni.

La svolta qualitativa inizia negli anni ’70 ad opera di Georg Spitäler, kellermeister alla cantina di Cornaiano, ma anche conferitore da una vigna che oggi ha circa 100 anni e che si chiama Gschleier. Spitäler ha trasformato la schiava da un vino fluido, bevibile, insignificante in un grande rosso, come avremo modo di constatare con l’assaggio. 

I vini in degustazione provengono da due aree: dalla zona di Santa Maddalena, a nord-est di Bolzano, i cui terreni ferrosi di origine porfidica, quarzifera e vulcanica danno ai vini una connotazione molto potente e verticale, e dal Lago di Caldaro i cui terreni molto compositi, detritici, morenici, sabbiosi, post–glaciali con presenza di calcare dolomitico conferiscono ai vini una rotondità e una sapidità più orizzontale.

La degustazione

S. Maddalena Classico DOC Moar 2017(schiava e lagrein) – Cantina di Bolzano

Proviene dalla zona classica di S. Maddalena, età dei vigneti dai 60 ai 90 anni, vinificazione in acciaio e malolattica in legno. La piccola quota di lagrein conferisce al vino un colore ben più pronunciato rispetto a quello della schiava in purezza. Naso sottile, lieve, sfumato, dove affiorano note di piccoli frutti rossi che si mescolano con note minerali di ferro, emoglobina, sangue, quasi carne frollata. La parte minerale è decisamente preponderante e coinvolgente rispetto al frutto che è marginale. Bocca setosa, con tannino sottile, acidità esile, ma che dà una centralità di beva molto importante e un affondo sapido molto fitto.

S. Maddalena Classico DOC Antheos 2017 (schiava e lagrein) – Waldgries

Ottenuto da un unico vigneto condotto da un singolo vignaiolo, la vinificazione prevede l’utilizzo dei grappoli interi non diraspati per almeno un quarto delle uve. Al naso è meno evidente la componente minerale e ferrosa, ma esce un fruttato più corposo e generoso (ciliegia, melograno, ribes rosso). In bocca si trova un frutto maturo e generoso con il tannino che si sente, ma è polveroso e fine. Tracce balsamiche mentolate, persistenza molto lunga e una mineralità che si percepisce tre minuti dopo la deglutizione.

Vernatsch DOC Mediaevum 2016 (schiava 100%) – Gumphof

Proviene dalla zona di Fiè allo Sciliar, all’inizio della Valle Isarco. Breve macerazione a freddo, vinificazione in acciaio, malolattica svolta e affinamento in botte. Colore meno sostenuto con bordo lievemente aranciato. Naso complesso, profumo di cenere, lieve sensazione vulcanica che si intreccia al frutto sottile, verticale, potente, elegante e sostenuto. In bocca è morbido, suadente, profondo, quieto.

Lago di Caldaro classico superiore DOC 2016 (schiava 100%) – Cantina Kaltern

Prodotto dalla cantina di Caldaro che, dopo la fusione con quella di Erste Neue, è la più grande cooperativa dell‘Alto Adige. È il vino più significativo della cantina per il 2016, tutto vinificato in legno. Vigneto a pergola di 70 anni circa, a 300 m s.l.m. allevato su terreni morenici, detritici e sabbiosi. Colore di grande concentrazione e densità, al naso perde la verticalità dei primi tre vini degustati, ma c‘è una stratificazione orizzontale che cresce in ampiezza e in larghezza con una straordinaria complessità. Il frutto è più maturo e si percepisce una nota un po‘ salmastra che deriva dal terreno morenico. In bocca è rotondo, con un tannino polveroso e molto elegante.

Vino rosso Elda 2013 (schiava 85%, lagrein e altre varietà 15%) – Nusserhof

L’azienda Nusserhof, che si trova nella zona industriale di Bolzano, dagli anni ’80 lavora in biologico. Vino da tavola che fa fermentazione in acciaio e poi passa in legno, è sempre diverso, ma sempre emozionante. Al naso note un po‘ affumicate, di traccia mediterranea con un frutto molto pacato. In bocca succo di melograno, dolcezza di corteccia di china, balsamico e viscerale.

Schiava Gschleier DOC 2011 (schiava 100%) – Girlan

Vigna vecchia con ceppi mediamente sopra i 90 anni e allevata a 450 metri s.l.m., si trova nell‘altopiano di Cornaiano sopra il lago di Caldaro, su una base porfidica di terreni sabbiosi, detritici e morenici. Fermenta in acciaio e completa la vinificazione in legno. Al naso sentori di frutta e fiori rossi. In bocca grande sapidità.

Alla fine si esce soddisfatti per aver approfondito la conoscenza di un vitigno antico e unico che sa coniugare bevibilità e complessità. Nei vini che abbiamo degustato il dissidio leggerezza/pesantezza sembra veramente trovare una piacevole e sorprendente armonia.