L’unione fa la forza: ecco i Giovani Vignerons della Valle d’Aosta

AIS Monza e Brianza ospita tre produttori del gruppo dei Giovani Vignerons della Valle d’Aosta, insieme al sommelier “autoctono” Altai Garin. Vini che esaltano la tradizione e strizzano l’occhio a un futuro innovativo.

Raffaella Radaelli

Sono trascorsi una manciata di minuti dall’inizio della serata ed ecco il primo calice tingersi di giallo, sottili bollicine danzare allegramente. È Altai Garin, esperto sommelier valdostano ma ormai di casa in Lombardia, a raccontare ai soci di AIS Monza e Brianza peculiarità e caratteristiche della più piccola regione d’Italia, la Valle d’Aosta. 

Lo fa insieme a tre piccoli, ma grandi ospiti– Nicolas Bovard di Cave Mont Blanc, André Cunéaz di Cave Gargantua, Elisabetta Sedda di Azienda Agricola Vintage  - che con altri giovani vignerons nel 2016 hanno dato vita a un gruppo che ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare il proprio territorio e la propria cultura.

Storia di una piccola valle e di un'unica DOC 

La Valle d’Aosta, divisa a metà dal fiume Dora Baltea, un tempo ghiacciaio Balteo, ha uno sviluppo territoriale da ovest verso est, con pareti montuose scoscese che si alternano a zone collinari più dolci e tratti pianeggianti. 

Dal 1985 possiede una sola DOC regionale, Vallée d’Aoste DOC, a cui fanno capo sette sottozone, seguite dalla specifica del vitigno, del colore e delle tipologie di vinificazione.

La parola chiave è “viticoltura eroica”, che Altai Garin sintetizza «for dummies, un pezzo di mondo dal quale diventa difficile tirare fuori del vino»,

Vera e propria sfida alla montagna: pendenze a terrazzamenti, forti escursioni termiche giorno-notte e inverno-estate, vendemmie manuali, scarsità di precipitazioni e siccità con i suoi 500-550 millimetri medi annui di pioggia.

Vanta vitigni autoctoni di pregio, fra cui il prié blanc e il petit rouge, tradizionali come il muscat blanc e il pinot gris e gli immancabili internazionali fra cui il pinot nero e il gamay, che saranno i protagonisti della nostra degustazione.

Sin dal lontano 1836 si incominciò a parlare della qualità dei vitigni valdostani con Lorenzo Francesco Gatta, medico canavesano e appassionato di agronomia, il quale scrisse e pubblicò un testo unico, dal titolo “Saggio sulle viti e sui vini della Valle d’Aosta”, una svolta mondiale per l’ampelografia, disciplina che tratta lo studio e l’identificazione dei vitigni.

Con l’arrivo della fillossera, che flagellò l’Europa alla fine dell’Ottocento, si assistette al tracollo della viticoltura e la Rivoluzione Industriale contribuì allo spopolamento e abbandono delle campagne: quel cercare fortuna dei contadini verso la città, come cantava Luigi Tenco in “Ciao, amore ciao!”, ricorda nostalgicamente Altai. 

Si parlerà di rinascita del vitigno a partire dal 1951 grazie alla fondazione dell’Institut Agricole Régional (IAR); oggi un ruolo fondamentale per la tutela del patrimonio vitivinicolo lo riveste il Consorzio del Vino. 

Fra i progetti si colloca l’emergente gruppo Giovani Vignerons, giovani viticoltori i quali, in amicizia e per amore del proprio lavoro e terra, si incontrano e collaborano, discutono e si confrontano sul futuro delle proprie cantine e vini, del resto è cosa nota, l’unione fa la forza!

Cave Mont Blanc de Morgex et La Salle soc. coop. – Morgex (AO)

Nicolas Bovard, classe 1996, dai modi garbati e toni pacati, è divenuto Presidente di Cave Mont Blanc a soli 24 anni, nel 2021. La cooperativa nasce nel 1983 e riunisce 70 famiglie “Les Vignerons Du Ciel”, con passione coltivano 18 ettari di vigneti ad altezze proibitive, fra i 900-1250 metri di quota. 

Il vitigno è sua maestà il priè blanc, unica varietà autoctona valdostana a bacca bianca, coltivata su pergole basse, a piede franco, scampato alla fillossera. Un vitigno poliedrico, perfetto per l’elaborazione del metodo classico, dei vini fermi e persino dolci. La produzione annua è di 130-180 mila bottiglie.

La degustazione di Cave Mont Blanc

Vallée d’Aoste DOC Blanc de Morgex et de La Salle Metodo classico “Glacier” pas dosé millesimato 2021 
Prié blanc 100% Il vino base svolge la prima fermentazione in legno grande (larice-rovere) e in acciaio inox. Tradizionale rifermentazione in bottiglia.  Sboccatura non prima di 24 mesi (ottobre 2024).

Stupisce e attrae per la sua atipicità e franchezza naso-bocca. Dal colore paglierino tenue, al naso ricorda profumi delicati di pera e mela verde su una scia sulfurea, all’assaggio ostenta vigore e carattere, l’acidità accarezza il palato, la granitica sapidità invoglia al sorso. 

Vallée d’Aoste DOP Blanc de Morgex et de La Salle Vini Estremi - 2023
Prié blanc 100% Vinificazione tradizionale in bianco a temperatura controllata. Fermentazione svolta da lieviti autoctoni. Vini Estremi è un marchio di Proposta Vini.

Naso impattante di frutta e fiori, pera e mela, una rosa in pieno fervore, scaldandosi ricorderà una mela cotta con cannella e chiodi di garofano. Incisiva la mineralità. La gioventù gli dona generosamente freschezza, la struttura è ben salda su cristalli di sale, chiude lungo mostrando, con garbo, la sua anima di montagna pura e impervia. 

Vino bianco dolce “Chaudelune” 2023
Uve stramature di prié blanc 100%

Da un antico scritto, trovato nel castello di Château a La Salle, si venne a sapere che nel 1816 l’eruzione di un vulcano in Indonesia creò in tutto il mondo gravi problemi all’agricoltura, abbassando notevolmente le temperature.  Fu un’annata tardiva, al primo di novembre il grano dei campi a Morgex non venne raccolto e gli acini dell’uva erano così gelati da non poter essere pressati con il torchio, nacque lo Chaudelune, un vino liquoroso dolce.

Alla fine degli anni ’90, dopo il ritrovamento di questo documento, l’enologo provò a riportare alla luce l’antico Chaudelune. 

Oggigiorno, a causa delle alte temperature in ottobre e novembre anche in Val d’Aosta, il vino si produce con un appassimento in vigna e una piccola macerazione a freddo in cantina, maturazione del mosto in barrique di pero, melo, ciliegio, ginepro, rovere favorendone l’ossidazione.

Un acquerello dalle pennellate leggere di frutta disidratata di pera, mela, nespola, fico, erbe aromatiche di timo, basilico, rosmarino, maggiorana, alloro e poi miele, spezie e tanto altro. In bocca, la dolcezza si alterna a sinuosa freschezza e saporosità. Regale nella sua semplicità. Interminabile. 

Cave Gargantua - Gressan (AO)

André Cunéaz, classe 1987, estroverso e vitale, ha preferito le vigne di Cave Gargantua ai campi di calcio in giro per l’Italia. Coraggio, determinazione e dedizione uniscono i due fratelli Cunéaz: Laurent, fondatore, ideatore dei vini, studioso di enologia presso l’IAR; André, commerciale e amministrativo, sempre pronto a dare una mano nel bisogno. La loro è una passione radicata nell’infanzia, nell’amore per il vigneto trasmesso dal nonno Piero che diventa cantina nel 2013, trasformando il garage di mamma e papà.

In pochi anni dimostrano di avere stoffa da vendere e i numeri lo confermano, perché crescono velocemente: da 2 a 7 ettari vitati, da 8 a 15 etichette, da 8000 a 30.000-35.000 bottiglie di produzione annua.

La degustazione di Cave Gargantua

Vallée d’Aoste DOC “Pinot gris” 2023 
Pinot gris 100%. Vinificazione: 70% in vasche di acciaio a temperatura controllata e il restante 30% in barrique di rovere francese. 

Etichetta storica, a base di pinot grigio (ex malvoisie), che ben si presta al territorio, sulla quale i fratelli Cunéaz hanno cercato di estrarre struttura e grassezza gustativa. Ben diverso dai pinot grigio di altre regioni italiane. Si legge sul retro etichetta: “fedele ma incontentabile” e “un vino impegnativo che difficilmente si lascia dimenticare!”.

Profumi eleganti di frutta tropicale e spezia, un pizzico di canfora quasi da botrite, apprezzabile in bocca per rotondità e pienezza.  La sapidità-mineralità è un passo avanti all’acidità, che resta notevole. Grande struttura e complessità da piatti gastronomici.  «L’annata 2023 è giovane, ma siamo contenti del risultato perché valorizza la varietà» sottolinea André. Ben definito ed equilibrato adesso, ci incuriosisce all’indomani.

Vallée d’Aoste DOC Torrette Supérieur “Labié” 2023 
Petit rouge 90%, vien de nus 5%, fumin 5%. Vinificazione: Fermentazione alcolica in acciaio di 20-25 giorni, 12 mesi di maturazione in botti grandi e piccole di rovere francese, anfora di cocciopesto di 500 litri. 

È la DOC più importante della cantina e la più estesa della regione che prevede un minimo di 70% di petit rouge e altre uve minori. Rappresenta la storia del vino rosso valdostano e della cantina, con uve provenienti da vigneti vecchi, di 60-70-80 anni preservati con cura e attenzione, una resa di produzione scarsissima che regala un vino di altissima qualità. Il nome del vino “Labié” è in memoria al nonno Piero, nei proverbi locali significa “borbottone”, persona incontentabile che, in maniera costruttiva, si lamenta pur di fare sempre meglio. Leggiamo sul retro etichetta: “suadente e rispettoso”.

Intenso, deciso e schietto. Frutti rossi piuttosto acerbi e note vegetali di peperone in agrodolce e basilico verde si integrano perfettamente a una bocca nobile, piena e morbida. Esemplare per la salinità-mineralità, freschezza e tannino ne tratteggiano la evidente gioventù. È il vino ruspante della Valle d’Aosta che intona, a pieni polmoni, i popolari canti di montagna.

Vallée d’Aoste DOC Pinot Noir “Pierre” 2022 
Pinot Noir 100%. Vinificazione: fermentazione alcolica in tino di legno grande da 1.500 litri,  12 mesi di barrique di cui 50% nuove, 12 mesi di affinamento in bottiglia.

Varietà internazionale di grande interesse in Val d’Aosta e a cui i fratelli sono particolarmente affezionati sin dalla prima vendemmia del 2018, in omaggio al bisnonno Pierre. Tenaci nel voler produrre un grande pinot nero da invecchiamento, che esalti il frutto maturo, può essere considerato il vino di punta di Cave Gargantua, premiato più e più volte. Forza e potenza, unitamente all’innegabile finezza, marchiano indelebilmente “Pierre” sia al naso che all’assaggio. 

Frutta matura di frutti rossi, ciliegia e lampone, ribes e mora, spezie, erbe aromatiche. Il sorso è caldo (2022 annata siccitosa) e ben bilanciato, fresco e sapido, con un tannino cesellato e di lunga chiusura. 

Azienda Agricola Vintage – Saint Christophe (AO)

Elisabetta (Betta) Sedda, classe 1987, dall’aspetto minuto e una forza invidiabile. Autodidatta, senza alcuna esperienza e con un diploma di sommelier, crea per passione e dal nulla la sua azienda Vintage nel 2016, recuperando e curando vigneti vecchi e malconci di 50-80 anni di età, nel rispetto profondo della natura, senza scendere a compromessi di chimica ed enologia, sia in vigna che in cantina. Un lavoro faticoso e stimolante che la assorbe completamente, le viene in aiuto il fratello Matteo e si avvale della sinergia dei Giovani Vignerons.

Il nome Vintage deriva da uno spirito vintage, rifacendosi a un passato nelle tecniche di lavorazione: fermentazioni spontanee, dosi minime di solforosa, nessuna filtrazione e chiarificazione e, laddove fosse necessario, pigiatura coi piedi. Fil rouge di vinificazione: fermentazioni in acciaio e maturazione in barrique esauste, affinamento in bottiglia.

Possiede 2 ettari vitati, produce circa 5000 bottiglie con 10-12 etichette, vale a dire circa 250-500 bottiglie per etichetta! 

La degustazione di Azienda Agricola Vintage

Vino bianco macerato “Tacsum” 2023
Moscato bianco 100% 

Tacsum è muscat scritto al contrario, perché vinificato in rosso: primo vino prodotto dalla cantina, iconico e particolare, prende spunto dai vini friulani macerati. «La permanenza di 10-15 giorni sulle bucce e l’aggiunta del raspo in fermentazione in vasche apposite, costruite in pietra, è il vino che avevo in testa e ho ottenuto» racconta Betta con orgoglio. La 2023 è stata imbottigliata per questa occasione, uscirà ufficialmente a giugno. 

Luminoso, dorato-ambrato, ammalia all’olfatto per il suo corredo aromatico: frutta sciroppata di albicocca, pesca, nespola, cannella, sandalo, basilico viola e una nota linfatica. 

Il sorso è raffinato e scorrevole, ben calibrato fra profumi, struttura e tannini, chiusura magistrale. Un’affascinante rivisitazione del moscato secco di montagna (Muscat de Chambave) e del concetto di “orange wine” in voga. 

Qualche suggerimento per gli amanti dell’abbinamento vino-cibo: carni bianche leggermente speziate della cucina indiana, formaggi semi-stagionati o mozzarella di bufala.

Vino rosato “Promenade d’automne” 2023
Gamay 100%

Appartiene alla Linea Negò-Manì (per essere trasparenti come i Negociant Manipulant della Champagne), nata nel 2020, con uve conferite da amici di famiglia, lavorate e commercializzate da Betta.

Venuto letteralmente fuori da una passeggiata notturna d’autunno nel torchio di 8 ore e 4 ragazze che si alternano nella pigiatura dei grappoli interi (pressatura soffice e delicata di altri tempi), poi vetroresina ed acciaio.

Vivace, austero, color corallo, complesso e masticabile anche al naso con netti sentori vegetali di foglia e concentrato di pomodoro, ciliegia marasca, rosmarino, una spezia dolce. In bocca è potente, succoso, sapido da umami, una freschezza che lo alleggerisce nella beva, con un finale delicatamente ammandorlato. “Non è da aperitivo, o da ostrichella, bensì da merenda valdostana” - afferma col sorriso Betta. Ideale anche coi piatti della cucina orientale come salmone, pesce marinato in salse varie.

Vino rosso “Celui d’ici” 2022
Petit rouge 80%, fumin 10%, mayolet 10%. Anche in questo caso, 50% della vinificazione è con il raspo, a grappolo intero.

Trattasi di un Torrette Superiore, fuori denominazione per scelta aziendale. Tradotto il nome del vino vuol dire “quello di qui”, ovvero quello tradizionale a base petit rouge, coltivato sul versante dell’envers, in una vigna degli anni ‘50, dove il sole non arriva fino a marzo, su terreno sabbioso. «Annata 2022 bellissima, siccitosa ma carica di estrazione, le vigne in buona salute giungono a maturazione con solo quattro grappoli a pianta» spiega Betta.

Naso inizialmente contratto nei suoi ricordi di inchiostro di penna che, piano piano, si apre in tutta la sua complessità, incentrato su frutti e fiori pieni e maturi di mora e amarena, adagiati su un sottobosco muschiato e fungino. La bocca scopre una decisa e fine trama fresco-sapido-tannica di buon equilibrio, favorita dalla grande annata, con una lunga e splendida prospettiva di vita davanti a sé.

Grazie Altai e grazie Giovani Vignerons, instancabili custodi della nostra cara e amata Madre Terra, caparbi coltivatori di quell’angolino d’Italia duro e impervio che dona vini buoni e genuini.