La Borgogna e il mito dei “Monopoles”
All’interno di un terroir di per sé già leggendario, evocativo di grandissimi vini che ogni appassionato sogna di degustare, esiste un universo particolare, quello dei “Monopoles”. A spiegare cosa sono ai soci di AIS Bergamo, attraverso un’indimenticabile degustazione di otto superbe etichette “seul propriétaire”, ci ha pensato Armando Castagno
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Chiunque si avvicini al mondo del vino, sentirà parlare quasi subito di un territorio dove nascono i vini, in particolare rossi da pinot noir, fra i più celebrati - e costosi - al mondo, quella Borgogna dove la qualità della produzione è un paradigma pressoché assoluto che si realizza curando le viti in maniera quasi maniacale, ottenendo così dei grappoli dove la maturità del frutto viene accuratamente controllata per arrivare ad un prodotto, ci riferiamo in particolare a vini rossi, di straordinario equilibrio pur avendo pochissimo estratto e tannini delicati.
Armando Castagno, profondo conoscitore della Borgogna e dei suoi tesori enoici, sostiene che, specialmente in questa regione, ogni vigneto ha una sua precisa identità e ogni identità ha il “suo” vigneto, al punto che ogni vino di Borgogna diventa la “frazione liquida” di quell’identità, un sogno che si concretizza in un prodotto di assoluta eccellenza.
Il territorio
La Borgogna, collocata nella parte centro-orientale della Francia, è uno dei luoghi più a nord del mondo in cui si producono vini rossi ed è caratterizzata da un clima moderatamente continentale, a causa della lontananza dal mare; gli inverni sono dunque freddi (medie in gennaio da -1 a 2 °C) e le estati miti, con massime in luglio tra i 25 e i 28 °C.
Partendo da Digione, capoluogo della regione, incontriamo a sud la zona più famosa di questo territorio, la Côte d’Or (“dorsale d’oro”), una striscia lunga circa 52 km e larga fra i 2,5 ed i 5 km con le vigne esposte ad est: protette in questo modo dai venti freddi provenienti dall’ovest, le viti crescono su terreni alcalini composti da marne del Giurassico (risalenti a circa 150 milioni di anni fa).
L’area settentrionale della Côte d’Or è la Côte de Nuits, famosa per i vini rossi da pinot nero (98% della produzione totale), che qui e in Borgogna era tutelato già dal 1395 quando un editto del Duca di Borgogna Filippo II° l’Ardito impose di piantare nelle vigne più importanti solo pinot nero vietando le uve da lavoro quali il gamay, al tempo molto diffuso in quanto più facile da coltivare e più produttivo del pinot nero.
La zona meridionale della Côte d’Or è la Côte de Beaune: dalle sue vigne esposte a sud-est si ottengono vini bianchi (46% della produzione totale) da uve chardonnay, fra i migliori al mondo, e rossi (54% della produzione totale) da pinot nero, in genere un po’ più robusti dei loro “fratelli” della Côte de Nuits.
Pillole di storia della Borgogna vitivinicola
La rinascita post-medioevale della viticoltura in Borgogna è indubbio merito delle comunità di religiosi, in particolare i monaci benedettini, che per primi (attorno al VI° secolo d.C.) intuiscono il grande potenziale enologico di queste terre. Bisogna però arrivare sino al XII° secolo quando il lavoro dei monaci di Cluny nell’area del Maconnais e Chalonnais, di quelli di Citeaux nell’area della Côte d’Or, lo Chalonnais e Chablis, crea le basi dell'attuale classificazione delle aree più vocate; i Cistercensi non si limita a piantare nuove vigne in terre incolte, ma sono anche all’origine della propagazione della viticoltura borgognona nell’Europa medievale, in particolare in Germania (Mosella e Reno). È sempre dei monaci l’idea di “riquadrare” le vigne ricevute in donazione o eredità dalle Abbazie circondandole da un muretto a secco e il clos diviene pertanto l’antesignano del concetto di monopole ossia una vigna di un unico proprietario.
Nel 1253 vengono censiti i vigneti nella Côte d’Or e nel 1395 l’editto di Filippo II° l’Ardito “consacra” il pinot noir come vitigno principe per la vinificazione, a dimostrazione di come anche i regnanti dell’epoca (la Borgogna fu un ducato indipendente sino al 1457) fossero ben consapevoli della straordinaria importanza delle loro vigne.
La parcellizzazione dei vigneti, frammentati fra ecclesiastici o nobili, subisce uno stop con la Rivoluzione Francese; i rivoluzionari espropriano le vigne ai vecchi proprietari per ridistribuirle inizialmente al popolo ma poi, a causa delle spese da sostenere per i conflitti con le potenze conservatrici europee anti rivoluzionarie, fra il 1793 ed il 1794 organizzano delle aste dove molti vigneti confiscati alla Chiesa vengono venduti, entrando così in possesso di facoltosi borghesi che in genere, a differenza dei nobili, non avevano il concetto di trasmissione ereditaria di un terreno.
Nel 1676, data di straordinaria importanza, si parla per la prima volta di “vin de climat”: climat è un termine che identifica un’area produttiva al netto dell’intervento umano, dunque un riconoscimento di qualità dipendente solo ed esclusivamente dal contesto naturale composto da sottosuolo e clima.
La terminologia del vino borgognone
Chi si accosta ai vini di Borgogna deve prendere confidenza con alcuni termini che identificano in maniera precisa il terroir nel quale nascono le uve che daranno vita a un grande vino borgognone, sia esso rosso da pinot noir che bianco da chardonnay.
È abbastanza noto che Il sistema di classificazione dei vini della Borgogna è diverso da quelli utilizzati in altre regioni della Francia. Nella Côte d’Or, dove sono previste quattro categorie distinte (Appellation Regional, Villages, Premier Cru, Grand Cru), al vertice della piramide della qualità sono collocati i vini Borgogna Grand Crus, il gradino più alto della scala qualitativa che non segue i principi alla base della legislazione dei vini Borgogna, in quanto i Grand Cru Bourgogne (i vigneti Grand Crus rappresentano all’incirca il 4% del totale della vigna borgognona) sono a sé stanti e non rappresentano in alcun modo le proprietà territoriali dei comuni di appartenenza. In etichetta non viene indicato il vitigno.
Tutti i Grand Crus sono anche climat, intendendo con questo termine uno specifico appezzamento di vigna ben definito e delineato, caratterizzato da precise proprietà organolettiche e minerali del territorio; il climat è la denominazione che può essere riportata in etichetta sul vino. Uno stesso climat può essere composto da una o più parcelle, dette lieux-dits: ad esempio, nel climat Clos de la Roche nel comune di Morey-Saint-Denis sono presenti 7 lieux-dits mentre il famosissimo Grand Cru de la Romanée-Conti, avendo una sola parcella, è contemporaneamente climat, lieux-dits ed anche Monopole.
Un Monopole (da mònos, unico, e polèin, vendere) è un vigneto seul propriétaire, ossia di proprietà di una sola persona fisica o giuridica; per creare un Monopole, è possibile lo scambio di parcelle fra due soggetti proprietari, operazione detta di remembrement (così è nato ad esempio il Monopole Vosne Romanee Premier Cru 'Clos des Réas' Domaine Michel Gros).
Sono due le tipologie dei Monopoles in Borgogna:
- Appellations in Monopole: Grand Crus, e quindi denominazioni di origine a se stanti, appartenenti per intero ad un unico proprietario (es. Romanée-Conti, Clos de la Tart, La Grande Rue…)
- Lieux-dits in monopole: sezioni di climats, di qualsiasi categoria (Appellation Regional, Villages, Premier Cru, Grand Cru) delle quali si può provare la consuetudine storica dell’imbottigliamento separato e/o la divisione fisica rispetto al resto del/dei crus e che tipicamente presenta un muro di cinta che rende tale sezione un clos (es. Meursault Premier Cru Clos des Perrières che è all’interno del Meursault Premier Cru Perrières)
I Monopoles in Borgogna
I 208 Monopoles in Borgogna (di cui 160 clos) si suddividono in:
- 5 AOC Grand Cru in monopole, tutte in Côte d’Or
- 13 parti di Grand Cru in Monopole (10 in Côte d’Or, 3 nello Chablisien)
- 115 Premier Cru in Monopole (di cui 93 in Côte d’Or)
- 74 parcelle Villages in Monopole (di cui 57 in Côte d’Or)
- 1 parcella Regional in Monopole (il Clos Michaud in Côte Chalonnaise)
La degustazione e la classifica dei 20 Monopole borgognoni più prestigiosi
Armando Castagno, tra i 208 Monoples, ha selezionato quelli che considera i Top 20 e, di questi, ne ha proposti 8 in degustazione: naturalmente abbiamo seguito la consuetudine borgognona, che prevede di iniziare gli assaggi partendo dai vini rossi (tutti 100% pinot noir) per proseguire poi con i bianchi (tutti 100% chardonnay), definiti da Armando dei “rulli compressori” rispetto ai più delicati pinot noir.
20) Côte de Nuits - Villages, Clos Françoise Thurot, Domaine Henri Magnien, Gevrey-Chambertin
Di questo vigneto monopole di 0,68 ettari che ha il nome del corsaro, poi comandante di squadra navale, Françoise Thurot, nato a Nuits nel 1727, abbiamo degustato il Queue De Hareng 2022 (13% vol., prezzo medio retail € 43), un pinot noir potente all’olfatto, di struttura delicata e quasi esile ma comunque ben marcata che dona un sorso molto piacevole.
19) Monthelie, Premier Cru Château Gaillard, Domaine Annick Parent
Appena 0,49 ha di vigna che creano vini in genere ferruginosi e molto tannici.
18) Fixin, Premier Cru Clos Napoléon, Domaine Pierre Gélin (1,93 ha)
17) Gevrey-Chambertin, Premier Cru La Romanée, Domaine Des Varoilles
Di questo vigneto monopole di 1,06 ettari abbiamo degustato un La Romanée V.V. 2018 (14% vol., prezzo medio retail € 109), un pinot noir da vielle vigne eccezionale, dotato di un naso maturo e molto complesso di mirtillo, gelso, ribes nero, mora e prugna, tutte ben definite; in bocca ha grazia e un tannino presente ma estremamente delicato, in sintesi un vino di una beva stupenda.
16) Pommard, Premier Cru Clos des Epeneaux, Domaine du Comte Armand (5,30 ha)
Un Premier Cru dove nascono vini granitici, indistruttibili, da giovani poco profumati ma che vanno attesi per almeno 10 anni.
15) Grand Cru Clos de Tart, Domaine du Clos de Tart
Un clos di 7,53 ha che genera vini quasi liquorosi, difficili ma molto particolari.
14) Nuits-Saint-Georges, Premier Cru Clos de Thorey, Domaine de la Vougeraie
Di questo vigneto monopole di 3,07 ettari abbiamo degustato un Nuits St. Georges 2020 (13,5% vol., prezzo medio retail € 88), un vino emozionante, tecnicamente pulitissimo, con un naso strepitoso e complesso di spezie e note mentolate, pieno e coinvolgente nel palato.
13) Morey-Saint-Denis, Premier Cru Clos des Monts Luisants, Domaine Ponsot
Vigna di 0,98 ettari in cui, singolarmente, convivono aligoté e chardonnay.
12) La Grande Rue, Grand Cru Domaine Nicole Lamarche
È l’ultimo Grand Cru concesso ad oggi, un appezzamento di 1,65 ettari collocato fra i due “mostri sacri” de La Tache e La Romanée-Conti, in grado di offrire un pinot noir straordinariamente elegante ad un prezzo accessibile considerando il blasone (circa 950 € a bottiglia) e che somiglia moltissimo al mitico Romanée-Conti.
11) Corton, Grand Cru Clos des Cortons-Faiveley, Domaine Faiveley
Di questo storico monopole di 3,02 ettari appartenuti al Sacro Romano Impero abbiamo degustato il Clos de Cortons 2020 (14% vol., prezzo medio retail € 252); la collina di Cortons regala vini dotati di grande longevità e nel nostro l’annata 2020 ha evidenziato note di fiori amari in un contesto olfattivo abbastanza complesso ma la vera forza di questo pinot noir è esplosa in bocca dove si è mostrato un fuoriclasse che darà il meglio di se fra 10 anni.
10) Santenay, Premier Cru Clos du Passe Temps, Domaine Fleurot- Larose
9) Vougeot, Premier Cru Le Clos Blanc de Vougeot, Domaine de La Vougeraie (2,28 ha)
8) Savigny-Les-Beaune, Premier Cru Aux Clos, Domaine Jean-Baptiste Lebreuil
Di questo piccolo vigneto monopole di soli 0,21 ettari abbiamo degustato un bianco 100% chardonnay Aux Clos 2020 (13% vol., prezzo medio retail € 42), il primo bianco che, come accade nelle degustazioni in Borgogna, non fa più sentire i rossi bevuti sino a qui. Un vino totalmente secco ma con molto estratto che gli dona ampiezza gustative e persistenza, che potremmo ben abbinare a funghi, ossobuco, pesce d’acqua dolce, rane e lumache.
7) Beaune, Premier Cru Clos Saint-Landry, Bouchard Père & Fils
Sono 1,98 gli ettari di proprietà di un négociants che opera ininterrottamente dal 1731 e dai quali si origina questo blanc 100% chardonnay Clos Saint-Landry 2020 (13% vol., prezzo medio retail € 84) che presenta aromi penetranti e dolcemente aromatici con note di malto e luppolo, rivelandosi più in bocca che al naso; lo gusteremmo abbinato a crostacei come aragosta ed astice.
6) Volnay, Premier Cru Clos des Ducs, Domaine Marquis d’Angerville
In 2,15 ettari di vigneto prendono vita alcuni dei vini più eleganti della nostra speciale classifica dei Monopoles, caratterizzati da ben evidenti note fruttate e floreali e…molto costosi!
5) Meursault, Premier Cru Clos des Perrières, Domaine Albert Grivault
Un vigneto monopole di 0,95 ettari, che potrebbe diventare un Grand Cru, con un suolo composto da argille fossilizzate sul quale crescono le viti di chardonnay che hanno originato il Clos des Perrières 2019 (14,5% vol., prezzo medio retail € 185), un vino completo, dai profumi elegatissimi di fiori azzurri (glicine), fresco, sapido e ampio.
4) Puligny-Montrachet, Premier Cru Clos de la Mouchère, Domaine Henry Boillot
Questo Premier Cru di 3,92 ha è un riferimento mondiale per i vini bianchi e il suo Clos de la Mouchère 2022 (14% vol., prezzo medio retail € 185) regala un bianco ampio e complesso che profuma di polvere pirica e scorza di limone, talmente particolare che potremmo abbinarlo ad una cucina etnica anche di grandi contrasti, come ad esempio la cucina indiana.
3) Vosne-Romanée, La Tâche Grand Cru, Domaine de la Romanèe-Conti
6,06 ettari dove nascono i vini forse più profumati della regione.
2) Vosne-Romanée, La Romanèe Grand Cru, Domaine Comte Liger-Belair
0,85 ettari che danno vini di grande struttura, leggermente più rustici dei “cugini” del Monopole al 1° posto della nostra classifica, ovvero
1) Vosne-Romanée, Romanèe-Conti Grand Cru, Domaine de la Romanèe-Conti
Sugli 1,81 ettari del vigneto simbolo della Borgogna le viti di pinot noir (età media 53 anni) producono mediamente 450 casse all’anno di vini perfetti ed assoluti, considerati dalla maggioranza degli esperti i migliori e, purtroppo, anche i più cari - una bottiglia dell’annata 2020 arriva a 83.000 euro - ed introvabili vini rossi al mondo.