La Campania, la mozzarella di bufala e il vino

La rassegna “Wine & Cheese” fa tappa in Campania con la Mozzarella di Bufala Campana DOP, che in questi ultimi anni ha assunto lo status di vera principessa dello Stivale, diventando anche ambasciatrice del gusto italico oltreoceano. Ma non è solo questo iconico formaggio ad ammaliare i palati quanto l’abbinamento con i vini della regione Campania da vitigni autoctoni.

Valeria Mulas

Il terzo incontro della rassegna “Wine & Cheese”, condotto e ideato da Maria Rita Olivas - degustatrice ufficiale e relatrice AIS - nelle ospitali sale del Westin Palace Hotel di Milano, è dedicato al territorio campano con l’intento di evidenziare il legame tra personalità organolettica e anima del luogo, non solo per i vini ma anche per i formaggi. Il viaggio tra le affinità elettive che uniscono le eccellenze enogastronomiche e il territorio, dopo aver toccato la Lombardia e la Valle d’Aosta e il Piemonte, approda nella bellissima Campania e in particolare in una zona di produzione della mozzarella di bufala che è anche quella di produzione di alcuni vitigni autoctoni, tra i Campi Flegrei, Avellino e la zona di Paestum.

Bufale nella storia

I protagonisti della serata sono dei longevi ruminanti che hanno saputo mantenere un carattere rustico nel tempo e sono noti per il loro amore per gli ambienti paludosi dove possono mantenere la corretta idratazione della loro pelle. Parliamo delle bufale che oggi, diffuse in tutti i continenti, hanno trovato nelle province di Caserta, Napoli, Benevento e Salerno, in quelle di Latina, Frosinone e Roma, nonché nel foggiano e nel comune di Venafro in Molise, un habitat ideale dal loro sbarco in Italia nel X secolo. Da allora le bufale nel nostro Paese non hanno subìto incroci che ne hanno modificato le caratteristiche originarie tanto che, con il Decreto Ministeriale del 5 luglio 2000, sono state riconosciute come appartenenti a una propria razza definita come Bufala Mediterranea Italiana, considerata tra le migliori al mondo per produzione e adattabilità.

Oggi, grazie all’alta redditività del loro latte e alla poca concorrenza in Europa, sono diventate un investimento per molti allevatori anche del Nord Italia che hanno così potuto evitare le penalità della legislazione sulle “quote latte” e le limitazioni della produzione vaccina.

Il loro arrivo in Sicilia, per mano saracena, introdusse in Italia un animale da soma e trasporto che nell’arco del XI secolo si diffuse in tutto il Meridione colonizzando, in particolare, quelle aree più paludose e a rischio di abbandono per le grandi difficoltà di essere arate e lavorate con animali non adatti, come le razze bovine.

Dobbiamo attendere il XV secolo per vedere la nascita dei primi caseifici a pasta filata e la conversione delle bufale a produttrici di latte per formaggi. Nell’arco di questo secolo si riducono le libertà di pascolo e si iniziano a istituire le stalle per il controllo della mandria.

Nel XVI secolo provole affumicate o semi-stagionate, in grado di conservarsi ed essere più facilmente trasportate, iniziano a essere apprezzate nei mercati locali. Solo nel XVII secolo le mozzarelle fresche saranno commercializzate sul mercato capuano. Sarà poi Ferdinando IV che darà slancio alla creazione, nel XVIII secolo, di caseifici sperimentali per affinare le tecniche e aumentare la produzione. A fine Ottocento il valore delle mozzarelle fresche viene identificato come maggioritario rispetto agli altri prodotti al mercato di scambio all’ingrosso istituito con il nome di “Taverna”, un vero e proprio borsino dei prodotti derivanti dal latte di bufala che sarà la base per lo sviluppo della produzione industriale nell’arco dei primi del ‘900.

La Mozzarella di Bufala Campana è una DOP riconosciuta dal 1996 e dal 2014 tutta la filiera prevede una tracciabilità, con incrocio dei dati tra la produzione e la vendita, al fine di prevenire le contraffazioni del prodotto e tutelare i consumatori.

Quarto formaggio più consumato in Italia dopo Grana, Parmigiano e Gorgonzola, e tra più riconoscibili all’estero come portabandiera del gusto e della qualità italiana, negli ultimi anni la Mozzarella di Bufala Campana DOP è sbarcata in America aumentando la sua fama e arrivando a toccare la quota del 40% di esportazioni.

Caratteristiche organolettiche e lavorazione

Il latte di bufala è noto per l’elevata presenza di proteine e di grassi che permettono un’ottima resa nella trasformazione casearia. Il tenore di grasso rispetto al latte vaccino è superiore di circa il 3%, ma il contenuto di grassi saturi è inferiore a quello vaccino. Ha una spiccata tendenza dolce e un caratteristico colore bianco porcellana dato dall’assenza di carotenoidi che dona alle mozzarelle fresche la riconoscibile perlacea buccia opaca. Altro dato interessante è la concentrazione di fermenti lattici (ceppi di lattobacilli termofili resistenti anche alla temperatura di filatura) maggiore rispetto al latte vaccino.

Dopo essere stato filtrato il latte di bufala, che deve essere lavorato entro la sessantesima ora dalla mungitura, viene portato a temperature tra i 33 e i 39 °C e addizionato di siero innesto prodotto da lavorazioni precedenti nella stessa azienda o in altre limitrofe, a garanzia della territorialità produttiva. Questo processo permette l’acidificazione lenta e naturale che consentirà la successiva filatura della pasta. Si procede quindi al riscaldamento e alla coagulazione mediante caglio naturale di vitello e successivamente alla rottura della cagliata e alla separazione della parte liquida. Parte quindi la fase di maturazione sotto siero, fino a quando il casaro, dosando la filatura, deciderà il momento della mozzatura. Scelta la forma, la mozzarella viene lasciata riposare in acqua fredda prima e, dopo, in acqua di filatura, siero acido e una piccola percentuale di sale, in modo da conferire sapidità e preservare il prodotto.

La degustazione

Mozzarella di bufala DOP e Campi Flegrei DOP Falanghina Colle Imperatrice 2022 - Cantine Astroni

Non potevano non partire dal formaggio simbolo prodotto con il latte di bufala. La mozzarella in degustazione, ciliegina con una pezzatura di 50 g, si presenta di un bianco porcellanato dalla pelle intatta e compatta, con pasta umida, dal profumo delicato di latte fresco e yogurt, con sfumature erbacee e di muschio. Palato avvolgente, tendenzialmente dolce, che chiude con una leggera sapidità e acidità. Il vino scelto per il primo abbinamento deriva da vigne a piede franco sono situate proprio sulle pendici del cratere degli Astroni del vasto complesso vulcanico nei Campi Flegrei, su terreni formati da rocce piroclastiche, ceneri, lapilli, pomici e sabbie vulcaniche ricche di potassio. La Falanghina Colle Imperatrice con i suoi sentori di frutta fresca - pera e mela -, di timo, maggiorana e di brezza marina, ha un’entrata agile e minerale in bocca, con una chiusura sapida e agrumata. L’abbinamento fa risaltare le note erbacee, dando luce alla delicatezza della mozzarella, pur con una leggera persistenza del vino.

Bonfiore e Greco di Tufo DOCG Riserva Vigna Serrone 2021 - Cantine di Marzo

Se mozzarelle e scamorze sono state sempre prodotte nelle zone di produzione storiche del Meridione, ci sono una serie di prodotti caseari che si sono sviluppati “di ritorno” dallo sviluppo dell’allevamento delle bufale nel Nord Italia, incrociando tecniche tipiche di queste regioni con il latte bufalino. Assaggiamo uno di questi formaggi di cultura “nordica”: una crosta fiorita dalla candida peluria bianca e una pasta cremosa che profuma di funghi e sottobosco, con un lattico di burro cotto di fondo. In bocca risulta grasso e dolce, con un ritorno di funghi, quasi affumicato e con una chiusura salina. Lo abbiniamo a un vino più strutturato come il Greco di Tufo DOCG Riserva Vigna, un piccolo cru all’interno dell’areale pedemontano dell’Irpinia su terreni di argilla e marne con tufo giallo. I profumi si spostano sulla pesca e il melone bianco maturi, con sfumature fumé e di gelsomino, rosmarino e camomilla. Ha un corpo importante e strutturato, senza mai essere invasivo. Alterna infatti un ingresso morbido a una freschezza sapida che si allunga su aromi più dolci e fumé. L’assaggio del formaggio con il vino rivela un perfetto equilibrio che esalta il formaggio, lasciando il palato perfettamente pulito e che richiama la beva.

Scamorza di latte di bufala affumicata e Irpinia DOC Coda di Volpe Bianco di Bellona 2018 - Tenuta Cavalier Pepe

La scamorza in degustazione viene prodotta da latte intero crudo e subisce un processo di affumicatura di tipo naturale, che gli conferisce un gradevole e intenso aroma di incenso. Si presenta di colore ocra con nuances non uniformi e più scure date dall’affumicatura. Le note affumicate sono anche la caratteristica principale al palato, che si uniscono a grassezza e morbidezza, con una consistenza golosa che sfuma sulla panna e sul burro. Proviamo un abbinamento con un vitigno autoctono usato fino a poco tempo fa solo come uva da taglio, sfruttando la sua bassa acidità e l’ottimo livello di zuccheri. Oggi più vignaioli stanno invece valorizzando questo vitigno, lavorando in vigna per un’equilibrata maturazione che contrapponga alla morbidezza una corretta spalla acida e puntando sul potenziale di invecchiamento. Il calice che assaggiamo gioca tutte le sue carte sulla frutta gialla matura, dalla papaia all’albicocca, poi sfodera l’alloro e il rosmarino, i fiori di tarassaco e delle piccole note fumé che chiudono sul miele. L’entrata in bocca è morbida e rotonda, chiudendo con una sferzata acido-sapida e bella persistenza. L’abbinamento risulta in equilibrio, seppur con un allungo della nota affumicata della scamorza.

Abbiamo provato gli abbinamenti, ben riusciti, anche con la mozzarella di bufala e con la crosta fiorita.

Pirano di bufala e Fiano di Avellino DOCG Exultet 2017 – Quintodecimo

Il Pirano è un formaggio semi-stagionato a crosta semidura di colore giallo ocra leggero. Viene realizzato a partire da latte di bufala intero e pastorizzato e presenta sentori di burro cotto, erba tagliata e fiori di campo. Al palato risulta grasso, morbido e umido con un ritorno aromatico coerente e una persistenza dolce con sprazzi quasi piccanti. L’abbinamento con il Fiano di Avellino del Prof. Moio risulta in perfetto equilibrio, con una compenetrazione tra le qualità del formaggio e i sentori intensi del vino che virano su frutta bianca croccante, ananas e scorza di agrume, di tiglio e acacia, di nocciola e miele, di erbe aromatiche e pietra focaia. Il palato avvolgente, ricco e glicerico, ha un finale sapido e fresco, e chiusura ammandorlata. Perfetta l’esaltazione del Pirano e con questo vino da terreni ricchi di lapilli vulcanici, che fermenta per un 30% in barrique di rovere nuove. Buono l’abbinamento anche con la scamorza affumicata.

Tutti i formaggi degustati sono del Caseificio Barlotti di Paestum, la cui filosofia è tutta racchiusa in queste parole:

«Pensate ai luoghi, alle persone e agli oggetti. Poi immaginate i dettagli, la luce e i colori. Le nostre bufale. Nutrite solo con prodotti naturali dei nostri campi – erba medica, paglia, fieno e mais. Abbiamo creato per loro spazi e luoghi in cui vivere quotidianamente in armonia, favorendo il loro benessere fisico, mentale ed emotivo».

Chiudiamo questo terzo incontro con Maria Rita Olivas con l’augurio di vederci in autunno con nuovi appuntamenti per esplorare altri territori, altre forme del latte e altri abbinamenti che possano stuzzicare la nostra conoscenza e la nostra voglia di sapere.