La Champagne e lo Champagne
Un meraviglioso viaggio in dieci tappe per approfondire la conoscenza di una regione e di un vino unici al mondo.
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Samuel Cogliati, italo–francese, brillante comunicatore e grande conoscitore della Champagne e dei vini francesi, ha guidato il nostro viaggio attraverso le varie regioni vitivinicole della Champagne, toccando e approfondendo con grande perizia e passione, argomenti geografici, storici e socio–economici.
Ha affrontato nel dettaglio la tecnica produttiva, il significato della suddivisione in cru e il rapporto tra vigneron e maison. La degustazione di ben sessanta champagnes, di varia tipologia e provenienza, è stata decisamente un’esperienza affascinante.
Siamo partiti col definire lo champagne un vino “eccezionale”, diverso dagli altri vini. Ed è così per diversi motivi. Sicuramente l’eccezionalità della regione che lo produce, legata a fattori geologici, geografici e climatici, una storia lunga più di tre secoli, che lo ha proclamato il vino dei nobili e dei re, e un‘organizzazione vitivinicola infallibile.
È stata proprio la situazione geografica e climatica estrema ad aver imposto la spumantizzazione e la regola produttiva, cioè il metodo champenois, che prevede l‘assemblaggio o cuvée di vini da vitigni diversi, di provenienza diversa e/o di annate diverse, da cui nasce il vin clair, ovvero la base spumante. La tecnica dell‘assemblaggio di annate e territori diversi è una contromisura per difendersi da annate difficili mentre l‘assemblaggio di vitigni diversi, dotati di caratteristiche complementari, è la soluzione che permette di affrontare le difficoltà di una viticoltura posta così a nord. Il dosaggio, cioè l‘aggiunta della liqueur d‘expedition prima della tappatura definitiva della bottiglia, ha anch’esso il compito di smussare la durezza gustativa residua che, nonostante l’assemblaggio, una territorialità così estrema può conferire al vino. Per lo stesso motivo vige la consuetudine di stoccare i vins de réserve che possono, in qualche modo, salvare la produzione in un‘annata veramente infelice.
Un’intera lezione è stata dedicata all‘importanza dell’invecchiamentoche, per lo champagne, è una necessità. Il suo scopo è la ricerca dell‘épanouissement, cioè la “fioritura”, la crescita e l‘espansione del vino. Con l‘invecchiamento si ricerca una migliore vinosità, complessità, eleganza, armonia e un potenziamento della mineralità.
Molto interessante è stata la serata in cui sono stati messi a confronto le maisons e i vignerons. I vignaioli indipendenti, che comprendono i Récoltant Manipulant (RM) e i Récoltant–coopérateur (RC), coltivano circa il 90% dei 34000 ettari vitati in Champagne mentre le Maisons, in prevalenza Négociant Manipulant (NM), coltivano direttamente solo il 10% della superficie totale. Se si considerano invece i volumi venduti la situazione si ribalta: le grandi maisons - circa 300 -, producono circa 220 milioni di bottiglie all‘anno mentre i vignerons - che si attestano intorno a 2700 -, 57 milioni.
Mentre la dicotomia fra maison e vigneron è molto chiara sul piano formale, se si considerano gli approcci produttivi e le modalità tecniche, la distinzione non è così netta. Il RM è solitamente un’azienda di tipo familiare che può produrre vino dalle proprie uve oppure venderle al négoce. Esistono però tanti RM che non lavorano in modo artigianale, ma seguono lo schema vincente e più standardizzato delle grandi maisons. Di contro, ci sono alcune maison a gestione familiare che lavorano con tutti i presupposti della cura artigianale producendo di fatto uno champagne più “variabile”.
Un NM che fa grandi volumi cerca di diversificare il più possibile l‘approvvigionamento delle uve per tipologia e provenienza per garantire regolarità, affidabilità e riconoscibilità qualitativa, in particolare per la cuvée di base. Per ottenere tutto ciò il NM si affida alla grande perizia del suo chef de cave che ogni anno “crea” la ricetta giusta per comporre la cuvée, utilizzare la liqueur d‘expedition e i vin clair di annate precedenti affinché il prodotto finale sia costante, e dunque riconoscibile, nonostante l’influenza dell’andamento stagionale sulla materia prima.
D’altro canto i RM che, realmente, sposano la causa di un approccio artigianale sono circa il 10%. Essi evadono dalla logica della standardizzazione per valorizzare il terroir e recuperare l‘impronta dell‘annata, adottando una cura artigianale e personalizzata in vigna e in cantina, con l’inerbimento dei suoli, il contenimento delle rese per ettaro e per ceppo, l’utilizzo oculato dei fertilizzanti, il recupero delle biodiversità e dei vecchi vigneti con la selezione massale. La tecnica di vinificazione è, inoltre, meno invasiva, con una forte limitazione delle correzioni enologiche e tempistiche meno assillanti di quelle dettate dal disciplinare. E questa affascinante “Nouvelle Vague” sta crescendo perché, fortunatamente, si è aperto un segmento di mercato sempre più interessato allo champagne di terroir.
Una curiosità riguarda anche i Grands crus, i Premiers crus e i crus “ordinari”. I primi due si trovano prevalentemente nel Dipartimento della Marna: la Montagne de Reims conta 9 Grands crus e 25 Premiers crus; la Vallée de la Marne comprende 2 Grands crus e 9 Premiers crus, quasi tutti nella Grande Vallée; alla Côte des Blancs appartengono 6 Grands crus e 9 Premiers crus. È suggestivo osservare come i Grands crus e i Premiers crus si trovino tutti vicino alle sedi delle maggiori maison e ai due centri pulsanti dell‘economia vitivinicola locale: Reims ed Épernay. Al contrario sono totalmente assenti nell‘Aube. Interessante è constatare come, spesso, la suddivisione in Grand cru e Premier cru si basi soprattutto su un’eredità culturale, politica ed economica e che non sempre basta, da sola, a garantire la qualità; ciò è dimostrato dal fatto che troppi champagne di “qualità”, provenienti da crus di alta reputazione, sono deludenti, mentre “grandi” champagne vengono prodotti in comuni non ritenuti di pregio.
Nel nostro percorso abbiamo capito che quello che connota fortemente la Champagne è un dato macro-geografico, che ha creato le condizioni ideali per la spumantizzazione. Ma è soprattutto il savoir-faire, cioè la capacità tecnica accumulata in tre secoli di storia, ciò che fa veramente la differenza e che ha permesso di affinare e consolidare una tecnica ineccepibile, facendo dello champagne un “oggetto culturale”. Abbiamo potuto constatare come il riconoscimento, da un punto di vista organolettico, risulti spesso particolarmente difficile e non è raro che lo stesso tipo di champagne appaia molto diverso da una bottiglia all‘altra. Inoltre, è vero che la champagnisation valorizza alcune qualità del vino, ma riduce inequivocabilmente la sua riconoscibilità territoriale.
In conclusione, lo champagne è un vino sempre intrigante, spesso “misterioso”, mai noioso e per poterlo veramente capire è necessario accostarcisi in silenzio, in punta di piedi, predisponendosi all’ascolto. Con la degustazione alla cieca, magistralmente guidata da Samuel Cogliati, ci siamo posti di fronte al vino senza preconcetti, lasciandolo parlare e lasciandoci stupire ed emozionare.