La Loira, una ricca pagina bianca

Una serata dedicata al versante bianchista della Valle della Loira. Artur Vaso ci accompagna in un territorio ampio, eterogeneo, fecondo di storia e di leggenda. Di vino in vino, di zona in zona, di castello in castello, compiamo un viaggio nel passato, nelle tradizioni e nella bellezza.

Sara Passerini

La Valle della Loira è, per grandezza, la terza regione vinicola della Francia. Si estende dalla costa atlantica all'Alvernia: in orizzontale la vediamo espandersi dall'oceano alla Côte des Bar e, in verticale, spingersi quasi fino alla Borgogna. La sua Strada del vino, con ben 800 chilometri, è la più lunga di Francia e i suoi vini prosperano in un “paesaggio culturale” unico, fatto di uno stretto connubio tra uomo e ambiente, tra storia e cultura, classificato come patrimonio mondiale dell'UNESCO da Chalonnes-sur-Loire a Sully-sur-Loire.

Artur Vaso, nel raccontarci lo stretto rapporto tra vino e società, parte da proprio dalla storia, vira verso una panoramica sulle caratteristiche pedoclimatiche e, infine, approccia le quattro macro-zone, ognuna accompagnata, con estremo piacere, da almeno un vino in degustazione.

Cenni di Storia

I vigneti di Nantes furono piantati dai Romani oltre 2000 anni fa. Nel I secolo, Plinio il Vecchio scriveva dell'esistenza di vigneti sulle rive della Loira; è dal V secolo, però, che la viticoltura iniziò davvero a prendere piede: si riscontra menzione della presenza del vino a Sancerre e Touraine già nel 582 grazie a Grégoire de Tours, vescovo di Tours e importante storico e agiografo dell’età merovingia.

Nel VI secolo nasce la vigna d'Orleans intorno al monastero di Saint-Mesmin. Nei secoli successivi, l'influenza dei monaci agostiniani e benedettini fu un fattore determinante nello sviluppo dei vigneti: i monaci coltivavano la vite, e sapevano sfruttare al meglio i numerosi canali di comunicazione disponibili nella zona di Nantes. I fiumi Sèvre e Maine fornivano un'eccellente via di comunicazione integrando le vie romane esistenti. A quel tempo, viaggiare lungo le strade era pericoloso mentre spostarsi attraverso il fiume era un'opzione molto più sicura e permetteva di fare affari e incoraggiare l'insediarsi di vigneti su entrambe le sponde.

Nel 1154 le viti di Angers conobbero una grande espansione: Enrico II divenne re d'Inghilterra e fece sì che a corte venissero serviti solo vini d'Angiò, un'usanza portata poi avanti dai suoi successori, Giovanni Plantageneto ed Enrico III. Così, per quasi mille anni, i reali di Francia e Inghilterra diffusero la fama della Loira e dei suoi vini.

Fabio Scaglione e Artur VasoDal medioevo fino al XV secolo la viticoltura prospera intorno alle città di Angers, Saumur e Orléans, guidata dalla borghesia grazie all’abolizione del “diritto di banvin” che limitava la commercializzazione del vino.

Nel corso dei primi decenni del ‘500 Francesco I si adopera per la costruzione del Castello di Chambord, uno dei più grandi della Valle della Loira, e autorizza gli Stati della Bretagna a mantenere i loro diritti di commercio così da promuovere ulteriormente il settore vino.

Oltre all'esportazione, la Loira comincia a concentrarsi anche sull'introduzione di nuove varietà.

Nel XVI secolo François Rabelais, nei suoi scritti, si riferiva ai vini di Chinon ottenuti dall'uva “breton” (cabernet franc) e, più o meno nello stesso periodo, l'autore menziona anche l'uva chenin.

Nel 1709 arriva le Grand Hiver, il rigido clima invernale che colpì i vigneti: le temperature precipitarono, i barili ghiacciarono così come l'oceano, lungo tutta la costa. Resistette il melon de Bourgogne, le cui uve danno vita al Muscadet. Verso la fine del secolo si compie la Rivoluzione francese, una rivoluzione fondamentale per l'occidente, ma deleteria per la vite, tra espropriazioni e battaglie.

All'inizio dell'Ottocento nascono le prime ferrovie che portano a una diretta concorrenza tra i vini della Valle della Loira e quelli prodotti nel sud della Francia mentre verso la fine del secolo compare la fillossera che, come nel resto d'Europa, arriva a distruggere gran parte dei vigneti.

Superate le varie crisi, la viticoltura rinasce più consapevole: vengono reimpiantate zone intere (il melon de Bourgogne nella zona di Nantes, il cabernet franc e lo chenin blanc in Anjou, Saumur e Touraine mentre nel centro della Loira è il sauvignon blanc a dominare) e si consolida l'idea di qualità, portando alla creazione di alcune delle denominazioni più famose. Nel 1935, in Francia, viene presentato un decreto-legge per dar vita alle prime Appellations d'Origine Contrôlée (AOC).

Eterogeneità di terroir

Il territorio della Vale della Loira è percorso da una molteplicità di fiumi e affluenti e la diversità dei terreni è la chiave per capire il frastaglio ampelografico e tipologico della produzione vitivinicola.

  • Il vigneto di Pays Nantais è costituito da rocce magmatiche e metamorfiche del Massiccio Armoricano, principalmente gneiss, micascisti, rocce verdi e graniti.
  • Nella zona di Anjou il sottosuolo è costituito principalmente da ardesia, arenaria, scisti, ma anche da roccia vulcanica.
  • Tra Angers e Saumur si ha la transizione tra il più antico substrato roccioso a ovest e il bacino sedimentario a est.
  • Nel Saumurois e nella Touraine, il sottosuolo è costituito da tufo calcareo, sabbia e argilla silicea, nonché dai depositi dei fiumi.
  • Nel Centro Loira si trova Kimméridgien, calcare, silex e ghiaia.
  • Ad Auvergne i terreni sono per lo più composti da arenaria, granito e da rocce metamorfiche ricche di minerali e fillosilicati.

Questa diversità geologica, unita alle diverse pendenze ed esposizioni, rende esplicito il concetto di terroir e influenza sensibilmente la scelta dei vitigni e le pratiche dei viticoltori, ma c’è un punto in comune tra tutti i vini della Loira ed è la grande freschezza che li caratterizza. Inoltre, dove si ha un terreno calcareo i vini sono eleganti e ricchi di profumi. Marne, rocce sedimentarie e argilla donano al sauvignon struttura e complessità; una prevalenza di marne regala mineralità mentre i terreni silicei danno vita a vini che richiedono un po' più di tempo per esprimersi al meglio.

Eterogeneità ampelografica

Nella Valle della Loira si trovano sia vitigni bianchi che rossi: saldamente al primo posto, il cabernet franc che occupa il 25,1% della produzione, seguito da sauvignon blanc con il 15,7%, lo chenin con il 14,9%, melon de Bourgogne 13,6%, gamay 7,1%, chardonnay, pinot noir, grolleaux e altre varietà. Tra i vitigni a bacca bianca, il melon de Bourgogne è noto anche come muscadet: ha piccoli acini con una buccia spessa, è molto produttivo e resistente. Lo chenin è il vitigno della Loira più versatile, usato per dar vita a vini spumanti, metodi ancestrali, vini botritizzati, dolci, fermi, secchi. Il sauvignon blanc dà risultati a dir poco eccellenti in Sancerre e in Touraine, anche se è un vitigno più fragile di altri, molto sensibile al suolo e al clima.

Altri vitigni a bacca bianca diffusi nella Loira sono folle blanche, chardonnay, chasselas, romorantin, sauvignon gris e tressalier.

La degustazione

Per la degustazione Artur decide di non seguire il corso del fiume, ma di affidarsi piuttosto alle intensità aromatiche e gustative, alle persistenze e al grado zuccherino dei vini proposti. Ci fa partire dalla zona di Anjou-Saumur, ci accompagna a Nantes, ci fa balzare al Centro Loira con un serrato confronto tra Sancerre e Pouilly Fumé, ci riporta nei pressi di Angers con la splendida denominazione Savennières e conclude il viaggio nella zona di Touraine.

Anjou-Saumur

Zona vitivinicola a ridosso del fiume e per questo agevolata nel commercio dei suoi vini, nel corso del tempo ha puntato su due diversi tipi di investimento enologico: da un lato la ricerca di qualità, soprattutto per i vini destinati all’estero, e dall’altro sulla quantità, per una diffusione sul territorio francese. I suoli e il sottosuolo sono composti da ardesia, arenaria, rocce vulcaniche, tufo bianco.

Il vigneto occupa circa 21.400 ettari. Il clima oceanico è temperato in Anjou e ha un’influenza continentale a Saumur. Il cabernet franc occupa la metà della produzione; a seguire lo chenin che qui, oltre alla ben nota e apprezzata freschezza, sfoggia un frutto pieno e una magnifica rotondità.

Crémant de Loire AOC Cuvée de Prestige Quadrille Extra Brut 2016 – Langlois Château
Blend di chenin, chardonnay, cabernet franc e pinot noir. Bollicine fini e stuzzicanti. Da subito cenni sottili di cipria e zucchero filato amalgamati in un’intensità media che invoglia al sorso più che sorprendere. Un profilo odoroso confortevole s'arricchisce man mano di scorza candita di limone e di frutta tropicale. Al palato, in un primo momento la cremosità avvolge; poi, però, il vino asciuga la bocca con un’acidità sferzante, verticale, rafforzata da una componente salina che insiste, a braccetto con un retrogusto dolce.

Pays Nantais

L’estuario oceanico! I vigneti ricoprono 12.600 ettari e subiscono l'influenza atlantica. Suoli e sottosuoli sono costituiti da rocce eruttive e metamorfiche, veri e propri terreni vulcanici. La zona produce più bianchi che rossi e il vitigno maggiormente coltivato è il melon de Bourgogne.

Muscadet Sèvre et Maine sur Lie La Louvetrie 2020 - Domaines Landron
Vino in apparenza semplice, di un giallo paglierino vivace e sfizioso, di media intensità olfattiva ma dai profumi nitidi. Un Muscadet che mantiene ogni promessa, un olfatto che fa pensare alla fotografia di un’onda con ricordi di salsedine, erbe aromatiche, tracce d’alga, e poi frutta bianca fresca, e un timido intarsio di limetta. Al palato pulizia, chiarezza, ordine, sapori di mela, una tattilità oleosa e una chiusura d’armellina.

Centro Loira

Siamo nel cuore della Francia, duecento chilometri da Parigi. Il fiume la divide in due e crea due miti: Sancerre e Pouilly Fumé. A Sancerre, fino agli anni Cinquanta, c’era pinot nero (al re piaceva il rosso!); poi è stato incoraggiato l’impianto di sauvignon blanc. Nella zona troviamo tre tipi di terreno: marne bianche, calcare oxfordiano e argilla silicea. Il vigneto Sancerrois si estende su 14 comuni, distribuiti su magnifiche colline ben orientate, esposte al sole e protette dai venti freddi. Sulla riva destra della Loira, nel cuore della regione del Nivernais, il vigneto di quasi 1.379 ettari si estende su 7 comuni, dove regnano due vitigni: il sauvignon blanc, chiamato localmente blanc-fumé, e lo chasselas, che consente la produzione dell'AOC Pouilly-sur-Loire.

I viniSancerre Comte Lafond 2021 - Baron de Ladoucette
Corrusco, cordiale, educato ma quasi pungente. Un naso antico nel quale avanza un corteggio di agrumi capeggiato dal pompelmo, poi frutta a polpa bianca, frutta esotica, ma anche memorie di mandorla e di cioccolato bianco. Il sorso si rivela potente e ricco di sapore, una lunghezza che sa di pompelmo rosa, una salinità che si ferma ai lati della lingua e chiede un nuovo assaggio.

Pouilly Fumé Mademoiselle de T 2021 - Château de Tracy
D’aspetto signorile, avviciniamo il naso, ma il vino chiede a gran voce di aspettare un attimo, di lasciargli tempo. Proviamo a rispettare il suo volere, lo osserviamo e tergiversiamo, ma è più forte di noi, torniamo ad annusare, anche solo per avvertire il suo mutare. Note di peperone, di fungo, di asparago, un sottofondo balsamico che si fa spazio, un vegetale che emerge come raddolcito, che racconta di erbe aromatiche, di bosso, di ginestra, di frutta tropicale. Torniamo a guardarlo e l’oro sembra più caldo e meno austero. Ne assaggiamo un sorso: esplosivo. Sapido, fresco, portatore di una tensione palpabile che abbraccia un retrogusto perfettamente coerente.

Savennières

Torniamo in Anjou Saumur, più precisamente nella zona del Savennières e, in particolare, in una sorta di cru: Coulée de Serrant. Qui i suoli sono poco profondi e composti da scisti di arenaria, vene vulcaniche e sabbie portate dal vento. La collina, che domina la Loira, è esposta a sud e favorisce la piena maturazione delle uve.

Savennières Le Vieux Clos 2016 - Nicolas Joly, Château de la Roche aux Moines
Ci innamoriamo a prima vista. Un dorato pieno, un ottone tirato a lucido con sottili, appena percettibili, striature ramate. L’intensità odorosa si propaga nel calice e non si risparmia in larghezza; l’approccio è speziato, erbaceo e fruttato. Acini di uva macerata, trame eteree, zeste candite, rimandi liquorosi e una tostatura di frutta secca conducono alla beva. Pieno, gustoso, saporito, quasi concentrato. Morbido e ricco di aromi, la nocciola e la frutta essiccata soprattutto. Un palato salino, con un’ottima gestione dell’alcol e una dolcezza solo suggerita, mitigata dall’intenso sapore. Con la mente ci porta lontano, ci accompagna a palazzo e ci racconta storie di re e regine, di tradimenti e banchetti. È meraviglioso.

Touraine

È una zona ampia quella della Touraine. I suoi vigneti si trovano all'incrocio tra influenze oceaniche e continentali: 16.300 ettari di terreni composti da gesso tufaceo, sabbia e argilla silicea. Lungo le rive della Loira e della Vienne troviamo sabbie e ghiaie depositate dai fiumi. I principali vitigni a bacca bianca sono chenin e sauvignon blanc.

Di questa macro-zona di Loira assaggiamo un Vouvray, territorio famoso per i suoi chenin - che possono essere frizzanti o fermi, secchi, teneri (demi-sec) o dolci, a seconda della quantità del residuo zuccherino che si decide di mantenere nel vino -, e per la produzione di spumanti.

Vouvray Demi Sec Le Clos du Bourg 2014 - Domaine Huet
Anche in quest’ultimo vino il colore inebria con la sua ricchezza di pigmentazione e luminosità, un gioiello d’oro che si fa prezioso scrigno di profumi. Un naso che non grida bensì comunica: il dialogo si apre con una balsamicità inaspettata che fa spazio a una leggera dolcezza data dalla frutta matura, dalla speziatura dolce e dalla nocciola. Al palato è consolatorio, confortevole, accogliente: c’è zucchero, c’è acidità, c’è sale e ogni componente s’intreccia senza indugi in una struttura notevole. Il retrogusto è di mandorle caramellate.

Scrive Montale: «Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio», un verso che ci sembra perfetto in quest'occasione, perché ogni volta che approcciamo questo vasto territorio ci risulta difficile da afferrare e abbiamo la sensazione che sfugga qualcosa, anche se quel legame tra passato e presente è profondamente vivo, acceso, attuale. Inafferrabile. È una sensazione meravigliosa, che ci sfida a rileggere e riassaggiare, ad ascoltare l’ennesima interpretazione, a sorridere di una leggenda, a immaginare una tendenza, ad accettare l’imprevisto, a guardarci negli occhi e, grati anche questa volta, dirsi: «Alla prossima!»