La longevità del nebbiolo valtellinese, un Sassella 1956 da ricordare a lungo

Racconti dalle delegazioni
30 novembre 2009

La longevità del nebbiolo valtellinese, un Sassella 1956 da ricordare a lungo

Se c’erano ancora dubbi circa la tenuta nel tempo dei grandi vini di Valtellina sono stati definitivamente fugati dalla “storica” degustazione verticale tenutasi sabato 28 novembre presso le cantine Rainoldi di Chiuro...

Natale Contini

Eravamo in tutto una quindicina di sommelier degustatori - grazie alla squisita ospitalità di Peppino e Aldo Rainoldi che per l’occasione hanno aperto il loro “caveau”– per procedere all’assaggio di 8 annate di Sassella prodotto nel periodo 1956 – 1999. Risultato della attenta analisi sensoriale: il 1956 è risultato a dir poco straordinario. Un vino ancora integro nel colore granato tenue ma vivacissimo. Aromi complessi non solo terziari: fiori secchi, note di erbe aromatiche, cioccolato, dado per brodo, spezie dolci, mentolato, balsamico. Fine e pulito nonostante più di 50 anni di riduzione in bottiglia. Una cosa incredibile. E poi in bocca una beva accattivante, una freschezza ancora notevole, una perfetta coerenza gustolfattiva e una morbidezza che accarezzava il palato. Un vino che alla cieca poteva benissimo essere scambiato per un grande pinot nero (di quelli borgognoni che costano centinaia e centinaia di euro la bottiglia). Sono seguite le annate 1975 – 1983 – 1985 – 1989 – 1990 – 1997 – 1999. Su tutte svettava il 1997 frutto di una storica vendemmia (forse la migliore del secolo scorso dopo il mitico 1947) che non ha tradito le aspettative. Una degustazione da ricordare a lungo ma soprattutto un altro segnale alla Valtellina – dopo il forum di Bormio Dal Bicchiere alla Vigna – del percorso da seguire teso a valorizzare il territorio e le grandi potenzialità del nostro nebbiolo privilegiando il ruolo del vigneto e di coloro che ci lavorano con tanta fatica per produrre vini di grandissima qualità destinati a durare nel tempo. La qualità globale non è perciò una utopia. Dobbiamo solo sfruttarla e saperla valorizzare. Da questa degustazione un'altra conferma.

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