La longevità del Sagrantino di Montefalco. Antonelli in verticale

La storica tenuta Antonelli di Montefalco mostra tutta la longevità del suo Sagrantino con una verticale di sette annate dal 2016 al 2004. Condotti dal titolare Filippo Antonelli e da Gianluca Grimani, esperto sommelier e referente per l’Umbria della Guida Vitae.

Valeria Mulas

Montefalco: la ringhiera dell’Umbria

Al centro dell’Umbria la denominazione Montefalco, che prende il nome dal comune più esteso, include anche parte delle località di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell'Umbria in provincia di Perugia. Noto come la ringhiera dell’Umbria, Montefalco domina la valle che si estende tra Perugia e Spoleto e permette con uno sguardo di abbracciare quel patrimonio storico, artistico e naturalistico che include i Preappennini, Assisi, Spello, Foligno, Trevi e tutta la Fascia Olivata, e terrazzata, con la sua immensa ricchezza di biodiversità: una distesa di colline tra i 200 e i 500 metri s.l.m., coltivate a ulivi, vigneti, cereali e seminativi in un mosaico, attraversato anche da maiali e chianine, che riporta la memoria all’epoca della mezzadria. Montefalco è di origine alluvionale: milioni di anni fa il lago Tiberino si è ritirato lasciando questo lembo di terra che, insieme agli Appennini, era tra le poche terre d’Italia già emerse dal mare: terreni di matrice argillosa che, nel tempo, e grazie ai rimescolamenti geologici, si sono arricchiti di parti più marnose e di altre più scheletriche.

Sagrantino, l’uva del falco

Il vitigno sagrantino - il cui DNA non ci ha ancora rivelato parenti e origini – appare già in documenti del ‘500 in versione passita da aggiungere come rinforzo ai vini secchi, in un’antesignana tecnica di Governo alla Toscana. Per secoli, poi, si produsse il Sagrantino Passito da bere in occasioni speciali e importanti, in particolare a Pasqua. Una leggenda vuole, però, il Sagrantino legato alle vicende di Federico II di Svezia, grande amante della caccia che praticava anche nei dintorni di Coccorone (l’antico nome di Montefalco) con i suoi adorati falchi. Alcuni di questi, di razza Saker, si ammalarono e si racconta che furono guariti da una pozione a base di un vino locale, poi chiamato Sagrantino dal nome degli stessi rapaci. Il paese stesso cambiò nome in onore al volo dei falchi di Federico II. La datazione del vitigno andrebbe, quindi, fatta risalire almeno al XIII secolo e si tratta di una varietà che rimase confinata quasi solo nella zona di Montefalco. Questa limitazione geografica è sicuramente dovuta alla bassa produttività, alla preferenza per la versione passita legata alle festività, ma anche al fatto che storicamente l’Umbria è stata una regione bianchista almeno fino all’800 con l’arrivo e la diffusione del sangiovese. Dal 1992 il Sagrantino di Montefalco ottiene la Denominazione di Origine Controllata e Garantita che prevede il vitigno in purezza, la menzione della vigna e 33 mesi di affinamento minimo, di cui un anno in legno. Il sagrantino è un vitigno ricco di polifenoli che, se gestiti nella loro maturità, sono in grado di arricchire il vino senza diventare sgradevoli o invasivi e che permettono la longevità evolutiva del vino. Anche la maturità delle vigne aiuta ad avere dei tannini naturalmente più integrati. 

Antonelli: storia umbra

Antica corte agricola longobarda sotto il Ducato di Spoleto, la tenuta passò di proprietà alla Chiesa e divenne residenza estiva del Vescovo di Spoleto. Sotto il Regno d’Italia venne messa all’asta e acquistata nel 1881 dall’avvocato Francesco Antonelli. Sono di questi anni i documenti che attestano la trasformazione della tenuta dallo stato di quasi abbandono ad azienda modello. Si impiantarono i vigneti e si puntò molto sulla produzione di vino, venduto per lo più in damigiane soprattutto a Roma. Seguendo l’onda della storia d’Italia la tenuta arrivò al 1979, anno della nascita della DOC, e decise di passare all’imbottigliamento. Attualmente i terreni vitati sono circa 60 ettari su un totale di 190 ettari di estensione che includono le parti di bosco, quelle ad uliveto, le parti coltivate a cereali e quelle dedicate all’allevamento semibrado di maiali. L’azienda ha scelto di convertire la produzione al biologico nel 2009 ottenendo la certificazione nel 2012: «uno strumento», dichiara Filippo Antonelli, «per prendersi maggiormente cura dei singoli vigneti, per trovare un equilibrio in vigna tra vegetazione, terreno, legno e parti aeree in grado di portare maggiore qualità e sanità nelle uve».

L’azienda lavora le quattro varietà di vitigni tipiche della regione: sagrantino, sangiovese, grechetto e trebbiano spoletino per un totale di quattrocentomila bottiglie circa. Tutti i vini in degustazione sono vinificati con macerazioni sulle bucce per circa tre settimane, affinamento per 30-36 mesi in botti di rovere da 25 hl e da 550 L più un passaggio in cemento per 6, 12 o 18 mesi e in bottiglia per un anno. Dal 2014 l’azienda ha sostituito i lieviti selezionati con quelli indigeni.

La degustazione

Montefalco Sagrantino DOCG 2016
Andamento climatico equilibrato e produttivo, con un’estate breve e asciutta. Manto rubino di grande profondità con un’unghia ancora trasparente di color granato. Impatto olfattivo misurato e centrato sulla frutta fresca, mirtillo in particolare, con un’impronta balsamica mentolata, di erbe officinali e di radici. Freschezza trascinante quasi di impronta agrumata di arancia rossa. Un vino vitale la cui precisione tannica si amalgama a una trama aromatica intensa.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 2015
L’andamento climatico del 2015 è stato equilibrato per tutta la stagione produttiva; a un inverno piovoso sono seguite una primavera solare e ventilata e un’estate asciutta. Color granato netto e vitale per questo calice dall’olfatto intenso di frutti neri: la mora di bosco fa capolino con precisione tra profumi di tostatura, di torrefazione di caffè e accenni di radice di liquirizia. Petali di rosa macerati e una piccola sfumatura di salsa di soia si aggiungono a delle note di timo, in seconda battuta. Bocca densa e scura che per pochi secondi porta la liquirizia dolce in primo piano, con un’alternanza di sensazioni calde, tanniche e dolci di frutta. Impronta finale pulita e gustosa.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 2014
Primavera e inizio estate fredde e molto piovose hanno portato a una invaiatura e maturazione delle uve molto tardive. Il colore rimane compatto sui toni del granato. Naso delicato per questo Sagrantino del 2014, che si apre su note di amarena e visciola, sui fiori di violetta e sulle note fresche dell’anice stellato. Qualche sfumatura ricorda il pastello a cera con contrappunti odorosi di curry. L’assaggio rivela una tessitura tesa tra tannino e freschezza di fondo: un vino ancora giovane nel suo potenziale che chiude sul fiore e su frutti aciduli e vibranti.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 2011
Un’annata dalle precipitazioni contenute sia in primavera che a inizio estate, che ha portato a un’invaiatura piuttosto lenta e irregolare. Bella vivezza cromatica granato e naso di impatto che vira su toni scuri di polvere di cacao e di frutta lavorata, come la confettura di visciole o le amarene sotto spirito, in un’alternanza tra sensazioni resinose, silvestri, di bacche di ginepro e di ossido di ferro. Palato tridimensionale con un tannino ricco, maturo, quasi grasso e adesivo, centrale in entrata con una lunghezza lenta e sfumata. Ritorno aromatico sui frutti rossi, in chiusura.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 2010
All’inverno caldo e piovoso, è seguita una primavera fresca e un’estate che da metà agosto ha avuto temperature piuttosto elevate. L’impatto olfattivo di questo calice attrae per la sua grande pulizia: ai frutti rossi in confettura di apertura, seguono un bouquet di fiori, alcuni sprazzi balsamici e di spezia dolce come la cannella, mischiati a sentori di tabacco biondo e di legno di sandalo. Palato estremamente piacevole grazie a note gustative balsamiche e a un’acidità in primo piano ben integrata al tannino. Persistenza e piacevolezza in chiusura.
 
Montefalco Sagrantino DOCG 2008
Annata equilibrata con primavera fresca e piovosa ed estate asciutta e temperata. Un calice dal naso misurato che gioca sulla centralità del frutto accompagnato dalla rosa canina e da una parte vegetale legata ai semi di anice, di lavanda essiccata e di erbe officinali. Chiusura su caramello e cacao. Bocca aromatica coerente con una ripresa sulle erbe aromatiche e un tannino che lascia il passo a un effetto calorico e a una chiusura sul frutto scuro. 
 
Montefalco Sagrantino DOCG 2004
Il 2004 ha visto dei ritardi nelle fasi fenologiche dovute ai mesi di maggio e giugno molto freddi e piovosi. L’estate nella norma ha permesso il recupero dello sviluppo portando a maturazione ottimale le uve. La vivezza cromatica e il color granato ci parla di un vino ancora in piena maturità, sensazione confermata da un olfatto dai toni fané, ma ancora ricco di frutta nera in confettura, spezie fini, con una sottile anima di vaniglia e piccoli timbri di cuoio e cola. In bocca si muove come una fisarmonica, con un’entrata diritta incentrata su tannino e freschezza, per poi allargarsi sul frutto e le erbe fini. Finale elegante, dolce e coerente con i profumi, dove la trama tannica è perfettamente integrata e armonizzata.
 
Montefalco Sagrantino Passito 2017
Non si tratta di una vendemmia tardiva, ma della ricerca e raccolta dei grappoli più spargoli, posizionati in cassette e portati in fruttaio dove l’aria può essere condizionata nel caso di un ottobre troppo caldo. La lentezza è, infatti, il segreto della perfetta asciugatura degli acini. Dopo l’appassimento per circa 60 giorni sui graticci, la vinificazione avviene con lieviti naturali nella prima metà di dicembre. Affinamento in botti di rovere per 36 mesi e in cemento per 18. Veste impenetrabile granato di grande consistenza, per questo passito con 145 g/L di zuccheri residui. Intense le note di frutto rosso – visciola, ciliegia e cassis - con richiami vegetali di aghi di pino e di macchia mediterranea. L’evoluzione si sposta sulla confettura di fichi neri, legno aromatico di sandalo e sottofondo boschivo. Un vino suadente e dolce che con la deglutizione porta in primo piano il tannino, componente determinante nell’equilibrio del vino, e le note vegetali. Affascinante nella sua lenta progressione che ripropone gli aromi già sentiti al naso, con una chiusura elegante sulla confettura di fichi neri.
 

Chiudiamo la serata immaginando un abbinamento adatto e insolito per quest’ultimo vino. Il suggerimento, come spesso accade, arriva dalla tradizione regionale: agnello al forno pasquale oppure cinghiale in dolceforte con lunga cottura e aggiunta di cacao o ancora fegatelli cotti alla brace: prove inusuali e divertenti di grande fascinazione.