La “Notte in Bianco” di Magenta regala emozioni
Guido Invernizzi delizia i soci di AIS Milano, nella sede di Magenta, con una memorabile “Notte in Bianco” estiva, rinfrescata da sei meravigliosi calici di vini bianchi autoctoni.
RUBRICHE
Guido Invernizzi, relatore tra i più amati dai soci AIS Lombardia, ha chiuso anche quest’anno in bellezza la stagione degli incontri prima della pausa estiva nella sede di Magenta di AIS Milano, arrivata al suo decimo anno di attività, con un viaggio in Italia alla scoperta di sei sorprendenti calici da uve bianche autoctone all’interno dell’ormai consueta serata denominata “Notte in Bianco”. Una serata dove il racconto dei vini nei bicchieri è stato assoluto protagonista.
La degustazione
«Proprio come è successo con il riesling per Alsazia e Germania» esordisce Guido «così anche marchigiani e abruzzesi si sono contesi a lungo le origini del pecorino».
Il pecorino, l’uva mangiata dai pastori durante le lunghe giornate al pascolo, ha una polpa dolce e un carattere da vendere che certamente lo rendono uno tra i vitigni più interessanti da un punto di vista aromatico.
Il vino in degustazione fa solo acciaio, dal colore giallo paglierino «che ricorda la cedrata Tassoni», cristallino, caratterizzato da una bella vivacità cromatica a conferma di una produzione e successiva conservazione della bottiglia eccellenti. Al naso è pieno, pulito, si percepiscono fragranze tipiche di un vino giovane: note di agrumi, pesca, nespola, albicocca, nessun sentore speziato né di legno che sovrasterebbero gli altri sentori. Con il tempo il Pecorino prende note di frutti tropicali; tuttavia, essendo ancora giovane, il vino in degustazione non ha ancora sviluppato questi profumi che potremmo apprezzare se stappassimo la bottiglia tra sei mesi. In bocca risulta decisamente più sapido che fresco, come sottolinea Invernizzi «la sapidità di questo bianco fa quello che il tannino farebbe nel rosso»; si percepisce una sensazione di polverosità in bocca. Il finale è quasi amarognolo, non comune per questo vitigno, con una bella persistenza e una altrettanto bella corrispondenza tra naso e bocca.
«Il vino scelto per la degustazione non è il solito Frascati da combattimento che qualcuno poteva aspettarsi. Ecco dove l’onestà intellettuale è fondamentale!» anticipa Guido prima di iniziare la degustazione di questo Frascati Superiore.
Cicerone fu il primo a parlare di Frascati e del suo vino che nasce in una zona vulcanica, caratteristica che, insieme all’influenza del vicino Mar Tirreno, contribuisce a creare le migliori condizioni. La malvasia è arrivata in Italia grazie ai veneziani che la prelevarono da Creta; tra le diverse versioni presenti in Italia, quella puntinata del Lazio rientra tra le malvasie neutre, insieme alla versione toscana e alla malvasia non puntinata di Candia.
Il vino in degustazione ha un affinamento di undici mesi in acciaio e tre in bottiglia.
Il colore è un giallo paglierino più evoluto rispetto al vino precedente; si nota una sfumatura ruggine. Al naso si sente il mare con note di iodio, sentori minerali, più floreale (fiori di campo) che fruttato (mela cotta), con un finale di mou e caramello; avvolgente e abbastanza complesso. In bocca è decisamente più sapido che fresco, quasi sulfureo sul finale. È un vino biologico di vignaioli indipendenti, prodotto con fermentazione spontanea, che conferisce al vino un finale con note di zolfo e carbone, ottimo in abbinamento alle ostriche. È un vino da bere giovane, senza aspettarne l’invecchiamento.
«Il Piemonte è zona di rossi talmente sublimi da far sfigurare i bianchi. Eppure, anche i bianchi vengono lavorati molto bene: con il Moscato in degustazione si è giocato per andare oltre alle più note versioni spumantizzate e Moscato d’Asti».
Il moscato bianco è un vitigno conosciuto fin dai tempi dell'antica Roma, citato con il nome di uva “Apiana” in quanto uva prediletta dalle api per la dolcezza dei suoi acini. Coltivato in diverse parti d’Italia, è lavorato particolarmente bene in Piemonte. Il vigneto si trova a oltre 400 metri s.l.m. ed è esposto a sud; le uve vengono raccolte mature in piccole cassette e sottoposte a criomacerazione per più di 24 ore; la fermentazione avviene con lieviti selezionati fino a ottenere un vino completamente secco.
Nel calice si presenta di un colore giallo paglierino, privo di riflessi dorati, con una carica cromatica tenue di media fittezza. Al naso sentori di pesca quasi sciroppata, note di salvia e rosmarino, idrocarburi e, sul finale, a differenza del Moscato dolce, si percepisce una nota resinosa di pino: «un naso strepitoso!».
In bocca è secco, sapido e persistente con una bellissima corrispondenza gusto-olfattiva. Si suggerisce in abbinamento con una tartare di tonno e avocado.
Siamo nel veronese, zona di ciottoli e terreni argillosi, calcarei e vulcanici.
Si vendemmia la prima settimana di ottobre. Le uve di garganega e sauvignon blanc vengono raccolte separatamente con la garganega sottoposta a sovramaturazione. Dopo alcuni mesi in acciaio si completa la fermentazione in botte di legno con ulteriore affinamento in bottiglia.
Il colore è un meraviglioso dorato mentre inclinando il bicchiere si intravede una sfumatura verdastra: è il colore di un vino sano, vivo e consistente.
Il naso è complesso, con la garganega che primeggia con le sue note di frutta gialla matura, confettura di pesca, idrocarburi: sentori che ricordano il riesling; si percepiscono il salino, il salmastro e a seguire note quasi mielate e di fiori gialli. Mancano le note vegetali tipiche del sauvignon blanc (sedano, asparago, finocchio e peperone verde).
Al palato è secco, balsamico e si percepisce una leggera nota di bruciato, conseguenza del passaggio in legno. Anche in bocca i marcatori tipici della garganega sono più intensi rispetto a quelli del sauvignon che regala al vino una bella freschezza e una nota mentolata sul finale.
Blanc de blancs ottenuto da uve di alta collina coltivate a 400 metri s.l.m., su terreno morenico; fermenta solo in acciaio ed è poi lasciato rifermentare in bottiglia per oltre 36 mesi.
Il colore è un giallo paglierino: essendo un blanc de blancs non sono presenti le sfumature dorate che solitamente regalano le uve nere.
Al naso emergono profumi di frutta fresca come la mela gialla, la pesca e la susina, di fiori di campo, margherita e camomilla, e scorze di agrume, in particolare limone e cedro. Lo chardonnay dona eleganza e finezza pur non conferendo quella mineralità gassosa che si ritrova invece nello champagne.
Pulito in bocca, pieno e avvolgente, con bollicine delicate e agrumate lascia una sensazione di leggero talco e miele di acacia in chiusura. Minerale e fresco.
Vino estremamente pulito che risulta fine al naso e in bocca.
Come Guido ci spiega, «l’Oltrepò pavese è una delle migliori zone d’Italia per il pinot nero, territorio con diversità di terreni e climi incredibile!». Sebbene non sia specificata la percentuale, è evidente che nel vino in degustazione sia il pinot nero a primeggiare. Vinificato in bianco con pressatura soffice, passa 120 mesi sui lieviti.
Il colore è un giallo paglierino brillante con riflessi d’oro antico regalati dal pinot nero; il perlage è fine e persistente. «Il vino è decisamente in ottima forma!» annuncia Guido.
Il profumo è intenso e, a differenza del vino precedente dove lo chardonnay primeggiava, qui protagonista indiscusso è il pinot nero. Si percepisce meno l’agrume e il naso è più evoluto, intenso, con note di frutto rosso disidratato, biscotto e fetta biscottata: un naso pulitissimo che non è inficiato dalla micro-ossidazione.
Al palato è secco, sapido, con una buona freschezza: «sua maestà pinot nero ha sempre qualcosa da dire!» mentre lo chardonnay è utilizzato per conferire finezza ed eleganza. È più evoluto al naso rispetto alla bocca.
Ringraziamo Betty per la meravigliosa ospitalità e i deliziosi piatti proposti e Guido per averci accompagnato con l’entusiasmo che sempre lo contraddistingue, in questo splendido viaggio enogastronomico tra i vini bianchi autoctoni delle nostre regioni, facendoci dimenticare per qualche momento la calura estiva!