La poesia di una terra di montagna: il San Lorenzo di Mamete Prevostini

«La terra non mente mai». Così introduce la serata Sara Missaglia, citando Anselme Selosse. E in Valtellina, più che altrove, la terra è capace di raccontare se stessa grazie agli oltre 2.500 chilometri di terrazzamenti che incorniciano una delle valli più belle della Lombardia, in cui le rocce e i muretti a secco incastonati su colline di oltre 450 m s.l.m. si mescolano con le piante di fichi d’India che crescono spontanee e con i vigneti, espressione grandiosa del lavoro dell’uomo.

Paola Lapertosa

Questa valle asimmetrica, ma perfettamente esposta a sud, è protetta dalle Alpi Retiche e Orobiche, e riceve uniformemente nel corso dell'anno precipitazioni modeste riuscendo ad avere escursioni termiche importanti. Questa terra – come scriveva Aristotele – non fa nulla di inutile e grazie a queste sue peculiari caratteristiche, all’interno dei suoi cinque cru, Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella, è in grado di regalare vini alpini con lo spirito e il fascino mediterranei.

Questa è la Valtellina, una terra che esprime l’onestà, la fatica e la passione dei viticoltori che, con cura e determinazione, ridisegnano quotidianamente i profili delle montagne, dissodando declivi su un territorio impervio e difficoltoso, coltivando un terreno fatto soprattutto di sabbia e roccia sfaldata e compiendo tutte le operazioni agronomiche rigorosamente a mano, per produrre vini eroici dalla personalità davvero magica.

Proprio questa magia e questa dedizione fanno parte di Mamete Prevostini, una delle personalità più rappresentative della Valtellina che, nella sua cantina a Mese, custodisce i ricordi, il tempo e la storia della sua famiglia, e che produce vini che si caratterizzano per un profilo montano ed elegante. Seguendo la linea tracciata dalla famiglia, infatti, Mamete si dedica da anni a questo territorio “verticale”, aspro e fragile, e il San Lorenzo racconta nel bicchiere la magia e l’emozione del suo produttore e che nelle diverse annate esprime tutto il fascino del nebbiolo delle Alpi.


Il relatore

«Nel San Lorenzo», racconta con grande trasporto la relatrice «coesiste il profano e il sacro». Profana è infatti la presenza di coppelle incise nella roccia, utilizzate nell’antichità pagana per riti propiziatori; sacra è invece la zona in cui nasce, un clos circondato dalle antiche mura del Convento San Lorenzo affacciato sulla città di Sondrio, da lungo tempo gestito dalle suore della Santa Croce dell’ordine di Menzingen, che alternavano il lavoro in vigna e la preghiera.

Mamete racconta di suor Ludovica, della sua dedizione incondizionata al vigneto e della sua richiesta, prima degli anni 2000, di ricevere consigli volti a perfezionare la produzione di vino. Dopo diversi anni di conoscenza e consulenza, nel 2005 la Madre Superiora concesse a Mamete la conduzione del vigneto, sicura che sarebbe stato trattato con lo stesso rispetto e la stessa cura degli anni trascorsi nelle mani delle sue consorelle. Dopo le vendemmie 2005 e 2006 condotte sul vigneto delle suore, Mamete fa partire i lavori per modernizzare il vigneto, impiantando nuovi cloni di nebbiolo, più interessanti dal punto di vista organolettico, che dal 2009 vengono racchiusi nel “suo” San Lorenzo, un nebbiolo 2.0 rispetto a quello più potente e vigoroso del convento.

Dopo la vendemmia, nel pieno rispetto dell’equilibrio di ambiente, natura ed ecosistema, gli acini imperfetti o colpiti da muffa sono eliminati, le uve sono delicatamente diraspate e leggermente pigiate prima della macerazione delle bucce sul mosto e della fermentazione alcolica. Dopo la torchiatura e la fermentazione malolattica il vino viene affinato per circa 16 mesi in botti di rovere e per altri 10 mesi in bottiglia. Così nasce l’eleganza e la finezza del San Lorenzo, una grande interpretazione del nebbiolo di Valtellina.

La degustazione percorre a ritroso il cammino del San Lorenzo: si parte dalla vendemmia 2013, continuando con la 2011 e la 2010, si arriva alla prima annata 100% Mamete Prevostini del 2009. Poi, si ritorna alle origini, con le annate 2005 e 2006 e si termina la verticale con uno scorcio di futuro: l’inedito 2016. Le differenze tra le diverse annate sono evidenti e questo ci permette di comprendere come si è modificato negli anni lo stile del nebbiolo, dapprima strutturato e imponente e poi sempre più fine ed elegante, longilineo e di grande bevibilità.

 

San Lorenzo 2013 – La vigna nel vino

La 2013 è un’annata dal colore slanciato, che rimanda alla brillantezza del sole, e dalla grande finezza al naso: i sentori mutano rapidamente nel bicchiere e da quelli floreali e fruttati (la rosa canina e la prugna sono evidenti) si passa a quelli speziati e leggermente balsamici. Il legame con la terra si ritrova anche in bocca, dove il vino si allarga regalando un insieme di sensazioni che scaldano il palato. 

San Lorenzo 2011 – Leggiadro ed elegante

Un colore brillante, un profumo delicato che richiama l’iris e la peonia, il cardamomo e l’amarena; un tannino levigato e una sensazione di freschezza, sapidità ed eleganza. Un’annata più calda e dolce rispetto alla 2013.

San Lorenzo 2010 – Eloquente e aristocratico

L’annata 2010 si è distinta per un’eccellente sanità delle uve e ha regalato un vino ricco, seduttivo e dal perfetto equilibrio: al naso si racconta, evidenziando frutta sotto spirito, marasca, ribes, alloro, pepe, vaniglia e resina; in bocca è avvolgente e i tannini sono perfettamente bilanciati dalla freschezza e dalla sapidità.

San Lorenzo 2009 – Eccezionale

La 2009 è un’annata da ricordare: da uve giunte a perfetta maturazione nasce un vino dalla splendida veste di colore granato intenso, dalle note di frutta ancora fresca, di geranio e violetta, dai sentori balsamici e mentolati che si mescolano a quelli erbacei e agrumati, lasciando in chiusura profumi di rabarbaro, tamarindo e liquirizia. In bocca è vitale, con un tannino levigato, ma ben presente. L’uso sapiente del legno rendono il millesimo 2009 longevo e dinamico.

San Lorenzo 2006 e 2005 – Ritorno al passato

Il millesimo 2006 è vigoroso: la veste granato evidenzia ancora vitalità e longevità, l’impatto al naso è scuro e concentrato e porta alla luce, quasi in successione, la dolcezza della frutta, i fiori, la terra (evidente in questo vino il legame con la roccia del terreno e con tutto ciò che di mediterraneo cresce intorno ai filari), la liquirizia e il rabarbaro. La mineralità, la sapidità e il tannino guidano l’assaggio, confermando il vigore del vecchio impianto delle suore.

Il millesimo 2005 è importante: importante perché è il primo San Lorenzo di Mamete Prevostini, realizzato su una vigna da conoscere e capire, importante per il risultato finale, un vino nobile, potente, strutturato e in cui c’è tutto e, infine, importante perché rappresenta l’espressione vera e autentica della Valtellina. Il colore è ancora luminoso e vivace, il profumo è in evoluzione e in bocca è seducente. 

San Lorenzo 2016 – Ritorno al futuro

Un inedito, un vino in divenire, giovane e dinamico. Un’esplosione di frutta fresca, di sentori mediterranei, di fiori di campo. Il terroir predomina al naso e in bocca e non si sente quasi il passaggio in legno, segno che il neonato San Lorenzo è un vino promettente, da riassaggiare tra almeno 10 anni.

La serata si chiude così come è iniziata, con una citazione, questa volta di Franco Arminio, che sembra perfetta per la Valtellina e per Mamete Prevostini: «Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza».