La potenza del whisky (& whiskey)

Racconti dalle delegazioni
13 febbraio 2024

La potenza del whisky (& whiskey)

A Monza fa tappa Fiorenzo Detti, uno dei più grandi esperti italiani dell’universo spirits. Con la maestria del grande intenditore, l’ex presidente di AIS Lombardia ci ha condotto per mano alla conoscenza del whisky, il distillato a base cereale più noto al mondo

Raffaella Radaelli

Fiorenzo Detti, sin da ragazzo cultore di mixology, distillati e birra e già Presidente di AIS Lombardia, è la perfetta fonte di energia e calore per scaldare una piovosa serata in AIS Monza Brianza con il distillato per antonomasia, il whisky.

«Gli ingredienti del Whisky: acqua purissima, cereali, lievito e natura…»

Cenni sulla nascita del whisky

L’arte della distillazione, di antichissime origini, nasce osservando la natura, il sole e il ciclo della pioggia; in Italia si cominciò a parlarne intorno al XI sec. con la Scuola Medica Salernitana la quale, affinando le tecniche alchemiche e migliorando l’alambicco, produceva discreti distillati.

Si dice, però, che furono i monaci irlandesi, e poi quelli scozzesi, gli antenati del whisky, anche se è difficile assegnarne la reale paternità agli uni o agli altri. Il primo documento scritto è scozzese e risale al 1494, e annota la fornitura di otto boll di malto (un’antica misura corrispondente a circa kg. 25) a Frate John Corr della Lindores Abbey nei pressi di Newburgh nel Fife - Highlands, per farci acquavitae. Curioso sapere che quest’abbazia diroccata, nel 2017 è stata trasformata in una moderna distilleria di whisky. 

È del 1608 la prima licenza, concessa da Re Giacomo I d’Inghilterra, per la produzione di whiskey – come è uso chiamarlo in Irlanda – a Sir Thomas Phillips di Bushmills nella contea di Antrim, ma solo nel 1823 il Parlamento inglese lo legalizzò ufficialmente. 

La pratica della distillazione si diffuse a macchia d’olio in tutto il mondo: nelle Americhe, Stati Uniti, Canada e persino in Oriente, sfruttando le materie prime di cui ogni Paese ne è particolarmente ricco.

Cenni sulla produzione del whisky

Se il vino, la birra, il sakè sono bevande fermentate, il whisky è una bevanda fermentata e distillata. La materia prima di cui si compone è il cereale (orzo in primis, mais, segale, avena, frumento) contenente amido,  indispensabile per la produzione alcoligena, espressa volumetricamente e obbligatoriamente in etichetta. 

Per la preparazione del mosto bisogna necessariamente trasformare gli zuccheri complessi in zuccheri fermentescibili, in due modi: con la cottura a 200-220 °C, attraverso la quale le membrane dei chicchi si rompono, oppure con la più raffinata maltazione, un tempo manuale in edifici aerati, oggi per lo più meccanizzata (drum malting). 

Per l’essicazione, in Scozia si usa la torba (peat-turf), combustile che rilascia aromi fenolici torbati, dal profumo intenso ed inconfondibile di medicinale, affumicatura, muschio.

La fermentazione, con lieviti selezionati, dura 36-48-72 ore e sviluppa fra tra il 7 e il 9% di alcol, in contenitori di acciaio e – oggi più raramente - di legno (washback, pino e larice le varietà preferite da irlandesi e scozzesi perché cedono pochissimi aromi).

Il mosto fermentato (wash) sarà sottoposto a distillazione (doppia) nel caratteristico alambicco di rame, un processo fisico che attraverso il riscaldamento aumenta l’alcol etilico a circa il 68-70% vol.; con una temperatura compresa fra i 78-100 °C i componenti volatili evaporeranno per poi ricondensarsi, e ne sarà dunque possibile separarli per selezionarne i migliori: frazioni di testa (foreshots) e coda (feints) verranno eliminate, si conserverà solo il cuore (middle cut) composto di acqua, alcol e aromi per determinare il pregio del distillato, riposto in una cassaforte dello spirito (spirit safe). 

«Ad ogni alambicco il suo whisky», così asserisce a voce alta Fiorenzo, per sottolineare l’importanza di questo strumento, gelosamente custodito da ogni Distilleria, immutato nel tempo, perché dalla sua grandezza, dall’altezza del collo di rettifica, dal riscaldamento e da tante altre caratteristiche dipenderà il profilo del prodotto finale, un vero e proprio marchio di fabbrica.

La distillazione può essere discontinua se alimentata da una caldaia in modo intermittente (cucurbita) - dove ogni carico è detto cotta -

oppure continua o a colonna, brevettata nel 1831 da Coffey (a volte si legge in etichetta), per una produzione moderna e industriale.

Infine, il cerchio produttivo del whisky si chiude con l’invecchiamento: in Irlanda, Scozia, Giappone e Canada matura almeno tre anni in botte, nuove o usate, per la maggior parte di rovere bianco americano. Negli Stati Uniti, per il mercato interno matura almeno due anni, per l’estero se in etichetta non c’è alcuna indicazione minimo quattro anni, in botti nuove.

I Paesi di produzione del whisky

Le slides scorrono veloci, immagini di distillerie antiche e moderne, innumerevoli marchi e bottiglie: Fiorenzo è un fiume in piena, ci offre “pillole di conoscenza”, incitandoci ad approfondire.  

Ecco qualche informazione utile sui principali Paesi produttori:

Scozia

Si scrive Scotch Whisky (così pure in Canada), dal gaelico uisge beatha che diventò usky e poi whisky. Utilizzano la “doppia distillazione”. 
Oltre 130 distillerie attive, presenti soprattutto nelle Highlands e isole, ma anche nelle Lowlands. 

Irlanda

Si scrive Irish Whiskey (così pure negli Stati Uniti), utilizzano la “tripla distillazione”, oggi tuttavia sempre più frequente la “doppia distillazione”. Sono circa 40 le distillerie. Midleton, nella Contea di Cork, è il centro di maggiore produzione dell’Irish Whisky, dove è possibile visitare un museo con l’alambicco discontinuo più grande al mondo, ben 143.682 litri!

A dispetto delle tradizioni, si sta incominciando a produrre whiskey torbato anche in Irlanda, per diversificare l’offerta.

Canada

Utilizzano i loro cereali: mais e segale. Si distilla soprattutto a colonna. Si producono molti “blended”, poco invecchiati, bevuti come “Whisky on the rocks” o adatti a comporre drinks. 

Stati Uniti d’America

Si utilizza soprattutto mais e segale. Distillazione principalmente a colonna. Kentucky (da cui proviene il 95% del Bourbon d’America) e Tennessee sono il cuore pulsante della produzione degli USA. 

La parola Bourbon nasce in onore alla famiglia reale francese, al termine della guerra d’indipendenza dal Regno Unito, vinta grazie all’esercito francese. 

In etichetta leggiamo: Bourbon Whiskey o Tennessee Whiskey con almeno 51% di mais; Rey Whiskey con almeno 51% di segale; Wheat Whiskey con almeno 51% di frumento; Corn Whiskey con almeno 80% di mais.

Giappone

Sono circa 20 le distillerie. La prima distilleria in Giappone nacque nel 1923 per merito di due fondatori che si divisero creando ognuno la propria, Nikka e Suntory, con quest’ultimo che detiene oggi il 70% del mercato nazionale e produce oltre 40 etichette di whisky. 

L’impronta è scozzese con impianti a colonna. Per tutelarne la qualità, ovvero materie prime e produzione esclusivamente nipponica, è stato redatto un disciplinare dalla Japan Spirits & Liqueurs Makers Association che entrerà definitivamente in vigore dal 31 marzo 2024. 

In Italia troviamo due realtà, degne di nota, che producono whisky.

La Distilleria Puni di Glorenza (BZ) è la prima distilleria italiana fondata nel 2012 sul modello scozzese. Per la maturazione si utilizzano vecchi bunker della Seconda Guerra Mondiale oppure botti di bourbon americano, di marsala siciliano, di sherry spagnolo. I primi due Malt Whisky uscirono con l’Expo nel 2015, entrambi invecchiati 3 anni.

Strada Ferrata è una distilleria artigianale di Seregno (MB), nata recentemente da esperti maestri della birra. Il loro primo “New Make Spirit” è stato imbottigliato nel 2021.

Tanti sono i Paesi emergenti nella produzione di whisky fra cui Australia, Tasmania (vanta 20 distillerie), Taiwan, India (è la bevanda più consumata), Brasile, Uruguay.

La degustazione 

IRLANDA

The Busker Single Pot Still Irish Whiskey - Royal Oak Distillery Ltd., 44,3% vol.
Orzo maltato e non maltato

La Royal Oak Distillery è di proprietà della Illva Saronno dal 2019, aperta a ricerca e sperimentazione, come ci suggerisce il whiskey che assaggiamo in tripla distillazione.

Ambra sfavillante, il naso elegante e invitante fonde note grezze e ruvide (orzo non maltato) a note più dolci (orzo maltato), eccelsi profumi terziari di vaniglia e cannella, frutta cotta, fico, albicocca, confettura, frutta tropicale e miele di tiglio. Perfetta la corrispondenza naso-bocca, il sorso deciso e pungente invoglia al secondo, per congedarsi su ricordi di anice.

USA

Kentucky Straight Bourbon Whisky - Maker’s Mark Distillery Inc., 45% vol.
Mais, grano e orzo maltato

Distilleria fondata nel 1805. La prima bottiglia di Maker’s Mark fu commercializzata nel 1958, con il distintivo sigillo rosso di ceralacca. A differenza della maggioranza dei bourbon, non si impiega segale. Straight Bourbon: invecchiato in botti nuove di legno di rovere, bruciato e carbonizzato. 

Dal colore ambrato lucente, il mais gli dona dolcezza di miele di castagno, duettano vaniglia-cannella e frutta cotta-confettura. La potenza dell’alcol in ingresso cede il posto alla più delicata tostatura di crosta di pane, il sorso rotondo è sorretto da tannini gallici setosi, in chiusura piccantezza di pepe e chiodo di garofano. 

Ideale da bere liscio, “on the rocks”, ottimo nei cocktails e long drinks, visto il corpo e la struttura.

GIAPPONE

Taketsuru Pure Malt Whisky - The Nikka Whisky Distilling Co. Ltd., 43% vol.
Orzo maltato

Un blend di single malt, senza dichiarazione di età, originale giapponese, che contiene whisky delle distillerie di Yoichi e Miyagikyo e prende il nome del fondatore di Nikka, Masataka Taketsuru, il primo giapponese a portare l’esperienza della distillazione scozzese in Giappone.

Ramato brillante, richiama l’oro antico con note fumose quasi impercettibili e un bouquet ampio di liquirizia, caramello, vaniglia e cannella, frutta cotta, albicocca, confettura di fico d’India, mango e papaia, pepe e chiodo di garofano. Aggraziato anche da sentori floreali gialli di ginestra, camomilla, tarassaco. All’assaggio regala tanta eleganza, morbidezza, armonia.

SCOZIA

Single Malt Scotch Whisky 8 y.o. - Lagavulin Distillery, 48% vol.
Orzo maltato (torbato)

Prodotto nell’isola Islay e invecchiato 8 anni, forse giovane rispetto al Lagavulin che resta a maturare ben 16 anni in fusti di rovere, è ritenuto più schietto e rappresentativo della Distilleria. 

Giallo paglierino, dal profumo intenso e torbato con sentori marini, di iodio e alghe, aringa, fumoso, salato già al naso e addolcito da note terziarie di fiori e frutta, vaniglia, cannella. La bocca rispecchia fedelmente il naso e l’esplosione dolce-salata ritorna nella parte retrolfattiva. Un whisky indimenticabile per gli amanti della torba.  

Al termine di questa ricca e superba lezione di Fiorenzo Detti, siamo sorridenti e appagati. La nostra speranza, varcata la soglia del magico mondo del whisky, è che a questa serata ne seguano presto molte altre.