La Puglia tra storia, curiosità e vini emblematici
Racconti dalle delegazioni
07 ottobre 2024

Ultima puntata di Vinovagando dedicata alla Puglia: da un passato legato alla produzione di vini da taglio a un presente dedicato a una vitivinicoltura di qualità sempre più elevata. La degustazione, condotta da Sergio Libanore, sommelier e degustatore ufficiale AIS, testimonia perfettamente questo cambio di passo, regalandoci sei calici di grande emozione.
RUBRICHE
La Puglia, sotto il profilo enogastronomico, è una delle regioni più importanti d’Italia. Dagli anni ’50 e per molti decenni a seguire dalla Puglia, tramite ferrovia, venivano trasportate cisterne di vino rosso verso le regioni dell’Italia settentrionale. Il vino rosso pugliese, molto alcolico ma scarso di acidità, veniva utilizzato per “tagliare” i vini del Nord che erano, al contrario, ricchi di acidità ma poveri di alcol. Questa pratica ha avuto sicuramente un riscontro economico positivo per i viticoltori pugliesi a scapito, però, di una caduta di stima e quindi di fama dei loro vini.
Ma come è riuscita la Puglia a cambiare passo? Soprattutto grazie alla bravura e all’intuizione di Severino Garofano, irpino di origine, che sul finire degli anni ’60 si trasferì in Puglia e si innamorò di questa regione e, in particolare, del vitigno negroamaro.
La Puglia, con i suoi 10.800.000 hl di vino, ricopre il 20% della produzione italiana ed è la seconda regione dopo il Veneto. I vitigni a bacca nera rappresentano il 54% e quelli a bacca bianca il 46%. La superficie vitata è di circa 92.000 ha (di cui 16.000 in regime biologico), distribuiti per il 70% in pianura e per il 29,5% in collina.
Castel del Monte, patrimonio dell’umanità edificato da Federico II di Svevia nel XIII secolo, è anche frazione del comune di Andria e dà il nome a tre delle quattro DOCG della regione: Castel del Monte Bombino Nero, Castel del Monte Nero di Troia Riserva, Castel del Monte Rosso Riserva; la quarta è il Primitivo di Manduria Dolce Naturale. Vi sono inoltre 28 DOC.
I terreni sono molto variegati: dai calcarei-sabbiosi nelle zone di Foggia, Manduria e Gioia del Colle, ai tufacei soprattutto nella zona di Trani, ai calcarei-argillosi con inclusioni ferrose nel Salento.
I vitigni principali sono: primitivo, negroamaro, uva di Troia, bombino nero, malvasia nera, tuccanese, susumaniello e ottavianello tra i rossi; verdeca, bianco d’Alessano, minutolo, bombino bianco, maresco, pampanuto, francavilla e impigno tra i bianchi.
Zone Principali
La Capitanata, a Nord, è caratterizzata da un territorio estremamente pianeggiante ed è detta anche Daunia, dal nome degli antichi abitanti. Produce bombino bianco, uva di Troia e tuccanese. L’uva di Troia, inizialmente detta uva di Canosa, deriva da un incrocio tra il vitigno nero quagliano e il bombino bianco. Il bombino bianco è diffuso soprattutto nel foggiano e nel nord-barese; arriva forse dalla Spagna o, forse, fu portato dai Crociati al ritorno dalla Terra Santa. Ha un corredo acido molto elevato e un pH basso, una moderata alcolicità ed è perfetto per la spumantizzazione.
Le Murge sono caratterizzate da un territorio più collinare. Il nome deriva dal latino murex, che significa pietra aguzza, usata per la costruzione dei famosissimi muretti a secco, patrimonio dell’umanità. Produce moscato reale, pampanuto, bombino nero e uva di Troia. Il bombino nero, proveniente probabilmente dalla Spagna, è dotato di elevata acidità per la presenza di acini non perfettamente maturi ed è quindi ottimo per produrre vini rosati.
La Valle d’Itria è la valle dei trulli di Alberobello, famosa per i vitigni a bacca bianca verdeca, bianco d’Alessano, minutolo e maresco. La verdeca, detta anche albese bianco, è identica al pampanuto, di probabile origine greca, a basso contenuto acido e zuccherino e imparentata con il vitigno portoghese alvarinho. Le uve bianche della Valle d’Itria sono utilizzate anche per produrre il Vermouth. Il minutolo è un vitigno aromatico allevato in Puglia dal 1200, non molto produttivo. Ha rischiato l’estinzione, ma attualmente è in fase di riscoperta; non ha alcuna parentela con il fiano, bensì con il moscato bianco e con il moscato d’Alessandria. Viene usato sia in purezza che in blend per la produzione di vini secchi e aromatici.
La penisola salentina è detta anche Messapia, cioè terra tra due mari. Produce i vitigni bianchi impigno e francavilla, ma è soprattutto famosa per i grandi rossi pugliesi da malvasia nera, primitivo, negroamaro, susumaniello e ottavianello. La malvasia nera, il cui nome deriva dall’antico porto di Monemvasia, nasce nelle isole Cicladi e poi si propaga in tutto il Mediterraneo. Deriva da un probabile incrocio spontaneo tra negroamaro e malvasia bianca lunga, è un po’ carente di acidità e spesso viene usata in blend con il negroamaro. Ne esistono due varietà distinte: quella di Brindisi e quella di Lecce. Sono simili, ma si differenziano per l’aromaticità molto spiccata nella prima e quasi assente nella seconda. Il susumaniello, allevato nella zona del brindisino assieme alla malvasia nera, è originario probabilmente della Dalmazia, deriva da un incrocio tra sangiovese e un vitigno sconosciuto ed è caratterizzato da una buona acidità e da una buccia pruinosa. Spesso viene vinificato con il negroamaro. L’ottavianello proviene dal comune di Ottaviano in Campania e arriva in Puglia alla fine dell’800. Viene usato anche in purezza nella DOC Ostuni ed è piuttosto scarico di colore. È identico al cinsault francese e all’hermitage del Sudafrica che, incrociato con il pinot noir, dà origine al pinotage.
La degustazione
