La Toscana di Bernabei
Il 31 ottobre, nella confortevole cornice dell'Hotel Holiday Inn di Verona est si è tenuto un incontro, organizzato da Ais Mantova, con Franco Bernabei, la sua famiglia e alcuni dei suoi splendidi vini
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Un'occasione rara, nella quale i cultori dei Sangiovese toscani hanno trovato pregevoli conferme della qualità di questi vini e i pochi che li conoscevano meno, hanno definitivamente compreso l'attitudine del Sangiovese a fornire prodotti di classe mondiale.
Nel corso di una breve ed efficace premessa (giusto il tempo che i valenti sommeliers in sala versassero la prima metà dei vini in degustazione), Franco Bernabei ha fatto un quadro dell'attuale situazione del mercato internazionale del vino, caratterizzata da una crisi, che investe soprattutto gli Stati Uniti d'America e la Germania. Non si tratta di una novità: la stampa specializzata si occupa da tempo del problema. La nota rivista americana Wine Spectator, in un recente articolo che ha trovato eco nella stampa nazionale, si è interrogata sulle prospettive proprio dei vini toscani. Lo straordinario successo di questi prodotti sul piano internazionale li espone maggiormente, infatti, ai rischi della crisi del mercato.
Bernabei non sottovaluta il problema, ma confida nella capacità dei produttori più seri – a differenza di tanti improvvisati – di uscire rafforzati dalla prova. La crisi di sofferenza del vino italiano sarà la crisi della selezione.
La ricetta, in fondo, è semplice: rispetto della terra, dell’ambiente e diffusione di una cultura autentica del vino. V’è necessità di tornare al vigneto, tutelando il territorio (il terroir, per usare la felice espressione coniata dai francesi), procedendo ad una accurata microzonazione - un'esigenza di cui Bernabei si è fatto interprete da tempo in Italia – sulla scorta di una analisi sistematica dei terreni, delle esposizioni, del microclima. Solo in base a tali analisi possono essere correttamente determinati il sesto d'impianto e i portinnesti più appropriati. Sul versante dei vitigni, è sempre più diffuso, fortunatamente, l'interesse per i vitigni autoctoni, caratterizzati da acclimatazione e naturalità pedoclimatica che li legano alla terra d'origine. A tale proposito, in luogo delle discutibili selezioni clonali degli anni passati, Franco Bernabei propone accurate selezioni massali nei vigneti già esistenti.
Dovrebbe diffondersi, inoltre, la prassi delle microvinificazioni e della ricerca sullo spettro aromatico dei vini. La grossa divergenza fra le annate denota vini artefatti, altrimenti l'alternanza fra annate migliori o meno deve corrispondere ad un lieve moto ondoso.
Saranno il progresso e la diffusione di questa cultura autentica del vino, piuttosto che discutibili pratiche enologiche, a determinare il miglioramento qualitativo dei prodotti ed una più precisa differenziazione della identità italiana rispetto agli stereotipi correnti.
Franco Bernabei – che, non a caso, era accompagnato dalla sua famiglia (il figlio Marco è già ben avviato sulle orme paterne, come dimostrano i vini della Tenuta Mormoraia, degustati nel corso della serata) - crede nel rapporto e nell'apporto umano ed invoca, inoltre, una reale ed autentica dedizione alla campagna che, per quanto attiene al settore viticolo, sta tornando remunerativa. Auspica, infine, una maggiore cooperazione fra i viticoltori, abbandonando l'attuale tendenza ad essere individualisti o solisti.
I vini.
Le parole di Franco Bernabei hanno trovato puntuale riscontro nei vini degustati, i quali, con l'eccezione del primo, erano tutti espressioni degne di nota del vitigno Sangiovese. Straordinarie le peculiarità dei singoli vini (che le brevi note di degustazione che seguono, non riescono, purtroppo, ad esprimere appieno), prova dell'attitudine del vitigno, se assecondato senza forzature enologiche, ad esprimere le caratteristiche del terroir similmente ai Pinot nero della Borgogna.
Apre la serie l'Ostrea Grigia i.g.t. 2001 della Tenuta Mormoraia [4 grappoli della Duemilavini 2004], uvaggio di Vernaccia (80%) surmaturata in pianta, parzialmente colpita dalla botrite nobile, e chardonnay (20%). Selezione dei grappoli, criomacerazione, fermentazione completata in barrique e taglio compiuto tardivamente per questo vino che esce nel secondo anno dalla vendemmia.
Di colore giallo paglierino brillante, consistente, già a livello visivo denota struttura, forza, eleganza. Intenso al naso, esprime sentori di albicocca e frutta esotica uniti a note vegetali di erbe aromatiche. Elegante l'ingresso in bocca; è morbido, caldo, fresco, e sapido. Colpiscono l’aromaticità e ricordi di mandorla dolce (dati dallo chardonnay); notevoli sono l'equilibrio e la p.a.i.. Denota una personalità e una forza che lo differenziano dalla generalità.
La rassegna dei Sangiovese inizia con due Nobile di Montepulciano, anzitutto il Pasiteo 2000 di Fassati [4 grappoli Duemilavini 2004]. Vendemmia nella prima settimana di ottobre, vinificato in acciaio e maturato per due anni in botti di legno, affinato in bottiglia per 6 mesi, si presenta rubino intenso, quasi granato, di limpidezza interessante e grande consistenza. All'olfatto palesa ricordi di ginestra e intensi e nitidi sentori di frutta, in particolare prugna. All'esame gustativo è corrispondente, caldo, morbido, gradevolmente fresco, di sapidità accogliente; il tannino necessita di ancora un po’ di tempo per equilibrarsi. Non grandi la complessità e la p.a.i., ma si tratta di un vino pensato per il consumo quotidiano.
Segue, sempre dell'azienda Fassati, il Nobile di Montepulciano Riserva Salarco 1998 [4 grappoli Duemilavini 2003], prugnolo gentile con aggiunta di canaiolo nero e mammolo. Vinificato in contenitori d'acciaio termocondizionati, affinato in acciaio dapprima, poi in barrique al 50% nuove, si presenta di colore ancora rosso rubino e grande consistenza. Al naso è più franco del precedente, con una maggiore caratterizzazione dei profumi: speziatura (vaniglia, liquerizia), piccoli frutti rossi, tostatura appena accennata, cacao. In bocca denota grande freschezza e tannini evidenti; colpiscono belle note di liquerizia e sottobosco e la lunghezza. È, comunque, molto giovane.
Il quarto e il quinto vino appartengono alla denominazione Chianti Rufina. Il Chianti Rufina 2001 della Fattoria Selvapiana [non censito nella Duemilavini 2004 e solo un bicchiere per la guida Vini d'Italia 2004], si presenta limpido e consistente alla vista. Intenso e persistente al naso, abbina a un fruttato di grande purezza e a componenti floreali (dopo ossigenazione spiccano note di ciclamino) sentori terziari già ben caratterizzati di cuoio, sottobosco e fungo. In bocca è morbido, equilibrato, armonico, di tannicità non aggressiva e vellutato. Un'eleganza inconsueta per un Chianti.
Segue, della stessa Azienda, il Chianti Rufina Vigneto Blucerchiale 2000 [non censito nella Duemilavini 2004 e due bicchieri per la guida Vini d'Italia 2004]. Di colore più intenso e consistenza più rilevante del base, già sotto il profilo olfattivo denota dolcezza e morbidezza, ma prive della pesantezza derivante da un'eccessiva maturazione. Elegante nei profumi, dominano viola, ciclamino e frutti rossi molto delicati, uniti a note di cacao, mentre l’evoluzione è ancora da esprimere. Presenta all’esame gustativo morbidezza inconsueta, grande corrispondenza, freschezza, tannini vellutati, corpo. Notevole la lunghezza.
Due anche i Chianti classico presentati, entrambi emozionanti. Il Chianti classico Rancia Riserva 2000, della Fattoria di Felsina [5 grappoli, Duemilavini 2004 e 3 bicchieri della, Vini d'Italia 2004], è vinificato in acciaio e affinato per 16-18 mesi in barrique di rovere francese; l’assemblaggio avviene in acciaio ed è quindi passa in bottiglia per 8-12 mesi. Rosso rubino intenso, limpido e consistente, si presenta complesso ed elegante al naso: note di piccoli frutti rossi e neri e floreali si coniugano con una speziatura elegante ed a delicati sentori di cuoio delicato. Iniziano a palesarsi affascinanti note terziarie di funghi, terra bagnata, tabacco e sottobosco. In bocca è morbido ed equilibrato, di grande struttura, ha tannini morbidi, anche se ben presenti.
Il Chianti Classico Vigna del Sorbo Riserva, 1999 della Tenuta Fontodi [5 grappoli Duemilavini 2003], dopo la fermentazione in acciaio e la macerazione di 16-18 giorni con follature giornaliere, si affina per 16-18 mesi in barrique di Allier e per altri 6 in bottiglia. Si presenta rosso rubino impenetrabile e di grande consistenza. All'esame olfattivo palesa un fruttato intenso e nitido, una piacevole speziatura (vaniglia e pepe nero) e sentori di cuoio e sottobosco; dopo ossigenazione sprigiona piacevolissimi sentori floreali, con la rosa canina in evidenza. Bocca potente, di grande corrispondenza, morbida, fresca e dai tannini vellutati. La struttura si coniuga perfettamente con l'eleganza. Molto lunga la p.a.i..
L'ottavo, il nono e il decimo della sequenza sono vini ad indicazione geografica tipica. Nel primo del gruppo, il Mytilus 2000 della Tenuta Mormoraia, [4 grappoli, Duemilavini 2004], al Sangiovese, prevalente, si uniscono Merlot e Syrah in parti pressoché uguali. Le uve sono vinificate separatamente, la malolattica avviene in barrique e, successivamente, i vini passano sei mesi in legno sulle fecce fini per ammorbidirsi; dopo il taglio, altri due mesi in legno e, infine, altri 8 mesi in bottiglia. Rosso rubino intenso e consistente, già all’esame visivo denota grande concentrazione Presenta intensità e complessità olfattive che ricordano i vini francesi e americani: al frutto rosso e nero si sommano sentori speziati e di goudron. La bocca è morbida con tannini vigorosi, ma non verdi; discreto il finale. Nel complesso un vino elegante.
Un Sangiovese in purezza è il Fontalloro 1999 della Fattoria di Felsina [5 grappoli Duemilavini 2003 e 3 bicchieri Vini d'Italia 2003], ottenuto da uve fermentate a 28-30°C con macerazione tra i 16 e i 20 giorni e follature automatiche programmate giornalmente. Dopo la malolattica il vino è stato trasferito in barrique francesi dove è rimasto per 18-20 mesi; sono seguiti altri 8-10 di affinamento in bottiglia. Di colore rubino fittissimo, presenta grande consistenza. All'esame olfattivo denota complessità, eleganza, dolcezza, gran frutto perfettamente amalgamato a note speziate, con liquerizia in evidenza, il tutto mediato da sensazioni terziarie in via di espressione. Grande struttura in una bocca, caratterizzata da complessità e perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, morbidezza, tannini eleganti. Lunghissimo il finale per questo vino di gran classe, già sorprendente, nonostante la giovinezza.
Un altro 5 grappoli [Duemilavini 2003] ed un altro Sangiovese in purezza è il Flaccianello della Pieve 1999 della Tenuta Fontodi; dopo la vinificazione in acciaio e una macerazione di 18 giorni con follature giornaliere, matura in barrique di Allier per 18 mesi e si affina per un anno in bottiglia. Di colore rubino intenso e di notevole consistenza, rivela, all'esame olfattivo, note di frutti neri ed una speziatura più evidente che nel precedente campione, cui si uniscono sentori di fungo, cuoio e tabacco. Grande corrispondenza in bocca, caratterizzata da morbidezza e potenza, tannini setosi e lunghissima persistenza. Equilibrato nonostante la gioventù.
A concludere la panoramica due prodotti dell'Azienda Lisini. Il Brunello di Montalcino 1998 [5 grappoli Duemilavini 2004], il "base", per così dire, dell’azienda, è vinificato in acciaio, matura in botti da 10 a 40 hl per 36 mesi e si affina in bottiglia per altri 8. Di colore rosso rubino intenso con primi riflessi granati, è un po' reticente al naso, da principio, ma si apre con l'ossigenazione esprimendo piacevoli sentori floreali (viola, ciclamino), di frutta rossa e piccoli frutti (fragoline), di spezie, legno, tabacco e cuoio. Solido e corrispondente all'esame gustativo, manifesta una pronunciata sensazione pseudocalorica, grandi freschezza e sapidità. Interminabile la p.a.i..
Memorabile, da ultimo, il Brunello di Montalcino Ugolaia, 1997 [5 grappoli Duemilavini 2004], un altro brunello "tradizionale" (dopo la vinificazione in acciaio passa in botti di rovere da 20 hl per 42 mesi e affina in vetro per 14 mesi), ma apprezzato anche dagli americani, tanto che James Suckling su Wine Spectator l'ha definito favoloso, attribuendogli 97 punti. Di un affascinante colore rosso rubino tendente al granato e di grande consistenza, esprime all'esame olfattivo una seducente ed interminabile successione di sensazioni fruttate (frutti rossi e piccoli frutti anche in confettura), floreali (viola), speziate (pepe nero, specialmente), balsamiche, di cacao, di bastoncino di liquerizia, completate da note terziarie (cuoio, goudron). In bocca si conferma prodotto di estrema eleganza, morbido, caldo, di grande struttura e dotato di tannini setosi. Perfetta la corrispondenza gusto-olfattiva e davvero infinita la p.a.i..
Unico rammarico - a voler proprio trovarne uno - della serata è che molti dei vini degustati, benché sicuramente pronti, sono appena al principio della loro storia evolutiva. Sarebbe interessante assaggiarli nuovamente fra un po' di tempo, per apprezzare appieno le potenzialità di invecchiamento che sicuramente possiedono.
Grazie, per concludere, a Franco Bernabei per aver presentato ai fortunati partecipanti alla serata tanti vini difficili da dimenticare, e grazie anche alla Delegazione di Mantova per l’impeccabile organizzazione.
Fonte Foto
www.altissimoceto.it
Nel corso di una breve ed efficace premessa (giusto il tempo che i valenti sommeliers in sala versassero la prima metà dei vini in degustazione), Franco Bernabei ha fatto un quadro dell'attuale situazione del mercato internazionale del vino, caratterizzata da una crisi, che investe soprattutto gli Stati Uniti d'America e la Germania. Non si tratta di una novità: la stampa specializzata si occupa da tempo del problema. La nota rivista americana Wine Spectator, in un recente articolo che ha trovato eco nella stampa nazionale, si è interrogata sulle prospettive proprio dei vini toscani. Lo straordinario successo di questi prodotti sul piano internazionale li espone maggiormente, infatti, ai rischi della crisi del mercato.
Bernabei non sottovaluta il problema, ma confida nella capacità dei produttori più seri – a differenza di tanti improvvisati – di uscire rafforzati dalla prova. La crisi di sofferenza del vino italiano sarà la crisi della selezione.
La ricetta, in fondo, è semplice: rispetto della terra, dell’ambiente e diffusione di una cultura autentica del vino. V’è necessità di tornare al vigneto, tutelando il territorio (il terroir, per usare la felice espressione coniata dai francesi), procedendo ad una accurata microzonazione - un'esigenza di cui Bernabei si è fatto interprete da tempo in Italia – sulla scorta di una analisi sistematica dei terreni, delle esposizioni, del microclima. Solo in base a tali analisi possono essere correttamente determinati il sesto d'impianto e i portinnesti più appropriati. Sul versante dei vitigni, è sempre più diffuso, fortunatamente, l'interesse per i vitigni autoctoni, caratterizzati da acclimatazione e naturalità pedoclimatica che li legano alla terra d'origine. A tale proposito, in luogo delle discutibili selezioni clonali degli anni passati, Franco Bernabei propone accurate selezioni massali nei vigneti già esistenti.
Dovrebbe diffondersi, inoltre, la prassi delle microvinificazioni e della ricerca sullo spettro aromatico dei vini. La grossa divergenza fra le annate denota vini artefatti, altrimenti l'alternanza fra annate migliori o meno deve corrispondere ad un lieve moto ondoso.
Saranno il progresso e la diffusione di questa cultura autentica del vino, piuttosto che discutibili pratiche enologiche, a determinare il miglioramento qualitativo dei prodotti ed una più precisa differenziazione della identità italiana rispetto agli stereotipi correnti.
Franco Bernabei – che, non a caso, era accompagnato dalla sua famiglia (il figlio Marco è già ben avviato sulle orme paterne, come dimostrano i vini della Tenuta Mormoraia, degustati nel corso della serata) - crede nel rapporto e nell'apporto umano ed invoca, inoltre, una reale ed autentica dedizione alla campagna che, per quanto attiene al settore viticolo, sta tornando remunerativa. Auspica, infine, una maggiore cooperazione fra i viticoltori, abbandonando l'attuale tendenza ad essere individualisti o solisti.
I vini.
Le parole di Franco Bernabei hanno trovato puntuale riscontro nei vini degustati, i quali, con l'eccezione del primo, erano tutti espressioni degne di nota del vitigno Sangiovese. Straordinarie le peculiarità dei singoli vini (che le brevi note di degustazione che seguono, non riescono, purtroppo, ad esprimere appieno), prova dell'attitudine del vitigno, se assecondato senza forzature enologiche, ad esprimere le caratteristiche del terroir similmente ai Pinot nero della Borgogna.
Apre la serie l'Ostrea Grigia i.g.t. 2001 della Tenuta Mormoraia [4 grappoli della Duemilavini 2004], uvaggio di Vernaccia (80%) surmaturata in pianta, parzialmente colpita dalla botrite nobile, e chardonnay (20%). Selezione dei grappoli, criomacerazione, fermentazione completata in barrique e taglio compiuto tardivamente per questo vino che esce nel secondo anno dalla vendemmia.
Di colore giallo paglierino brillante, consistente, già a livello visivo denota struttura, forza, eleganza. Intenso al naso, esprime sentori di albicocca e frutta esotica uniti a note vegetali di erbe aromatiche. Elegante l'ingresso in bocca; è morbido, caldo, fresco, e sapido. Colpiscono l’aromaticità e ricordi di mandorla dolce (dati dallo chardonnay); notevoli sono l'equilibrio e la p.a.i.. Denota una personalità e una forza che lo differenziano dalla generalità.
La rassegna dei Sangiovese inizia con due Nobile di Montepulciano, anzitutto il Pasiteo 2000 di Fassati [4 grappoli Duemilavini 2004]. Vendemmia nella prima settimana di ottobre, vinificato in acciaio e maturato per due anni in botti di legno, affinato in bottiglia per 6 mesi, si presenta rubino intenso, quasi granato, di limpidezza interessante e grande consistenza. All'olfatto palesa ricordi di ginestra e intensi e nitidi sentori di frutta, in particolare prugna. All'esame gustativo è corrispondente, caldo, morbido, gradevolmente fresco, di sapidità accogliente; il tannino necessita di ancora un po’ di tempo per equilibrarsi. Non grandi la complessità e la p.a.i., ma si tratta di un vino pensato per il consumo quotidiano.
Segue, sempre dell'azienda Fassati, il Nobile di Montepulciano Riserva Salarco 1998 [4 grappoli Duemilavini 2003], prugnolo gentile con aggiunta di canaiolo nero e mammolo. Vinificato in contenitori d'acciaio termocondizionati, affinato in acciaio dapprima, poi in barrique al 50% nuove, si presenta di colore ancora rosso rubino e grande consistenza. Al naso è più franco del precedente, con una maggiore caratterizzazione dei profumi: speziatura (vaniglia, liquerizia), piccoli frutti rossi, tostatura appena accennata, cacao. In bocca denota grande freschezza e tannini evidenti; colpiscono belle note di liquerizia e sottobosco e la lunghezza. È, comunque, molto giovane.
Il quarto e il quinto vino appartengono alla denominazione Chianti Rufina. Il Chianti Rufina 2001 della Fattoria Selvapiana [non censito nella Duemilavini 2004 e solo un bicchiere per la guida Vini d'Italia 2004], si presenta limpido e consistente alla vista. Intenso e persistente al naso, abbina a un fruttato di grande purezza e a componenti floreali (dopo ossigenazione spiccano note di ciclamino) sentori terziari già ben caratterizzati di cuoio, sottobosco e fungo. In bocca è morbido, equilibrato, armonico, di tannicità non aggressiva e vellutato. Un'eleganza inconsueta per un Chianti.
Segue, della stessa Azienda, il Chianti Rufina Vigneto Blucerchiale 2000 [non censito nella Duemilavini 2004 e due bicchieri per la guida Vini d'Italia 2004]. Di colore più intenso e consistenza più rilevante del base, già sotto il profilo olfattivo denota dolcezza e morbidezza, ma prive della pesantezza derivante da un'eccessiva maturazione. Elegante nei profumi, dominano viola, ciclamino e frutti rossi molto delicati, uniti a note di cacao, mentre l’evoluzione è ancora da esprimere. Presenta all’esame gustativo morbidezza inconsueta, grande corrispondenza, freschezza, tannini vellutati, corpo. Notevole la lunghezza.
Due anche i Chianti classico presentati, entrambi emozionanti. Il Chianti classico Rancia Riserva 2000, della Fattoria di Felsina [5 grappoli, Duemilavini 2004 e 3 bicchieri della, Vini d'Italia 2004], è vinificato in acciaio e affinato per 16-18 mesi in barrique di rovere francese; l’assemblaggio avviene in acciaio ed è quindi passa in bottiglia per 8-12 mesi. Rosso rubino intenso, limpido e consistente, si presenta complesso ed elegante al naso: note di piccoli frutti rossi e neri e floreali si coniugano con una speziatura elegante ed a delicati sentori di cuoio delicato. Iniziano a palesarsi affascinanti note terziarie di funghi, terra bagnata, tabacco e sottobosco. In bocca è morbido ed equilibrato, di grande struttura, ha tannini morbidi, anche se ben presenti.
Il Chianti Classico Vigna del Sorbo Riserva, 1999 della Tenuta Fontodi [5 grappoli Duemilavini 2003], dopo la fermentazione in acciaio e la macerazione di 16-18 giorni con follature giornaliere, si affina per 16-18 mesi in barrique di Allier e per altri 6 in bottiglia. Si presenta rosso rubino impenetrabile e di grande consistenza. All'esame olfattivo palesa un fruttato intenso e nitido, una piacevole speziatura (vaniglia e pepe nero) e sentori di cuoio e sottobosco; dopo ossigenazione sprigiona piacevolissimi sentori floreali, con la rosa canina in evidenza. Bocca potente, di grande corrispondenza, morbida, fresca e dai tannini vellutati. La struttura si coniuga perfettamente con l'eleganza. Molto lunga la p.a.i..
L'ottavo, il nono e il decimo della sequenza sono vini ad indicazione geografica tipica. Nel primo del gruppo, il Mytilus 2000 della Tenuta Mormoraia, [4 grappoli, Duemilavini 2004], al Sangiovese, prevalente, si uniscono Merlot e Syrah in parti pressoché uguali. Le uve sono vinificate separatamente, la malolattica avviene in barrique e, successivamente, i vini passano sei mesi in legno sulle fecce fini per ammorbidirsi; dopo il taglio, altri due mesi in legno e, infine, altri 8 mesi in bottiglia. Rosso rubino intenso e consistente, già all’esame visivo denota grande concentrazione Presenta intensità e complessità olfattive che ricordano i vini francesi e americani: al frutto rosso e nero si sommano sentori speziati e di goudron. La bocca è morbida con tannini vigorosi, ma non verdi; discreto il finale. Nel complesso un vino elegante.
Un Sangiovese in purezza è il Fontalloro 1999 della Fattoria di Felsina [5 grappoli Duemilavini 2003 e 3 bicchieri Vini d'Italia 2003], ottenuto da uve fermentate a 28-30°C con macerazione tra i 16 e i 20 giorni e follature automatiche programmate giornalmente. Dopo la malolattica il vino è stato trasferito in barrique francesi dove è rimasto per 18-20 mesi; sono seguiti altri 8-10 di affinamento in bottiglia. Di colore rubino fittissimo, presenta grande consistenza. All'esame olfattivo denota complessità, eleganza, dolcezza, gran frutto perfettamente amalgamato a note speziate, con liquerizia in evidenza, il tutto mediato da sensazioni terziarie in via di espressione. Grande struttura in una bocca, caratterizzata da complessità e perfetta corrispondenza gusto-olfattiva, morbidezza, tannini eleganti. Lunghissimo il finale per questo vino di gran classe, già sorprendente, nonostante la giovinezza.
Un altro 5 grappoli [Duemilavini 2003] ed un altro Sangiovese in purezza è il Flaccianello della Pieve 1999 della Tenuta Fontodi; dopo la vinificazione in acciaio e una macerazione di 18 giorni con follature giornaliere, matura in barrique di Allier per 18 mesi e si affina per un anno in bottiglia. Di colore rubino intenso e di notevole consistenza, rivela, all'esame olfattivo, note di frutti neri ed una speziatura più evidente che nel precedente campione, cui si uniscono sentori di fungo, cuoio e tabacco. Grande corrispondenza in bocca, caratterizzata da morbidezza e potenza, tannini setosi e lunghissima persistenza. Equilibrato nonostante la gioventù.
A concludere la panoramica due prodotti dell'Azienda Lisini. Il Brunello di Montalcino 1998 [5 grappoli Duemilavini 2004], il "base", per così dire, dell’azienda, è vinificato in acciaio, matura in botti da 10 a 40 hl per 36 mesi e si affina in bottiglia per altri 8. Di colore rosso rubino intenso con primi riflessi granati, è un po' reticente al naso, da principio, ma si apre con l'ossigenazione esprimendo piacevoli sentori floreali (viola, ciclamino), di frutta rossa e piccoli frutti (fragoline), di spezie, legno, tabacco e cuoio. Solido e corrispondente all'esame gustativo, manifesta una pronunciata sensazione pseudocalorica, grandi freschezza e sapidità. Interminabile la p.a.i..
Memorabile, da ultimo, il Brunello di Montalcino Ugolaia, 1997 [5 grappoli Duemilavini 2004], un altro brunello "tradizionale" (dopo la vinificazione in acciaio passa in botti di rovere da 20 hl per 42 mesi e affina in vetro per 14 mesi), ma apprezzato anche dagli americani, tanto che James Suckling su Wine Spectator l'ha definito favoloso, attribuendogli 97 punti. Di un affascinante colore rosso rubino tendente al granato e di grande consistenza, esprime all'esame olfattivo una seducente ed interminabile successione di sensazioni fruttate (frutti rossi e piccoli frutti anche in confettura), floreali (viola), speziate (pepe nero, specialmente), balsamiche, di cacao, di bastoncino di liquerizia, completate da note terziarie (cuoio, goudron). In bocca si conferma prodotto di estrema eleganza, morbido, caldo, di grande struttura e dotato di tannini setosi. Perfetta la corrispondenza gusto-olfattiva e davvero infinita la p.a.i..
Unico rammarico - a voler proprio trovarne uno - della serata è che molti dei vini degustati, benché sicuramente pronti, sono appena al principio della loro storia evolutiva. Sarebbe interessante assaggiarli nuovamente fra un po' di tempo, per apprezzare appieno le potenzialità di invecchiamento che sicuramente possiedono.
Grazie, per concludere, a Franco Bernabei per aver presentato ai fortunati partecipanti alla serata tanti vini difficili da dimenticare, e grazie anche alla Delegazione di Mantova per l’impeccabile organizzazione.
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