La viticoltura biodinamica nel bicchiere: metodo, vino, unicità

La viticoltura biodinamica raccontata in maniera semplice e cordiale da Adriano Zago, agronomo, enologo e fondatore della società di consulenza Cambium. A moderare, uno dei maggiori sostenitori dell’agricoltura a basso impatto ambientale: il giornalista Samuel Cogliati Gorlier.

Florence Reydellet

«Oggi più di ieri (e più che mai), viviamo in un mondo dove a imperare è l’agricoltura intensiva ed estensiva. Sostanze chimiche di sintesi - dai fertilizzanti ai fitofarmaci - compromettono inesorabilmente il suolo e, di conseguenza, tutte le componenti ad esso collegate come acque, piante, animali e uomini. È quindi opportuno porci la domanda: come possiamo reagire dinanzi all’evolversi e allo snaturarsi dell’ambiente?». Così esordisce Adriano Zago. Agronomo ed enologo, si è convinto dopo acuto studio che l’approccio biodinamico sia quello da seguire, tanto da aver fondato la società di consulenza Cambium per il supporto alle aziende vitivinicole desiderose di convertirsi all’agricoltura sostenibile e aver pubblicato un manuale pratico che molto semplicemente si chiama: Manuale di viticoltura biodinamica (Terra Nuova, 2023). «Una piccola “Lonely Planet” della biodinamica. Un lavoro molto apprezzabile», commenta Samuel Cogliati Gorlier, notissimo divulgatore del vino nonché difensore, a spada tratta, dell’agricoltura a basso impatto ambientale.

Adriano Zago e Samuel Cogliati GorlierApproccio biodinamico, dicevamo. 1924 è l’anno a cui si fa risalire la sua nascita: Rudolf Steiner, antroposofo austriaco, ne delinea i contorni nel corso di una serie di conferenze. Si tratta, essenzialmente, di un approccio olistico, ecologico ed etico all’agricoltura, al cibo e alla nutrizione. Una visione in cui Terra, pianta, animale e uomo collaborano per il bene di tutti gli elementi. Detto ciò, passare dalla teoria alla pratica non è proprio immediato. Ecco allora che Adriano fa luce sui molti interrogativi che ancora si pongono le aziende volonterose di convertirsi alla biodinamica. «Non ho fatto scoperte né ho intenzione di portare rivelazioni o di offrire un’interpretazione originale delle idee di Steiner. Mi limito a spiegare la biodinamica in modo più semplice e accessibile, attraverso una serie di consigli, depurandola da quei paramenti esoterici che l’hanno finora resa meno credibile».

Lungi da noi voler riassumere tutte le pratiche agronomiche di questa disciplina, qualche cenno dobbiamo comunque darlo. Esso prevede, dunque:

  • l’uso di preparati, composti da sostanze naturali come erbe, minerali e letame, “dinamizzati” (attraverso un processo di diluizione e agitazione che li rende più efficaci) e applicati nei momenti chiave del ciclo agricolo. Nel panorama, ritroviamo il noto preparato 501 (cosiddetto cornoletame), volto ad aumentare la luce solare riflessa nel vigneto, migliorare la fotosintesi delle piante e promuovere la maturazione ottimale dei frutti; il 503, elaborato con fiori di camomilla e usato per ridurre l’infestazione di parassiti nel suolo, migliorare la struttura del terreno e promuovere la crescita delle radici delle viti; o ancora il 504, a base di ortiche, per stimolare l’attività dei microrganismi del suolo e aumentare la disponibilità di azoto per le piante;
  • la pratica del compostaggio per gestire i rifiuti agricoli e promuovere la fertilità del suolo senza l’uso di fertilizzanti chimici sintetici, e i preparati da cumulo, sostanze naturali come erbe e minerali aggiunti al compost per favorire la sua decomposizione e arricchirlo di sostanze nutritive vitali;
  • la pratica del sovescio, che consiste nella semina di piante di copertura (leguminose, graminacee, brassicacee o ancora crucifere;
  • il rispetto del calendario biodinamico per pianificare le attività agricole (potatura, irrigazione, fertilizzazione, vendemmia etc.) in base alle influenze astrali e ai puntuali ritmi naturali.

La degustazione

Stando a Samuel è errato, o quantomeno del tutto opinabile, ritenere che i vini derivanti da agricoltura biodinamica siano difettosi. Ed è quanto emerso durante la degustazione svoltasi rigorosamente alla cieca. Non possiamo quindi esimerci dal sottolineare la pulizia di questi vini, tutti esenti da difetti organolettici che potrebbero pregiudicarne la piacevolezza; la sobrietà in fatto di maturazione del frutto, estrazioni, etc.; la chiara espressione del terroir; e la loro vitalità.

Cannonau di Sardegna DOC Le Anfore di Elena Casadei 2021 – Olianas
Gergei (Sud Sardegna)
cannonau

Rubino dalle belle trasparenze, ricorda i profumi dell’arancia sanguinella e dell’amarena, accompagnati da un tocco balsamico e un che di saggina. Virtuosa la gustativa che sembra fatta su misura: calibrata in tutto (notevole la tannicità che stringe con garbo), propone un finale lungo e saporito con echi di amarena. Detto enfaticamente: non è arduo pronosticargli una lunga vita.

Romagna DOC Sangiovese Superiore Primo Segno 2020 – Villa Venti
Roncofreddo (Forlì-Cesena)
sangiovese

Veste rubino con unghia granata. Poco concessivo, in principio, con una nota brodosa che offusca il profilo olfattivo. Dopo la riduzione, il primo profumo coerente è la rosa appassita. Poi, man mano che il vino prende aria, viene a galla una complessità fatta di fondi di caffè, liquirizia in bastoncino e un tocco rugginoso. Pieno di ritmo in bocca, trae la sua principale forza nella magnifica diffusione salina nel decorso. Un vino di tutti i giorni - e non c’è assolutamente nulla di banale in questa definizione -, sorprendente sotto ogni aspetto.

Bordeaux-Côtes de Francs Cuvée Emilien 2021 – Château Le Puy
Saint-Cibard (Gironda)
merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, malbec, carmenère

Rubino cupo, limpido. Un bordolese gentile che non si esibisce. Delicati sono i profumi di violetta e foglia di pomodoro, hummus e aghi di pino. La gustativa conferma l’impressione di delicatezza: vive di materia tenue. Particolare nota di merito va al tannino, dalla tessitura fine. Un cenno di sottobosco fa capolino e rende il sorso persistente.

Viré-Clessé AOC Quintaine 2022 – Guillemot-Michel
Clessé (Saona e Loira)
chardonnay

Paglierino luminoso. Bouquet delicato - ancora agli albori -, giocato sulla soavità dei fiori della forsizia e sulla felce. Si affacciano poi note agrumate di cedro e, sporadicamente, spezie officinali. In bocca è ordinato e fa sventolare la bandiera di una freschezza che gli consentirà, agevolmente, di contrastare il tempo. Sfumatura non lunghissima, ma tersa, su un elemento minerale.

Alsace AOC Pinot Gris Roche Roulée 2021 – Domaine Zind-Humbrecht
Turckheim (Alto Reno)
pinot gris

Anch’esso paglierino. Profilo pronto su note di nespola, camomilla, anice e un indizio minerale che rammenta l’idrocarburo. Interessante l’incedere al palato con equilibrio quasi raggiunto: la freschezza non è la sua parte più forte, ma di converso la sapidità conferisce tensione. Buona chiusura sapida, echi di ananas.

Vigneti delle Dolomiti IGT Nosiola Fontanasanta 2018 – Foradori
Trento
nosiola

Veste paglierino con tracce dorate. Bella distensione con profumi raffinati di origano, fiori di tiglio, gesso e qualcosa che conviene segnalare: il frutto al centro (pesca bianca). Gustativa agile e la partita morbidezze-durezze si conclude con un 50-50. Per farsi ricordare, l’epilogo è lietamente iodato. Non accusa cedimenti.

Concludiamo questa interessante serata con alcune considerazioni. Due sono le cose più abbondanti del pianeta: l’acqua e la terra. Su di esse lasciamo purtroppo la nostra impronta, una macchia. E l’agricoltura biodinamica non è che un tentativo di cancellare la macchia umana. Rimandiamo quindi il lettore, interessato e di buona volontà, al libro di Adriano.