Lasciarsi emozionare dal weissburgunder

Fabrizio Bandiera, sommelier, degustatore e docente AIS, ma soprattutto grande appassionato del vino dell’Alto Adige, ci ha guidato alla scoperta delle meraviglie del weissburgunder, vitigno sottovalutato ma capace di regalare infinite emozioni.

Ilaria Menci

Weissburgunder è il nome con cui è noto e coltivato da due secoli il pinot bianco in Alto Adige e qui in grado di raggiungere livelli qualitativi che probabilmente non hanno eguali nel mondo. Un vino “di arrivo”, fatto di ricami, minuzie e contraddistinto da un varietale che non si erge a unico protagonista, ma che “sente” e interpreta il luogo nel quale è allevato.

Ma quale è l’origine del Pinot Bianco?

Studi ampelografici hanno dimostrato che il pinot bianco sia una variante genetica del pinot nero, uva antica e ancestrale che, nei secoli, incrociato con varietà a bacca bianca, ha dato origine ad almeno altre 20 varietà, arrivate nel tempo fino a noi. Che il pinot nero sia ancestrale, simile a bacche selvatiche, lo dimostra anche la mutazione di colore della buccia, che da nera muta in bianco.
Spesso confuso con lo chardonnay, il pinot bianco presenta, in effetti, caratteristiche pressoché identiche. Solo nel 1868 in Francia, Victor Puillet osservò e capì che si trattava di specie diverse, ma si dovrà attendere il 1970 per trovare il pinot bianco iscritto come specie  a sé stante, e ancora il 1978 perché questo avvenga anche per lo chardonnay. Dei circa 16 mila ettari di pinot bianco coltivati nel mondo, l’Italia ne possiede 3 mila, dei quali 1000 in Veneto, 650 in Friuli, 593 in Alto Adige e 450 in Emilia-Romagna. In Alto Adige il pinot bianco si coltiva soprattutto ad altitudini abbastanza importanti, caratteristica che gli consente di raggiungere un’ottima maturazione e grande concentrazione di sostanze aromatiche.

La viticoltura altoatesina

Regione con il vino più certificato in Italia, l’Alto Adige conta circa 5600 ha di vigneto, dei quali 5000 sono di proprietà di aziende vitivinicole familiari; si tratta di circa 12 aziende molto moderne e qualitative, riunite in Cantine Sociali, la vera spina dorsale della viticoltura altoatesina. Agli antipodi troviamo circa 100 vignaioli indipendenti, che fanno vino solo con le proprie uve, producendo intorno alle 10/20 mila bottiglie all’anno (il 5% del vino dell’Alto Adige), mantenendo un’alta qualità.

Il territorio dell’Alto Adige è prevalentemente montuoso e il clima è alpino, con inverni freddi ed estati fresche, dove le Alpi fanno da scudo di protezione, permettendo di avere sempre un microclima favorevole alla viticoltura.

Per quanto riguarda i terreni, qui ne troviamo principalmente 3 tipologie: la roccia metamorfica (scisti, quarzo) della Val Venosta, Alta Valle Isarco e Meranese, la roccia vulcanica (porfido rosso derivante dal vulcano di Terlano di 280 milioni di anni fa) delle zone della Val d’Adige, Oltradige, Bolzano e Bassa atesina, ed infine la roccia sedimentaria (dolomia) della Bassa atesina.
Ma la vera unicità deriva dalle molte eccezioni che troviamo a queste tipologie di terreno, come ad esempio la roccia calcarea a Terlano, che danno origine a un vino dalle mille sfaccettature.

Le sottozone di produzione sono sei: Merano Val Venosta, Val d’Adige, Valle Isarco, Oltradige, Bolzano, Bassa Atesina.

La degustazione

Sudtiroler Weissburgunder “Praesulis” 2021 - Gump Hof

Sia a sud della Valle Isarco, una valle molto stretta con vigneti che arrivano sino a 900 metri di altitudine. prevalentemente sulla costa esposta a est, caratterizzati da terreni ricchi di porfido rosso. La cantina Gump Hof fa eccezione poiché i suoi vigneti sono esposti a ovest, a 450 m di altitudine. Qui il pinot bianco è arrivato come richiesta dei ristoratori amici di Marcus, il titolare della cantina.

Il vino in degustazione si presenta con un colore giallo verdolino molto lucente e vivace, che ci fa subito capire la sua provenienza nordica e montana. Al naso troviamo un’eleganza sussurrata, che parla dell’ambiente della Valle Isarco: erbe aromatiche, prati fioriti, ricordi di frutta a polpa, rimandi resinosi. Si gioca non sull’impatto, ma sulla delicatezza. Il sorso parte agrumato, per poi donare una polpa più dolce rispetto a quella avvertita al naso. Ha un affondo sapido, anche un po' ruvido, che ci fa capire come il vino possa essere testimone del terreno da cui deriva. Parte avvolgente, per poi sprigionare la freschezza e chiudere con sapidità.

Sudtiroler Weissburgunder “Dellago” 2021 - Cantina di Bolzano

Ci troviamo nell'areale di Bolzano, anfiteatro di confluenza tra la Val d’Adige e la Valle Isarco. A fondo valle troviamo terreni alluvionali con molta sabbia, ma il pinot bianco è allevato nelle parti più alte, caratterizzate da terreni di porfido rosso.
Il vino proposto ha ancora una volta il tipico colore verdolino, ma con una massa colorante più importante, dovuta forse anche dal passaggio in legno. L’impatto dei profumi ci porta verso un frutto di maggior maturità: melone bianco, mango, ananas maturo, con un sottofondo minerale deciso e una sfumatura speziata. L’ingresso in bocca è più largo, avvolgente. Rimane una decisa acidità che dà equilibrio e poi lascia spazio a una sferzata salina finale. L’espressione fruttata è in linea con il naso. La frutta matura a polpa gialla ci fa capire che siamo in un territorio che ha a disposizione tanta luce e dove l’uva raggiunge un buon grado di maturazione.

Sudtirol Weissburgunder “Strahler” 2021 - Stroblhof

Ci spostiamo nella zona dell’Oltradige, ad Appiano a Monte, lungo la strada dei vini e zona di grande produzione del pinot bianco. Qui i terreni sono molto variegati: roccia morenica e calcare dolomitico, franati dall’alto. Caratteristica di questa zona è la “frana di Ganda”, una spaccatura nella roccia dove si incunea l’aria fredda, che nel passaggio si raffredda ulteriormente per uscire poi dall’altra parte. Quest’aria raffredda tutta la zona creando un microclima unico, che fa sì che qui la temperatura sia sempre più bassa di 2/3 gradi rispetto alle altre zone.

Il vino in degustazione è un uvaggio di pinot bianco (90%), chardonnay (5%) e pinot grigio (5%). La prima annata di produzione dello Strahler dichiarata è il 1848. Nati per la ristorazione, i vini di Stroblhof sono da sempre molto gastronomici.

All’aspetto visivo il vino torna il caratteristico color verdolino scarico, al naso è un piccolo incanto. Si fa da parte il frutto, che ricorda note agrumate, ed emerge invece tutta la fragranza floreale, con un sottofondo minerale delicato. La beva è di grande leggerezza, senza essere banale, accarezza il palato lasciando una piacevole sensazione di fiori di campo e l’immancabile finale salino, ancora più delicato. Anche se esile, è un vino che riesce a trovare grande profondità, una bella lunghezza senza un volume importante.

Weinberg Dolomiten Weissburgunder “Vom Muschelkalk” 2021 - Abraham

Restiamo in Oltradige, ma ci postiamo più a nord. La cantina utilizza la figura dell’upupa, simbolo della sua filosofia di fare il vino, perché incarna la sua idea di bellezza, libertà e sostenibilità. Questo pinot bianco  proviene da vecchie vigne posizionate in alto ed esposte ad est. Alle loro spalle il massiccio della Mendola già a partire dal pomeriggio copre il sole e consente alle vigne di aumentare la concentrazione aromatica delle uve. 

Al naso il vino si apre immediatamente su note minerali, gessose di calcare bianco. Il frutto è agrumato e si alterna a note speziate e burrose. L’assaggio è energico, dinamico, lungo, con sensazioni di pizzicore. È un vino profondo, che rimane integro per molto tempo, anche nella sensazione tattile.

Sudtirol Weissburgunder Riserva “Klaser Salamander” 2019 - Niklas

Spostandoci a sud nella zona di Oltradige, troviamo la cantina Weingut Niklas, sul lago di Caldaro. Salamander è una Riserva prodotta da un vigneto posto a notevoli altitudini e deve il suo nome perché il suo colore giallo più pieno ricorda quello delle macchie delle salamandre.

Al naso cambia in continuazione: apre su note salmastre e poi lascia trasparire una nota piccante di pepe bianco e spezie. Il frutto è maturo e si alterna a piacevoli sensazioni di aghi di pino e resina. Sicuramente intenso. L’ingresso al palato risulta opulento, grasso, ma sul finale troviamo anche buona freschezza e una spinta sapida. È certamente un vino che gioca più sullo spessore e il volume, che non sulla leggiadria.

Sudtirol Vinschgau Weissburgunder 2018 - Falkenstein 

Ci spostiamo in Val Venosta, dove il clima è secco, con un indice di piovosità molto basso, e la vite occupa una parte davvero esigua con circa 50 ha in totale. I terreni sono caratterizzati dalla presenza di scisti e gneist. Anche la cantina Falkenstein si rivolge esclusivamente al mondo della ristorazione: lavora 14 ha di terreno, di cui circa sei riservati al riesling e solo tre al pinot bianco. Nei vini che produce ricerca pienezza, tramite l’utilizzo del legno.

Il vino che degustiamo si presenta con un verdolino abbastanza intenso. Portandolo al naso si mostra con note affumicate e anche in questo caso è il terroir a prevalere rispetto al vitigno. Si apre poi su note di frutta croccante, una parte speziata, gocce di miele, ricordi tostati, leggero sentore di caffè e, sul finale, una piacevolissima delicatezza floreale. Il sorso è lineare, preciso, con una grande acidità che ben si integra che il resto delle sue caratteristiche. Torna ancora più nitida l’espressione floreale percepita al naso. Un vino profondo e lungo.

Sudtirol Terlaner Weissburgunder Riserva “Vorberg” 2020 - Cantina di Terlano

Nella Val d’Adige, nel tratto che da Bolzano porta a Merano, i vigneti della parte sinistra sono allevati su terreni ricchi di porfido rosso, mentre quelli a destra sono prevalentemente caratterizzati da rocce calcaree. È una zona di vini rossi, ma diventata importante anche per i vini bianchi, che riescono a sfidare il tempo.
Il Vorberg nasce da uve provenienti da 12 masi, le stesse usate per la produzione del famoso Rarity. È un vino lucente, di un giallo più intenso. Un vino che in bocca rasenta la perfezione, è tutto un sussurro e niente è fuori posto.

Vigneti delle Dolomiti Pinot Bianco “13” 2018 - Dornach

L’ultima zona che incontriamo è quella della Bassa Atesina, la parte più a sud e anche quella più calda, che beneficia dell’Ora del Garda. Il clima è mite e la quota bassa. Questo vino della cantina Dornach di Patrick Uccelli viene prodotto con una vendemmia a scalare; leggero anticipo, maturazione giusta e surmaturazione.
Il naso è giocato tra ossidazione e surmaturazione. È un vino di un’originalità unica, con ricordi affumicati, di pietra spaccata, idrocarburo ma senza che si perda la fragranza del fiore e del frutto. La bocca è saporita, condita, salata, vibrante e nervosa.