Le differenti espressioni dei terroir del Nizza DOCG
Partendo dal presupposto che «il Nizza è la Barbera e la Barbera è il Nizza», il sommelier Francesco Ferrari e Stefano Chiarlo, Presidente dell‘Associazione Produttori del Nizza, alla presenza di alcuni viticoltori del territorio, ci hanno spiegato che cos’è il Nizza attraverso nove espressioni dell’annata 2019.
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La Delegazione di AIS Milano aveva già dedicato una serata alla DOCG Nizza, nel 2020. Allora, il Presidente dell’Associazione era Gianni Bertolino che, in questa occasione, è ospite in veste di produttore.
La storia della denominazione e la classificazione delle varie tipologie di suoli sono già stati ampiamente illustrati in un altro evento di cui potere leggere la recensione qui link.
Il Nizza è una denominazione recente, nata nel 2014, che ha, però, radici molto profonde. È il cuore storico dove il vitigno barbera domina incontrastato e dove, da sempre, il terroir dà vini di alta qualità e dotati di longevità. Il Nizza DOCG insiste su un territorio ristretto, ma molto vocato, il cui disciplinare, severo, prevede rese molto basse pari a 70 q/ha, e su un’idea innovativa portata avanti da 20 anni dall’Associazione dei Produttori, che ha lo scopo di valorizzare non la singola azienda, ma il territorio e la sua sinergia col vitigno. Una peculiarità lungimirante del disciplinare è quella di consentire che le operazioni di vinificazione e imbottigliamento possano essere effettuate nell’intero territorio delle Province di Cuneo, Asti e Alessandria favorendo, in tal modo, gli investimenti in zona da parte di cantine che non sono situate sul territorio di vocazione.
Il paesaggio collinare è molto dolce, con un’altitudine che varia tra i 250 e i 400 m s.l.m., e dove la biodiversità è molto più rappresentata rispetto a quella che troviamo nelle Langhe.
La barbera è un vitigno molto produttivo e si adatta bene a diversi tipi di terreno; è medio-tardivo, dotato di una notevole acidità e di un tannino avvolgente e setoso. I cloni più recenti, di alta qualità, sono caratterizzati da un grappolo meno grosso rispetto al passato e, soprattutto, da un acino pruinoso più piccolo, per favorire il rapporto buccia/polpa.
Barbera: cenni storici
Nel 1304 Pier de‘ Crescenzi nel suo Ruralium Commodorum Libri XII parla di un’uva di nome grissa dalle caratteristiche molto simili a quelle della barbera. Ma la prima attestazione del nome Barbera la troviamo nei catasti di Chieri e risale al 1514. Nel 1609, a Nizza Monferrato, viene stilato un documento importante ove si racconta che il duca di Mantova, Vincenzo I Gonzaga, invia «nel contado di Nizza de la Paglia, appositi incaricati per assaggiare il vino di questi vigneti, ed in particolare lo vino Barbera». Nel 1817 Giorgio Gallesio parla della «Vitis vinifera montisferratensis… vulgo uva barbera» che produce un «vino generoso, pieno di spirito… È longevo e quando è ben fatto può invecchiare alla perfezione». All’inizio del 1800 Filippo Asinari di San Marzano, diplomatico di altissimo livello e grande appassionato di vino, pianta nebbiolo, barbera e vitigni francesi nelle sue vigne di San Marzano Oliveto e Costigliole e li vinifica «alla francese», potenziando la loro capacità di invecchiamento. Per confermare l’alta qualità di questi vini organizza una spedizione in Brasile: «… dopo due mesi di navigazione… il vino giunse a Rio de Janeiro… non solo in ottimo stato, ma nella perfetta sua maturità e di squisitissimo gusto…». Dal 1860 al 1960 si assiste al periodo di crisi della Barbera. Si parla delle 4 F del declino: la ferrovia, che si sviluppò su tutto il territorio nazionale facilitando i commerci e quindi incentivando, con scarsa lungimiranza, una produzione che privilegiava la quantità a scapito della qualità; la fillossera che, non solo distrusse i vigneti, ma disincentivò anche la professione di viticoltore; il fascismo, che dava importanza al vino inteso solo come come fonte di calorie a basso costo; le fabbriche, che vennero preferite al durissimo lavoro dei campi. Dal 1960 al 1980 avviene la faticosa ripartenza a opera soprattutto di Arturo Bersano e di Mario Pesce che incentivano il concetto di “cru“. Nel 1986 scoppia lo scandalo del metanolo che colpisce duramente la Barbera, ma che incentiva anche la sua successiva rinascita. Giacomo Bologna, con il suo Bricco dell’Uccellone, dà un grosso contributo a far identificare la Barbera come un grande vino da evoluzione.
L’Associazione Produttori del Nizza nasce il 19 novembre 2002 e consta, oggi, di quasi 100 produttori, 170 etichette e oltre un milione di bottiglie prodotte. Il suo scopo è quello di tutelare, valorizzare e promuovere l’eccellenza della denominazione Nizza.
Attraverso degustazioni alla cieca, guidate da uno o più soci designati dal Presidente, si accerta la qualità dei vini, si individuano correzioni di eventuali imperfezioni o si indicano possibili miglioramenti.
L’annata 2019
È stata caratterizzata da una grande variabilità climatica, una miscela di caldo, freddo, siccità e ricchezza d’acqua che hanno messo a dura prova la vite che ha anticipato alcune fasi vegetative rallentandone altre. Le uve, comunque, raccolte tra l’ultima decade di settembre e la prima di ottobre, erano dotate di un’eccellente qualità sanitaria e di un’ottima ricchezza zuccherina, polifenolica e di acidità.
La degustazione
Tutti i campioni degustati sono 100% barbera.
Colore rubino, vivace, non particolarmente intenso. Il naso esprime fini note floreali di viola e rosa, fruttate di piccoli frutti rossi maturi, ma ancora croccanti, e di erbe aromatiche. La bocca, fresca e sapida, ripropone le note di ribes e di erbe aromatiche presenti al naso. Molto persistente.
Il colore, vivo e lucente, ha un’intensità cromatica maggiore del precedente. Il naso è potente e “scuro“, con note fruttate di lampone e speziate dolci. In bocca il vino è robusto, masticabile, di grande struttura e acidità, e dotato di un tannino leggermente più pieno rispetto a quello del vino precedente. Notevole lunghezza fruttata, con note di mandorla sgusciata.
Il naso, al primo impatto un po‘ chiuso, propone poi note speziate e tostate cui si affiancano quelle fruttate di amarena, floreali di geranio, china ed erbe officinali macerate, e inchiostro. La bocca esprime una struttura intermedia tra quella dei due vini precedenti. Ritornano le note di spezia dolce e quelle tostate. Il vino necessita di più tempo per integrare completamente il legno, ma è comunque pronto e già apprezzabile grazie alla notevole acidità.
Colore vivace, rosso scuro, molto concentrato. Al naso si apprezzano note fruttate mature di mora e prugna, balsamiche di liquirizia, zucchero a velo e foglie di tabacco. Ha una potenza olfattiva tale da mascherare meglio le note di tostatura rispetto al vino precedente. La bocca evidenzia un’importante struttura e ripropone le note di liquirizia e di frutta scura percepite al naso. L’acidità è meno evidente rispetto a quella dei tre vini precedenti. Bella persistenza fruttata e balsamica.
Il naso esprime note di speziatura dolce e tostatura simili a quelle riscontrate nel terzo vino, ma supportate da un frutto rosso croccante come la ciliegia e da note di erba medica tagliata. In bocca si apprezzano note “dolci“ di frutta matura, spezia e cioccolato.
Colore scuro, vivace e impenetrabile. Il naso assomiglia a quello del quarto vino con note di frutta scura matura cui si aggiungono quelle speziate meno dolci di cocco e floreali di iris. In bocca il vino è morbido, con note di frutta rossa in confettura e di After Eight. Non spicca per freschezza, ma presenta una discreta sapidità; è profondo, di grande struttura e persistente.
Colore rubino con sfumatura leggermente violacea e minore carica cromatica nel cuore del bicchiere. Il naso richiama il primo vino ed esprime note floreali e fruttate di ciliegia, di erbe aromatiche, di aghi di pino e una speziatura pepata. In bocca si apprezza una bella freschezza accompagnata da una nota sapida importante. Ritornano le note fruttate e speziate percepite al naso. Lunga persistenza fruttata e speziata. Vino compiuto che potrà solo migliorare col tempo.
Colore profondo e impenetrabile. Al naso si apprezzano note fruttate di prugna e mora di gelso, tostate di legno di sandalo, balsamiche di liquirizia in bastoncino e di foglia di tabacco. La bocca esprime un‘alcolicità importante, ma gradevole, una discreta freschezza, un tannino piuttosto presente e leggermente polveroso e una struttura importante. Si apprezzano note ammandorlate di frutta secca e di liquirizia. Lunga persistenza.
Colore scuro e compatto, molto fitto. Il naso ci regala note autunnali di frutta rossa in confettura e gelatina, di cuoio, sottobosco ed erbe officinali, genziana, rabarbaro e tamarindo. In bocca il vino è potente e strutturato, dotato di una buona freschezza che lo supporta e che rivela note leggermente ematiche, affumicate e fruttate di visciola in confettura.