Le sorprendenti caratteristiche dello Châteauneuf-du-Pape
Racconti dalle delegazioni
04 febbraio 2025

Châteauneuf-du-Pape, un nome indissolubilmente legato alla Chiesa cattolica e al suo papato, ma sinonimo anche di un vino unico, di origini e storia particolari, frutto delle intuizioni di Papa Clemente V, e che ancora oggi porta immutate le caratteristiche di un disciplinare datato 100 anni fa. Conosciamolo meglio insieme al sommelier Artur Vaso
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Come in tanti altri racconti sulla diffusione della viticoltura in territorio europeo, anche nel caso dello Châteauneuf-du-Pape troviamo l’impronta dei Romani. Senza però risalire di secoli, non può dubitarsi che gli eventi che hanno maggiormente identificato e caratterizzato la storia di questo comprensorio siano quelli legati alla Chiesa, a partire dalla cattività avignonese.
La storia
Nata da una diatriba tra l’imperatore Filippo IV e Papa Bonifacio VIII sulla tassazione dei beni imperiali, che il Papa si rifiutò di pagare, sfociò nell’incarcerazione dello stesso Papa ad Anagni e nel tentativo di Filippo IV di spostare il papato da Roma ad Avignone, facendo eleggere un altro e nuovo papa, un papa francese.
Iniziò così un vero e proprio scisma tra impero e papato (chi non conosce guelfi e ghibellini, nati proprio in questo periodo a sostegno delle due parti): da un lato Urbano IV, il papa italiano, e dall’altro Clemente V, l‘antipapa di Avignone.
Betrand de Goth, ovvero papa Clemente V, eletto nel 1305, era di origine contadina, un viticoltore, e avviò la produzione di quello che diventerà l’attuale Châteauneuf-du-Pape: piantò la prima vigna, comprò un’azienda, Château Pape Clément, che, da sapere, esiste ancora oggi e produce 4 Grand Cru.
Il suo successore, Giovanni XXII, pose il mattone successivo: tra le tante opere importanti che portò a compimento ci fu la costruzione di diversi palazzi, tra cui un castello su un’altura, per combattere la calura estiva: lo chiamò il castello del Papa, e chiamò così anche il vino che venne prodotto nelle vigne circostanti; iniziò così ufficialmente la produzione di Châteauneuf-du-Pape. Nel 1893 poi, su richiesta del sindaco Joseph Ducos, il villaggio fu chiamato Châteauneuf-du-Pape facendo riferimento a questo luogo di vacanza per i capi della Chiesa.
Le origini del vino
Il vino Châteauneuf-du-Pape, come lo conosciamo oggi, nasce dagli studi di Château La Nerthe, che per primo divise i vitigni in annate e modelli, selezionò i 13 migliori vitigni tra bianchi e rossi e li mischiò in percentuali differenti.
Il vero protagonista della storia della denominazione Châteauneuf-du-Pape fu il Barone Le Roy: sotto la sua guida vennero definite le nuove condizioni per la produzione di questo vino, e venne così assegnata la prima denominazione Châteauneuf-du-Pape. Il Barone Le Roy si occupò di regolamentare i metodi di coltivazione, impostare un grado minimo di alcol a 12,5 % vol., ed elencare le varietà autorizzate.
Per capire l’importanza di questo lavoro, basti pensare che, dopo quasi 100 anni dalla definizione, questo stesso disciplinare è ancora in vigore oggi. Il resto è storia moderna: nel 1933 la Corte di Cassazione francese confermò la delimitazione dell'area geografica e le condizioni per la produzione della denominazione. Le specifiche presentate saranno il modello per tutti i decreti AOC in Francia, e questo varrà a Le Roy la partecipazione al tavolo per la creazione dell’INAO, che presiederà dal 1947 al 1967.
Il territorio
Accavallata tra la Loira e il Rodano, influenzata dal Mediterraneo da sud e da correnti più calde e aride da nord, questa zona è caratterizzata da un suolo molto particolare, composto da tre strati differenti, che concorrono a offrire diverse varianti ai vitigni. Calcare e sabbia, gli strati più interni, aiutano a sviluppare acidità e un tannino deciso, mentre lo strato superficiale di ciottoli risulta fondamentale per la sua azione di termo-condizionatore, rilasciando calore durante la notte, e combattendo in maniera naturale la possibile formazione di muffe, aiutato in questo anche dall’azione rinfrescante del mistral, che soffia durante le notti francesi. Questo terroir unico richiede però un grandissimo sforzo nella sua lavorazione: le vigne sono coltivate ad alberello basso, prevalentemente a causa della presenza di ciottoli, anche di considerevoli dimensioni, che obbligano a una coltivazione e una vendemmia estremamente dispendiose in termini di mano d’opera e costi.
Da un punto di vista morfologico, la zona di Châteauneuf-du-Pape può essere divisa per caratteristiche seguendo i punti cardinali: a ovest argilla e calcare nel sottosuolo e nel suolo; a est altipiani boschivi, ideali per la coltivazione dei vitigni per la variante bianca di questo vino; a nord terreni per lo più ciottolosi, ideali per i grand cru di questa denominazione; e infine a sud terrazzamenti naturali che godono maggiormente dell’escursione termica di influenza mediterranea, a favore di acidità e mineralità.
I vitigni
All’interno del disciplinare di Châteauneuf-du-Pape, previsto sia nella versione rossa che bianca, la grenache è uno dei vitigni più importanti, al quale seguono tutti gli altri vitigni autorizzati; il concetto cardine della produzione di questo vino è l’unione di tanti vitigni diversi, senza però poter mai superare il numero massimo di 13. Qui i principali:
- grenache: nasce nella penisola iberica, ma ha la sua zona di elezione in Châteauneuf-du-Pape. Conosciuto con tanti nomi diversi (gamatxa, garnacha, granaccia, tai rosso, tai del trasimeno, cannonau), dona tannino, potenza e un’acidità media; ha un profilo aromatico di frutti rossi come la fragola, sentori di prugna e scorza d’arancia;
- syrah: la sua terra di elezione non è il meridione, ma il settentrione, dove riesce a esprimere al meglio il colore scuro, le note pepate, un tannino deciso e una media acidità;
- mourvédre: diffuso prevalentemente in Catalogna, ha un grande tannino che dona calore nel calice;
- marsanne: vitigno bianco, peculiare di vini potenti di media acidità;
- grenache blanc: anche se è un vitigno bianco, si comporta come il rosso e non dimentica la sua identità: aromatico, corposo e poco acido, risulta rotondo ed estremamente longevo;
- roussanne: eleganza è la parola che definisce al meglio questo vitigno, ad espressione di un copro e una struttura più contenuti;
- bourboulenc: poco alcolico, offre delicati aromi floreali;
- clairett: un bianco molto alcolico con poca acidità;
- maccabeo: bianco coltivato in Languedoc-Roussillon, sui Pirenei;
- muscat blanc: conosciuto in Italia come Moscato d’Asti a grani piccoli, viene comunemente utilizzato per produrre vini VDN (acronimo di Vin Doux Naturel);
- picardar: una spiccata presenza acida se paragonato agli altri vitigni, è caratterizzato da note di muschio e spezie;
- picpoul blanc: coltivato prevalentemente in Languedoc-Roussillon, ha un’acidità fresca e pronunciata;
- ugni blanc: poca struttura e un tocco acido che apporta finezza e freschezza, viene utilizzato per la produzione di armagnac e brandy;
- vermentino ou rolle: di origine spagnola, a maturazione tardiva, dona freschezza.
La degustazione
Châteauneuf-du-Pape rouge “la Crau” 2021 - Vieux Telegraph
65% grenache noir, 15% mourvèdre, 15% Syrah, 5% cinsault, clairette e altri vitigni; vendemmia manuale, affinamento 9 mesi in cemento, 22 mesi in botti grandi di rovere da 50 a 70 ettolitri, poi 24 mesi in bottiglia, non filtrato.
Il colore tenue non fa immediatamente pensare a un Châteaneuf-du-Pape, che ci immaginiamo essere di tonalità più cariche. Al naso è molto profumato e strutturato, due caratteristiche che permetto al bicchiere di nascondere il pronunciato volume alcolico: il calice offre un’immediata apertura floreale e fruttata, di piccoli frutti rossi, con richiami di vaniglia, e una velata acidità.
All’assaggio si confermano i piccoli frutti rossi, dovuti alla copresenza di tanti vitigni, e all’inizio ancora il tannino si nasconde grazie a un ingresso in bocca fresco e sottile, per emergere poi lentamente. Nel complesso una buona struttura.
Azienda a conduzione familiare da 5 generazioni, deve il suo successo alla determinazione di Hippolyte Brunier, figlio del fondatore, di coltivare uve in un appezzamento di terreno considerato fino ad allora impraticabile per la densità di pietre e ciottoli. Hippolyte pianta i primi ceppi, e commercializza il suo primo vino nel 1900. Il nome si deve a un telegrafo ottico installato sulla collina più alta della tenuta.
Châteauneuf-du-Pape rouge 2018 - Guigal
70% grenache, 10% syrah, 15% mourvèdre, 5% altri vitigni rossi; fermentazione separata per ogni singola varietà di uve con 3 settimane di macerazione; affinamento 24 mesi in grandi botti di rovere.
Alla vista il vino si presenta di color rubino, più scuro nel calice rispetto al precedente. Al naso immediate le note erbacee, che contraddistingueranno tutti i vini a seguire; rispetto al precedente calice degustato è meno profumato, ma con dei sentori terrosi chiaramente percettibili. In bocca ha una buona struttura, più intensa rispetto alla delicatezza del Vieux Telegraph; il tannino inizia ad avere una consistenza quasi masticabile, caratteristica dovuta all’invecchiamento.
La cantina E. Guigal è, insieme a Chapoutier, uno dei punti di riferimento principali della Cote du Rhone: fondata da Etienne Guigal dopo aver fatto esperienza presso la cantina Vidal-Fleury, verrà fatta crescere di generazione in generazione, arrivano ad acquistare la stessa Vidal-Fleury da cui il fondatore aveva imparato il mestiere di vignaiolo.
Châteauneuf-du-Pape rouge 2017 - Clos des Papes
65% grenache, 20% mourvèdre, 10% syrah, 5% altri vitigni; fermentazione di 1 mese, vinificazione classica, con 2 rimontaggi giornalieri; affinamento in botti da 20 a 55 ettolitri per 1 anno.
Nel calice si riconosce il classico rosso intenso tipico di uno Châteauneuf-du-Pape; al naso un’impronta fruttata non di frutta fresca, ma più concentrata, di confettura, seguita da una parte agrumata, quasi scorza di arancia; immancabile l’impronta speziata, che rimanda al secondo vino degustato.
All’assaggio si presenta elegante, non aggressivo, e al contempo strutturato, e come gli altri vini assaggiati, questi sentori continuano a nascondere il volume di alcol di 15 gradi.
Clos des Papes è una cantina storica della Valle del Rodano, che vanta di aver servito i più grandi presidenti della Francia. Si tratta di un clos, quindi una piccola azienda, a conduzione familiare, di 4 ettari di eccelsa qualità, situati nella zona più fredda della valle. La produzione è isolata a una cuvée blanc e una cuvée rouge, quasi totalmente esportati.
Châteauneuf-du-Pape rouge 2015 - Charvin
80% grenache, 7% syrah, 5% mourvèdre, 4%, vaccarese, 4% counoise; unico cuvée, senza diraspatura, fermentazione classica in acciaio e legno, a cui segue imbottigliamento senza filtrazione; affinamento 21 mesi in cemento.
Il colore differisce nettamente da tutti gli altri vini degustati, tendendo a note aranciate, facendo immaginare una maturazione ben più lunga di quella che ha effettivamente affrontato il vino. Anche al naso i profumi fanno presagire una lunga maturazione, con note affumicate di curry, peperone e pepe, a ricordare sul finale quasi la carruba o la ribollita. In bocca il tannino è maturo, ruvido e quasi sabbioso, con dei sentori che sembrano volersi fare gioco dell’assaggiatore per non rivelare la vera maturazione effettuata.
Nato come piccolo conferitore di uve, Charvin può vantare le sue vigne, 12 ettari totali, tra le parcelle più quotate per questa denominazione, motivo per il quale il figlio del fondatore ha iniziato la piccola produzione di vino proprio, da affiancare all’attività avviata dal padre.
Châteauneuf-du-Pape rouge 2010 - Mont Redon
Grenache noir, syrah, mourvèdre, cinsault, counoise, muscardin e vaccarese; fermentazione malolattica, affinamento 50% in botte e 50% in acciaio per 18 mesi.
Il colore è intenso, perfettamente in linea con i 14 anni di questo calice. Al naso il calice è molto profumato, ricco di sentori fruttati intensi, come mora, prugna e ciliegia, che rimandano alle confetture del terzo vino assaggiato questa sera; seguono profumi terziari e dolci, e l’immancabile nota speziata che contraddistingue questa denominazione. In bocca si confermano i profumi: sentori fruttati e speziati eleganti, con scorza d’arancia e vaniglia finali, che accompagnano la lenta ed elegante comparsa del tannino.
La prima bottiglia di questa azienda fu imbottigliata 100 anni fa, nel 1923, dal fondatore Henri Platin, amico del Barone Le Roy, padre fondatore che ha dato vita alla denominazione Châteauneuf-du-Pape. Le vigne sono posizionate su un territorio con suoli molto diversi, tutti accomunati dalla massiccia presenza di sassi calcarei; non è difficile intuire il grandissimo lavoro svolto per sistemare il territorio e renderlo coltivabile guardano le foto, originali di inizio secolo, che vengono mostrate in sala: delle distese di sassi grandi come palline da tennis, che sono state sistemate e organizzate a mano per dare spazio agli odierni filari di viti.
Châteauneuf-du-Pape rouge 2005 - Chateau de Beaucastel
30% grenache, 30% mourvèdre, 15% vaccarese, terret noir, muscardin, clairette, picpoul, picardan, bourboulenc, 15% roussanne, 10% counoise, 10% syrah, 5% cinsault; alla fine delle malolattica, i vini si riuniscono in botti di rovere dove invecchiano per 24 mesi; finale affinamento in bottiglia.
In questo calice sono presenti tutti i 13 i vitigni consentiti dal disciplinare, per dare vita a uno dei vini che è da sempre considerato uno dei più grandi vini francesi. Il colore intenso lascia presagire un naso più maturo rispetto ai precedenti, con note fruttate ancora più concentrate rispetto ai precedenti assaggi.
La vera differenza la fa l’assaggio: in bocca immediate note di cioccolato bianco, tannino e caffè, perfettamente integrate alle note fruttate di confettura che confermano i sentori al naso. Il tannino in questo calice è molto morbido, sostenuto e a conferma dalla grandissima struttura di questo vino.
Château di Beaucastel è stato a lungo considerato uno dei più grandi vini di Francia, e la famiglia Perrin ha segnato fin dall’inizio il futuro di questa denominazione. Con 100 ettari di terreno vitato, hanno investito molto sulla ricerca e sulla sperimentazione, ottenendo risultati di indubbia eccellenza.