Le voci della rosa

Una serata all’insegna della poesia, della musica, della rosa, delle parole e dei suoni, in compagnia di grandi vini rosé selezionati dalla “poetessa del vino” Alessandra Marras.

Monica Berno

I commenti dei presenti in AIS Monza e Brianza sono concordi: la serata è stata davvero toccante. Le parole potenti ed evocative della poesia, stemperate dalle note fluide e magiche dell’arpa celtica, sono state accompagnate da sei vini rosé che, in punta dei piedi, hanno sostenuto un pubblico molto coinvolto nella performance.

Elisabetta Motta, vicepresidente de La Casa della Poesia di Monza e condirettrice artistica della Rassegna Mirabello Cultura, è l’autrice del libro “Le voci della rosa” – da cui il nome della serata -, in cui si raccontano nove poeti italiani contemporanei di diverse generazioni e si analizza il loro rapporto con la rosa. Il libro si collega all’evento organizzato dalla Casa della Poesia di Monza dedicato a una delle prime rose che sboccia nel roseto Niso-Fumagalli, la Rosa chinensis o La Bella di Monza, ibridata all’inizio del XIX secolo.

Vincenzo Zitello, arpista e compositore, è stato anche il primo divulgatore e musicista a suonare l’arpa celtica in Italia; il maestro, ispirato dalle poesie sulla rosa, ha composto, proprio per il libro di Motta, una serie di brani per arpa che è possibile ascoltare tramite QR code.

Davide Ferrari, poeta che scrive in dialetto pavese, attore, regista e autore, ha recitato le sue poesie e quelle scelte da Alessandra Marras.

Diffondere la cultura del bere rosa

Dopo una breve panoramica sui vini rosati, Alessandra ci accompagna nella degustazione tra poesie e musica, non prima di aver portato la nostra attenzione sull’esistenza, dal 2002, dell’Observatoire Mondial du Rosé, che si occupa di analizzare produzione e consumo di vini rosati in 45 paesi chiave. Dalle analisi emerge che in meno di vent’anni, il consumo di vino rosé nel mondo è aumentato del 20%, con solo una piccola contrazione dovuta alla crisi del COVID-19. E se tra i principali produttori di vini rosé troviamo Francia, Stati Uniti, Spagna e Italia, sul podio dei consumi stanno Francia, Germania e USA.

In Italia, invece, nel 2019 è nato Rosautoctono, l’Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, che raccoglie i Consorzi di tutela delle denominazioni di origine più rappresentative del settore (Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte Rosato e Bombino Nero, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato). L’obiettivo è quello di aiutare, non solo dal punto di vista promozionale ma anche economico e culturale, i territori più significativi vocati alla produzione del vino rosato.

Bianco? Rosso? Rosé!

Ma che cos’è questo rosé? È il risultato del tocco artistico del produttore che, a partire da uve a bacca rossa, con metodi e tempi di macerazione diversi, crea vini dalle infinite sfumature. E per iniziare a parlare di rosé e poesia è d’obbligo citare, nella storia di questa tipologia di vini, l’azienda Leone de Castris che, in Puglia, nel 1943 produsse il primo vino rosato che, guarda caso, portava il nome di Five Roses.

La rosa è un mondo

Il filo conduttore dell’evento è dunque la rosa, e parlare di rose significa parlare di poesia, dell’uomo e della sua fragilità. La serata entra nel vivo con Davide Ferrari che recita “Canzone al vino” di W.B. Yeats, tradotta da lui anche in dialetto pavese:

Il vino raggiunge la bocca
E l’amore raggiunge gli occhi,
Questa è la sola verità che ci è dato conoscere
Prima di invecchiare e morire.
Sollevo il bicchiere alle labbra,
Ti guardo e sospiro.

Le parole del premio Nobel sono accompagnate dal Maremma Toscana DOC Rosato VB44 – 2023 – Colli del Vento: 100% sangiovese, dal bellissimo colore tra il salmone e il ramato risultato di 7 ore di macerazione. Al naso regala sentori di uva matura, fragolina macerata, scorza d’arancia, ma anche nocciola fresca, cipria. In bocca la ricchezza olfattiva è confermata, è strutturato e risulta fresco e sapido.

A seguire il Valtènesi DOC RosaMara – 2023 – Costaripa regala ai nostri sensi nuovi profumi. Questo vino, risultato di 50% groppello gentile, 30% di marzemino, 10% di sangiovese e barbera, è vinificato a lacrima, utilizzando il puro fiore attraverso sgrondo statico prima della fermentazione. Il colore ricorda una fragile rosa, delicata. Al naso è agrume, rosa, salvia, ma anche pesca e piccoli frutti rossi, melograno. In bocca è sapido e persistente con un finale leggerissimo di mandorla amara.

Mentre le mani del maestro Zitello pizzicano le corde dell’arpa celtica con le note di “Serenade”, un suono cristallino e rilassante avvolge la sala. Delicatezza e raffinatezza sonora, energia spirituale e mistica richiamano il fiore che fa parte del grande mistero legandosi alla vita e alla morte. Si continua con la poesia “Nel mistero della rosa” di Maria Angela Gualtieri che porta lo stesso titolo del pezzo proposto dal maestro Zitello, per poi lasciare il passo alle poesie di Tiziano Fratus “Una rosa al posto del cuore” mentre l’arpa – cento strumenti in uno – è una carezza sul cuore.
Davide Ferrari, autore di “Tutte le altre rose”, sorprende il pubblico con la concretezza delle immagini e la lingua dialettale pavese e recita un suo brano selezionato per noi da Alessandra Marras, che parla della rosa della vigna:

’s diseva che la rösa la g’ha vista
buna: mangià d’la mort prima d’la föia,
l’as fa rusgà la pel ad la malura
ingarbiend in silensi la pagüra
ad perd al laurà d’tüta una vigna
a rüspà al temp cui män impastà ad tèra;
la strengia al vent e i so fulon tra i pieg
ad la so tésta fiur ad fiur, finchè
l’è sfaia e pö sfuià me la pèl sèca
d’i muribund e tüt par pö fulà
la vita d’un queidün: la s’ fa sgagnà
d’i ragn, i a porta a spala in d’i brandéll
dal so prufüm, un fià fin ai büdéll
ca t’fa gni vöia ad piäng ad la belèssa
ad vess dispèrs, inütil, tamme ’l vent.

Si diceva che la rosa ha la vista buona: / mangiata dalla morte prima della foglia, / si lascia rosicchiare la pelle dalla malora / imbrigliando in silenzio la paura / di perdere il lavorìo di tutta una vigna / a scavare il tempo con le mani impastate di terra; / stringe il vento e i suoi urti violenti tra le pieghe / della sua testa fiore di fiori, finché / è sfatta e poi sfogliata come la pelle secca / dei moribondi e tutto per poi pigiare / la vita di qualcuno: si fa mordere / dai ragni, li porta a spalla nei brandelli / del suo profumo, un fiato che arriva alle budella / che ti fa venir voglia di piangere per la bellezza / di essere dispersi, inutili, come il vento.

Alessandra delinea un trait d’union tra la rosa, la bella Dionisia che si sacrifica per salvaguardare l’integrità della vigna, e la donna capace di mettersi in prima linea, di prendere addosso a sé per prima tutti gli eventi: il vino che accompagna questa immagine è speciale, è un Langhe DOC Rosato “Rosa d’Agosto” – 2022 – Oddero, omaggio della produttrice Maria Cristina Oddero che, con i proventi di questo rosato, sostiene l'associazione D.i.Re - Donne in Rete Contro la Violenza. Questo nebbiolo in purezza ha un bellissimo colore rosa antico, è il vino di una notte (12 ore di macerazione). Il bouquet è in primis floreale, viola e petali di rosa e poi cede il passo a freschissimi frutti rossi, amarene, fragole, melograno, pesca bianca con venature rosa. In bocca si sente il nebbiolo con una bella liquirizia, c’è tannino e il gusto è raffinato. La sapidità fa da spalla, l’acidità è più contenuta.

Dal Piemonte si passa al Sud con un Rosato del Salento IGT – 2023 – Mottura, da uve Negroamaro al 100%; il colore è corallo, molto luminoso; nel bicchiere i sentori di lampone sono predominanti, ma poi l’evoluzione schiude la parte agrumata, le erbe officinali, il rabarbaro e una nota mentolata. In bocca si sente la ciliegia, la struttura è avvolgente e nel finale, persistente, ritorna il lampone.

Chagall? Chi è Chagall?

Per me può essere anche una gallina, io vado avanti lo stesso

con la vita del giorno prima.

Mi sembri come quello

che pensava di esser bello

perché sua madre era bella e lo diceva a tutti:

- Sono come una statua di gesso!

Ma nella testa ha un po’ di confusione.

Come quel tale che l’ha chiamata fontana

E invece era un cesso.

Non è mica vero che a star fermi e in silenzio

non si faccia proprio niente. Io sono qui che ascolto

il niente degli altri. L’importante è non

esser sordi

poi non ho bisogno di nient’altro.

Questa è la mia vita

e quello lì il mio bianchino.

A volte me lo danno rosso

ma a me non interessa:

basta che sia buono

il vino è sempre vino.

Questa poesia di Ferrari, Alessandra l’ha scelta per accoppiarla al suo pittore preferito, Marc Chagall, e al suo famoso quadro “La passeggiata”, la promenade romantica di due innamorati nel verde delle campagne di Vitebsk, durante un picnic, dove, sulla coperta, spicca una bottiglia di vino con un bicchiere. Questo dipinto che lega l’uomo alla donna, la terra al cielo è intimamente connesso al Cerasuolo d’Abruzzo DOC Superiore Villa Gemma – 2022 – Masciarelli: un vino identitario che, nella cantina Masciarelli in particolare e in Abruzzo in generale, può evocare le immagini del contatto tra gli elementi della natura di una regione straordinaria. Questo cerasuolo tipico della tradizione abruzzese, ottenuto da uve montepulciano d’Abruzzo in purezza, ha un color ciliegia carico; al naso colpisce con gli aromi intensi di un bouquet floreale in cui trova spazio un sentore mentolato e poi le ciliegie e il melograno. Sapido e succoso, ha una bella acidità e un tannino fine. La struttura è quella dei vini rossi, ma la freschezza è tipica dei bianchi.

L’ultimo vino della serata è un Toscana IGT Rosé scuro – 2023 – Val delle Corti, un sangiovese in purezza da vigneti posti nell’Unità Geografica Aggiuntiva di Radda in Chianti, coltivati a biologico. La guida “Berebene 2024” di Gambero Rosso gli ha conferito il Premio Regionale Qualità Prezzo della Toscana e quest’anno sono state prodotte solo 1589 bottiglie. Il colore è quello della buccia dell’amarena scura, i profumi vagano dalla viola all’iris, dal frutto rosso maturo al melograno croccante, dal rosmarino alle erbe officinali. In bocca è la carta d’identità di Radda, fresco e sapido ma senza vena amarognola, succoso, vivace, richiama il sorso.

La serata si conclude con il brano del maestro Zitello “Temperanza” e una poesia di Antonio Santori che, secondo Ferrari,  è «una delle più belle poesie della poesia italiana contemporanea, anche perché gli ultimi versi sono proprio il senso della poesia, hanno a che fare con il mistero del nominare le cose che è così presente anche nelle descrizioni del vino che fanno i sommelier».

Perché essere in questo luogo
è molto, e certo dire
dove siamo
è nostro compito
Oscurità e acque,
albe, ventre dell’inferno,
albero di prua, inseguimento.
E, vedi, il corpo,
il nostro corpo soltanto può dire
bianco, tellina, lontano, vento.
Blues, inverno, ombra
delle cose, aldilà.
Ascolta, bacio.
Pensaci,
è un privilegio dire
odore delle case, mano
sopra la pelle, la prima volta.
Dire infinito
nelle erbe, è accaduto,
è strano, sorellina, madre, stelle.
Dire
per sempre,
innevato, accanto,
spaventato,
Sono
esistito.
Per questo mentre
vivo tutto mi sembra
innominato.

Una serata spettacolare da tutti i punti di vista, durante la quale si sono intrecciati linguaggi diversi e oltre al piacere di degustare ottimi vini, abbiamo assistito a un concerto poetico straordinario.