Manuele Biava: non solo Moscato di Scanzo

È famoso per essere uno dei produttori più iconici del nettare rosso di Scanzo, ma ha deciso di di non rimanere nella sua comfort zone sperimentando in continuazione. Con AIS Sondrio una serata per approfondire la conoscenza di tutta la produzione di Manuele Biava

Sara Missaglia

Dosare e saper osare: Manuele Biava è metafora stessa della Vitis vinifera. È l’uomo che si fa tralcio e il tralcio uomo, arrampicandosi non a un palo, ma alla storia della sua famiglia e del suo territorio. Radici ben piantate nel Moscato di Scanzo, ma con lo sguardo “oltre”: un cannocchiale puntato sul futuro, che oggi vuole e chiede, attraverso segnali precisi dei consumatori, vini contemporanei in presenza di un elevatissimo livello qualitativo.

La storia

Manuele respira moscato di Scanzo sin da bambino: è il nonno che lo porta in vigna. Oltre a insegnargli come si fa a riconoscere quando l’uva è matura e quando il profumo è quello corretto, gli trasferisce rispetto verso un vitigno che è tanto raro quanto prezioso: chiede attenzione, delicatezza, amore e passione. Una gemma enologica rara, di cui Manuele conosce il valore. I racconti del nonno Giovanni, pioniere della cultura contadina e, al tempo stesso, uomo di mestiere abituato a trovare soluzioni anche nel mentre di una corsa ostacoli. E poi l’imprenditoria del papà Silvio, la sua lungimiranza nell’acquisto di terreni vocati. In Manuele competenza ed esperienza si fondono in un fuoco sacro che risponde al desiderio di fare dell’eccellenza lo spirito guida. Avrebbe, come si dice in certi casi, potuto tranquillamente fare ciò che già sapeva fare, rimanendo all’interno di una comfort zone di tranquillità: non è stato così, Manuele ha voluto firmare con la propria anima vini dallo spirito contemporaneo ma con radici antiche, frutto di “ricette” sperimentate dal nonno e reinterpretate in chiave moderna. Da questa visione nascono vini come il Ghibellino e l’Exenthia, ma anche percorsi del tutto innovativi come il Secco. Manuele non si accontenta di ciò che sa fare, non si basta mai.

Il territorio

I vigneti sono nella parte più alta del Monte Bastia, che si apre abbracciando un panorama unico che va dalla città alta di Bergamo fino alle acque del Lago d’Iseo. Clima favorevole e benevolo: le piante beneficiano di adeguata esposizione, ventilazione ed escursioni termiche tra il giorno e la notte, che vanno ad amplificare il corredo aromatico del vino. Il sottosuolo è il Sass de Luna, una marna di origine calcarea che ha il colore della luna e il sale della terra. Grigio azzurro, è dura e resistente e, in condizioni particolarmente siccitose, tende a diventare molto friabile e a trasformarsi in polvere. È presente nel terreno a circa 30 centimetri di profondità e trasferisce alla pianta sali minerali e sostanze nutritive contribuendo al mantenimento dell’equilibrio termico, proprio perché la roccia restituisce di notte ai ronchi vitati il calore accumulato durante il giorno. Qui il vitigno trova da centinaia di anni il suo habitat idoneo e coerente per la produzione di vini di qualità. Manuele prende dal nonno Giovanni e dal papà Silvio il mostro fiore, quello che fa di ogni umano la parte migliore: dal nonno il sapere e l’esperienza, dal papà la capacità manageriale di vedere “lungo”, di saper gestire le situazioni, di trasformare una piccola realtà familiare in una vera azienda agricola.

Il mondo di Manuel

Da un lato il vigneto, dove vengono allevate con passione e sapienza le uve, nel rispetto della natura e delle stagioni. Dall’altro l’essiccatoio, che è il luogo dove vengono lasciate in appassimento, rigorosamente naturale. Qui l’uva perde una parte della propria componente liquida e si trasforma in uno scrigno ricchissimo di zuccheri e di aromi. E infine la cantina, che ha una dimensione raccolta, accogliente e intima, divisa tra vasche in acciaio e cemento, e botti di legno, per  dedicare ad ogni vino una vinificazione corretta e coerente con la sua visione.

Il desiderio di sperimentare

Moscato di Scanzo e non solo, in una degustazione che tocca produzioni tra loro molto diverse ma legate da una matrice comune, sia del territorio, sia dell’energia e della capacità di catalizzare attenzione e anime di Manuel.

La degustazione

Secco 2019

Il Secco è un moscato di Scanzo in purezza: le uve sono vinificate fresche, ovvero non sottoposte a un processo di appassimento. L’esaurimento totale degli zuccheri e la maturazione del vino, che avviene in botti di cemento, regalano un nettare che, se da un lato comunica una matrice territoriale e storica importante con il vitigno di riferimento, dall’altro ne è un’interpretazione completamente diversa, ed arriva a scardinare il comune modo di pensare al moscato di Scanzo. Figlio della creatività di Manuel, si presenta con un colore rosso rubino particolarmente brillante, con sfumature che arrivano a toccare il viola. Le note floreali di petali di rosa, la ciliegia,  gli accenni di incenso e di erbe aromatiche accompagnate a spezie denunciano senza difficoltà l’appartenenza al vitigno moscato di Scanzo. Ma la personalità che ha il Secco è del tutto particolare, e si realizza prevalentemente in bocca, dove la freschezza è integra, croccante, per un vino dalla schiena dritta  e con una fierezza di lunghissima intensità.

Ghibellino 2017

È il taglio bordolese di Manuele, la sua interpretazione di vitigni internazionali. Si tratta di un uvaggio tra cabernet sauvignon e merlot (40 e 60%). La vinificazione delle uve avviene separatamente e l’assemblaggio si realizza dopo circa due anni di affinamento rigorosamente in acciaio. Anche in questa scelta Manuele ha cercato un’altra strada, desideroso di mantenere il rispetto del varietale. Il colore è rosso rubino di forte concentrazione e vitalità, con sfumature granato. Dal punto di vista olfattivo il bouquet è complesso, con sensazioni fruttate da prugna, mora e ciliegie sottospirito, corredate da sensazioni balsamiche e speziate da chiodi di garofano, cannella e pepe, con ricordi di erbe aromatiche tra timo, alloro e sbuffi di tabacco. L’annata parla di gioventù: l’acidità è piena, perfettamente bilanciata dalla morbidezza e dall’elegante avvolgenza. Il tannino è centrato, pienamente integrato, sferico, presente e di grande piacevolezza gustativa.

Exenthia 2013

Manuele ama confrontarsi con l’appassimento: si tratta di uve moscato giallo per il 70% e moscato di Scanzo al 30%. Sono piante antiche, ben oltre i settant’anni, con rese estremamente basse. Il residuo zuccherino è intorno ai 100 grammi per litro, ma la chiave della sua piacevolezza non è lo zucchero, ma l’acidità totale, assommata a una salinità che slancia il vino. Attraente, quasi dissetante, privo di ampollosità: nessun orpello, nessuna interpretazione caricaturale di un vino passito. Un prodotto eversivo, che smonta i tradizionali canoni di interpretazione della tipologia.

Moscato di Scanzo 2018, 1998 e 1984

Un arco temporale di oltre trent’anni, dove genitori e figli non solo sembrano essere in perfetta forma, ma hanno ancora tanto da raccontare. Sono inebrianti al naso, seduttivi, eleganti e potenti al tempo stesso. La 2018 ha una metrica degustativa veloce, scorrevole, con un ritmo importante e con note energetiche. Una parte agrumata, la ciliegia e la confettura di prugna si fondono in un corredo speziato su uno sfondo di incenso, con erbe aromatiche come la salvia e rosmarino. Una bellissima complessità al naso, con sbuffi balsamici e ricordi di anice stellato. Ottima freschezza al palato, che si somma a sensazioni sapide e ad un tannino vivo e ben integrato. La 1998 è un’annata più profonda, dove affiorano sentori di radice di liquirizia, china, rabarbaro, sandalo, tabacco biondo, ricordi di cenere e di incenso, muschio, roccia bagnata. La 1998 si rivela un’annata di grandissima tenuta, a conferma di un vino che affronta lo scorrere del tempo con nonchalance. Manuele fa qualcosa di inaspettato: una sorpresa che ha il sapore di un dono. Una bottiglia 1984, un omaggio dalla sua riserva speciale, quella dedicata alle grandi occasioni. Manuele sorride, felice dei suoi vini, orgoglioso della sua storia, soddisfatto nell’averla condivisa con noi. Una bottiglia del nonno, priva di etichetta e con l’annata riportata sulla bottiglia con un pennarello bianco. All’inizio il naso è quasi metallico, da colata di alici, sentori di latta e di salmastro. Poi il bouquet si apre, regala caramello, gomma vulcanizzata, sbuffi balsamici, erbe aromatiche quasi da vermuth. Note di tabacco biondo impreziosiscono il finale. Emozionante, matura ma grintosa, accattivante, austera ma accogliente. Il tratto comune ai tre vini è la grande acidità, assommata alla tonalità del colore che non degrada e che mantiene vitalità. 

La grappa di moscato di Scanzo

La chiusura è con un distillato di colore bianco, dal profumo intenso e ampio dove riconosciamo i sentori distintivi del vitigno. Il grado alcolico è intorno al 45% in volume e, benché il calice si presenti assolutamente secco, è la piacevole morbidezza a conquistarci. La nota di pepe bianco sul finale impreziosisce il sorso, che si rivela fine ed elegante. Una eccellente chiusura per una degustazione che ha avuto anche nel rapporto cibo-vino un momento di approfondimento, di grande piacevolezza e convivialità. I vini di Manuele sono stati infatti degustati con due piatti preparati dallo chef del ristorante La Brace: tortelli ai funghi porcini su crema al Bitto e torta di grano saraceno con marmellata di mirtilli e granello croccante. 

Un percorso conoscitivo ampio, comunicativo e accogliente, esattamente come il produttore: un modo per scoprirne la produzione, la filosofia, ma anche le ambizioni e i progetti futuri. Come si dice in pubblicità, non finisce qui.